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Full text of "Le vite de piv eccellenti architetti, pittori, et scvltori italiani : da Cimabve in sino à tempi nostri"

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ALLO     ILLVSTRISS- 

ET  ECCELLENTISS.   Si- 
gnore IL  SIGNOR  COSIMO 
de  Medici  Duca  di  Fiorenza. 
Signore  mio  offer- 
uandifsinio* 

0 1  che  la  Eccellenti**  uoftra; 
feguedo  in  ciò  torme  de  gli  11 
luflrifimi  fuoi  progenitori;  et 
data  naturale  magnanimità 
fua  incitata  etffinta  no  ceffi 
difauorire&  asfaltare  ogni 
forte  di  uirtù>  douunqueella 
fitruoui;&  ha  fecalmente 
protezione  de  [arti  del  di/ègno,  inclinazione  agli  artefici 
d'effe;  cognizione*?  diletto  delle  belle  3&  rare  opere  lo- 
ro 3fenfo  che  non  le  farà  fenon  grata  c^uejìa fatica  frefa, 
da  me  difiriuerle  uites  i  ìauorije  maniere,  Cr  le  condizio 
ni  di  tutti  quell'oche  effendo  già ff  ente  J  t hanno  primiera- 
mente rifufcitate ,  dipoi  di  tempo  in  tempo  accrefciute,  or 
nate,  &  condotte  finalmente  a  quel  grado  di  bellezza  3  <& 
di  maeftà  doue  ellafitruouano  a  giorni  d'oggi.  Et  perciò* 
che  quejlitah fono  flati  quafituttiTofcani^lapiupar 
tefuoi  Fiorentini,  8  molti  de  fi  dagli  IlluHrifìmi  antichi 
Juoi  con  ogni for te  dipremij  <?  di  onori  incitati '&  aiutati 
a  mettere  in  opera; [ì può  dire  che  nel  fuo flato  anzi  nella 
fuafelicifima  cafafano  rinate  i  &fer  benefizio  de  fuoi 


wedefimì  abbia  limoneto  quefie  beiti  firn*  artunwptotte 
C^  che  per  effa  nobilitato  e  rimbellito  fifa.  'Onde per  folli 
go  che  queftofecoloyuefle  arti,  &  queftaforte  d'artefici, 
debbono  comunemente  a  gli  fimi,  &  a  lei  come  erede  della 
Utrtù  loro&  del  lor  patrocinio  uerfo  quefie  prof efioni,<& 
per  quello  che  le  debbo  io  p  ar tic  ul armeni  e  per  auere  impa 
rato  da  loro, per  eJ]erleJuddito,per  e  ferie  denoto,  perche 
mi  fono  allenato  [otto  Ippolito  Cardinale  àe  Medici  et  fot 
to  ^lefandrofuo  anteceffore,et  perche  fino  infinitamete 
tenuto  alle  felici  offa  del  Mag.Ottauiano  dfMediciJal 
quale  iofuifoftentato3amato3et  difefo  mentre  che  e  uifes 
per  tutte  quelle  cofe  dico:  &  perche  da  la  grandezza  del 
ualore  &  della  fortuna  fu  a  uerrà  molto  difauore  a  que- 
/opera;  &  da  l'intelligenza  ci/  ella  tiene  àelfuof oggetto 
meglio  che  da  nefiuno  altro  farà  confiderai  a  [utilità  di 
efifa  et  la  fatica  &la  diligenza  fatta  da  me  per  condurla, 
mi  eparfo  che  a  fEccellenzia.  V.  fi/amente  fi  conuen- 
ga  di  dedicarla:  &  fitto  tonoratifimo  mmefùo  ho  uoluto 
che  ellaperuenga  a  le  mani  degli  huomni.Vegnifi  adun- 
que tEccellenzia.V.  d accettarla,  difauorirU,  <&feda 
/altezza  defuoi penfieri  le  farà  concefo 3t  aiuoli a  di  legger 
la,  riguardando  a  la  qualità  delle  cofe  che  ui  fi  trattano , 
e£*  ala  pura  mia  intenzione daquale  è  fiata  non  diprocac 
darmi  lode  come  feriti  ore,  ma  come  artefice  ài  lodar  l'in- 
iuftria  &  auuiuar  la  memoria  di  quegli,  che  auedo  dato 
uita  &-  ornamento  a  quetfc  profefiiow  3  non  meritano  che 
inomi  &  l  opere  loro  fìano  in  tutto  coficome  erano  impre 
da  della  morte  &  della  obliuione .  Olirà  che  in  un  tempo 
medefimo^conf e/empio  di  tanti '  ualenti  huominhet  citati 


te  notìzie  ditate  co/e  che  da  me  fino  fiate  raccolte  in  que 
fio  libro,hopefitto  di  giovar  non  poco  a*  profefiori  di  quefii 
efircizi)  et  di  Siettare  tutti  gli  altri  che  ne  hanoguflo  (p 
vaghezza*  llcbe  mi  fino  ingegnato  di  far  e  con  quella  acct* 
ratez^a  &*  con  quella  fede,  chef!  ricerca  alla  uerita  della 
ftoria,\&  delle  cofi  chefifcriuono.Mafe  la  frittura  per 
e  fere  incoltay&  cofi  naturale  corri  iofauellotnon  è  degna 
de  lo  orecchio  di. ZJ.  Eccellenza, ne  de9 meriti  di  tanti  chia 
ripmì  ingegnifiufimi  quato  a  loro,che  la  penna  dun  di  fé 
gnatore  come  furono  efi  ancora  no  ha  più  forza  di  linear 
H  &  d ombreggiarli.  Et  quato  a  leimibafli  che  ella  fi  de- 
gni di  gradire  la  mia f empite  e fatica  3  cenfiderado  che  U 
ne  ce  ef ita  di  procacciarmi  i  bifignidela  uita3no  mi  ha  con 
ceffo  che  io  mi  efirciti  con  altro  mai  che  col  pennello.  NI? 
anche  con  queflo  fin  giunto  a  quel termine 3aH quale  io  mi 
imagino  di potere  aggiugnere  ora  che  la  fortuna  mi  pro- 
mette pur  tato  difauorey  che  conpiu  comodità  &  conpitt 
lode  mia  &  più  fatif azione  altrui  potrò forfi  cofcolpen 
nello 3  come  anco  con  la  penna  piegare  al  Mondo  i  con* 
tetti  miei  qualunque  fi  (ì ano.  Tercioche  oltra  lo  aiuto  & 
la  protezione  che  io  debbo fierar  da  t Eccellenzia.TJ  .co- 
me da  mio  Signore,  &  come  da  fautore  defoueriuirtuo 
fi,e  piaciuto  alla  diuina  bontà  d'eleggere  per /ito  uicario  in 
terrail  SANTISSIMO  ET  BEATISSIMO 
IVLIO  III.  PONTEFICE  MASSIMO,^* 
tore&*  ricono  fuor  e  £  ogni  forte  uirtu  &  di  quefìe  Eccel 
lenti fime  ù*  dfficilifiimc  artifietialmente .  Da  la  cui 
fimma  liberalità  attendo  ri  fioro  di  molti  anni  confumati ^ 
tt  dimolte  fatiche  f^arte  f no  a  orafinza  alcun  frutto  % 

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Et  non  pur  tocche  mi  fon  dedicato  per firuo  perpetuo  a  la 
Santita.S.ma  t ut tigfingegniofi  artefici  di  quella  età,  ne 
debbono  affettare  onore  et  premio  tale^et  occafione  defer 
citar  fi talmente,  che  io  già  mirallegro  di  u  edere  quefle  or 
ti3arriuate  nel  fio  tempo  al fufremo  grado  della  lor  per- 
fezione :  et  'Roma  ornata  aitanti  &  fi  nobili  artefici,che 
annoueradoli  con  quelli  di  Fiorezj  che  tutto  giorno  fa  met 
tere  in  opera  t Eccellenza  V .  fiero  che  chiuerra  doppo 
voi  ara  da fr  mere  la  quarta  età  del  mio  uolume  ;  dotato 
d'altri  maeflrì ,  d  altri  magifteri/  che  non  fino  i  de  frit- 
ti da  me  ;  'Nella  compagnia  de  quali  io  mi  uopreparando 
con  ogni flu  dio  >  di  non  efier  degli  ultimi.  In  tanto  mi  con- 
tento che  ella  abbia  buona fferanza  di  me, et  migliore  opi- 
nione di  quella  chefenza  alcuna  mia  colpa  n'ha  forfè  con 
ceputa  .  "Defiderando  che  ella  non  mi  tafci  opprimere  nel 
fuo  cocetto  dell  altrui  maligne  relazioni  3fino  a  tanto  che 
la  una  &  l  opere  mie ,  moHr  eranno  il  contrario  di  quello 
che  e  dicono.  Ora  con  quello  animo  che  io  tengo  d onorar 
la&  di  fruirla fempr  e  de  die  adole  quella  mia  rozafati 
ca3come  ogni  altra  mia  cofa3  et  me  mede  fimo  ttib  dedicato 
lafùpplico  che  non  fi f degni  di  auerne  la  protezione  3  o  di 
mirar  almeno  a  la  deuozione  di  chi  gliela  p  orge  :et  allafua 
buonagrazia  raccomandandomi  umili f imamente  le  ba- 
cio le  mani. 


D  V-  Eccellenzia  vmilifsimo  feruitore . 

Giorgio  Vafert  Pittore  aretino. 


PROEMIO. 


Ole  vano  gli  fpiriti  egregii  in 
tutte  le  azzioni  loro  per  vno  ac- 
ccfb  defiderio  di  Gloria  non  per- 
donare ad  alcuna  fatica  3  quantun- 
che  grauifsima  ,  per  condurre  le 
opere  loro  a  quella  perfezzione, 
chelerendefle  ftupende3&  marauigliofc  a  tutto  il 
Mondo  :  Ne  la  bafla  Fortuna  di  molti  poteua  ritar- 
dare i  loro  sforzi  ,  delperucnirea  Sommi  gradi  ,  fi 
per  viuere  onorati  &  fi  per  lafciare  ne  tempi  aueni- 
re  eterna  Fama  d'ogni  rara  loro  eccellenza.  Et  ancora 
che  di  cofi  laudabile  ftudio  &  defiderio  fuffero  in  vi- 
ta altamente  premiati  dalla  liberalità  de  Principi ,  & 
dalla  virtuofa  ambizione  delle  Rcpubliche,  &  dopo 
morte  ancora  perpetuati  nel  confpetto  del  mondo  co 
le  tefumonanze  delle  ihtue,delle  fepulture,  delle  me 
daglic,&  altre  memorie  fimili  i  La  voracità  del  tempo 
nondimeno  fi  vede  manifeftamente  che  nonfòlo  ha- 
feem  ate  le  opere  proprie  &  le  altrui  onorate  teftimo- 
nanze  di  vna  gran  parte,ma  cancellato  &  fpento  i  No 
mi  di  tutti  quelli  che  ci  fono  (lati  ferbati  da  qualun- 
que altra  cofa  che  dalle  fòle  viuacifsime&  pietofifsi- 
me  penne  dclli  fcrittori.  L'a  qual  cofa  più  volte  me- 
co {tefìb  confiderando ,  &  conofeendo  non  folo  con 
l'efcmpio  degli  antichi  ma  de  moderni  ancora,  che  i 
Nomi  di  moltifsimi  Vecchi  &  Moderni  Architetti 
Scultori  &  Pittori  infìeme  con  infinite  bellifsime  ope 
r^loro,  in  diuerfe  parti  di  Italia  f\  vanno  dimentican- 
do &  confumando  a  poco  a  poco ,  &  di  vna  maniera 
per  il  vero  che  ci  no  fene  può  giudicare  altro  che  vna 
certa  morte  molto  vicina  j  Per  difenderli  il  più  che  io 


8  PROEMIO. 

poflo  da  quefta  feconda  morte,  &  matenergli  più  luti 
gamentc che fia  pofsibile nelle memoriede  viui,  ha- 
uendo  fpefo  moltifsimo  tempo  in  cercar  quelle ,  vfà- 
to  diligenzia  grandifsima  in  ritrouare  la  Patria  l'origi 
ne,&  le  azzioni  degli  Artefici,  &  con  fatica  grande  ri 
trattole  dalle  relazioni  di  molti  huomini  vecchi,&  da 
diuci  fi  ricordi  &  fcritti  ,la  feiati  dagli  heredi  di  quel- 
li in  preda  della  poluere  &  cibo  de  tarli.  Et  riceuuto- 
ne  finalmente  &  vtile  &  piacere  ho  giudicato  eonue- 
niente  anzi  debito  mio  farne  quella  memoria  che  per 
il  mio  debole  ingegno,  &per  il  poco  giudizio  fi  po- 
trà fare.  Ad  honore  diiquc  di  coloro  che  già  fono  mor 
ti  6V  beneficio  di  tutti  gli  ftudiofi  principalmente  di 
quelle  tre  arti  eccellentifsime  Architcttura,Scultura, 
&  Pittura/cri uerro  le  Vite  delli  Artefici  di  ciafeuna, 
fècodo  i  tépi  che  ci  fono  flati  di  mano  m  mano  da  Ci- 
mabue  infino  ad  hoggi,Non  toceado  altro  degli  anti- 
chi fé  no  quanto  ùcefsi  al  propofito  nofìro  per  non  fé 
ne  poter  dire  più  che  fé  ne  habbino  detto  quei  tanti 
fc ritto  ri  che  fono  peruenuti  alla  età  noftra.  Tratterò 
bene  di  molte  cofe  ebe  Ci  appartegono  al  Magiftero  di 
qual  fi  è  luna  delle  arti  dettc,Ma  prima  che  io  venga  a 
fegreti  di  quel!e,o  alla  Iftoria  delli  Artefici,mi  par  giù 
fio  toccare  in  parte  vna  difputa,  nata&  nutrita  tra 
molti  lenza  propofito  del  principato  &  nobilita  non 
della  Architettura  che  quefta  hano  lafciatada  parte, 
ma  della  Scultura  &  della  Pittura,  effendo  per  luna  & 
l'altra  parte,addotte,fe  non  tutte,  almeno  molte  ragio 
ni  degne  di  effere  vdite  &  pergli  artefici  loro  cofidera 
te.Dico  diique  che  gli  /cultori  come  dotati  forfè  dalla 
natura  &  dallo  efercizio  dell'arte  di  migliore  comple- 
fsione^dipiufangue&di  più  forze,  &  per  qucfto  più 
arditi  &  animofi  de  notòri  Pittori,  cercado  di  attribui 
re  il  più  honorato  grado  alla  arte  loro  3  arguifcono  & 

prouano 


DELLA    OPERA  9 

premanola  nobilita  della  Scultura  primieramente  da  la 
Antichità  {uà per auer  il  grande  Iddio  fittolo  huomo 
che  fu  la  prima  Scoltura  dicono  che  la  Scultura. abbrac 
eia  molte  più  arti  come  congeneri  &  ne  ha  molte  piu 
fbttopofte  che  la  Pittura,  come  il  baffo  rilieuo,il  far  di 
terra,di  cera,o,di  Stuccho,di  legno,d'auorio,il  gettare 
de  metalli,ogni  cefèlamento,il  lauorare  di  incauo,o,di 
nlieuo,nelle  pietre  fini,&  negli  Acciai,&  altre  molte, 
lequali  &  di  numero  &  di  maeflria  auanzano  quelle 
della  Pittura:&  allegando  ancora  che  quelle  cofè  che 
fi  difendono  piu  &  meglio  dal  tempo  &  piu  fi  cófèrua 
no  all'ufo  degli  huommija  beneficio  &  feruizio  de'qua 
li  elle  fon  fatte,  fono  fenza  dubbio  piu  vtili,&  piu  de- 
gne deffer  tenute  care  &  onorate  che  non  fono  l'ai— 
trerAffermano  la  Scultura  effere  tanto  piu  nobile  della 
Pittura  quanto  ella ,  è ,  piu  atta  a  conferuare  &  fé  &  il 
nome  di  chi,e,celebrato  da lei,ne'  marmi  &  ne*  bronzi 
Contro  a  tutte  le  ingiurie  del  tempo  &  della  Aria;  che 
non,e,efìaPittura,la  quale  di  fua  natura  pure  non  che 
per  gli  accidenti  di  fuora ,  perifee  nelle  piu  ripofte  & 
piu  fìcure  fìanze  che  abbino  faputo  dar  loro  gli  Ar- 
chitettori.Vogliano  eziandio  che  il  minor  numero  lo- 
ro,non  folo  degli  Artefici  eccellenti  ma  degli  ordinari* 
rifpetto  allo  infinito  numero  delittori  arguitala  loro 
maggiore  nobilità,dicendo  che  la  Scultura  vuole  vna 
certa  migliore  difpofizione  &  di  animo  &  di  corpo ,  il 
che  rado  fi  truoua  congiunto  infieme  ;  doue  la  Pittura 
fi  contenta  d'ogni  debole  complefsione  pur  che  abbia 
la  man  ficura  fé  non  gagliarda.  Et  che  quefto  inten- 
dimento loro  fi  pruoua  fimilmente  da' maggior  pregi 
citati  particularmente  da  Plinio,da  gli  Amori  caufàti 
dalla  marauigliofa  bellezza  di  alcune  ftatue,&  dal  giu- 
dizio di  colui  che  fece  la  ftatua  della  Scultura  di  Oro 
&  quella  della  Pittura  dargento  &pofe  quella  alla  de- 
li 


I 


IO 


PROEMIO 


ftra  &  quefta  alla  finiflra.  Ne  lafciano  ancora  di  alle 
gareledifììcultà  prima  dell'auer  la  materia  fubbietta 
come  i  Marmi  &  i  Metalli  -,  &  la  valuta  loro  rifpetto 
alla  facilità  dell'auere  letauole3le  tele5&icolon5a  pie 
colifsimi  pregi  &  in  ogni  luogo.  Di  poi  le  efrreme  6c 
graui  fatiche  del  maneggiare  i  Marmi5&i  Bronzi  per 
la  grauezza  lort>,&  del  lauorargli  per  quella  de  gli  Arti 
mentori fpetto  alla  leggerezza  de  Pennegli ,  degli  ftili, 
&  delle  Pcnne,difegmatoi  &  carboni,oltra  che  di  loro 
fi  affatica  lo  animo  con  tutte  le  parti  del  coi  pò.  Et  è,co 
fa  grauifsima, rifpetto  alla  quieta  &  leggiere  opera  del 
lo  animo  &  della  mano  fola  del  dipintore.  .  Fanno  ap 
predo  grandiisimo  fondamento  fopra  lo  effere  le  cole 
tanto  più  nobili  &  più  perfette,quanto  elle  Ci  accollano 
più  ai  vero  ;  &  dicono  che  la  Scultura  imita  la  forma 
vera ,  &  moitra  le  fue  colè  girandole  intorno  a  tute  le 
vedute3Doue  la  Pittura  per  edere  (pianata  con  {empii 
disimi  lineamenti  dipennello,&nonauere  che  un'lu 
me  lblo5non  móftra  cne  vna  apparenza  fbla.Ne  hanno 
rifpetto  a  dire  molti  di  loro3che  la  Scultura  è  tanto  fu- 
periore  alla  Pittura  ;quanto  il  vero  alla  bugia.  Ma  perla 
vltima  &  più  forte  ragione  adducono5che  allo  Sculto- 
re è  neCeffario  no  folaméte  la  perfezzione  del  giudizio 
ordinaria  come  al  Pittore,ma  affoluta  &  fubita,  di  ma- 
niera che  ella  conofea  fin  detro  a'Marmi  l'intero  appuri 
todi  quella  figura  che  efsi  intendono  di  cauarne;  Et 
polla  fenza  altro  modello,prima  fare  molte  parti  perfet 
te,  che  eie  accompagni  &  vnifea  infìemejcomeha  fat- 
to diuinamente  già  Michelagnolo.  Auuengha  che  mah 
candodi  quefta  felicità  di  Giudizio  fanno  ageuolmen 
te&  fpeffo,di  quelli  incouenienti  che  no  hanno  rime 
dio;&  che  fatti  fon  fèmpre  teftimonii  degli  errori  del- 
lo fcarpello  o  del  poco  giudizio  dello  fcultore.Laqual 
colà  non  auuiene  a  Pittori  percioche  ad  ogni  erro- 


DE1LA    OPERA 


II 


re  di  pennello  o  mancamento  di  giudizio  che  venik 
fé  ior  fatto ,  hanno  tempo  conofcendoli  da  per  loro, 
o  allertiti    da  altri ,  poffono  ricoprirli  &  medicar- 
li con  il  medefìmo  pennello  che  lo  aueua  fatto  ,  il 
quale  nelle  man  loro  ha  cjuefto  vantaggio  da  gli  Scar- 
pelli dello fcultore,che  egli  non  folofana  come  faceua 
il  ferro  della  lancia  di  AchiIIe,"ma  lafcia  fenza  margine 
le  fue  ferite.         AHequali  cofe  rifpondendo  i  Pittori 
non  fenza  fdegno ,  dicono  primieramente  che  volen- 
do gli  Scultori  confiderai  la  cofa  in  fagreftia,  la  prima 
nobilita  è  la  loro:&  che  gli  Scultori  fi  ingannano  di 
gran  lunga  a  chiamare  opera  loro  la  Statua  del  primo 
padre;effendo  fiata  fatta  di  terra,Parte  della  quale  ope- 
razione mediante  il  fuo  leuare  &  porre,nò  è  manco  de* 
pittori  che  di  altri:&  fu  chiamata  Plafìice  da'  Greci  & 
Fiaoriada'Latinij&da  Prafsitele  fu  giudicata  madre 
della  Scultura  y  del  Getto,&  del  Cefello  ;  cofa  che  fa  la 
(cultura  veramente  nipote  alla  Pittura;  conciofia  che 
la  Plaftice&  la  Pittura  nafchino  infìeme  &  fubito  dal 
difegno.Et  efaminata  fuori  di  fagreftia  dicono  che  tan 
te  fono  &  fi  varie  le  opinioni  de  tempi, che  male  fìpuò 
credere  più  alluna  che  all'altra:&  che  considerato  final 
mente  quefta  nobilita  doue  e  uogliono,nelluno  de 
luoghi  perdono,&  nell'altro  non  vincono,ficome  nei 
Proemio  delle  vite  più  chiaramente  potrà  vederfi.  Ap- 
preflbper  rifcontro  delle  arti  congeneri  &  fottopor 
fìe  alla  fcultura  dicono ,  auerne  molte  più  di  loro ,  co^ 
me  che  la  pittura  abbracila  inuenzione  della  iftona, 
la  difficilifsima  arte  degli  fcorti,tuttii  corpi  della  Ar- 
chitettura ,per  poter  fare  i  cafamenti,&  la  profpettiua, 
il  colonie  a  temperatane  del  lauorare  in  frefco,dirfe-, 
rente  &  vario  da  tutti  gli  altri,fimilmente  il  lauorare  a 
olio,inlegno,tn  pietra,in  tele,  &  il  Miniare  arte  diffe- 
eate  da  wtteje  fincftrc  di  vetroni  Mufaico  de  vetrini 


12,  PROEMIO 

commetter  le  tarde  di  colori  >  faccendone  iftorie  eoa 
ilegni  tmti,che  è. Pittura,  lo  fgraffire  le  cafe  con  il  fer- 
rosi Niello  &  le  (lampe  di  tame,membri  della  pittura, 
gli  smalti  de  gli  orefici ,  il  commetter  l'oro  alla  dama 
fchina,ildipigner'le  figure  inuetriate,&  fare  ne  vafi  di 
terra  iftorie  &  altre  figure  chetegono  alla  acqua,  il 
teffere  i  broccati  con  le  figure  Si.  fiori  ,  &  la  bellifsima 
inuenzione degli  Arazzi  telluriche  fa  commodita& 
grandezza, potendo  portar  la  pittura  in  ogni  luogo  Se 
Tàluatico  Se  dome(tico:(ènza  che  inogni  genere  che  bi 
fogna  eiìcrcitarfi,il  Difegno  che,  è,  difegno  noftro  lo 
adopra  ognuno. Si  che  molti  più  membri  ha  la  pittura 
&  più  vtili  che  non  ha  la  (cultura  -  Non  niegano  la  et- 
ternità  poi  che  cofi  la  chiamano  delle  fculture.Ben'  di- 
cono quefto  no  efler  priuilegio  che  faccia  l'arte  più  no 
bile  che  ella  fi  (ìa  di  fui  ti  aturai,  per  edere  (èmplicemen- 
te  della  materia. Et  che  fé  la  lunghezza  della  vita  defic 
alle  anime  nobilitaci  Pino  tra  le  piante,&  il  Ceruio  tra 
gli  animali,  arebbon  la  anima  oltramodo  più  nobile 
che  non  ha  l'huomo.Non  ottante  che  ei  potefsino  ad- 
durre vna  fimile  etternità  &  nobiltà  di  materia  ne  Mu 
faici  loro, per  vederfene  delli  antichifsimi  quato  le  più 
antiche  (culture  che  fiano  in  Roma,&  eflendofi  vfato 
di  farli  di  gioie,&  pietre  fini. Et  quato  al  Piccolo,o,mi 
noi*  numero  loro,aftermano  che  ciò  no,è,per  che  la  ar- 
te ricerchi  miglior  di(pofizione  di  corpo;&  il  giudizio 
maggiore  :  ma  che  ei  depende  in  tutto  da  la  pouertà. 
delle  full  anzie  loro,&  dal  poco  fauore,o,  auaritia  che 
voghamo  chiamarlo  de  gli  riuomini  ricchi,!  quali  non 
fanno  loro  commodità  de'  marmi  o ,  danno  occafione 
di  lauorare  come  fi  può  credere  Se  vedefi  che  fi  fece  ne 
tempi  antichi,quando  la  (cultura  venneal  fommogra 
do.  Et,è,manifeilo  che  chi  non  può  confumare  o  >  pit- 
tar vza  non  piccola  quantità  di  marmi  &  pietre  fOrp,Ie 


DELLA    OPERA 


5' 


quali  coftano  pure  aiiai-.no  può  fare  quella  pratica  nel- 
la arte,che  fi  conuiene;chi  non  vi  fa  la  pratica  non  la  in 
para;&  chi  non  la  impara  non  può  fare  bene»Per  laqual 
cofa  douerrebono  efcufàre  più  tofto  con  quelle  cagio 
ni  la  imperfe  zzione  &  il  poco  numero  degli  eccellen- 
tijche  cercare  di  trarre  da  effe  {òtto  vno  altro  colore  la 
nobild.Quanto  a  maggior  pregi  delle  fculture,rifpon 
dono  che  quando  i  loro  fufsino  bene  minori,  non  han 
no  a  compartirli ,  contentandoli  di  un  putto  che  ma- 
cini loro  i  colori,&  porgha  i  pennelli  ò ,  le  predelle  di 
poca  fpefa,doue  gli  {cultori  oltre  alla  valuta  grande  del 
la  materia, vogliono  di  molti  aiuti  &  mettono  più  tem 
pò  in  vna  fola  figura  che  no  fanno  efsi  in  molte  &  mol 
te  ;  per  il  che  apparivano  i  pregi  loro  eflère  più  della 
qualità  &  durazionedi  eflamatena,delli  aiuti  che  ella 
vuole  acondurfi,&  dei  tempo  che  vifi  mette  a  lauorar 
lacche  della  eccellerizia  della  arte  ftefTa.&  quando  que- 
(la  non  ferua,ne  fi  truoui,  prózzo  maggiore  come  fareb 
be  facil  cofa,achi  volefsi  diligentemente  confiderarla; 
Truouino  vn  prezzo  maggiore  del  marauigliofo,bel- 
lo, &  viuo  dono,che  alla  virtuofifsima  &  eccellentifsi- 
ma  opera  di  Apelle  fece  Aleflfandro  il  Magno  j  donado 
li  non  tefori  grandifsimi  o  flato  mala  fua  amata  &  bel- 
lifsima  Càpfaìpe.&  auucrtifchino  di  più  che  Alefsadro 
era  giouane,  innamorato  di  lei  &  naturalmete  a  gli  afc. 
fetti  di  Venere  fotto  pofto,&  Re  infieme  &  Greco,  & 
poi  ne  faccino  quel  giudizio  che  piace  loro.Agli  amori 
di  Pigmalione  &  di  quelli  altri  federati  non  degni  più 
d'e(Terehuomini,citatiperpruoua  della  nobilita  della 
arte,non  fanno  che  fi  rifpondere;fe  da  vna  grandissima 
cecità  di  méte,&  da  vna  fopra  ogni  naturai  modo  sfre- 
nata libidme,ulpuo  fare  argumeto  di  nobi!ti.&  di  quel 
non  fo  chi  allegato  dagli  {cultori  d'aucr  fatto  la  {cul- 
tura d'oro  &  la  pittura  di  argento  comedi  fopra,cot* 

B     Hi 


14  PROEMIO 

fentonoche  fé  egli  auefsi  dato  tanto  fègno  di  giudi- 
iiofò  quanto  di  riccho,non  farebbe  da  difputarla.&  co 
eludono  finalmeie  che  lo  antico  vello  dello  oro  per  ce- 
lebrato che  è  fia5  no  velli  però  altro  che  un  Motone  Tea 
za  intelletto;per  il  che  ne  il  teftimonio  delle  ricchezze, 
ne  quello  delle  voglie  difòneite5ma  delle  lettere ,  dello 
efercizio,della  bontà ,  &  del  giudizio  fon  quelli  achi  fi 
debbe  attédere.Ne  rifpondono  altro  alla  dificulta  dello 
auere  i  Marmi  &  i  metalli ,  fé  no  che  quefto  nafee  da 
la  poucrtà  propria  &  dal  poco  fauorede  potenti  co- 
me fi  è  detto,&  nò  da  grado  di  maggiore  nobilitatile 
cftreme  fatiche  del  corpo  &  apericoli  proprii  &  delle  o 
pere  lorOjridendo&fenza  alcun  difàgio  rifpondono, 
che  fé  le  fatiche  &  i  pericoli  maggiori  arguifeono  mag 
giore  nobilitàjl'arte  del  cauare  i  marmi  de  le  vifeere  de 
monti,per  adoperare!  coniii  pali  &  le  mazze  farà  più 
nobile  della  fcultura;quella  del  fabbro  auanzera  lo  ore 
fice;&  quella  del murare,laArchitettura.&  dicono  ap 
prefTb  che  le  vere  difficultà  ftanno  più  nello  animo  che 
nel  corpo,onde  quelle  cofè  che  di  lor  natura  hanno  bi- 
fogno  di  ftudio  Se  di  fàpere  maggiore,fbn  più  nobili  et 
eccellenti  di  quelle, che  più  fi  feruono  della  forza  del 
corpo;&  che  valendoli  i  pittori  della  virtù  dellanimo 
più  di  loro3quefto  primo  onore  fi  appartiene  alla  pit- 
turargli fcultori  badano  le  fefte  ò  le  fquadre  a  ritroua 
re  &  riportare  tutte  le  proporzioni  &  mifure  che  egli 
hanno  di  bifbgno3a'pitton  è  neceflàrio  oltre  al  fapere 
bene  adoperare  ìfòpradetti  ftrumenti  vna  accurata  co 
gnizione  di  profpettiua,per  auere  a  porre  mille  altre  co 
fé  che  paefì  o  cafàméti;oltra  che  bifbgna  auer  maggior 
g  iudicio  per  la  quantità  delle  figure  in  vna  ftoria  doue 
può  nafeer  più  errori  che  in  una  fòla  ftatuevallo  (cul- 
tore bafta  auer  notizia  delle  vere  forme  &  fattezze  de 
corpi  fohdi&palpabili,&fottopofl;i  in  tutto  al  tatto 


DELLA    OPERA  If 

&  di  quei  foli  ancora  che  hanno  chi  gli  regge.  Al  Pitto 
re  è  neceffario  no  folo  conofcere  le  forme  di  tutti  i  cor 
pi  retti  &  non  retti;ma  di  tutti  i  trafparenti  &  impalpa 
bili;&  oltra  qu  etto  bi  fogna  che'fappinoi  colori  che  fi 
couengono  a'  detti  corpi,  la  moltitudine  &  la  varietà 
de  quali  quanto  ella  fia  vniuerfàlmente  &  proceda  qua 
fi  in  infinito,  lo  dimoftrano  meglio  che  altro  i  fiori  & 
i  frutti,  oltre  a  minerali;Cognizione  fòmmamente  dif- 
fìcile ad  acquiftarfi  &a  mantenerli  per  la  infinita  va- 
rietà loro.  Dicono  ancora  chedouelafculturaper 
la  inobbedienzia  &  imperfezzione  della  materia  noa 
rapprefenta  gli  affetti  dello  animo  fé  non  con  il  moto, 
ilquale  non  fiitende  però  molto  in  lei  ^  &  con  la  fa- 
zione fteffa  de  membrane  anche  tutti  •,  i  Pittori  gli  di- 
moftrano con  tutti  i  moti  che  fono  infiniti ,  con  la  fa- 
zione di  tutte  le  membra  per  fòttilifsime  che  elle  fìano,1 
ma  che  piu?con  il  fiato  fteflb,&  con  gli  fpiriti  della  vi- 
fìa.&  che  a  maggiore  perfezzione  del  dimoftrare  non 
(blamente lepafsioni& gli  affetti  dello  animo,maan- 
Coragli  accidenti  a  venire,come  fanno  inaturali,oltre 
alla  lunga  pratica  della  arte  bifogna  loroauere  vna  iti 
tera  cognizione  di  effa  Fifionomia,della  quale  batta  Co 
lo  allo  fruitore  la  parte  che  confiderà  la  quantità  &  for 
ina  de'mébri,fenza  curarti  della  qualità  de  colori,  la  co 
gnizion  de  quali  5  chi  giudica  dagli  occhi,conofce  qua 
to  ellafìa  vtile  «^cneceffariaalla  vera  imitazione  della 
naturatila  quale  chi  più  fi  accorta  è  più  perfetto.  Ap- 
predo  foggiùgono  che  douela  fcultura  leuado  a  poco 
apoco  invn  medefimo  tempo  da  fondo  &  acquifta  rilie 
uo  a  ctuelle  cofè  che  hanno  corpo  di  lor  naturaj&  fèrue 
fi  del  tatto  &  del  vedere;i  pittori  indue  tempi  danno  ri 
lieuo  &  fondo  al  Piano ,  con  lo  aiuto  di  vn  fenfo  fòlo  - 
la  qual  cofa  quando  ella  è  fiata  fatta  da  perfòna  intelli- 
gente della  arte,con  piaceuolifsimo  inganno  ha  fatto 


j6  PROEMIO 

rimanere  molti  grandi  huomini  per  non  dire  degli  ani 
mali;il  che  non  fi  è  mai  veduto  della  fcultura  per  non 
imitare  la  natura  in  quella  maniera  che  fi  poifa  dire 
tanto  perfetta  quanto  c,la  loro .  Et  finalmente  per  ri- 
fpodere  a  quella  intera  &  alToluta  perfezzion e  di  giu- 
dizio che  fi  richiede  alla  fcultura ,  per  non  auer  modo 
di  aggiugnere  doue  ella  leua5arfermando  prima  che  ta 
li  errori  fono  come  ci  dicano  incorrigibili,ne  fi  può  ri- 
mediare loro  fenza  le  toppe3lequali  cofi  come  ne  panni 
fon  cofe  da  poueri  di  robamelle  fculture  &  nelle  pittu 
re  fimilmentc  fon  cofe  da  poueri  di  ingegno  &  di  giu- 
dizio.Di  poi  che  la  Pazienzia  co  vn'tempo  conuenien 
te  mediante  i,modelli3le  centine,le  (quadrerie  feiìe,& 
altri  mille  ingegni  &  finimenti  da  riportare  non  fola- 
mente  gli  difendano  dagli  errori:  ma  fanno  condurlo 
ro  il  tutto  alla  fua  perfezzione,  concludono  che  que- 
lla difficultà  che  ei  mettano  perla  maggiore  é,nulla  o, 
poco;rifpetto  aquelle  che  hanno  i  pittori  nellauorare 
infrefco.&cheladetta  perfezzion  e  di  giudizio  non, 
c,punto  più  neceffaria  alli  fcultori,che  a'pittori,baftan 
do  aquelli  condurre  i  modelli  buoni  di  cera  di  terra  Oj 
d'altro,come  a  quefli  i  loro  difègni  in  fimih  materie  pu 
re  o,ne  cartoni;&  che  finalmente  quella  parte  che  riero 
ce  a  poco  a  poco3loro  i  modelli  ne'  marmi  e  più  tolto- 
pazienzia  che  altro.Ma  chiamifi  giudizio  come  voglio 
no  gli  fcultori  fé  egli,  è3  più  neceffario  achi  lauorain 
fi  efeo  che  achi  fcarpella  ne*  marmi. Percioche  in  quel- 
lo non  (blamente  non  ha  luogo  ne  la  pazienzia  nel  il 
tempo  per  eflfere  capitalifsimi  nimici3della  vnione  del 
la  calcina  &  de'colori;ma  per  che  l'occhio  non  vede  i 
colori  veruinfino  a  che  la  calcina  non,è\benfecca3ne  la 
mano  vi  può  auere  giudizio  d'altro  che  del  molle,ò, 
feccojdi  maniera  che  chi  lo  dicefsi  lauorare  al  buiojO, 
con  occhiali  di  colori  diuerfi  dal  vero,  non  credo  che 

errafsi 


DELLA      OPERA 


*7 


crrafle  di  molto.  Anzi  non  dubito  puntecene  tal'nome, 
non  fé  li  conuenga,piu  cheallauoro  d'incauo;alquale 
per  occhiali,ma  giuAi  &  buoni,ferue  la  cera .  Et  dico- 
no che  a  quefto  lauoro  e  neceffario  auere  vn  giudizio 
rifoluto,  che  antiuegga  la  fine  nel  molle ,  &  quale  egli 
abbia  a  tornar'poi  fecco.Oltra  che  non  fi  può  abbando 
nare  il  lauoro,mentre  che  la  calcina  tiene  de'l  frefco;& 
bifogna  refolutamente  fare  in  vn'giorno,quello  che  fa 
la  fcultura  in  vn'mefe.Et  chi  non  ha  quefto  giudizio  & 
quefta  eccellenzia,fi  vede  nella  fine  del  lauoro  fuo,o, 
col  tempore  toppete  macchie,i  rimefsi,&  i  colori  fo- 
prappofti,o  ritocchi  a  feccoxhe  e  cofa  vilifsima  ;  Per- 
ché vi  fi  fcuoprono  poi  le  murfej&  fanno  conofeere  la 
infufficienzia ,  &  il  poco  fapere,  dello  artefice  fuo;fi 
come  fanno  bruttezza5i  pezzi  rimefsi  nella  fcultura. 
Soggiungono  ancora  che  doue  gli  fcultori ,  fanno  in- 
fieme  due,o  tre  figure  al  più  d'un'  Marmo  folo  ;  efsi  ne 
fanno  molte  in  vna  tauola  fola3c6  quelle  tante  &  fi  va- 
rie vedute,che  colo  io  dicono  che  ha  vna  ftatua  fòla:ri 
compenfando conia  varietà  delle  pofiture , feorci 3 & 
attitudini  loro3il  poterfi  vedere  intorno  intorno  quel- 
le degli  fcultori. Affermano  oltra  di  ciò ,  chela  Pittura 
non  lafcia  elemento  alcuno3che  non  fia  ornato3&  ripie 
nodi  tutte  le  eccellenzie,che  la  natura  ha  dato  loro  ; 
Dando  la  fua  luce ,  o  le  fue  tenebre  alla  aria ,  con  tutte 
le  fue  varietà  &  imprefsioni;&  empiendola  infieme  di 
tutte  le  forti  degli  vcelli:  Alle  acqueta  trafparenza3i  pe 
fci,i  Mufchije  fchiume5il  variare  delle  onde3le  naui3& 
l'altre  fue  pafsioni;Alla  terra,i  monti,i  pianale  piante5i 
frutti^  fiorigli  animargli  edifizii3con  tanta  moltitu- 
dine di  cofe,&  varietà  delle  forme  loro,&  de  veri  colo 
ricche  la  natura  ftefTa,molte  volte  n'ha  marauiglia. 
Et  dando  finalmente  al  fuoco ,  tanto  di  caldo  &  di  lu- 
ce,che  e  fi  vede  manifeftarnejue  ardere  le  cofe;&  quafi 


$  PROEMIO 

tremolando  nelle  fuefiamme,rendere  in  parte  lumino 
fe,le  più  ofeure  tenebre  della  notte  .  Per  le  quali  co  fé 
par'loro,poteregiuftamente  concili  udere,&  dire;  che 
contra  pofto  le  difhcultà  degli  fcultori^alle  loro,le  fati- 
che del  copojalle  fatiche  dello  animosa  imitazione  cir 
cala  forma  (biadila  imitazione  della  apparenzia  circa 
la  quantità  &la  qualità  che  viene  a  lo  occhio;  Il  poco 
numero  delle  cole  doue  la  fcultura  può  dimofìraie,& 
dimoftra  la  virtù  fua,allo  infinito  di  quelle  che  la  pittu 
ra  ci  rapprefènta;oltra  il  cóferuarle  perfettamente  allo 
intelletto,&  farne  parte  in  que  luoghi,  che  la  natura 
non  ha  fatto  ella  ;  Et  contrapefàto  finalmente  lecofè 
dell'unajalle  cofe  deH'altrajla  nobiltà  della  fcultura,qua 
to  à  lo  ingegno ,  a  la  inuenzione ,  &  a'1  giudizio  degli 
artefici  fuoijnó  corrifpondea  gran  pezzo,a  quella  che 
ha,&  merita  laPittura.Et  quefto  è  quello,che  per  lu- 
na &  per  l'altra  parte^mi  e  venuto  a  gli  orecchi  de^no 
di  confiderazione.Ma  perché  a  me  pare  che  gli  (cultori 
abbino  parlato  con  troppo  ardire;&  i  pittori  con  trop 
pò  fdegno;Per  auere  io  affai  tempo  considerato  le  cofè 
della  fcultura,&  efìermi  eferotato  fèmpre  nella  pittu- 
ra ;  quantunche  piccolo  fìa  forfè  il  frutto  che  fé  ne  ve- 
de; Nondimeno  &  per  quel  tanto  che  egli  e,  ci' per 
laimprefa  di  quelli  ferini,  giudicando  mio  debito,di- 
moftrare  il  giudizio  che  nello  animo  mio  ne  ho  fatto 
fempre;&  vaglia  la  autorità  mia  quanto  ella  può  ;  dirò 
fopra  tal'difputa  ficuramente  &breuemente  il  parer 
mio  Pervadendomi  di  non  fottentrare  a  carico  alcu- 
no di  profunzione, o  diignoranzia  ;  non  trattando 
io  de  l'arti  altrui,comc  hanno  già.  fatto  molti ,  per  ap- 
parire nel  vulgo,  intelligenti  di  tutte  le  cofe;median^ 
te  le  lettere;  Et  come  tra  gli  altri  auuenne  a  Formio 
ne  peripatetico  m  Efefo,che  ad  oftentazione  della  elo- 
quenza fua3  predicando  &difpur.ando  de  le  virtù  Se 


DELLA       OPERA 


IS> 


parti  dello  eccellente  Capitano;nón  meno  de  la  profun 
zione,che  dela  Ignoranzia  Tua,  fece  ridere  Annibale. 
Dico  adunque  che  la  Scultura  &  la  Pittura  per  il  vero 
fono  forellejnate  di  vn'Padre,che  e  il  difegno,in  vn'for 
parto,&  ad  vn  tempo:&  non  precedono  l'una  alla  al- 
tra, fé  non  quanto  la  virtù  &  la  forza  di  coloro  che  le 
portano  adoflo,fò  pattare  l'uno  artefice  innanzi  a  lai- 
tro;&nonperditferenzia,o,gradodi  nobiltà  che  ve- 
ramente fi  truoui  infra  di  loro.Et  fé  bene  per  la  diuerii 
tà  della  eftenzia  loro,hanno  molte  ageuolezze:  non  Co 
no  elleno  però  ne  tante,nè  di  manierarne  elle  non  ven 
ghino  guittamente  contrapefateinfieme;&  non  fi  co- 
nofca  la  pafsione,o  la  caparbietà,più  tofto  che  il  giudi- 
ziosi chi  vuole  che  l'una  auanzi  l'altra.  La  onde  a  ra- 
gione fi  può  dire  che  vna  anima  medefima  regga  due 
corpi:&  io  per  quefto  conchiudo, che  male  fanno  colo 
ro,che  fi  ingegnano  didifunirle,&di  fepararle l'una 
da  l'altra .  De  laqual  cofii  volédoci  forfè  sgannare  il  eie 
lo3&  moftrarci  la  fratellanza  &  la  vnione  di  quelle  due 
nobilifsime  arti,ha  in  diuerfi  tempi  fattoci  nafecre  mol 
ti  feukori  che  hanno  dipinto;&  molti  pittori,  che  han 
no  fatto  de  le  fculture;come  fi  vedrà  nella  vita  di  Anto 
nio  del  pollaiuolojdi  Lionardo  da  vinci,&  di  molti  al- 
tri dj^ià  palTati.  Manellanoftraetà,ciha  prodotto  la 
bontà  Diuina,Michelagnolo  Buonarroti,nel  quale  a- 
mendue  quefte  arti,fi  perfette  rilucono  ,  &  Ci  umili  & 
vnite  infieme  apparifcono;che  i  Pittori,de  le  lue  pittu 
re  ftupifcono;&  gli  feukori  Je  fculturc  fatte  da  lui,am 
mirano,&  reuenfconofommamente.A  coftui,perche 
c«li  non  auefle  forfè  a  cercare  da  altro  maeftro,  doue  a 
gratamente  collocare  le  figure  fatte  da  lui;  ha  la  natura 
donato  fi  fattamente  la  fcienzia  della  architettura;  chp 
fenza  auere  bifogno  di  altrui,può  &  valeda  fé  folo,  & 
a  quefte^ac^uelleima^midaluiformateSare  ono 

C    ii 


20 


P  R   OEMIO 


rato  luogo;&ad  efle  conueniente.Di  maniera  che  egli 
meritamente  debbe  efìer  detto,  fcultore  vnico;Pittore 
fommo;  &  eccellentifsinio  Architettore;anzi,  della  ar- 
chitettura vero  maeftro.Et  ben'pofsiamo  certo  affer- 
macene e  non  errano  punto  coloniche  lo  chiamano 
diuinojpoi  che  diuinamente  ha  egli  in  fé  folo  raccolte 
le  tre  più  Iodeuoli  arti,&  le  più  ingegnofe,che  fi  truo- 
uino  tra'mortali;&  con  elle  ad  efempio  d'uno  i  Dio,in 
finitamente  ci  può  giouare.Et  tanto  bafti  per  la  difpu- 
ta  fatta  dalle  parti5&  per  la  noftra  opinione.  Et  tornan 
do  oramai  al  primo  propofito  ;  dico  che  volendo  per 
quanto  fi  eftendono  le  forze  mie, trarre  da  la  voracifsi- 
ma  bocca  del  tempo ,  i  nomi  degli  Scultori ,  Pittori,& 
Architetti,che  da  Cimabuein  qua  fono  fìati  in  Italia 
di  qualche  eccellenzia  notabile;^  defiderado  che  que- 
fìa  mia  faticala  non  meno  vtile,  che  io  me  la  fia  pro- 
ponga piaceuole;Mi  pare  necefTariOjauanti  che  e' fi  ven 
gaalaiftoria,farefottobreuità5vna  introduzzione  a 
quelle  tre  animelle  quali  Valfero  coloro,di  chi  io  deb- 
bo fcnuere  le  vite:  A  cagione  che  ogni  gentile  fpirito, 
intenda  primieramente  le  cofepiù  notabili ,  delle  loro 
profefsioni;&  appreflo  con  piacere  &  vtile  maggiore, 
polTa  conofcere  apertamente,in  che  e  fufTero  tra  fé  dif 
terenti;&  di  quàto  ornamento  &  comodità  alle  patrie 
lora,&  a  chiunque  volfe  valerfidelainduftna&  fape 
re  di  quelli.Comincerommi  dunque  da  l'Architettura, 
come  da  la  più  vniu  erfale,&  più  neceflaria  &  vtile  agli 
huomini,&  al  feruizio  &  ornamento  della  quale  fono 
l'altre  due;&  breuemcnte  dimoftrerrò,la  diuerfità  del- 
le Pietre;le  maniere5o  modi  dello  edificare,con  le  loro 
proporzioni;&  a  che  fi  conofchino  le  buone  fabbriche 
&  bene  intefe.  Appretto  ragionando  de  la  fcultura,  di- 
rò come  le  ftatue  fi  lauorinojla  forma  &  la  proporzio- 
ne che  fi  aletta  loro;&  quali  fiano  le  buone  Sculture, 


DELLA      OPERA 


21 


con  tutti  gli  ammaeftramenti  pili  fegreti  &  più  neceflà 
rii.Vltimamente  difeorrendo  de  la  pittura,dirò  del  di- 
fecrnoide  modi  del  colonre;de'l  perfettamente  condur 
relè  cofe;de  la  qualità  di  effe  Pitture;  &  di  qualunchc 
cofa  che  da  quella  dependa  ;  De  Mufaici  d'ogni  forte; 
del  Niello;  de  gli  smalti  ;de  lauori  a  la  Damafchina;& 
finalmente  poi  de  le  {lampe  delle  pitture .     Et  con*  mi 
perfuado,che  quelle  fatiche  mie ,  diletteranno  coloro 
che  non  fono  di  quelli  efercizii.Et  diletteranno  &  gio 
ueranno  a  chi  ne  ha  fattoprofefsione.  Perche  oltra 
che  nella  introduzzione  riuedranno  i  modi  dello  ope- 
rare ;&  nelle  vite  di  efsi  arteficijimpareran.no  doue  fia- 
no  l'opere  loro;&  a  conofeere  ageuolmete  la  perfezzio 
ne,o  imperfezzione  di  quelle  ;&  difeerneretra  ma- 
niera &  maniera  :     E'  potranno  accorgerli  ancora  , 
quanto  meriti  lode  &  onore,chi  con  le  virtù  di  fi  nobi 
li  arti,accompagnaonefticoitumi3&  bontà  di  vita.Ec 
accefi  di  quelle  laudi  che  hanno  confeguite  i  fi  fatti  ;  fi 
alzeranno  efsi  ancora  à  la  vera  gloria .  Ne  fi  cauerà  po- 
co frutto  de  la  ftoria,vera  guida  &  maeftra  delle  noflre 
azzioni  j  leggendo  la  varia  diuerfità  di  infiniti  cafi  oc- 
corfi  a  gli  Artelìci;qualche  volta  per  colpa  loro,&  mol 
te  altre  della  fortuna .  Refterebbemi  a  fare  fculà  3  de  lo 
auere  alle  volte  vlàto  qualche  voce  non  ben'tofcana, 
de  la  qual  cofa  non  vo'  parlare  ;  auendo  auuto  Tempre 
più  cura,di  vfare  le  voci  &  i  vocaboli  particulari  &pro 
prii  delle  noftre  artiche  i  leggiadri^  gli  fnelli  della  de 
licatezza  degli  fcrittori. Siami  lecito  adunche  vfare  nei 
la  propria  lingua ,  le  proprie  voci  de  noftri  artefici  :  & 
contentili  ognuno  de  la  buona  volontà  mia3laquale  fi 
è  molTa  a  fare  quello  effetto  3  non  per  infegnare  ad  al- 
triache  non  so  per  me;Ma  per  defiderio  di  conferuare 
almanco  quella  memoria  degli  artefici  più  celebrati; 
poi  che  in  tante  decine  di  anni  3  non  ho  faputo  vedere 

C     iii 


8$$ 


I 


I 


12.  PROEMIO 

a  ncora,chi  n'abbia  fatto  molto  ricordo.  Con  ciò /Ta 
e  he  io  ho  più  tolto  voluto  co  quefte  roze  fatiche  mie, 
o  nereggiando  gli  egregi  i  fatti  loro,  renderli  in  qual- 
che parte,/'obhgo  che  io  tengo  alle  opere  fue3che 
mi  fono  ftate  maeftre,ad  impararequel  tan 
to  chciofo:  Che  malignamente  vi- 
uendoin  ozio,effercenfor' delle 
opere  altrui ,  accufandole 
&  riprendendole  co- 
me inoftrifpeflb 
coft  umano. 
Ma  edi 


"ò1 


e  già  Tempo 
di  venire  a  lo  effetto. 


Fine  del  Proemio 


2; 

DE     LE    DIVERSE     PIETRE 
CHE  SERVONO  A  GLI  ARCHI- 
TETTI PER  GLI  ORNAMENTI,  ET  PER 
LE   STATVE    ALLA    SCOLTVRA. 

Cap.  i. 


VANTO  Sia  grande  I'utile^clie  ne 

apporta  l' Ai chitetura,  non  accade  a 
me  raccotarlo;per  trouarfi  molti  ferie 
tori ,  i  quali  diligentifsimamente,&  a 
lungo  n'hanno  trattato. Et  per  quello 
lafaandoda  vna  parte  le  calcine,lea- 
rene,i  legnami,i  ferramenti ,  e'1  modo 
del  fondare,&  tutto  quello  che  fi  adopera  alla  fabrica; 
&  l'acque3le  regioni,e  i  fiti  largamente  già  deferitti  da 
Vitruuio3&  dal  noflro  Leon  Batifla  Albertijragione- 
rò  (blamente  per  feruizio  de'  noflri  artefici 3  &  di  qua- 
lunque brama  fapere5come  debbano  effere  vniuerfàl- 
mente  le  fabriche.  Et  quanto  di  proporzione  vnite,  & 
di  corpi3per  confeguire  quella  graziata  bellezza,che  fi 
defidera,breuemente raccorrò  infieme, tutto  quello, 
che  mi  parrà  neceiTano  a  quello  propofito .  Et  accio- 
che  più  manifeilamente  apparifea  la  grandifsima  diffi- 
cultadellauorar delle  pietre,che  fon  dunisime&  for- 
tÌ5ragioneremodiltintamente,macon  breuità,  di  cia- 
feuna  forte  di  quelle, che  maneggiano  inolili  Artefi- 
ci. Et  primieramente  del  Porfido.Quefto  è  vna  pietra 
rofìa  con  minutifsimi  fchizzi  bianchi  5  condotta  nella 
Italia  già  delo  Egittojdoue  comunemete  fi  crede ,  che 
nel  cauarla  ella  fia  più  tenera,che  quado  ella  è  Hata  fuo 
ri  della  caua,alla  pioggia3al  ghiaccio,e  al  Sole  :  perche 
tutte  quelle  cole  la  fanno  più  dura,&  più  diffìcile  a  la- 


14  D  E      L  A 

uorarla.Di  quefta  fé  ne  veggono  infinite  opere  lauora 
te,parte  con  gli  fcarpelli,parte  fegate,&  parte  con  ruo 
te,&  con  gli  fmerigli  confumate  a  poco  a  poco  ;  come 
fé  ne  vede  in  diuerfi  luoghi  diuerfamence  più  cofejcio 
è,quadri,  tondi,  &  altri  pezzi  {pianati,  per  far  paui- 
menti;  &cofi  ftatue  per  gli  edifici  ;  &  ancora  gran- 
difsimo  numero  di  colonne  &  picciole  &  grandi, 
&  fontane  con  tefte  di  varie  mafchere ,  intagliate  con 
grandifsima  diligenzia.Veggonfi  anchora  oggifepol- 
ture  con  figure  di  baflb  &  mezzo  rilieuo ,  condot- 
te con  gran  faticajcome  al  tempio  di  Baccho  fuor  di 
Roma  ,  a  fanta  Agnefà  ,  lafepoltura  che  e'  dicono 
di  Santa  Goftanza  figliuola  di  Goftantino  Impera  - 
dorè;  doue  fon  dentro  molti  fanciulli  con  pampa- 
ni&vue,che  fanno  fede  della  difficultà,c'hebbe  chi  la 
lauorò  nella  durezza  di  quella  pietra.il  medefimo  fi  ve 
de  in  vn  pilo  a  Santo  Ianni  Laterano,vicino  alla  porta 
fanta,ch  e  ftoriato;&  euui  dentro  gran  numero  di  figli 
re.     Vedefi  ancora  fulla  piazza  della  Ritonda  vna  bel- 
lifsima  calìa  fatta  per  fepoltura  Jaquale  è  lauorata  con 
grande  induftria  &  fatica;&  è  per  la  fua  formaci  gran 
difsima  grazia,&  di  fomma  bellezza,&  molto  varia  dal 
l'altre .  Et  in  cafa  di  Egidio  &  di  Fabio  Saffo  ne  foleua 
effere  vna  figura  a  federe  di  braccia  tre  &  mezo  codot 
ta  à  di  noftri  con  il  refto  delle  altre  ftatue  in  cafa'Farne 
fe.Nel  cortile  ancora  di  cafà  la  Valle  fopra  vna  fineftra 
vna  lupa  molto  eecellente,&  nel  lor'giardino  i  due  pri 
gionilegati  del  medefimo  porfidoji  quali  fon  quattro 
braccia  d'altezza  l'uno,lauorati  da  gli  antichi  con  gran 
difsimo  giudici©,  arte,&  difegnou'  quali  fono  oggi  lo 
dati  ftraordinariamente,da  tutte  le  perfone  eccellenti, 
conofcendofi  la  difficultà  che  hanno  auuto  a  condur- 
li per  la  durezza  della  pietra.A  di  noftri  non  s'è  mai  con 
dotto  pietre  di  quefta  fgrtc  a  perfeazigne  alcuna^per  a- 
^  uer 


ARCHITETTVRA.  2 

uere  gli  artefici  noftri  perduto  il  modo  del  temperare  i 
ferri,&  cofi  gli  altri  ftormcnti  da  condurle. Vero  è,che 
le  ne  va  fegando  con  lo  fmeriglio  rocchi  di  colonne>& 
molti  pezzi  per  accomodarli  in  ifpartimenti  per  piani, 
&  cofi  in  altri  varii  ornamenti  per  fabrichejandandolo 
confumando  a  poco  a  poco  con  vna  Tega  di  rame  len- 
za denti  tirata  dalle  braccia  di  due  huominuJaquale  co 
lo  fmeriglio  ridotto  in  poluere3&  con  l'acqua,che  con 
tinuamente  la  tenga  molle  ,  finalmente  pur  lo  ricade. 
Ma  per  volerne  fare  ocolonne,otauole,cofi  fi  lauora. 
Fannofi  per  quello  effetto  alcune  martella  graui  & 
grotte  co  le  punte  d'acciaio  temperato  fortifsimaméte 
col  fangue  di  becco, &lauorate  aguifadi  punte  di  dia 
manti,con  lequaìi  picchiando  minutamente  in  fui  por 
fìdo,&  fcantonandoloapocoapoco  il  meglio  che  fi 
puo,fi  riduce  pur  finalmente  o  a  fondono  a  piano ,  co- 
me più  aggrada  allo  artefice  con  fatica  &  tempo  non 
picciolo;  ma  non  già  a  forma  di  flatue;  che  di  que- 
llo non  riabbiamo  la  maniera ,  &  fi  gli  da  il  pulimen- 
to con  lo  fmeriglio  ,  &  col  cuoio  flrofinandolo ,  che 
viene  di  luftro  molto  pulitamente  lauorato  &  finito. 
Succede  al  Porfido  il  Serpentino,ilquale  è  pietra  di  co 
lor  verde  feuretta  alquanto ,  con  alcune  crocette  den- 
tro giallette&  lunghe  per  tutta  la  pietra;  dellaquale 
nel  medefimo  modo  Ci  vagliono  gli  arteficì,per  far  co- 
lonne &  piani  per  pauiméti  perle  fabriche3ma  di  que 
ila  forte  non  se  mai  veduto  figure  lauorate,ma  Ci  bene 
infinito  numero  di  bafe  perle  colonne,&  piedi  di  tauo 
le,&  altri  lauori  più  materiali .   Perche  quefla  forte  di 
pietra  fi  fchianta  anchorche  fia  dura  più  che'l  porfi- 
do; &  riefee  a  lauorarla  più  dolce,  &  men  faticofa  che'l 
porfido;&  cauafi  in  Egitto,&  nella  Grecia3&  la  fua  fai 
dezza  ne'  pezzi  non  è  molto  grande. 
Più  tenera  poi  di  queiìa.è  il  Cipollaccto ,  pietra  che  fi 


l6  O  B        L  A 

cauaindiuerfiluoghi;ilqualeè  di  color  verde  acerbo 
&  gtalletto  ,  &  ha  dentro  alcuno  macchie  nere  qua- 
dre,picciole  &  gradi3&  cofi  bianche  alquanto  grolTet- 
te,&  fi  veggono  di  quella  forte  in  più  luoghi  colonne 
grolle  &  fottili,&  porte,&  altri  ornamentijma  non  fi- 
gure .  Quella  piglia  il  pulimento  come  il  porfido  &  il 


Serpentino  ;  &  anchora  Ci  lega  come  l'altre  forti  di  pie- 
tra dette  di  fopra,&  le  ne  trouano  in  Roma  infiniti  pez 
zi  fotterrati  nelle  mine ,  che  giornalmente  vengono  a 
luce,&  delle  cofe  antiche  fé  ne  lòno  fatte  opere  modcr 
ne, porte, &  altre  forti  di  ornamentane  fanno  doue  el 
le  fi  mettono  ornamento  &  grandilsima  bellezza. 
Ecci  vn  altra  pietra  chiamata  Mifchio  dalla  mefcolan- 
za  di  diuerfe  pietre  cogelate  infieme,&  fatto  tutt'  una 
dal  tepo,&  dalla  crudezza  dell'acque. Et  di  quella  for- 
te fé  ne  troua  copiolamente  in  diuerfi  IuoghijCome  ne* 
monti  di  Verona, in  quelli  di  Carrara,&  in  quei  di  Pra 
to  in  Thofcana,cofl  nella  Grecia,&  nello  Egitto  ;  che 
fon  molto  più  duri,che  i  nollri  Italiani. Et  di  quella  ra 
gion  pietra  fé  ne  troua  di  tanti  colori, quanto  la  natu- 
ra lor  madre  s'è  di  continuo  dilettata  &  diletta  di  con- 
durre a  perfettione.Di  quelli  fi  fatti  milchi  fé  ne  veg- 
gono in  Roma  nc'tempi  nollri  opere  antiche  &  moder 
ne,comecolonne,vafi,fontane,ornamenti  di  porte,& 
diuerfe  incroftature  per  gli  edifici,&  molti  pezzi  ne'pa 
uimenti.Senevede  diuerfe  fòrti  di  più  colori,chi  tira 
al  giallo,&  al  rolfo,alcuni  al  bianco  &  al  nero ,  altri  al 
bigio  &  al  bianco  pezzato  di  rolTo,&  venato  di  più  co 
lon:cofi  certi  rolsi  verdi  neri  &  biachi,che  lono  orien 
tali, eh  e  fpecie  più  dura  &  più  bella  di  colore,&  più  fi- 
ne ,  come  ne  fanno  fede  hoggi  due  colonne  di  braccia 
dodici  di  altezza  nella  entrata  di  San  Pietro  di  Roma, 
lequali  reggono  le  prime  nauate,&  vna  n'è  da  vna  ban 
da»&  l'altra  dall'altra .  Di  quella  forte  quella  ch'é  ne' 


* 


ARCHITETTVRA.  1J 

moti  di  Verona,è  molto  più  tenera  che  l'orientale  infì 
nitamente,&necauanoin  quello  luogo  duna  forte, 
eh  e  rofsiccia,&  tira  in  color  ceciato,  &  quefte  forti  fi 
lauorano  tutte  bene  a'  giorni  noftri  con  le  tempere  <3c 
co'ferri,fi  come  le  pietre  noftrali,&  fé  ne  fa  &  fineftre, 
&colonne,&  fontane,&  pauimenti ,  &  ftipidi  perle 
porte,&  cornicinomene  rende  teftimonanza  la  Loro 
bardia,&  tutta  la  Italia  anchor  a. 
Trouafi  vn'altra  fòrte  di  pietra  durifsima  molto  più  ru 
uida,&  picchiata  di  neri  &  biachi,&  tal  volta  di  rofsi, 
dal  tiglio,&  dalla  grana  di  quella,comunemente  detta 
Granito  .  Dellaquale  fi  truoua  nello  Egitto  faldezze 
grandifsime ,  &  da  cauarne  altezze  incredibili  ,  come 
noggi  fi  veggono  in  Roma  negli  Obelifchi ,  Aguglie, 
Piramidi,colonne,&in  que'grandifsimi  vafi  de'bagni, 
che  habbiamo  a  San  Piero  in  vincola,  &  a  San  Saluato 
re  del  Lauro,&  a  San  Marco,  &  in  colonne  quafi  ìnfi- 
nite,che  per  la  durezza  &  faldezza  loro  non  hanno  te- 
muto fuoco,ne  ferro .  Et  il  tempo  ifteffo,che  tutte  le 
cofe  cacciaaterra,nonfolamentenonle  ha  diftrutte, 
ma  ne  pur  cagiato  loro  il  colore.Et  per  quefta  cagione 
gli  Egittii  fé  ne  fèruiuano  per  i  loro  morti ,fcriuédo  in 
quefte  Aguglie,co  i  caratteri  loro  ftrani  la  vita  de  gra- 
di ,  per  mantener  la  memoria  della  nobiltà  &  virtù  di 
quegli .Veniuan e  d'Egitto  medefimamente  d'una  altra 
ragione  bigio,ilquale  tra  più  in  verdiccio,i  neri  &  i  pie 
chiati  bianchi,molto  duro  certamente,ma  non  fi,che  ì 
noftri  fcarpcllini  perla  fabrica di  San  Pietro  non  riab- 
biano delle  fpoglie  che  hanno  trouato  mefle  in  opera, 
fatto  fi,che  con  le  tempere  de  ferriche  ci  fono  alpre- 
fente,hanno  ridotto  le  colonne,&  l'altre  cofe  a  quella 
fòttigliezza  c'hanno  voluto ,  &  datoli  bellifsimo  puli- 
mento fimile  al  porfido.Di  quefto  granito  bigio  è  do-, 
tata  la  Italia  in  molte  parti  3  ma  le  maggiori  faldezze,' 

D    ii 


28 


DE      LA 


che  G  trouino,fòno  nell'ilòta  dell'Elba,doue  i  Romani 
tennero  di  continuo  huomini  a  cauare  infinito  nume- 
ro di  quefta  pietra.  Et  di  quefta  forte  ne  fono  parte  le 
colonne  del  portico  della  Ritonda,  lequali  fon  molto 
belle  &  di  grandezza  ftraordinaria,&  vedefi,che  nella 
cau<i,qnado  fi  taglia, è  più  tenero  affai,  che  quado  è  ila 
to  cauato,&  che  vi  fi  lauora  co  più  facilità .  Vero  è  che 
bifogna  per  la  maggior  parte  lauorarlo  con  quelle  mar 
telline,che  hahbianola  puta,come  quelle  del  Porfido, 
&  nelle  gradine  vna  dentatura  tagliente  dall'altro  lato. 
Cauafi  del  medefimo  Egitto,&  di  alcuni  luoghi  di  Gre 
eia  anchora  certa  forte  di  pietra  nera  detta  Paragone, 
laquale  ha  quefto  nome,  perche  volendo  fàggiar  l'oro 
s'arruota  fu  quella  pietra  ,  &  fi  conofee  il  colore,&  per 
quefto  paragonandoui  fu  vicn  detto  Paragone.  Que- 
fta è  di  più  fpecie  di  grana,&  di  colore,  che  chi  non  ha 
il  nero  morato  affatto ,  &  chi  non  è  gentile  di  grana  o 
finezza^dellaquale  ne  fecero  gli  antichi  alcune  di  quel 
le  fphingi,&  altri  animali,come  in  Roma  in  diuerfi  luo 
ghi,&  di  maggior  fàldezza  vna  figura  in  Parione  d'u- 
noHermaphrodito  accompagnata  da  vn'altra  ftatuadi 
Porfido  bellifsima .  Laqual  pietra  è  dura  a  intagliarli, 
ma  è  bella  flraordinariamete,&  piglia  vn  luftro  molto 
mirabile. Di  quella  medefima  fòrte  fé  ne  troua  ancho-. . 
ra  in  Thofcana  ne'  monti  di  Prato, vicino  a  Fiorenza  a 
X.  miglia,&  cofi  ne'  monti  di  Carrara,dellaquale  alla  fc 
polture  moderne  fé  ne  veggono  molte  caffè ,  Se  dipo- 
lìti  per  i  morti,&  nella  incroftatura  di  fuori  del  tempio 
di  Santa  Maria  del  Fiore  di  Fiorenza,per  tutto  lo  edifi 
ciò  è  vna  forte  di  marmo  nero, &  marmo  rofìò,che  tue 
to  fi  lauora  in  vn  medefimo  modo. 
Cauafi  alcuna  forte  di  marmi  in  Grecia, e  in  tutte  le  par 
tid'Onente,che  fon  bianchi,&  gialleggiano,  &  trafpa. 
jono  molto ,  iquali  erano  adoperati  da  gli  antichi  per 


ARCHITETTVRA 


*9 


bagni,&  per  fturfe,&  per  tutti  que'  luoghi,doue  il  ven 
to  poteffe  offendere  gli  habitatori.  Come  hoggi  fé  ne 
veggono  anchora  alcune  fineflre  nella  tribuna  di  San 
Miniato  a  monte,luogo  de'  monaci  di  Monte  Oliueto 
in  fu  le  porte  di  Fiorenza,  che  rendono  chiarezza ,  & 
non  vento. Et  co  quella  inuentione  riparauano  al  fred 
do,&  faceuano  lume  alle  habitationi  loro.  In  quella  ca 
uà  medefima  cauauano  altri  marmi  fenza  vene,  ma  del 
medefimo  colorerei  quale  eglino  faceuano  le  più  no- 
bili flatue.  Quelli  marmi  di  tiglio  &  di  grana  erano  fi- 
nifsimi,&  fé  ne  feruiuano  anchora  tutti  quegli,chein 
taejiauano  capitegli,ornamenti,&  altre  cofè  di  marmo 
per  l'architettura  .  Et  vi  eran  faldezze  grandini  me  di 
pezzi,come  appare  ne'giganti  di  monte  Cauallo  di  Ilo 
ma,&  nel  Nilo  di  Beluedere  ,  &  in  tutte  le  più  degne 
&  celebrate  flatue.  Et  fi  conofeono  effer  Greche  olirà 
il  marmo  alla  maniera  delle  tefle ,  &  alla  acconciatura 
del  capo,&  a  1  nafi  delle  figure,iquali  fono  dall'appicca 
tura  delle  ciglia  alquanto  quadri  fino  alle  nare  del  na- 
fo.  Et  quello  fi  lauora  co  i  ferri  ordmarii,&  co  i  trapa- 
ni ,&  fi  gli  da  il  lullro  con  la  pomice  &  col  gettò  di  Tri 
poli  col  cuoio,&  ftrurfoli  di  paglia. 
Sono  nelle  montagne  di  Carrara,nella  Carfagniana  vi- 
cino a  i  monti  di  Luni  molte  forti  di  marmi, come  mar 
mi  nen,&  alcuni  che  traggono  in  bigio,&  altri  che  Co 
no  mifchiati  di  roflfo,&  alcuni  altri ,  che  fon  con  vene 
bigie,  che  fono  crolla  fbpra  a  marmi  bianchi  ;  perche 
non  fon  purgati,anziorfefi dal  tempo,  dall'acqua, & 
dalla  terra  piglian  quel  colore .  Cauanfi  anchora  altre 
fpecie  di  marmi,che  fon  chiamati  Cipollini,&  Saligni, 
&  Càpanini,&  mifchiati,&  per  lo  più  vna  forte  di  mar 
mi  bianchitimi  ,  &  lattatocene  fono  gentili  e  in  tutta 
perfettione  per  far  le  figure.  Et  vi  s'è  trouato  da  cauar 
il  laidezze  grandifsime^  iè ne  cauato  anchora  a gior 

D    iii 


• 


50  DE      LA 

ni  noftrl  pezzi  di  nouc  braccia  per  far  giganti  ;  &  d'un 
mcdefimo  fallo  cauatone  due,&in  oltre  colonne  della 
medefima  altezza  per  la  facciata  di  San  Lorenzo  con- 
dottane vna  in  Fiorenza. Et  in  quefte  caue  s'eflercita-. 
rono  tutti  gli  antichi5&  altri  marmi  che  quelli  no  ado 
peraronoperfareque'maeft.ri,chefuron  fi  eccellenti^ 
le  loro  ftatue;eiTercitandofi  di  continuo  3  mentre  fi  ca- 
uauano  le  lor  pietre  per  far  le  loro  ftatue,in  fare  ne'fafc 
fi  medefimi  delle  caue  bozze  di  figure  ;  come  anchora 
hoggi  fé  ne  veggono  le  veftigia  di  molte  in  quel  luo- 
go .  Di  quella  forte  adunque  cauano  hoggi  i  moderni 
le  loro  flatue,  &  non  folo  per  il  feruitio  della  Italiajma 
fé  ne  manda  in  Francia5in  Inghilterra  ,  in  Hifpagna3e 
in  Portogallo;come  appare  hoggi  per  la  fepoltura  fatta 
in  Napoli  da  Giouan  da  Nola  fcultore  eccellente  a 
Don  Pietro  di  Toledo  Viceré  di  quel  regno;  che  tutti 
i  marmi  gif  furon  dopati  &  condotti  in  Napoli  dallo 
Illuftrifsimo  &  Eccellentifsimo  Signore  cosmo  de 
Medici  Duca  di  Fiorenza  ;  laquale  opra  fi  conduce  in 
Hifpagna.Quefta  forte  di  marmi  ha  in  fé  faldezze  mag 
giori,  &  più  paftofe3&  morbide  a  lauorarle;&  fé  le  da 
bellifsimo  pulimento,piu  ch'ad  altra  forte  di  marmo. 
Vero  è,che  fi  viene  tal  volta  a  fcontrarfi  in  alcune  vene 
domadate  da  gli  {cultori  fmerigli,iquali  fbgliono  rom 
pere  i  ferri.  Quefti  marmi  fi  abbozzano  con  vna  forte 
di  ferri  chiamati  fubbie,che  hanno  la  punta  a  guifà  di 
pali  a  facce  &  più  grofsi  &  fottili;&  di  poi  feguitano 
con  (carpelli  detti  calcagniuoliuquali  nel  mezzo  del  ta 
glio  hanno  vna  tacca,&.cofi  con  più  fonili  di  mano  in 
mano5che  riabbiano  più  tacche,&gli  intaccano  quan- 
do fono  arruotati  con  vno  altro  fcarpello .  Et  quefta 
forte  di  ferri  chiamano  gradine,perche  con  effe  vanno 
gradinando  &  riducendo  a  fine  le  lor  figure  ;  doue  poi 
con  lime  di  ferro  diritte  &  torte  vanno  leuando  legra 


• 


ARCHITETTVRA  $1 

dine,che  fon  reftate  nel  marmo:&  coh*  poi  con  la  pomi 
ce  arruotando  a  poco  apoco  gli  fanno  la  pelle  che  vo- 
gliano &  tutti  gli  ftrafori  che  fanno  per  non  introna 
re  il  marmo,gli  fanno  co  trapani  di  minore  &  maggior 
grandezza, &  di  pefo  di  dodici  libre  l'uno  ,  &  qualche 
volta  venticene  di  quelli  ne  hanno  di  più  forte,  per  far 
maggiori  &  minori  buche,&  gli  Cernetti  quelli  per  fini 
re  ogni  forte  di  lauoro,&  condurlo  a  perfettione. 
De'  marmi  bianchi  venati  di  bigio  gli  fruitori  &  gli  ar 
chitetti  ne  fanno  ornamenti  per  porte ,  &  colonne  per 
diuerfe  cafe;feruonfeneper  pauimenti  &  perincrofta- 
ture  nelle  lor  fabriche;& gli  adoperano  a  diuerfe  fpecie 
di  cofe:  Umilmente  fanno  di  tutti  i  marmi  mifchiati . 
I  marmi  Cipollini  fono  vn'altra  fpecie  di  grana,&  colo 
re  differente,&  di  quella  forte  n'è  anchora  altroue  che 
a  Carrara;&  quelli  il  più  pendono  in  verdiccio  ;  &  fon 
pieni  di  vene,che  feruono  per  diuerfe  ccfe,&  non  per 
figure .  Quegli  che  gli  fruitori  chiamano  Saligni ,  che 
tengono  di  cogestione  di  pietra,per  efferui  que'luflri 
ch'apparifeono  nel  falc,&  trafpaiono  alquanto;  è  fatica 
affai  a  farne  le  figure  :  perche  hanno  la  grana  della  pie- 
tra ruuida  &  groffa;&  perche  ne'  tempi  humidi  goccia 
no  acqua  di  continuo,o  vero  fudano. 
Quegli,che  fi  dimandano  Campanini,fon,quella  forte 
di  marmi, che  fuonano  quando  fi  lauorano;  &  hanno 
vn  certo  fuono  più  acuto  degli  altri, quelli  fon  duri,& 
fi  fchiantano  più  facilmente,che  l'altre  forti  fudette;& 
fi  cauano  a  Pietrafanta. 

Cauafì  vn'altra  forte  di  pietra  chiamato  Treuertino,il 
quale  ferue  molto  per  edificare,&  fare  anchora  intagli 
di  diuerfe  ragioni  ;  che  per  Italia  in  molti  luoghi  fé  ne 
va  cauando,come  in  quel  di  Lucca,&  a  Pifa,&  in  quel 
di  Siena  da  diuerfe  bande ,  ma  le  maggiori  faldezze  & 
le  migliori  pietre,cio  è  quelle  che  fon  più  gentili,{i  ca- 


32  D  E      L  A 

nano  in  fui  fiume  del  Teueronc  a  TigoIi,ch'è  tutta  fpe 
eie  di  congclationc  d' acque  &  di  terra ,  che  per  la  cru- 
dezza &  freddezza  fua  non  Colo  congela  &  petrifica  la 
terra,mai  ceppi, i  rami,&  le  fronde  de  gli  alberi. Et  per 
l'acqua, che  riman  dentro,non  (ì  potendo  finire  di  afeiu 
gare,quando  eHefonfbttolacqua,vi  rimangono i  po- 
li della  pietra  canati, che  pare  fpugnofa,&  buccheratic 
eia  egualmentedi  dentro  &  di  fuori. Gli  antichi  di  que 
fìa  forte  pietra  fecero  le  più  mirabili  fabriche&  edifici 
che  faceflerojeome  appare  ilColifèo,&  l'Erano  da  San 
Cofmo  &  Damiano,&  molti  altri  edifici,&  ne  mette- 
uanone'  fondamenti  delle  lor  fabriche  infinito  nume- 
ro^ lauorandoli  non  furon  molto  curiofi di  farli  fini- 
tela le  ne  feruiuano  rufticamente.Et  quefto  forfè  fa» 
celiano;  perche  hanno  in  fé  vna  eerta  grandezza  Se  fu- 
perbia.Ma  ne*  giorni  notòri  s'è  trouato  chi  gli  ha  lauo- 
rati  fottilifsimamente,come  fi  vede  in  quekempio  tot* 
do,ch  e  cominciato, &  non  finito,fàluo  che  tutto  il  ba 
fàmento>in  {lilla  piazza  di  San  Luigi  de  Francefi  in  Ro 
ma,i  lquale  fu  condotto  da  vn  Francefe  chiamato  Mae 
ftro  Gian  ;  che  ftudiò  l'arte  dello  intaglio  in  Roma ,  8c 
diuenne  tanto  raro,che  fece  il  principio  di  quella  ope- 
ra;laquale  può  ftare  al  paragone  di  quante  cofeeccel- 
lenti  antiche  &  moderne,  che  fi  fian  ville  d'intaglio  cH 
tal  pietra,per  hauere  {traforato  sfere  di  aftrologi,&  al- 
cune Salamandre  nel  fuoco  imprefe  reah,&  in  altre  li- 
bri aperti  con  le  carte  lauorati  con  diligenza, trofei,  6c 
mafcherc3lequali  rendono  teftimonio  della  eccellenza 
&  bontà  da  poter  lauorarfi  quella  pietra  fimilealmar- 
mo,anchor  che  fia  ruftica. Et  recali  in  fé  vnagratiaper 
tutto,vedendo quella fpugnofità de  buchi  vnitamen- 
te,che  fa  bel  vedere.  Quella  forte  di  pietra  è  bonifsima 
per  le  muraglie  hauendo  lotto  fquadratola  o  fcorn:cia 
ta;perche  fi  può  incrostarla  di  ftucco>con  coprirlo  con 

«fio, 


ARCHITETTVRA  $$ 

eflo  ,  &  intagliorui  ciò  ch'altri  vuole  :  come  fecero  gli 
antichi  nelle  entrate  publiche  del  Culifeo  ,  &:  in  molti 
altri  luoghi:&  come  ha  fatto  a*  giorni  notòri  Antonio 
da  San  Gallo  nella  fàla  del  palazzo  del  papa  dinanzi  alla 
capella,doue  ha  incroftato  de  treuertini  con  ftucco,co 
vari  intagli  eccellentifsimamente .   Ecci  vn'altra  forte 
di  Pietre  che  tendono  a'1  nero;&  non  feruono  a  gli  Ar 
chitettori  fé  no  a  laftricare  tetti. Quefte  fono  laftre  fot 
tili, prodotte  a  fuolo  a  fuolo  dal  tempo  &  dalla  natura, 
per  feruizio  degli  huomini,che  ne  fanno  anchora  pile, 
murandole  talmente  infìeme  che  elle  commettino  lu- 
na nel  altra,  &  le  empiono  d'olio  fecondo  la  capacità 
de' corpi  di  quelle,&  fìcunfsimamente  velo  confèrua 
no.Nafcono  quelle  nella  riuiera  di  Genoua,&  i  Pitto 
ri  fé  ne  feruono, a  lauorarui  fu  le  pitture  a  olio  ;perche 
elle  vi  fi  conferuano  fu, molto  più  lungamente^che  nel 
le  altre  cofcjcome  al  fuo  luogo  fi  ragionerà  ne'capitoli 
della  pittura.  Aduienequefto  medefìmo  de  la  Pietra 
detta  PipernOjpietra  nericcia  &  fpugnofà  come  il  Tre 
uertino,laquale  fìcauaperla  campagna  diRoma;&fè 
ne  fanno  ftipiti  di  fineftre&  Porte  in  diuerfì  luoghi  co 
me  a  Napoli  &  in  Roma:&  ferue  ella  anchora  a'  Pitto- 
ri a  lauorarui  fu  a  olio  come  al  fuo  luogo  raccoteremo. 
Cauafì  anchora  in  Iftria  vna  pietra  biancha  liuida ,  la- 
quale  molto  ageuolmente  fi  fchianta;  &  di  quefta  fb- 
pra  di  ogni  altra  fi  ferue  non  fòlamente  la  città  di  Vine 
gia,ma  tutta  la  Romagna  anchora, facendone  tutti  i  lo 
ro  lauon  &  di  quadro  &  d'intaglio. Et  co  forte  di  ftro- 
mentiÓV  ferri ,  più  lunghi  che  gli  altri,  la  vanno  Iauo- 
rando;&  mafsimamente  co  certe  martelline }  &  vanno 
fecondo  la  falda  della  pietra, per  effere  ella  tanto  fran- 
gibile .  Et  di  quella  forte  pietra  ne  ha  mefìb  in  opera 
vna  gran  copia  M.   Iacopo  Sanfouino,ilquale  ha  fatto 
inVinegialo  edificio  Dorico  della  Panatteria^dc  il 


DE       LA 


54 

Thofcano  alla  Zecca  in  Culla  piazza  di  San  Marco.  Et 
coli  tutti  1  lor  lauori  vanno  facendo  per  quella  citrà,& 
porte,fineltre,cappelle,&  altri  ornamentane  lor  vien 
comodo  di  faremon  ottante  che  da  Verona  perii  fiu- 
me dello  Adige  habbino  comodità  di  condurui  i  Mif- 
chi,&  altra  forte  di  pietre;dellequali  poche  cofe  fi  veg 
gono,per  hauer  più  in  vfo  quefta.Nellaquale  fpeflb  vi 
commettono  dentro  Porfidi, Serpentini  ,  &  altre  forti 
di  pietre  mi(chie,che  fanno  accompagnate  con  elle  bel 
lifsimo  ornamento. 

Rettaci  la  pietra  Serena,&  la  bigia  detto  Macigno,&  la 
pietra  forte^che  molto  s'ufa  per  Italia;doue  fon  monti, 
&  ma(sime  in  Thofcanajperlo  più  in  Fiorenza ,  &  nel 
fuo  dominio .  Quella  ch'eglino  chiamano  pietra  Sere- 
na^ quella  forte  die  trahe  in  azurrigno ,  o  vero  tinta 
di  bigio;dellaquale  ne  ad  Arezzo  cane  in  più  luoghi,a 
Cortona,a  Volterra,^  per  tutti  gli  Appennini;  &  ne* 
moti  di  Fiefole  è  bellissima,  per  efferuifi  cauato  faldez 
se  grandifsime di  pietre,  come  veggiamo  in  tutti  gli 
cdifici,che  fono  in  Fiorenza  fatti  da  Filippo  di  Ser  Bru 
nellefco,ilquale  fece  cauare  tutte  le  pietre  di  San  Lo- 
renzo^ di  Santo  Spirito ,  &  altre  infinite,che  fono  in 
Ogni  edificio  per  quella  città.  Quefta  forte  di  pietra  è 
bellifsima  a  vedere^ma  doue  fia humidità ,  &  vi  pioua 
fù,ohabbia  ghiacciati  adoiTo,fi  logora,  &  fi  sfalda  ;  ma 
al  coperto  ella  dura  in  infinito.Ma  molto  più  durabile 
di  quefta ,  &  regge  piu,&  molto  più  bel  colore ,  è  vna 
forte  di  pietra  azurrigna^che  fi  dimanda  hoggi  la  pie- 
tra del  FofTatodaquale  quando  fi  caua  il  primo  filare,c 
ghiaiofo  &  groflb  ;  il  lecondo  mena  nodi  &  feffure,ii 
terzoèmirabile^ercheè  più  fine.Dellaqual  pietra  Mi 
chele  agnolo  se  feruito  nella  libreria  &Sagreftia  di 
San  Lorenzo, per  papa  Clemente. Laqual  pietra  è  gen- 
tile di  grana,&  ha  fatto  condurre  le  cornici  le  colonne 


AfcCHlTEtTVXA 


35 


&  ogni  Iauoro  con  tanta  diligenza;che  d'argento  non 
remerebbe  fi  bella. Et  quefta  piglia  vn  pulimento  bellif 
fimo;  &non  fi  può  defiderarein  quello  genere  cofa 
migliore. 

Fuor  di  queiìa  n'è  vn'altra  fpecie,cb'è  detta  pietra  Sere 
na  per  tutto  il  monte  ;  ch'è  più  ruuida  &  più  dura  3  & 
non  è  tato  colonta;che  tiene  di  fpecie  di  nodi  della  pie 
trajlaquale  regge  aU'acqua,al  ghiaccio;&  fé  ne  fa  figur 
re,&  altri  ornamenti  intagliati.  Et  di  quella  ne  la  Do- 
uitia  figura  di  man  di  Donatello  in  fu  la  colonna  di 
Mercato  vecchio  in  Fiorenza  3  cofi  molte  altre  fìatue 
fatte  da  perfone  eccellenti  non  folo  in  quella  città ,  ma 
per  il  dominio.Cauafi  per  diuerfi  luoghi  la  pietra  For- 
te,laqual  regge  all'acquaci  Sole,al  ghiaccio,^  a  ogni 
tormento;&  vuol  tempo  alauorarla,ma  fi  coduce  rriol 
tobenej&  non  ve  molte  gran  faldczzé .  Delinquale  fé 
ne  fatto  &  per  1  Gotthi,&  per  i  moderni  i  più  belli  edi 
ficijche  fiano  per  la  Thofcana  .  Quella  ha  il  colore  al- 
quanto gialliccio,con  alcune  vene  di  bianco  fottilifsi- 
me,che  le  danno  grandifsima  gratia;&  cofi  fé  n'è  vfa- 
to  fare  qualche  (latua  anchora  ,  doue  habbiano  a  efler 
fontane,perche  reggano  all'acqua.  Et  di  queiìa  forte 
pietra  è  murato  il  palazzo  de'  Signorina  loggia,Or  San 
Michele  ,  e  il  di  dentro  di  tutto  il  corpo  di  Santa  Maria 
del  Fiore,&  cofi  tutti  i  ponti  di  quella  città,il  palazzo 
de  Pitti,&  quello  de  gli  Strozzi.Quefìa  vuole  efler  la- 
uorata  con  le  martelline,  perch  e  più  foda:&  cofi  l'altre 
pietre  fudette  vogliono  eflfer  lauorate  nel  medefimo 
modo,che  s'è  detto  del  marmo,  &  dell'altre  forti  di  pie 
tre.  Imperò  non  ofìantc  le  buone  pietre  &  le  tempere 
de'ferri,è  di  necefsità  rarte,intelligenza3&  giudicio  di 
coloro,chele  lauorano;perch'è  grandifsima  differenza 
ne  gli  artefici  tenendo  vnamifura  medefima  da  mano 
a  rnano;in  dar  gratja&  bellezza  all'opere  che  filauora 

E    ii 


$6  D  E       L  A 

no. Et  quefto  fa  difcernere  &  conofcere la  perfettione 
del  fare  da  quegli  che  fanno,a  quei  che  manco  fanno. 
Per  confiftere  adunque  tutto  il  buono,  &  la  bellezza 
delle  cofe  eltremamente  lodate  ne  gli  eftremi  della  per 
fettione,che  fi  da  alle  cofe;che  tali  fon  tenute  da  colo- 
ro che  intendono  :  bifogna  con  ogni  induftria  inge- 
gnarti fempre  di  farle  perfette  &  belle;  anzi  belliisime 
&perfettifsime. 

Che  co/a  fia  illauoro  di  quadro  fempl'ice ,  &  'dimoro  dì  qua- 
dro intagliato.  Cap.     II* 

HAuendo  noi  ragionato  con*  in  genere  di  tutte  le 
pietre, che  o  per  ornamenti, o  per  ifcolture,fèr- 
nono  a  gli  artefici  noflri  ne  loro  bifogni  :  diciamo  ho- 
rajche  quando  elle  fi  lauorano  per  la  fabrica;tutto  quel 
lo  doue  fi  adopera  la  fquadra  &  le  fefte,&  che  ha  canto 
ni>fi  chiama  lauoro  di  quadro.Et  quelìo  cognome  de- 
riua  dalle  faccie  &  da  gli  fpigoli,che  fon  quadri,perche 
ogni  ordine  di  cornicio  cofa  che  fia  diritta,o  vero  ri- 
faltata  &  habbia  cantonate,è  opera  che  ha  il  nome  di 
quadro,&  però  volgarmente  fi  dice  fra  gli  artefici  la- 
uoro di  quadro  .  Ma  s'ella  non  refta  cofi  pulita ,  inta- 
gliandoli poi  in  tai  cornici  fregi,fogliami,huouoli,fu- 
faruoli ,  dentelli ,  gufcie,&  altre  forti  d'intagli  in  que' 
membri,che  fono  eletti  a  intagliarli  da  chi  le  fa ,  ella  fi 
chiama  opra  di  quadro  intagliata^  vero  lauoro  d'inta 
glio.Di  quella  forte  opra  di  quadro  &  d'intaglio  fé  ne 
fanno  tutte  le  forti  ordini  Ruftico,Donco,Ionico,Co 
rinto,&  Compofto,&  cofi  fé  ne  fece  al  tempo  de  Got- 
thi  il  lauoro  Tedefco,  &  non  fi  può  lauorare  nelTuna 
forte  d'ornamenti,che  prima  nò  fi  lauori  di  quadro,  & 
poi  d'intaglio,cofi  pietre  mifchie,&  marmi ,  &  d'ogni 
forte  pietra,cofi  come  anchora  di  mattoni ,  per  hauer- 
ui  a  incroftar  fu  opra  di  ftucco  intagliata,fimilmente  di 


ARCHITE  T  T  V  R  A-  $7 

legno  di  noce,&  d'albero,&  d'ogni  forte  legno.Ma  per 
che  molti  non  fanno  conofcere  le  differenze,  che  fono 
da  ordine  a  ordine;ragioneremo  didimamente  nel  ca- 
pitolo che  fegue,di  ciafcuna  maniera,o  modo  più  bre- 
uemente  che  noi  potremo. 

De  cinque  ordini  et  architettura,  Ruttico  s  Dorico, 
Ionico ^Corinto, compoflo  ,&*  dellauoro  Tede* 
fco.  Cap.  Ili 

IL  lauoro  chiamato  Ruflicoè  più  nano  di  tutti  gli 
altri,&  di  più  groffezza  che  tutti  gli  altri ,  per  efferc 
il  principio  &  fondamento  di  tutti  gli  altri  ordini  ;  Se 
fi  fa  nelle  modanature  delle  cornici  più  fèmplici ,  eoo* 
ne'  capitello  bafe,&  in  ogni  fuo  mébro .  I  fuoi  zocco 
li,o  piedirtalli,che  gli  vogliam  chiamare,  doue  pofàno 
le  colonne,fono  quadri  di  proportione,con  l'hauere  da 
pie  la  fua  fafciafoda,&  cofì  vn  altra  di  fbpra,che  lo  ri- 
cinga in  cambio  di  cornice.L'altezza  della  fua  colonna 
fi  fa  di  fei  tefte,a  imitatione  di  perfbne  nane,e  atte  a  reg 
ger  pefò;&  di  quefta  forte  fé  ne  vede  in  Thofcana  mol 
te  loggie  pulite,&  alla  ruftica  con  bozze,&  nicchie  fra 
le  colonne,&  fenza,&  cofi  molti  portichi ,  che  gli  co- 
flumaronogli  antichi  nelle  Ior  ville  ;&  in  Campagna 
fé  ne  vede  anchora  molte  fèpolture,come  a  Tigoli ,  & 
a  Pozzuolo.Seruironfi  di  quefto  ordine  gli  antichi  per 
porte, fin eftre,  ponti, acquidotti,  Erarii  daconferuar 
thefori,cafl:elli,torri,&  rocche  da  cóferuar  munitione, 
artiglieria,&  porti  di  mare,prigioni,&  fortezze,douefì 
fa  càtonatc  a  punte  di  diamati,&  a  più  facce  bellffsime; 
Et  di  quefta  opera  n'è  molto  per  le  ville  de  Fiorentini, 
portoni,entrate,&  cafè,&  palazzi,doue  e'villeggiono; 
che  non  folo  recano  bellezza  &  ornamento  infinito  a 
quelcontado,ma  vtilità  &  comodo  grandifsimo  ai  eie 
tadim .  Ma  molto  più  è  dotata  la  città  di  fabnche  ftu- 

£    Hi 


$8  Dfi      LA 

pendifsime  fatte  di  bozze,come  quella  di  caia  Medici,' 
la  facciata  del  palazzo  de  Pitti,quello  de  gli  Strozzi,& 
altri  infiniti .  Quella  forte  di  edificii  tanto  quanto  piti 
fòdi,&  femplicrfi  fanno,&  co  buon  difegno,tanto  più 
maeftria  &  bellezza  vi  fi  conofce  dentro  ;  &  è  neceflà- 
rio,che  quefta  forte  di  fabrica  Ma  più  eterna  &  durabi- 
le di  tutte  l'altre,auuenga  che  fono  1  pezzi  delle  pietre 
maggiori, &  molto  miglior  commettiture ,  doue  fi  va 
coìlegando  tutta  la  fabrica  con  vna  pietra,che  lega  l'al- 
tra pietra. Et  perche  elle  fon  pulite  &  fode  di  membri, 
non  hanno  polTanza  1  cafi  di  fortuna,o  del  tempo,nuo 
cergli  tanto  rigidamente,  quato  fanno  alle  ahre  pietre 
intaghate,&  traforate,o  come  dicono  i  noftri,  campa- 
te in  aria  dalla  diligenza  degli  intagliatori. 
L'ordine  Doricofu  il  più  mafsiccio,  che  hauefferoi 
Greci,&piu  robufto  d'i  fortezza,^  di  corpo,&  molto 

{)iu  de  gli  altriloro  ordini  collegato  infieme,&  non  fb 
o  i  Greci,ma  i  Romani  anchora  dedicarono  quefta  for 
tedi  edificii  a  quelle  perfone,ch?erano  armigeri;come 
imperatori  de  gli  cflerciti,confoli ,  &rpretori;  ma  a  gli 
Dei  loro  molto  maggiormente;come  a  Gioue,Marte, 
HercoIej&altri,hauendo  tempre  auuertenza  di  diitin 
guere,fecondoillor  genere  la  differenza  della  fabrica 
opulita,o  intagliarlo  più  femplice,opiu  ricca^  accio- 
che  fi  poteffe  conofcere  (fa  gli  altri  il  grado  &  la  di  fiere 
za  fra  gl'Imperatorio  di  chi  faceua  fabricare.  Diremo 
adunque,  che  quefta  fòrte  di  lauoro  fi  può  vfare  folo 
da  fe,&  anchora  metterlo  nel  fecondo  ordine  da  ballo 
fòpra  il  Ruftico;&  alzando  metterui  fòpra  vno  altro  or 
dine  variato,come  Ionico,o  Connto,o  compojftojnel- 
la  maniera  che  moftrarono  gli  antichi  nel  Cuhfeodi 
Roma,nelquale  ordinatamente  vfàrono  arte  &  giudi- 
ciò .  Perche  hauendo  i  Romani  trionfato  non  folo  de 
Gfeci,ma  di  tutto  il  mondoimifero  l'opra  compoftain 


ARCHITBTTVRA  $  Q 

cima,  per  hauerla  i  Thofcani  cópofla  di  più  maniere:& 
la  miicro  (opra  tutte ,  come  fuperiore  &  di  forza  &  di 
bellezza,&  come  più  apparente  de  le  altre,  hauendo  a 
far  corona  allo  edificio,che  per  eflere  ornata  di  be'mé- 
bri,fa  nell'opra  vn  finimento  honoratifsimo,&  da  non 
defiderarlo  altrimenti. Et  per  tornare  al  lauoro  Dorico 
dico,chela  colonna  fi  fa  di  fette  tefìe  di  altezza;  &il 
fuo  zoccolo  ha  da  elfere  poco  manco  d'un  quadro  & 
mezo  d'altezza ,  Se  larghezza  vn  cjuadro,facendoli  poi 
fopra  le  fue  cornici, &  di  lotto  la  fua  fafeia  col  balìone 
Se  duo  piani,fecondo  che  tratta  Vitruuio:&  la  fua  ba- 
fè  &  capitello  tanto  d'altezza  vna, quanto  l'altra, com- 
putando del  capitello  dal  collarino  in  fu, la  cornice  fua 
col  fregio  &  architraue  appiccata, rifiatando  a  ogni  di- 
rittura di  colonna  con  que'canah,che  gli  chiamano  Ti 
grifi  ordinariamente,che  vengono  partiti  fra  vn  rifai- 
to,&  l'altro  vn  quadro  dentroui  o  tefte  di  buoi  fecche, 
o  trofei,o  mafchere,o  targhe,o  altre  fantafie.  Serra  l'ar 
chitraue  rifaltando  con  vna  lifta  i  rifàlti,&  da  pie  fa  vn 
pianetto  fottile,tanto  quanto  tiene  il  rifalto  ;  a  pie  dei- 
quale  fanno  fèi  campanelle  per  ciafcuno,chiamateGoc 
eie  da  gli  antichi. Et  fé  fi  ha  da  vedere  la  colonna  acca- 
nalatanel  Dorico, vogliono  efTere  venti  facce  in  cam- 
bio de  canali;  &  non  rimanere  fra  canale  &  canale  altro 
che  il  canto  viuo.Di  quefta  ragione  opera  ne  in  Roma 
al  foro  Boario ,  eh  e  ricchissima ,  Se  d'un'altra  forte  le 
cornici  Se  gli  altri  membri  al  Theatro  di  Marcello;do- 
ue  hoggi  è  la  piazza  Montanara,  nellaquale  opera  non 
fi  vede  bafe,&  quelle  che  fi  veggono  fon  Corinte.Et  e 
openione,che  gli  antichi  non  lefacefTero,&in  quello 
(cambio  vi mettefTeroVn  dado  tanto  grande,  quanto 
teneualabafe.  Et  di  quefto  n  e  il  rifeontro  a  Roma  ai 
carcere  Tulliano,  doue  fon  capitelli  ricchi  di  membri 
più  che  gli  altroché  fi  fian  villi  nel  Dorico .  Di  quefto 


40  D  E       L  A 

ordine  medefimo  n'ha  fatto  Antonio  da  San  Gallo  il 
cortile  di  ca(à  Farnefe  in  Campo  di  Fiore  a  Roma ,  ìl- 
quale  è  molto  ornato  &  bello  ;  benché  continuamente 
fi  vede  di  quella  maniera  tempii  antichi  &  moderni,co 
fi  palazzhiquali  perla  fodezza  &  collegatione  delle  pie 
tre  fon  durati  &  mantenuti  più  che  non  hanno  fatti 
tutti  gli  altri  edifici!. 

Lordine  Ionico  per  eflfere  più  fuelto  del  Dorico  fu  fac 
to  da  gli  antichi  a  imitatione  delle  perlbne  ,  che  fono 
fra  il  tenero  e  il  robuflo;&  di  quello  rende  teftimonio 
lo  hauerlo  efsi  adoperato  &  mefso  in  opera  ad  Apolli- 
nea Diana,&  a  Baccho,&  qualche  volta  a  Venere  .Il 
2occolo,che  regge  la  fua  colonna  lo  fanno  alto  vn  qua 
dro  &mezzo,&  largo  vn  quadro;  &  le  cornici  fue  di 
(opra  &  di  lotto  fecondo  quello  ordine .  La  fua  colon- 
na è  alta  otto  tefte,&  la  fua  bafe  è  doppia  con  due  ballo 
nijcome  la  deferiue  Vitruuio  al  terzo  libro  al  terzo  ca- 
po^ il  fuo  capitello  fiaben  girato  con  le  fue  volute, 
o  cartocci ,  o  viticci,che  ogniun  fé  gli  chiami;come  fi 
vede  al  Theatrodi  Marcello  in  Roma  fopra  lordine 
Dorico:cofi  la  fua  cornice  adorna  di  men(ble&  di  den 
telli,&  il  fuo  fregio  co  vn  poco  di  corpo  tondo. Et  vo- 
lendo accanalare  le  colonne,vogliono  eifere  il  numera 
di  canali  ventiquatro,ma  {partiti  talmente,  che  ci  refti 
fra  l'un  canale  &  l'altro  la  quarta  parte  del  canale ,  che 
ferua  per  piano.Qiiefto  ordine  ha  in  fé  belhfsima  gra- 
tia  &  leggiadria ,  &fe  ne  colìuma  molto  fra  gli  archi- 
tetti moderni. 

Il  lauoro  Corinto  piacque  vniuerfàlmente  molto  a'Ro 
mani ,  &  fé  ne  dilettarono  tanto,  che  fecero  di  quello 
ordine  le  più  ornate  &  honorate  fabnche,  per  lafciar 
memoria  di  loro;come  appare  nel  tempio  di  Tigoli  in 
fui  Teuerone,&le  fpoglie  di  Templum  Pacis,&  l'arco 
diPola,&quel  del  porto  d'Ancona.  Ma  molto  più  è 

bello 


ARCHITETTVRA 


41 


bello  il  Pantheon, cioè,la  Ritonda  di  Roma;ilquale  e  il 
più  ricco,e'l  più  ornato  di  tutti  gli  ordini  detti  di  fo- 
pra .Fafsi  il  zoccolo,che  regge  la  colonnari  quella  ma 
niera;largo  vn  quadro,&  due  terzi,&  la  cornice  di  fo- 
pra  &  di  fbtto  a  proporzione  ,  fecondo  Vitruio  faf- 
ti  l'altezza  della  colonna  noue  tefle-,  con  la  fua  baia, 
&  capitello  ;  ilquale  farà  d' altezza  tutta  la  grolìezza 
della  colonna  da  pie  :  &  la  fua  bafe  farà  la  metà  di  det- 
ta groflezza;laquale  vfàron  gli  antichi  intagliare  in  di- 
uerfì  modi. Et  l'ornameto  del  capitello  fìa  fatto  co'fuoi 
vilucchi,  &  le  fue  foglie,fecodo  che  fcriue  Vitruio  nel 
quarto  hbrojdoue  egli  fa  ricordo  effere  flato  tolto  que 
fio  capitello  da  la  fèpoltura  d'una  fanciulla  corinta. Se- 
guitili il  fuo  architraue5fregio3&  cornice  con  le  mifu- 
re  defcritte  da  1  ui  tutte  intagliate  con  le  menfble,&  no 
uoli,&  altre  forti  d'intagli  fòtto  il  gocciolatoio.  Ei  fre 
gi  di  quella  opera  fi  poiTono  fare  intagliati  tutti  co  fo- 
gliami^ ancora  farne  de'  puliti  o  vero  co  lettere  den- 
tro; come  erano  quelle  al  portico  dellaRitonda  di  bron 
20  commefTe  nel  marmo  .  Sono  i  canali  nelle  colonne 
di  quefta  forte  a  numero  ventifei,benche  ne  di  manco 
ancora  ;  &  è  la  quarta  parte  del  canale  fra  l'uno  &  l'al- 
tro, che  refla  piano:come  benifsimo  appare  in  molte  o- 
£ere  antiche,&  moderne  mifurate  da  quelle, 
'ordine  copoflo,fe  ben  Vitruio  non  ne  ha  fatto  men- 
zionerò facendo  egli  conto  d'altro,  che  dell'opera  Do 
rica,Ionica,Corinthia,&Thoicana:  tenendo  troppo  li 
centiofi  colorOjche  pigliando  di  tuttequattro  quegli  or 
dini  nefacefTero  corpi, che  gli  rapprefentafTero  più  toflo 
moflri  che  huomini;  per  auerlo  coflumato  molto  i  Ro- 
mani,&  a  loro  imitazione  i  moderni,non  mancherò  di 
quefto  ancora  ,  accio  fé  n'abbia  notizia  dichiarare  & 
formare  il  corpo  di  quella  proporzione  di  fabrica.Cre- 
dendo  quefto,  che fai  Greci  e  i  Romani  formarono 


DB       LA 


41 

que'  primi  quattro  ordini ,  &  gli  riduflfero  a  mifura  & 
regola  generacene  ci  pofsino  efTere  ftati  di  quegli  che 
abbino  fin  qui  fatto  nell'ordine  Comporto,  &  com- 
ponendo da  fé  delle  cofe,che  apportino  molto  più  gra 
zia,che  non  fanno  le  antiche .     Et  per  quefto  e  feor- 
fo  l'ufo,  che  già  è  nominato  quefto  ordine  da  alcuni 
compofto,da  altri  Latino,  &  per  alcuni  altri  Italico . 
La  mifura  dell' altezza  di  quefta  colonna  vuole  eflfere 
dieci  tefte  :  la  bafe  fia  per  la  metà  della  groffezza 
della  colonna ,  &  mifurata  fimile  alla  Corinta  ;  come 
ne  appare  in  Roma  all'arco  di  Tito  Vefpafiano .     Et 
chi  vorrà  far  canali  in  quefta  colonna,  può  fargli  li- 
mili alla  Ionica,  o  come  la  Corinta;  o  come  farà  F  ani- 
mo di  chi  farà  l'architettura  di  quefto  corpo,ch'è  mifto 
con  tutti  gli  ordini .  I  capitelli  fi  poflfon  fare  fimili  a  i 
Corinti ,  faluo  che  vogliono  eflfere  più  la  cimafa  del 
capitello;&  le  volute  o  vitici  alquanto  più  grandko- 
me  fi  vede  all'arco  fuddetto.L  architraue  fia  tre  quarti 
della  grettezza  della  colonna,  &  il  fregio  abbia  il  re- 
do pien  di  menfole  :  &  la  corn  ice,quanto  1  architraue, 
che  lagetto  la  fa  diuentar  mag  giore:  come  fi  vede  nel- 
l'ordine vltimo  del  Culifeo  di  Roma:&  in  dette  men- 
fole fi  poflbn  far  canali  a  vfo  di  tignfi,&  altri  intagli  fé 
condo  il  parere  deH'architetto'.&  il  zoccolo,doue  pofk 
fu  la  colonnata  da  eflere  alto  due  quadri,&  cofi  le  fue 
cornici  a  fua  fantafia,o  come  gli  verrà  d'animo  di  farle. 
Vfauano  gli  antichi  o  per  porte,  o  fepolture,o  altre 
fpecie  d'ornamenti ,  in  cambio  di  colonne ,  termini  di 
varie  forti  ;  chi  vna  figura  c'habbia  vna  cefta  in  capo 
per  capitello:altri  vna  figura  fino  a  mezo,&  il  refto  ver 
Io  la  bafe  piramide,o  vero  bronconi  dalberi;&  di  que- 
fta forte  faceuano  vergini,fatiri,  putti ,  &  altre  forti  di 
moftri,o  che  bizarrie  gli  veniua  lor  comodo ,  fecondo 
che  nafceua  loro  nella  fantafia,le-metteuano  in  opera. 


A   RCHITETTVRA. 


43 


Eccivn'altra  fpeeiedilauori  ,  che  fi  chiamano  Tede- 
fchijiquah  fono  di  ornamenti  &  di  proporzione  molto 
differenti  da  gli  antichi  &  da'  moderni  :  ne  oggi  s'ufà- 
no  per  gli  eccellenti,ma  fon  fuggiti  da  loro  come  mo- 
fìruofi  &  barbari: Dimenticando  ogni  lor  cofa  di  ordi 
ne,che  più  torto  confufione,o  difendine  Ci  può  chiama 
re;auendo  fatto  nelle  lor  fabriche,che  fon  tante,c'han- 
no  ammorbato  il  mondo,  le  porte  ornate  di  colonne 
fottili  &  attorte  a  vfo  di  vite  ,  le  quali  non  poflbno  a- 
ucr  forza  a  reggere  il  pefo  di  che  leggerezza  fi  fia;&  co 
fi  per  tutte  le  facce,  &  altri  loro  ornamenti  faceuano 
vna  maledizzione  di  tabernacolini  l'un  fòpra  i'altro,cò 
tante  piramidi,&  punte,&  foglie,che  non  ch'elle  pof- 
(ano  ftare3pare  imponibile  ch'elle  fi  pofsino  reggere.  3 
Et  hanno  più  il  modo  da  parer  fatte  di  carta,che  di  pie 
tre  o  di  marmi.Et  in  quefte  opere  faceuano  tanti  rifal- 
ti5rotture,menfoline,&  viticci,che  fproporzionauano 
quelle  opere  che  faceuano;&  fpeffo  con  mettere  cofà 
fopra  cofa  andauano  in  tanta  altezza,che  la  fine  d'una 
porta  toccaua  loro  il  tetto.  Quefta  maniera  fu  trouata 
da  i  Gothi ,  che  per  auer  ruinate  le  fabriche  antiche, 
&  morti  gli  architetti  per  le  guerre.fecero  dopo  chi  ri 
mafe  le  fabriche  di  quefta  manierale  quali  girarono  le 
volte  con  quarti  acuti,  &  riempierono  tutta  Italia  di 
quefta  maledizzione  di  fabriche:  che  per  non  auerne 
afarpiu,s'è  difmeflb  ogni  modo  loro. E  Iddio  fcampi 
ogni  paefe  da  venir  tal  penfiero  &  ordine  di  lauori,che 
pereffere  eglino  talmente  difformi  alla  bellezza  delle 
fabriche  noftre,  meritano  che  non  fé  ne  fauelh  più  che 
quefto.Etperòpafsiamoa  dire  delle  volte. 

Del  fare  le  mite  digetto >che  uengano  intarliate  quan- 
do fi  dij armino  >•  &*  et  impattar  lo  (ìucco 
CaP,     Il  II. 

F    li 


44 


DE      LA 


/^\  Vanda  Ice 

l      I   volte  s'abb 
""^^fi^o  di  fpu< 


Vando  le  mura  fono  armiate  al  termine,che  le 
'abbino  a  voltare  di  mattoni,  oditu- 
igna,bifogna  voltare  di  tauole  in  cer- 
chio ferrato  ,  che  commettino  in  crociera  ,  o  a  fchifo 
l'armadura  della  volta  in  quel  modo ,  che  fi  vuole  con 
bonifsimi  puntelli  fermarle;che  la  materia  di  (opra  del 
pelo  nò  la  sforzi;&  dapoi  faldifsimamente  turare  ogni 
pertugio  nel  mezzo,ne'cantoni,&  per  tutto  con  terra, 
accioche  la  miftura  non  coli  fotto,quando  fi  getta .  Et 
cofi  armata  (opra  quel  piano  di  tauole,  fi  fanno  caffè  di 
legnOjchein  contrario  fiano  lauorate,doue  vn  cauo  ri 
lieuo,&  cofi  le  corniciai  membri,  che  far  ci  voglia- 
mo,(ìano  in  contrario;accio  quando  la  materia  fi  getta, 
venga  douè  cauo  di  rilieuo:&  cofi  fimilmente  voglio- 
no effere  tutti  i  membri  delle  cornici  al  contrario  feor 
niciati.Se  fi  vuol  fare  pulita  e  intagliata  medefimamen 
te  è  neceflario  auere  forme  di  legno ,  che  formino  di 
terra  le  cofe  intagliate  in  cauo  :  &  fi  faccin  d'eila  terra 
le  piatire  quadre  di  tali  intagli, &  quelle  fi  commetti- 
li o  l'una  all'altra  fu  pianio  gola,o,fregi,chefar  fi  voglie 
no  diritto  per  quella  armadura.Et  finita  di  coprir  tut- 
ta de  gl'intagli  di  terra  formati  in  cauo  &  commefsi 
già  di  fopra  detti,fi  debbe  poi  pigliare  la  calce,con  poz 
zolana  o  rena  vagliata  lottile  (temperata  liquida  &  al- 
quanto gra(Ta;&  di  quella  fare  egualmente  vna  incro- 
ftatura  per  tutte,fin  che  tutte  le  forme  fian  piene .  Et 
appretto  fopra  co  i  mattoni  far  la  volta  alzando  quegli 
Se  abballando,  '^condo  che  la  volta  gira,  &  di  còtinuo 
fi  conduca  con  efsi  crefcendo,fino  ch'ella  fia  ferrata. 
Et  finita  tal  cofa  fi  debbe  poi  lafciare  far  prefà,&  aflb- 
dare,fin  che  tale  opra  fia  ferma  &  fècca.Et  da  poi  quan 
do  i  puntelli  fi  leuano,&  la  volta  fi  difàrma,  facilmente 
la  terra  fi  leua;&  tutta  l'opra  refta  intagliata,^  lauora- 
ta^come  fé  di  ftueed  folle  condotta^  quelle  paniche 


ARCHltETTYRA.  45 

non  fon  venute,  fi  vanno  con  lo  fìucco  ritta  ur  andò, 
tanto  che  fi  riducano  a  fine.Et  cofi  fi  fono  condotte  ne 
gli  edifici  antichi  tutte  lopre,lequaIi  hanno  poi  di  ttuc 
co  lauorate  fopra  a  quelle  .  Cofi  hanno  ancora  oggi 
fatto  i  moderni  nelle  volte  di  San  Pietro;&  molti  altri 
rnaettri  per  tutta  Italia. Ora  volendo  mottrare,come  lo 
fìucco  s'impatti, fi  fa  con  vno  edificio  in  vn  mortaio  di 
pietra  peftare  la  fcaglia  di  marmome  fi  toglie  per  quel- 
Io  altro  che  la  calce,che  fia  bianca ,  fatta  o  di  (caglia  di 
marmo,©  di  treuertino:&  in  cambio  di  rena  fi  piglia  il 
marmo  petto  5  &  fi  ftaccia  fottilmente3&  impattali  con 
la  calce  ;  mettendo  due  terzi  calce  ,  &  vn  terzo  marmo 
pefto,&  le  ne  fa  del  più  grotto  &  ibttile,iecondo  che  fi 
vuol  lauorare  groffamente  o  fottilmente.Et  de  gli  ttuc 
chi  ci  batti  hor  quetto:perche,il  refìante  fi  dirà  poi3do- 
ue  fi  tratterà  del  mettergli  in  opra  tra  le  cofe  della  {cul- 
tura. Alaquale  prima  che  noi  pafsiamo  diremo  breue- 
m  ente  de  le  fontane3che  fi  fanno  perle  mura  ,  &  de  gli 
ornamenti  varii  di  quelle. 

Come  di  Tartari  &  di  colature  di  acque  fi  conducono  le  Fon 
tane  Ruflichei&  come  nello  flucco  fi  murano  le  Telli- 
ne <&  le  colature  delle  pietre  cotte*      Cap,   V* 

LE  fontane,che  nelle  mura  gettano  acque,furono 
da  gli  antichi  in  varie  fpecie  acconce ,  &  finiate, 
fìando  nelle  metafore  delle  cofe  dell'acquarne  adopran 
do  fé  non  quellc,cheda  effe  fono  generate. Fecero  del 
le  pulite  de  lifce5&  delle  ruttiche  anchora  ;  &  ne'  bagni 
&ttufeloro  fcruiuano  &perlemura3&perlopiano, 
doue  fi  poiano  i  piedi  di  vani  mufàici,&  molto  fi dilet 
tauano  ftranamete  variarle:&  di  cole  maritime  le  ador 
naronodequali  a  imitazione  loro  hanno  poi  i  moderni 
operato  in  varii  luoghi  d'Italia ,  &  di  tali  opere  hanno 
rérco  abbellire ,  &  con  diuerfe  coiè  ruttiche  murate  e 

F    ni 


DE      LA 


imitate  gli  antichi>&  da  efsi  ritruouate  di  nuouo  han 
no  aggiuntemi  a(Tai,&  malsime  componimenti  di  ope 
ra  tofeana  coperti  di  colature  di  accjue  petrifìcate  che 
pendono  a  guifa  di  radicioni  fatti  col  tempo  di  alcune 
congelazioni  di  effe  acque,ne'luoghidoueelle  fono 
crude  &  grolle  ;  come  a  Tigoli ,  &  al  lago  di  Pie  di 
lupo  &  m  molti  altri  luoghi  d'Italia  .     Si  pigliano 
quelle  ,&  sinneftano  nelle  pietre  con  perni  di  rame, 
o  di  ferro,  &  l'uno  fopra  l'altro  s'impiombano ,  che 
fofpefi  pendino  ;  &  murano  quelli  adolTo  all'  opera 
Tofeana ,  facendola  in  qualche  parte  vedere  ;  &  fra 
efsi  s'accomodano  canne  di  piombo  afeofe  ,  {partiti 
per  quelle  i  bucchi  ,  che  verfono  le  acque  ,quaudo 
fi  volta  vna  chiaue  >(ch' è  nel  principio  di  detta  can- 
nella &  cofi  fanno  condotti  d'acque,&  diuerfì  Zampil 
li;doue  poi  l'acqua  pioue  per  le  colature  di  quefti  tarta 
rii&  colando  fa  dolcezza  nell'udire,&  bellezza  nel  ve- 
dere. Se  ne  fa  anchora  di  vn  altra  fpecie  di  grotte  più 
miticamente  compofte  contrafacendo  le  fonti  alla  fal- 
uatica  in  quella  maniera . 

Piglianfi  fafsi  fpugnofi ,  &  fi  commettono  con  far  na- 
fcerui  erbe  fòpra  ;  lequali  più  con  ordine,  che  paia  di- 
fordine  &fàluatico,fi  rendono  più  naturali,&  più  ve- 
re. Altri  ne  fa  di  ftucco  più  pulite ,  &  lifce ,  nellequali 
mefcolano  l'uno  &  l'altro.  Et  quando  qnelloé  frefeo, 
mette,fra  e(Co  perfregi,&  fpartimenti  gongole,telline, 
chiocciole  maritime,Tartarughe,&  nicchi  gradi  &  pie 
coli,  chi  a  ritto,&  chi  a  rouefcio.Et  di  quefti  fé  ne  fan 
no  vafi  &  feftoni,che  tali  telline  figurano  le  foglie>&al 
tre  chiocciole ,  &  i  nicchi  fanno  le  frutte:&  a lcorze  di 
teftuggine  d'acqua  vi  fi  pone.Cofi  fi  faancora  di  diuerli 
colori  vn  mufaico  ruftico,che  alle  fornaci  de'vetri  le  pa 
delle  talora  feoppiano  ;  &  a  quelle  doue  fi  cuocono  s 
mauoni>&  ch'adoifo  alle  pietre  &  altre  colature  fanno 


ARCHIT  ET  TYRA  47 

Varii  colori  inuetriati,bianchi,ncri,verdicci,  rofsi ,  fe- 
condo la  violenzia  del  fuoco;&  quelli  fi  murano,  &  co 
ifhicchi  fi  fermano,&  fi  fa  nafecre  tra  efsi  coralli, &  ai- 
tri  ceppi  mantimiuquah  recano  in  fegrazia,&  bellez- 
za grandi fsima.Cofi  fi  fanno  animali  &  figure ,  lequali 
fi  cuoprono  di  (malti  in  varii  pezzi  porti  alla  grofla,& 
co  le  nicchie  fudette;lequali  fono  bizzarra  cofa  a  veder 
le-Et  di  quefta  fpecie  ne  a  Roma  fatte  moderne  di  mol 
te  fontane ,  lequali  hanno  defto  l'animo  d'infiniti  a  efle 
re  per  tal  diletto  vaghi  di  tal  lauoro.Et  lo  ftucco  ,  con 
che  fi  mura  &  lauora  ,  è  il  medefimo  che  inanzi  abbia- 
mo ragionato,&  per  la  prefa  fatta  con  effa  rimangono 
m  urate.a  quefte  tali  fontane  di  frombole,cio  è ,  fafsi  di 
fiumi  tondi  &ftiacciati  fi  fanno  pauimenti  murando 
quelli  per  coltello,&  a  onde  a  vfo  d'acque  ,  che  fanno 
benifsimo.  Altri  fanno  alle  più  gentili  pauimenti  di  ter 
ra  cotta  amattoncini  con  vani  fpartimenti,&  inuetria 
ti  afuoco,comein  vafi  di  terra  dipinti  di  varii  colori, 
&  con  fregi,&  fogliami  dipinti;&  quefta  forte  di  paui 
menti  piuconuengono  alle  ftufe  &  a  bagni,che  alle 
fonti. 

Del  modo  di  fare  i  Pauimenti  di  commeffò.      Cab,  V I, 

TVtte  le  cofè,che  truouar  Ci  poterono,gli  antichi 
ancora  checondifficultàinogni  genere  ole  ri- 
trouarono,odi  ritrouarlecercarono,quelIe  dico,ch'al 
la  vifta  degli  huomini  vaghezza  &  varietà  indurre  pò 
tefferojaccioche  i  pofteri  fcorgeflTero  l'altezza  dell'ingc 
gno  loro .  Trouarono  fra  l'altre  co(c  belle  i  pauimenti 
di  pietre  ifpartiti  con  varii  mifti  di  porfidi,  Serpentini, 
&  graniti,con  tondi  &  quadri,&  altri  {paramenti; on- 
de s'imaginarono,che  fare  fi  poteflero  fregi,  fogliami, 
&  altri  andari  di  difegni  &  figure.CDnde  per  poter  me- 
glio riceuere  l'opera  tal  lauoro,  tritauano  i  marmi  >  ac- 


48  D  E      L  A 

cioche  eflendo  quegli  minori  poteflero  per  lo  campo, 
&  piano  con  efsi  rigirare  in  tondo  &  diritto  ,  Se  a  tor- 
to ,  fecondo  che  veniua  lor  meglio;  &  dal  commettere 
infieme  quefti  pezzi  lo  dimandarono  Mufaico.  Et  ne  i 
pauimenti  di  molte  loro  fabriche  le  ne  fèruirono  :  co- 
me ancora  veggiamo  all'Antoniana  di  Roma,&  in  al- 
tri luoghi,  doue  fi  vede  il  mufaico  lauorato  con  qua- 
dretti di  marmo  piccioli jcodueendo  fogliami  mafehe- 
re,&  altre  bizame,&  co  quadri  di  marmo  biachi,  &  al 
tri  quadretti  di  marmo  nero  fecero  il  campo  di  quegli. 
Quefli  fi  lauorauano  in  tal  modo.Faceuafì  fbtto  vn  pia 
no  di  ftucco  frefeo  di  calce,&  di  marmo,tanto  groflb, 
che  baftaffe  per  tenere  in  fé  i  pezzi  comefsi  fermamétej 
{in  che  fatto  prefa  fi  poteffero  fpianar  di  fopra  ;  perche 
faceuano  nel  feccarfì  vna  prefà  mirabile,&  vno  fmalto 
marauigliofo,che  ne  l'ufo  del  caminarc,ne  l'acqua  no 
gli  offendeua.Onde  effendo  quefta  opera  in  grandifsi- 
ma  confiderazione  venuta,  glingegni  loro  fimifero  a 
fpeculare  più  alto;  fendo  facile  a  vna  inuenzione  troua 
ta  aggiugner  fempre  qual  cofà  di  borita.  Perche  fecero 
poi  1  mufàici  di  marmi  più  h*ni,&  per  bagni,&  per  ftu- 
fe  i  pauimenti  di  quelh,&  con  più  fbttile  magiftero  & 
diligenza  quei  lauorauano  fbttilifsimamente;facendo- 
ci  pefei  variati,  e  imitando  la  pittura  con  varie  (orti  di 
colori  atti  a  ciò  con  più  fpecie  di  marmi  ;  mefcolando 
fra  quegli  alcuni  pezzi  triti  di  quadretti  di  mufaico  di 
offa  di  pefce,c'hanno  la  pèlle  luftra.  Et  cofi  viuamente 
eli  ficeuano,che  nel  metterui  l'acqua  di  fopra,velando 
quegli,purche  chiara  foffe,parcuano  viuifsimi  neipa 
uimenti,  come  fé  ne  vedeinParioneinRoma  incafà 
di  M.Egidio,&Fabio  Saffo-Perche  paredo  loro  quefta 
vna  pittura  da  poter  reggere  all'acque ,  &  a  i  venti ,  & 
al  fole  per  l'eternità  fua;Et  penfando  che  tale  opra  mol 
to  meglio  di  lontano3che  dappreflb  ritornerebbc;per- 

che 


ARCHITETTVRA.  49 

che  cofi  no  fi  ftorgerebbono  i  pezzi,che'I  mufaico  dap 
prefìbfa  vedere5ordinarono  ornar  le  volte  &  le  pareti 
de  i  muri ,  doue  tai  cofe  fi  aueuano  a  ueder  di  lonta- 
no .  E  perche  lullraifcro,&  da  gli  vmidi  &  acque  fi- 
di fcndeflero,penfàrono  tal  cola  douerfìfare  di  vetrij 
&  cofi  gli  mifèro  in  opra:&  facendo  ciò  bellifsimo  ue- 
dere,  ne  ornarono  i  tempii  loro5&  altri  luoghi  ;  come 
veggiamo  oggi  ancora  a  Roma  il  tempio  di  Bacco 
Se  altri .  Talché  da  quegli  di  marmo  deriuano  quelli, 
che  fi  chiamano  oggi  mufaico  di  uetri.  Et  da  quel  di 
vetri  s'è  pattato  al  mufaico  di  gufei  d'iiouo;  &  da  que- 
lli al  mufaico  del  farle  figure  &  le  florie  di  chiaro  {cu- 
ro pur  di  commefsi3che  paiono  dipinte  j  come  tratte- 
remo al  fuo  luogo  nella  pittura. 

Come  fi  ha  a  cono/cere  uno  edificio  proporzionato  bene} 

&  che  parti  generalmente  fé li  conuengono 

Cap-  VII, 

MA  perche  il  ragionare  delle  cofe  particulari\,mi 
farebbe  deuiar  tropo  dal  mio  propofito;  labia- 
ta quella  minuta  cófiderazione  a  gli  fcrittori  della  Ar 
chittetura  ;  dirò  {blamente  in  uniuerfile  come  fi  cono 
fcano  le  buone  fabriche;&  quello  che  fi  conuenga  alla 
forma  lorojper  effere  infieme  &  utili  &  belle.Quando 
s'arriua  dunque3a  uno  edificio,  chi  uoleffe  vedere  s'e- 
gli è  flato  ordinato  da  uno  architettore  eccellente  ;  8c 
qu  anta  maeflria  egli  ha  auuto,&  fàpere3s'egli  ha  fàpu- 
to  accomodare  al  (ito  e  alla  uolunta  di  chi  l'ha  fatto  fa 
bri  care:egli  ha  a  confiderare  tutte  quelle  parti.  In  pri- 
ma3che  chi  lo  ha  leuato  dal  fondamento  penfl,fè  quel 
luogo  era  difpoflo&  capace  a  riceu ere  quella  qualità 
&  quantità  di  ordinazione^cofi  nello  fpartimento  del- 
le flanze5come  ne  gli  ornamentane  per  le  mura  com- 
porta quelfìto3o{lretto>o  largo,o  alloco  baflfo;purche 


D  fc      LA 


5° 

fia  fpartito  con  grandiisima  commefurazione:  difpen- 
fàndo&  dando  la  qualità  &  quantità  di  colonne,fine- 
ftre ,  porte,  &  rifcontri  delle  facce  fuori  &  dentro  nel- 
le altezze  o  groflezze  de  muri ,  o  in  tutto  quello  che 
e  ìnteruenga  a  luogo  per  luogo.  E  di  necefsità  che  fi  di 
(tribù  ifchino  per  lo  edificio  le  danze  c'abbino  lelor 
corrifpondetie  di  porte,  fineftre,  camini,fcale  fegrete, 
anticamere,deftri,fcrittoi,fenza  che  vi  fi  vegga  errori; 
come  (aria  vna  fala  grande ,  vn  portico  picciolo,  Se  le 
ftanze  minorale  quali  per  efl'er  membra  dello  edificio, 
è  di  necefsità  eh'  ellefiano  cornei  corpi  vmani  egual- 
mente ordinate  &  diftribuite/econdo  le  qualità  &  va 
rietà  di  fabric1ie,come  tempii  tondi ,  otto  faccie,in  fei 
facce ,  in  croce  &  quadri  ;  &  gli  ordini  varii  fecondo 
chi,  &  i  gradi  che  fi  troua  chi  le  fa  fabneare  .  Percio- 
che  quando  fon  difegnati  damano  che  abbia  giudi- 
ciò  con  bella  maniera,moftrano  l'eccellenza  dello  arte- 
fice^ lo  animo  dello  auttor  della  fabrica.Percio  figu- 
reremo per  meglio  effereintefivn  palazzo  qui  di  lot- 
to^ quefto  ne  darà  lume  agli  altri  edifici,per  modo  di 
poter  conofeere ,  quado  fi  vede,fe  è  ben  formato  o  no. 
In  prima  chi  confiderei  la  facciata  dinanzi  lo  vedrà  le 
uatoda  terra,o  in  fu  ordine  di  fcalee,o  di  muricciuoli, 
tanto  che  quello  sfogo  lo  faccia  vfeir  di  terra  con  gran 
dezza;&  férua  che  le  cucine  o  cantine  lotto  terra  fiano 
più  viue  di  lumi,&  più  alte  di  sfogo ,  che  molto  ferue 
&  ad  abitarui,come  &  per  terremoti  &  altri cafi di 
fortuna.  Bifogna  che  rapprefenti  il  corpo  dell'  huomo 
in  tutto,  &  le  parti  ciafeuna  fimile  ;  che  per  auere, 
come  l'huomo ,  a  temere  i  venti,  l'acque,&  l'altre  coie 
della  naturatoti  egli  fia  fognato  co  ifmaltitoi,che  tutti 
rifpondino  a  vn  centro  ,  che  porti  via  tutte  infieme 
le  bruttezze  ,e  i  puzzi,che  gli  portano  generare  infer- 
mità. Per  l'aipeuofuo  primo  la  facciata  vuole  auere 


ARCHITETTVRA.  $1 

decoro  &  maeftà ,  &  eflere  compartita  come  la  faccia 
deirhuomo,la  porta  da  baffo  e  in  mezo,  cofi  come  nel- 
la tefta  ha  l'huomo  la  bocca,dóde  nel  corpo  pafìa  ogni 
forte  di  alimento,le  fineftre  per  gli  occhi  vna  di  qua,& 
l'altra  di  lamentando  Tempre  parifiche  non  fi  faccia  fé 
non  tanto  di  qua, quanto  di  la  negli  ornamenti  o  dar- 
chi  o  colonne  o  pilaftri  o  nicchie  o  fineftre  inginoc- 
chiate,© vero  ogni  forte  di  ornamento,  con  le  mifure 
&  ordmi,che  già  s'è  ragionato  o  Dorici,o  Ionici, o  Co 
rinti,o  Thofcani.Sia  ii  fuo  cornicione5che  regge  il  tet- 
to fatto  con  proporzione  della  faciata,fecondo  ch'egli 
è  grande;&  che  l'acqua  non  bagni  la  facciata,  &  chi  fta 
nella  ftrada  a  fèdere.Sia  di  fporto  fecondo  la  proporzio 
ne  dell'altezza  &  della  larghezza  di  quella  facciata.  En 
trando  dentro  ne!  primo  ricetto  (la  magnifico,&  vnita 
mente  corriiponda  all'appicatura  della  gola,  oue  fi  paC 
fà;&  fia  fuelto  8c  largo,accioche  le  ftrette  o  de'  caualli, 
o  d'altre  calche  ;  che  fempre  v'intcruengonomon  faci- 
no  danno  a lormedefimi nell'entrata  odi  fefte  o  d'altre 
allegrezze.il  cortila  figurato  per  il  corpo  fia  quadro  & 
vgua'e,o  vero  vn  quadro  &  mezo,come  tutte  le  parti 
del  corpo:&  fia  ordinato  di  porte  &  di  parità  di  ftanze 
dentro  co  belli  ornaméti. Vogliono  le  (cale  publiche  ef 
fer  comode  &  dolci  al  falire,perche  quado  fon  ripide 
rompono  le  gabe  Et  quello  mebro  è  più  difficile  a  por  Ci 
nelle  fabrkhe,&  per  effere  il  più  frequentato  che  fia ,  & 
piuc6mune,auuienefpefib,  che  per  faluarle  ftanze  le 
guattiamo.  Et  bifbgna  che  le  fàle  con  le  ftanze  di  fòtto 
taccino  vno  appartamelo  comune  per  la  ftate,&  diuer 
famete  le  camere  per  più  perfone;  &  fbpra  vi  fia  falotti, 
fale,&  diuerfi  appartamenti  di  ftanze ,  che  rifpondino 
fempre  nella  maggiore  ;  &  cofi  faccino  le  cucine  &  le 
altre  ftanze ,  che  quando  non  ci  fofTe  queft'ordine,& 
aueife  il  componimento  /pezzato  3  &  vna  cofa  alta ,  8c 

G    ii 


<>ì  D  E      L  A 

l'altra  baflfa,&  chi  grande  &  chi  picciola ,  rapprefènte- 
rebbe  huomini zoppi , trauolti,biechi,&  ftorpiati  ;  le- 
quali  opre  fanno  che  fi  riceue  biafimo;&  non  lode  alca 
na .  Debbono  i  componimenti ,  doue  s'ornano  le  facce 
o  fuori  o  dentro  auer  corrifpondenza del feguitar  gli 
ordini  loro  nelle  colonne,che  i  fufi  ài  quelle  non  fiano 
lunghi,©  fòttili,ogrofsi,o  corti, feruando  fèmpreil  de 
coro  de  gli  ordini  fuoimc  fi  debbe  a  vna  colonna  fatti- 
le metter  capitel  groiìb,ne  bafe  fimili,ma  fecodo  il  cor 
pò  le  membra,lequali  abbino  leggiadra  &  bella  manie 
ra  &  difègno.£t  quefte  cofe  fon  più  conofciute  da  vno 
occhio  buono;ilqua!e  Ce  ha  giudizio,fi  può  tenere  il  ve 
ro  compaffo,&  la  ìftefla  mifura,perche  da  quello  farart 
no  lodatele  cofe  &  biafimate.Et  tanto  batti  auer  detto 
generalmente  deUarchitettura,perche  il  parlarne  in  al- 
tra maniera,  non  e  cofa  da  quello  luogo. 

DE    LA    SCVLTVRA. 

Che  cofa  fia  la  [cultura  &  come  fi  ano  fatte  le fcutture 
buone;  &  chs  partì  elle  debbino  auer  e, per  e  [fere 
tenute  perfette  Cap.     Vili. 

LA  Scultura,é  vna  Arte ,  cheleuando il  fuperfluo 
da  la  materia  fnggetta,la  riduce  a  quella  forma  di 
corpo,che  nella  idea  dello  Artefice  e  difegnata.Et  e  da 
confiderare,che  tutte  le  figure  di  qualunque  forte  fi  fia 
nOjO  intagliate  ne  Marmi ,  o  gittate  di  bronzi  ,o  fatte 
di  ftucco,o  di  legno,auendo  adeflerc  di  tondo  rilieuo, 
&  che  girando  intorno  fi  abbino  a  vedere  per  ogni  ver 
foie  di  necefsita,che  a  volerle  chiamare  perfette,elle  ab 
bino  di  molte  parti. La  prima  é,che  quando  vna  fimil  fi 
gura  ci  fi  prefenta  nel  primo  afpetto  alla  vifta ,  ella  rap- 
prefenti  &  renda  fòmiglianza,a  quella  cofà  perla  qua- 
le ella  e  fatta,o  fiera,o  vmile,o  bizarra,  o  allegra,o  ma- 
lenconica,fecondo  chi  fi  figura .  Et  che  ejja  abbia  cor- 


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■ 


SCVLT   VRA. 


53 

ri fpondenza  di  parità  di  membra,cio  e ,  non  abbiale 
gambe  lunghe,il  capo  grofFo,le  braccia  corte,&  disfojr 
mi.Ma  fia  ben'  mifurata,  &  vgualmente  aparte  apartc 
concordatajda'ICapoa'piedi.  Et  umilmente  fé  ha  la 
fàccia  di  uecchio,abbia  le  bracciali  corpo  ,  le  gambe, 
le  mani  &  ì  piedi  di  uecchio,vnitaméte  ofTuta  per  tut- 
to,mufculofa}neruuta,&le  vene  pofte  a' luoghi  loro. 
Et  Ce  arala  faccia  di  giouane,debbe  parimente  effer  n- 
tonda^morbida,&  dolce  nella  aria,&  per  tutto  unita- 
mente concordata.  Se  ella  non  ara  ad  effe  re  ignuda, 
facciati  che  i  panni  chella  ara  ad  auere  addoffo  non  {la- 
ri o  tanto  triti ,  che  abbino  del  fèccho,nè  tanto  grofsi, 
che  paino  fàfsi  ;  Ma  fiano  con  le  Tue  rotture  di  pieghe 
girati  talmente,  che  fcuoprino  lo  ignudo  di  fbtto ,  & 
con  arte  &  grazia  talora  lo  moftrino,&  talora  lo  a- 
fcondino,fenza  alcuna  crudezza  che  offenda  la  figu- 
ra. Siano  i  fuoi  capegli  &  la  barba  lauorati  con  una 
certa  morbidezza ,  fuellati  &  ricciuti  che  moflrino  dì 
effere  sfilati ,  auendoli  data  quella  maggior  piumofi- 
tà  &  luftro,che  può  lo  fcarpello.  Ancora  che  gli  (culto 
ri  in  quefta  parte  non  pofiinocofi  bene  contraffare  la 
Natura,facendo  efsi  le  ciocche  de' capegli  fode&  ric- 
ci ute,piu  di  maniera  che  di  immitazione  naturale. 
Ht  ancora  che  le  figure  fiano  ueftite,e  neceflàrio  fare  i 
piedi  &  le  mani  che  fiano  condotte  di  bellezza,  &  di 
bontà  come  le  altre  parti.  Et  per  efì'ere  tutte  la  figura 
tonda  è  forza  che  in  faccia,in  proffilo,&  di  dietro,  ella 
fia  di  proporzione  vguale,auedo  ella,ad  ogni  girata  & 
veduta,a rapprefèntarfi  ben difpofta  per  tutta.E  necef 
(àrio  adunque^he  ella  abbia  corrifpondenzia ,  &  che 
vgualmente  ci  fia  per  tutto  attitudine ,  difègno,vnio- 
ne,grazia,&  diligenzia,lequal  cofe  tutte  infieme  dimo 
ftrino  lo  ingegno  &  il  ualore  dello  artefice.  Debbo- 
no le  figure  cofì  dirilieuo  come  dipinte;efTer  condotte 

G     iti 


54  DE      LA 

più  con  il  giudizio  che  con  la  mano ,  auendo  a  (lare  in 
altezza,doue  fia  vna  gran  diftanzajperche  la  diligenzia 
dell'ultimo  finimento  non  fi  vede  da  lontano;  Ma  Ci  co 
nofce  bene  la  bella  forma  delle  braccia  &  delle  gambe; 
&  il  buon  giudizio  nelle  falde  de  panni  con  poche  pie- 
ghe;perchc  nella  (implicita  del  poco,fi  moftra  la  acutez 
za  dello  ingegno.Et  per  quefto  le  figure  di  marmo,o  de 
brózo  che  vanno  vn'poco  alte,vogliono  eflere  trafora 
te  gàgliarde;accioche  il  Marmo  che  e  bianco,&  il  bron 
zo  che  ha  del  nero,piglino  a  la  Aria,della  ofcurità  ;  & 
per  quella  apparifca  da  lontano  il  lauoro  efler  finito,& 
dapreflb  fi  vegga  lafciato  in  bozze.La  quale  aduerten- 
za  ebbero  grademente gli  Antichi,come  nelle  lor  figu 
re  tonde  &  di  mezo  rilieuo  che  negli  archi  &  nelle  co- 
lonne veggiamo  di  Roma; lequali  moftrano ancora 
quel  gran  giudizio  che  egli  ebbero.Et  infra  i  Moderni 
fìvedeefTereftatoofleruatoil  medefimo  grandamen- 
te  nelle  fue  opere  da  Donatello  .Debbefi  oltra  di  que- 
fto confiderare,che  quando  le  ftatue  vanno  in  vn'luo- 
go  alto,che  non  abbia  molta  diftanza  da  poterti  difco- 
ftare  a  giudicarle  da  lontano ,  ma  che  vi  fi  abbia  quafi 
che  a  ftar  loro  fotto5che  cofi  fate  figure  fi  debbon  fare 
di  vna  tefta,o  due  più  di  altezza. Et  quefto  Ci  fa,perche 
quelle  figure,  che  ibn'poftein  alto,  fi  perdono  nello 
fcorto  della  veduta ,  ftando  di  (otto  &  guardando  allo 
in  fu.Onde  cioche  fi  dà  di  accrefeimento  ,  viene  acon- 
fumarfi  nella  groflezza  dello  fcorto  5  &  tornano  poi  di 
proporzione  nel  guadarle,giufte,&  non  nane;  ma  con 
bonifsima  grazia. Et  quando  non  piaceffe  far'quefto,fi 
potrà  mantenere  le  membra  della  figura  ,fòttilette  & 
gentili ,  che  quefto  ancora  torna  quafi  il  medefimo  . 
Coftumafi  per  molti  artefici ,  fare  la  figura  di  noue  te- 
fte;la  quale  vien'partita  inotto  tede  tutta,eccetto  la  go 
la  3  il  collo  3  &  Fahezza  del  piede;  che  con  quefte  torna 


SCVLTVRA 


5* 


n  oue.  Perche  due  fono  gli  fìinchi.due  da  le  ginochia 
a 'membri  genitali, &  tre  il  torfò  fino  alla  fontanella  del 
la  gola  ,  &  vna  altra  da'l  mento  all'ultimo  della  fronte, 
&"  vna  ne  fanno  la  gola  &  quella  parte  che  e,  da'l  dofìb 
del  piede3alla  piantacene  fono  noue»  Lebraccia  vengo 
n o  appiccate  alle  fpalle,&  da  la  fontanella  a  la  appiccha 
torà  da  ogni  bada  e  vna  tefta;&  effe  braccia  fino  a  la  ap 
pi  ccatura  delle  mani  fono  tre  tefte,&  allargadofi  l'huo 
m  e  con  le  braccia,apre  apunto  tanto  quato  egli  e  alto. 
Ma  non  fi  debbe  vfare  altra  miglior'  Mifura>che  il  Giù 
d  i  zio  dello  occhioni  quale  fé  bene  vna  cofà  farà  benifsi 
in  emifurata ,  &  egli  ne  rimanghi  offefò  ,  non  refterà 
perqueftodibiafimarla.  Pero  diciamo  che  fé  bene  la 
Mifura  e  vna  retta  moderazione;da  ringrandire  le  figu 
re  talmente3che  le  altezze  &  le  larghezze,fèruato  l'or- 
dì ne,faccino  l'opera  proporzionata,&  graziofà,  lo  oc- 
chio nondimeno  ha  poi  con  il  giudizio  a  leuare ,  &  ad 
ag;giugnere,fecondo  che  vedrà  la  di  (grazi  a  dell'opera., 
talmente  che  eie  dia  guittamente  proporzione,grazia, 
diiègno,&  pcrfezione;acciò  che  ella  fia  in  fé  tutta  loda 
ta  da  ogni  ottimo  giudizio .  Et  quella  ftatua5o  figura 
che  auerà  quefte  parti ,  farà  perfetta  di  bontàjdi  bellez 
Za  3di  difègno,&  di  grazia .  Et  tali  figure  chiameremo 
to  nde,pur  che  fi  polsino  vedere  tutte  le  parti  finitelo 
me  fi  vede  nel  huomo  girandolo  a  torno;&  umilmente 
poi  Taltre,che  da  quefte  dependono.Ma  e  mi  pare  ora- 
mai tempo  da  venire  a  le  cofè  più  particulari. 

J>dfare  i  modelli  di  cera  &*  di  terra ,  &*  come  fi  uejììno }  &* 
come  a  proportione  fi ringrandifebino  poi  nel  Marmo  i 
come/ì  Jùbbino,&fì  rradiinino,&  puti/chino9 
0»  impomicino^  jìluflrino1&  firen- 
dino  finiti.         Cap.     IX* 


56  D  E      L  A 

SOgllono  gli  fcultorijquado  uogliono  lauorare  vna 
figura  di  marmo,fare  per  quella  vn'modello,che  co 
fi  fi  chiama,cio  e'  uno  efèmplo,che  e  una  figura  di  gran 
dezza  di  mezo  braccio  ò  meno  ò  più  fecondo  che  gli 
torna  comodo,o  di  terra,o  di  cera,o  di  fìucco;pur  clic 
e'  pofsino  moftrare  in  quella  la  attitudine  &  la  propor 
7Ìone,chehàda  effere,nella  figura  che  e'uoglion'fare: 
cercando  accomodarfi  alla  larghezza  &  alla  altezza  del 
fafìfo  che  hanno  fatto  cauare,per  faruela  dentro.  Ma 
per  moftrarui  come  la  cera  fi  lauora,diremo  dell'lauo- 
rar  la  cera,&  no  la  terra.  Quefta  per  rederla  più  morbi 
da,ui  fi  mette  dentr  un'poco  di  fèuo  &  di  trementina, 
&  di  pece  nera,  dellequali  cofe  il  fèuo  la  fa  più  arrende 
uole;&  la  trementina  tegniente  in  fe;&  la  pece  le  da  il 
colore  nero5&  le  fa  una  certa  fòdezza  dapoi  ch'è,lauo- 
rata,nello  ftare  fatta ,  che  ella  diuenta  dura.  Acconcia 
queftamiltura&infiemefonduta,fredda  ch'ella  e,  fé 
ne  fa  i  paftelli,iquali  nel'maneggiarli  dalla  caldezza  del 
le  mani  fi  fanno  come  pafta,&  con  eflà  fi  crea  vna  figu 
ra  a  federe,ritta,  ò  come  fi  uuole,  laquale  abbia  fbtto 
una  armadura,per  reggerla  in  fé  fìefsa  òdi  legni  òdi  fi 
li  di  ferro  5  fecondo  la  uolonta  dello  artefice,&  ancor 
fi  può  fare  con  effj,&  fenza,come  gli  torna  bene  .  Et  à 
poco  à  poco  col  giudizio  &  le  mani  lauorando,crefcen 
do  la  matena,con  i  itechi  d'ofTo,di  ferro,ò  di  legno ,  fi 
fpinge  in  dentro  la  cera ,  &  con  metterne  dell'altra  fo- 
pra  fi  aggiugne  &  raffina, finche  con  le  dita  fi  da  a  que 
fìo  modello  l'ultimo  pulimento.Et  finito  cio,uolendo 
fare  di  quegli  che  fiano  di  terra ,  fi  lauora  à  fimilitudi- 
ne  della  cera,ma  fenza  armadura  di  fbtto,ò  di  legno,  ò 
di  ferro,perche  li  farebbe  fendere  &  crepare.  Et  men- 
tre che  quella  fi  lauora,perche  non  fenda,con  un'pan- 
no  bagnato  Ci  tien  coperta ,  fino  che  refta  fatta.  Finiti 
quelli  piccioli  modellilo  figure  di  cera3ò  di  terra  fi  or- 
dina 


SCVLTVRA-  57 

dina  di  Tire  un'altro  modello  che  abbia  ad  eflere  ^ran- 
ci e, quato  quella  ftefTa  figura  che  fi  cerca  di  fare  duna r- 
moUèccarfi  la  vmidità.  che  ui  e  dentro  ritira  &  rientra; 
Et  fi  fa  alquanto  maggiorc,perche  la  terra  nel'accio  mi 
furandolo  poi  venga  la  figura  dal  modello  nella  figura 
d.ii  marmo  più  giuira.Et  perche  il  modello  di  terra  gii 
de  fi  abbia  à  reggere ,  in  fé  &  la  terra  non  abbia  a  fen- 
d  erfi,bifogna  pigiare  della  cimatura,ò  borra,che  fi  chia 
rnijòpelo.Et  nella  terra mefcolar^  que!la,la  quale  la  re 
de  in  (e  tegnentc:&  no  la  lafcia  fendere.Armafi  di  legni 
fbtto,&  di  fbppaftretta  co  lo  fpago  Ci  fa  l'odi  della  fi^u 
na,  &  fé  le  fa  fare  quella  attitudine,che  bifognaj fecodo 
il  modello  picciolo  dritto,  o  a  federe  ,&  cominciando 
à  coprirla  di  terra  fi  conduce  ignuda,lauorandola  infi- 
mo al  fine-La  qual'condotta  fé  fé  le  vuol  poi  fare  panni 
a  doffo  che  fiano  fottili,fi  pigia  pannolino,  che  fia  fotti 
lce;&  fé  grofTo,groflb:&  fi  bagna;&  bagnato,con  la  ter 
r:a  s'interra  non  liquidamente ,  ma  di  vn'loto,che  fia  al 
q  uato  fodetto;&  attorno  alla  figura  fi  va  acconciando 
lo,che  faccia  quelle  pieghe,  &  amaccature,che  l'animo 
gli  porge;  di  che  fècco  verrà à  indurarfi,&  manterrà 
dn  continuo  le  pieghe.  In  queflo  modo  Ci  conducon'  a 
fine  i  modeIli,&  di  cera,&  di  terra.  Volendo  ringradir 
lo,a proporzione  nel  Marmo;  bifògna  che  nella  fletta 
Pietra ,  onde  s'ha  da  cauare  la  figura,  fia  fatta  fare  vna 
fcjuadra,che  vn'dritto  vada  in  piano  a'  pie  della  figura  • 
&c  l'altro  vada  in  alto,&  tenga  fempre  il  fermo  del  pia- 
moj&  cofi  il  dritto  di  (òpra;&  fimilmente  vnaltra  fqua- 
dlra  ò  di  legno,ò  d'altra  cofa  fia  al  modello,per  via  del- 
la quale  fi  piglino  le  mifure  da  quella  del'modello  quan 
Ko  f portano  le  gambe  fora,&  cofi  le  braccia:&  fi  va  fpi 
gnendo  la  figura  in  dentro  con  quefte  mifure  nportan 
dlole  fui  marmo  dal'  modello,di  maniera  che  migran- 
do il  marmo  &  il  modello  a  proporzione  viene  a  leuare 

H 


58  D  E      L  A 

della  pietra  con  li  fcnrpelli;&  la  figura  a  poco,  ì  poco 
mifurata  viene  a  vfeire  di  quel'fafìo  nella  maniera,  che 
fi  cauerebbe  d'una  pila  d'acqua  pari  &  diritta  vna  figu- 
ra di  cera,che  prima  verrebbe'ilcorpo,&  la  tefìa  &  le  gi 
nocchia,&à  poco,àpoco  fcoprendofì,&in  fu  tirando 
la,fi  vedrebbe  poi  la  ritóditi  di  quella  fin  pafTato  il  me- 
zo;&  in  vltimo  la  ritòdita  dell'altra  parte.Perche  quel- 
li, che  hanno  fretta  a  lauorare,&  che  bucano  il  faffo  da 
principio,&  leuano  la  pietra  dinanzi,&  di  dietro,rifo- 
lutamente,no  hanno  poi  luogo  doue  ritirarli,  bifbgna 
doli:&  di  qui  nafeono  molti  errori, che  fbno,nelle  rta- 
tue,che  per  la  voglia  eh  a  l'artefice  del'uedere  le  figure 
tonde  fuor'del  fonò  a  vn'tratto,ipeflb  fi  gli  fcuopre  vn 
errore,che  no  può  rimediarui,fe  non  vi  fi  mettono  pez 
21  commefsi,come  abbiamo  villo  coftumare  a  molti  ar 
tefici  moderni. Ilquale  rattoppamento  e',  da  ciabattini, 
&  non  da  huomini  eccellenti ,  o  Maeftn  rari;  &  e'  cola 
vilifsima,&  brutta,&  di  grandifsimo  biafimo.Soglono 
gli  fcultori  nel'fare  le  ftatue  di  marmo  nel  principio  lo 
ro  abozzare  le  figure  con  le  fubbie,che  fono  vna  fpe- 
cie  di  ferri,da  loro  cofi  nominati;iquaIi  fono  apuntati 
&  grofsi  &  andare  leuando  &  fubbiando  groffamente 
il'loro  faflb,&  poi  con  altri  ferri  detti  calcagnuoli  3  eh* 
hanno  vna  tacca  in  mezo ,  &  fono  corti3andare  quella 
ritondando,per  fino  ch'eglino  venghino  a  vn'ferro  pia 
no  più  lottile  del'calcagnuolo,cheha  duetacche,&é 
chiamato  gradina.Co'l  quale  vanno  per  tutto  con  gen 
tilezza  gradinando  la  figura, con  la  proporzione  de 
Mufcoli  &  delle  pieghe  ;  &  la  tratteggiano  di  mani  era 
per  la  virtù  delle  tacche,o,denti  predetti ,  che  la  pietra 
moftra  grazia  mirabile.  Qucfìo  fatto  fi  va  leuando  le 
gradinature  con  vn'  ferro  pulito.Etper  dare  perfezzio 
ne  alla  figura,volendole  aggiugnere  dolcezza,morbi- 
<lezza3&  fìne^fi  va  con  lime  torte  leuando  le  gradinejil 


SCVLTVRA 


59 


fimile  fi  fa  con  altre  lime  fattili  &  fcnfEne  dirittejiman 
do  che  refti  piano  ;  &  da  poi  con  punte  di  pom  ice  fi  va 
impomiciando  tutta  la  figura  dandole  quella  carnofi- 
ta,che  fi  vede  nelle  opere  marauigliofe  della  fcultura. 
Adoperaci  ancora  il  geffo  di  tripoli,  accio  chell'abbia- 
luftro  &  pulimento:fimilmente  con  paglia  di  grano,fac 
cendo  ftruffoli  fi  Aropiccia,  talché  finite  &  luftrate  fi 
rendono à  gl'ochi  noftri. 

Ve3  ha/sì ,  <&  de  me%i  Rìlìeui  j  la  dfficttltà  del  fargli} 

{?*  in  che  con/i/la  il  conduro  ti  a  perfezione. 

Cap.   X. 

S~\  Velie  figure,che  gli  fcultori  chiamano  mezi  ri 
U  lieui5furono  trouate  già  da  gli  antichi,  per  fare 
""^^iftone  da  adornare  le  mura  piane:&  fé  ne  fèrui 
rono  ne'tcatri3&  negli  archi  per  le  vittoriejperche  vo- 
lendole fare  tutte  tonde^ion  le  poteuano  fituare  fé  no 
faceuano  prima  vna  fhnza,o,vero  vna  piazza  che  fufle 
piana.Ilche  voledo  sfuggire  trouarono  vna  fpecie3che 
mezo  rilieuo  nominarono  ,  &  e' ,  da  noi  cofi  chiamato 
ancora  rilqualeà  fimilitudine  d'una  pittura  3  dimoftra 
prima  l'intero  delle  figure  principali,  o  meze  tonde ,  ò 
più  come  fono;&  le  fecode  occupate  dalle  prime  ;  &  le 
terze  dalle  feconde;in  quella  fteffa  maniera  che  appari, 
feono  le  perfone  viue ,  quando  elle  fono  ragunate  & 
riftrette  infieme.  In  quefta  fpecie  di  mezo  rih'euo  3  per 
la  diminuzione  dell'occhio ,  fi  fanno  l'ultime  figure  di 
quello,batlè  come  alcune  tefte  bafsifsimc,  &  cofi  i  cafà 
menti,&  i  paefi,che  fono  l'ultima  cofa.Quefta  fpecie  di 
mezi  rilieui  da  neiTuno  e  mai  fìata  meglio ,  ne  con  più 
ofTeruanziafatta;nepiu  proporzionatamente  diminui 
ta5o  allontanatale  fue  figure  l'ima  da  l'altrajche  da  gli 
antichi .  Come  quelli  che  imitatori  del  vero3&  in°e- 
gnofinon.  hanno  mai  fatto  le  figure  in  tali  ftorie,  che 

h  a 


6o 


D  E      L  A 


abbino  piano ,  che  (corti  ,ò  fuggajMa  l'hanno  fatte  co* 
propni  piedi,  che  pofino  fu  la  cornice  di  fotto  ;  Doue' 
alcuni  de'noftri  moderni  animoii  più  del  douere  hanno 
fatto  nelle  ftorie  loro  di  me2o  rilieuo  ,  pofare  le  prime 
figure  nei'piano,che  e,  di  baffo  rilieuo ,  &  sfugge;&  le 
figure  di  mezo;che  ftando  cofi  non  pofano  i  piedi  con 
quella  fodezza,che  naturalmente  douerebbono; la  on- 
de fpeffe  volte  fi  vede  le  punte  de  piedi  quelle  figure 
che  voltano  il  di  dietro ,  toccare  gli  ftinchi  delle  gam- 
be,perlo  fcorto  che  e  violento.  Et  di  tali  co  fé  fé  ne  ve- 
de in  molte  opere  moderne ,  &  anchora  nelle  porte  di 
fan  Giouanni,&  in  più  luoghi  di  quella  età. Et  per  que 
fìo  i  mezi  rilieui ,  che  hano  quefta  propri  età,  fono  faì- 
frperche  fé  la  metà  della  figura  fi  caua  fuor  del  faffo, 
auendona  fare  altre  dopo  quelle  prime  ,voglonoa- 
uere  regola  dello  sfuggire  &  ài  minuire;&  co'  piedi  in 
piano ,  che  fia  più  inanzi  il  piano ,  che  i  piedi ,  come  fa 
l'ochio  &  la  regola  nelle  cofe  dipinte;  &  conuiene  che 
elle  Ci  abballino  dimano  in  mano  à  proporzione ,  tan- 
to che  vengbinoà  rilieuo  diacciato ,  &  bafso  :  &  per 
quella  vnione,che  in  ciò  bifogna;e",difficile  darli  per- 
fezzion  &  condurgli  \  attefo  che  nel  rilieuo  ci  vanno 
feorti  dipiedi,&ditefte;cliè,neceifario  auere  gran- 
difsimo  difegno,à  volere  in  ciò  moftrare  il  valore  del- 
lo artefice. Et  tanta  perfezzione  fi  recano  in  quefto  gra- 
do le  cofe  lauorate,di  terra,&  di  cera,quanto  quelle  di 
bronzo,&  di  marmo.Perche  in  tutte  l'opere  che  aran- 
nole  parti, ch'io  dico,faranno  i  mezi  rilieui  tenuti  bel- 
lifsimi ,  &  dagli  artefici  intendenti  fommaméte  lodati. 
La  fecòda  fpezie,che  bafsi  rilieui  fi  chiamono,  fono  di 
manco  rilieuo  affai  ch'il  mezo ,  &  fi  dimoftrano  alme 
no  perla  metà  di  quegti,che  noi  chiamiamo ,  mezo  ri- 
lieuo^e  in  quefti  fi  può  con  ragione,fare  il'piano,i  caia 
mentile  profpe&iue  j  le  fcalea&  i  paefi  ,  come  veggio^ 


SCVIT   VKA. 


6l 


mo  ne*  pergami  di  bronzo  in  fan  Lorezo  di  Fircnze,& 
&  in  tutti  1  baisi  rilieui  di  Donatojil  quale  in  quefta  prò 
fefsionelauorò  veramente  cofe  diurne  con  grandissi- 
ma ofieruazione.  Etquefti  fi  rendono  a  l'ochio  facili, 
&  fènza  errori,ò  barbarifmi;perche  non  fportano  tan- 
to in  fuori, che  pofsino  dare  caufa  di  errori,o  di  biau- 
mo.La  terza  fpezie  fi  chiamano  baisi,  &  ftiacciati  rilie- 
ui ,  i  quali  non  hanno  altro  in  fé  ch'el  difegno  della  fi- 
gura,con  amaccato,&{tiacciatonlieuo.Sono  diffìcili 
af!ài,attefo  che  è  ci  bifogna  difègno  grande ,  &  inuen- 
zione.  Atiuega  che  quefti  fono  faticofi  a  dargli  grazia, 
per  amore  de*  contorni.     Et  in  quefìo  genere  ancora 
Donato  lauorò  meglo  d'ogni  artefice  con  arte  difegna 
Se  inuenzione.Di  quella  forte  fen  e,vifto  ne  vafì  areti 
ni  affai  n*gurc,mafchere  ,&  altre  ftorieantiche,&  fìmil 
menteDne'  Cammei  antichi,  &  ne  comi  da  {lampare  le 
cofe  di  bronzo  perle  medagle;&  fimilmente  nelle  mo- 
nete.Et  quefto  fecero  perche  fé  fodero  {tate  troppe  di 
rilieuo  non  arebbono  potuto  coniarle,  chal  colpo  del 
martello  non  fàrebbono  venute  l'impronte,  douendofi 
imprimere  i  Comi  nella  materia  gittata,la  quale  quado 
e  bafla,dura>  poca  fatiga  a  riempirei  cani  del  conio.  Di 
quefta  arte  vediamo  oggi  molti  artefici  moderni  che 
Thano  fatta  diuinifsimamente  ;  &  più  di  loro  fi  può  di- 
re aueredi  tal'cofà  veduto  meglo  di  perfezzione  con 
tutta  quella  grazia  che  gl'antichi  diedero  alle  cofe  loro, 
&  co  più  begli  caratteri  di  lettere,  &  meglio  mi  fu  rate. 
Perciò  chi  conofeerà  ne'mezi  rilieui  Ja  perfezzione 
delle  figure ,  fatte  diminuire  con  offeruazione;&  ne* 
bafo  la  bontà  dil  difegno  per  le  profpect iue,&  altre  in 
uenzioni;&  nelli  diacciatila  nettezza,  la  pulitezza ,  & 
la  bella  forma  delle  fìgure,che  vi  fifanno;gli  faràeccel 
lentemente  per  quefte  parti,tenere,ò  lodeuoli,  ò  biafi- 
meuoli  5  &  wfegnerà  cognofcerli  altrui  ♦ 

H    iii 


Si  D  E      1  A 

Come  fi f cinno  l  modelli  per  fan  di  bronco  le  figurettgrandi  (p 
picciole;  &*  come  le  forme7perbuttarle,/ìgettino;come fé  ar- 
mino diferri,&  tome  filettino  di  metallo;  &  di  tre  forti  bron 
3$ì&  rome  o-'mai e fi cefelino,& fi 'rinettino ,•  & mancando 
pe%£t  che  non  fu/fero  uenun  fi  mnefìinojt  commettinonel 
medefimo  bronco.  Caf?.     XI* 

VSano  gl'artefici  eccelléti,quado  vogliono  gittare 
di  materia,ometallo,o  bronzo  figure  gradi ,  fare 
nel  principio  vna  ftatua  di  terra,  tato  giade, quato  quel 
lacneevoglonobuttaredimetallo,&la  còducono  di 
terra  a  quella  perfezzione,  eh' è  conceda  dal'arte,&  dal 
lo  ftudio  loro.Quefto  fi  chiama  da  loro  modello  ilqua- 
lc  poi  che  è  fatto  &  condotto  a  tutta  la  perfezzione  del 
la  arte  &  del  faper  loro  ,  cominciano  poi  con  gelfo  da 
fare  prcfa  a  formare  fopra  quello  modello  parte  per  par 
te,facendo  a  doiTo  a  quel'  modello  i  caui  di  pezzi,  &  fò 
pra  ogni  pezzo  fi  fanno  rifcontri,che  vn'  pezzo  con  l'ai 
tro  fi  còmettano,fegnàdoli  ò  co  numeri,  ò  co  alfabeti, 
o  altri  contrafegni;&  che  fi  polsino  cauare,  &  reggere 
infieme.Gofi  a  parte  per  partelo  vano  formando;  &  vn 
gendo  con  olio  fra  gelso  &  geflfo,doue  le  commettitu- 
re s'hanno  à  congiugnere^  cofi  di  pezzo  in  pezzo  la 
figura  fi  forma;&  la  tefla3le  bracciali  torfo,  &  le  gam- 
be per  fin  a  l'ultima  cofa;di  maniera  che  il  cauo  di  quel 
la  ftatua,cio  c,la  forma  incauata,  viene  improntata  nel' 
cauo  co  tutte  le  parti,&  ogni  minima  cofa,che  e  nel'mo 
dello.Fatto  cio,quelle  forme  di  gefTo  fi  lafciono  afloda 
re>&  ripofàre  :  poi  pigliano  vn'palo  di  ferro,che  fia  più 
lungo  di  tutta  la  figurarne  voglono  fare,&  che  fi  ha  a 
gettare:&  fbpra  quello  fanno  vn'anima  di  terra,laqua- 
ie  morbidamente  impalcando ,  vi  mefcolano  Aereo  di 
cauallo,&  cimatura,laquale  anima  ha  la  medefima  for 
ma  che  la  figura  del  Modello ;&  à  fuolo  à  iuolo  fi  cuo- 


SCVLTVRA.  6$ 

ce  per  caua  re  la  vmidità  della  terra,&  qucfla  fcrue  poi 
alla  figura:perche  gittando  la  fìatua ,  tutta  quella  ani- 
ma,^ e,foda,vien'vacua,ne  fi  ricpie  di  bronzo;cheno 
fi  potrebbe  mouere  per  lo  pefo:  cofi  ingroflano  tanto, 
&  con  pan  mifure  quella  anima,che  fcaldando  &  co- 
cendo  1  fuoli,come  e  detto, quella  terra  vien'  cotta  be- 
ne^ cofi  priua  in  tutto,  de  lo  vmido ,  che  gittandoui 
poi  fòpra  il  bronzo  ,  non  può  fchizzare,o  fare  nocu- 
mento;come  Ci  è  villo  gia.molte  volte  con  la  morte  de' 
maefln\&  con  la  rouina  di  tutta  l'opera.Cofi  vanno  bi 
Iicando  quella  anima,&  affettando^  contrapefando 
i  pezzi  finche  la  rifeontrino,  &  riprouino,tanto  ch'e- 
gli no  vengono  a'  fare  che  fi  lafci  appunto  la  grofiezza 
dei'metallo,ò  la  fottilita  di  che  vuoi  che  la  fìatua  fia.Ar 
mano  fpeffo  quella  anima  per  trauerfò  con  perni  di  ra- 
me^ con  ferri  che  fi  pofsino  cauare  &  mettere;per  te 
nerla  con  ficurta  &  forza  maggiore. Quella  anima  qua 
do  e  finita,nuouamente  ancora  fi  riquoce  co  fuoco  dol 
ce:&cauatane  interamente  la  vmidità,  fé  pure  vene 
fu/Te  reflata  punta,fi  lafcia  poi  ripofare ,  &  ritornando 
a'  caui  del  geffo;fi  formano  quelli  pezzo  per  pezzo  con 
cera  gialla  che  fia  fiata  in  molle  ;  &  fia  incorporata  con 
vn  poco  di  Trementina,&  di  feuo.Fondutala  dunque 
a'1  fuoco,la  gettano  à  metà  per  metà  nei  pezzi  di  cai'o; 
di  maniera  che  l'artefice  fa  venire  la  cera  fottile,fecc  n- 
do  la  volontà  fua  per  il  getto.Et  tagìati  i  pezzi ,  fecon- 
do che  fono  x  caui  adoflò  à  l'anima ,-  che  già  di  terra  fé 
fattagli  commettono,  &  infieme  gli  rifeontrano,  &  in 
neflano;&  con  alcunibrocchi  di  rame  fottili  fermano, 
fopra  l'anima  cotta  Spezzi  della  cera,  confitti  da  det- 
ti brocchi;,  &  cofi  à  pezzo  ,à  pezzo,  la  figura  inne- 
ilano3&  nfcontrono,&  la  rendono  del  tutto  finita. 
Fatto  ciò  vanno  leuando  tutta  la  cera,da  le  bauc  delle 
fuperflyitadeicaui,conducen4olail  più  che  fipuòa 


64  D  E      L  A 

quella  finita  borita  &perfezzione,  che  fidefidera  che 
abbia  il  Getto.Et  auanti  che  e'proceda  più  innanzi,riz 
za  la  figura ,  &  confiderà  diligentemente ,  fé  lacera  hi 
mancamento  alcuno ,  &  la  va  racconciando ,  &  riem- 
piendo,o  rinalzando,o  abbaflando,doue  mancafle.  Ap 
preifo  finitala  cera,&  ferma  la  figuraunette  lo  Artefice 
fu  due  alari  ò  di  legno  ò  di  pietra,ò  di  ferro ,  come  vno 
arofto  al' fuoco  laTua  figura  con  commodita,  che  ella 
fi  polfa  alzare  &  abbaflare5&  co  cenere  bagnata,appro 
priata à quello  vfo, con  vnpennello  tuttala  figura  va 
ricoprendole  la  cera  non  fi  vegga,&  per  ogni  cauo 
&  pertugio  la  vefte  bene  di  quella  materia  .     Dato  la 
cenere ,  rimette  i  perni  àtrauerfo, che  palfanola  cera, 
&  l'ani  ma,fecondo  che  gl'ha  lafciati  nella  figura;  per- 
cioche  quefti  hanno  à  reggere  l'anima  di  dentro ,  &  la 
cappa  di  fuori,ch'è  la  incroftatura  del'cauo  fra  1*  anima 
&  la  cappo,doue  il  bronzo  fi  getta.Arrnato  cio,lartefi- 
ce  comincia  a  torre  della  terra  fòttile  con  cimatura, 
&  fterco  di  cauallo,  come  difsi  battuta  infieme  ;  &  con 
diligenza  fa  vna  incroftatura  per  tutto  fòtilifsima,  & 
quella  fi  lafcia  feccare,cofi  volta  per  volta  fi  fa  l'altra  in 
craftatura,con  lafciare  feccare  di  continuo  fin3che  vie 
ne  interrando,&  alzando  alla  groflezza  di  mezzo  pal- 
mo il  più .  Fatto  cio,que  ferri  che  tengono  lanima  di 
dentro,fi  cingono  con  altri  ferriche  tengono  di  fuori 
la  cappa;&à  quelli  fifermano,&run'&  l'altro  incate- 
nati,&  ferrati  fanno  reggimento  l'uno  a  l'altro .  L'ani- 
ma di  dentiOjregge  la  cappa  di  fuori5&  la  cappa  di  fuo- 
ri regge  l'anima  di  dentro .  Vfafi  fare  certe  cannelle  fra 
l'animale*:  la  cappate  quali  fi  dimandano  venti, che  sfia 
tano  a  la  in  sii,  &  fi  mettono  verbigrazia  da  vn'gino- 
chio,à  vn'braccio ,  che  alzi;perchc  quefti  danno  la  via 
al  metallo  di  foccorrere  quello,che  per  qualche  impe- 
dimento non  venifle,  et  fé  ne  fanno  pochi  &  affai  fe- 
condo 


SCVLTVRA.  65 

condo  eh  e,diffìcilc  il  getto.Cio  fatto  Ci  va  dando  il  fuo 
co  à  tale  cappa  venalmente  per  tuttofai'  che  ella  ven- 
ghavnita,&à  poco  à  poco  à  rifcaldarfi;  rinforzando  il 
fuoco  fino  a  tantoché  la  forma  fi  infuochi  tutta  di  ma- 
niera che  la  cera  ch'è  nel  cauo  di  dentro, veno-a  a  ftru^- 
gerfi,tale  che  ella  efea  tutta  per  quella  bandajperlaqua 
le  fi  dehbe  gittare  il  metallo  jfenza  che  vene  rimanga 
dentro  niente.Età  conofeere  ciojbifogna  quado  i  pez 
zi  fi  inneftano  fu  la  figura,pefàrli  pezzo  perpezzo;cofi 
poi  nel'cauare  la  cera  npefarla;&  facédo  il  calo  di  quel 
Ia,vede  l'artefice  fé  ne,nmafla  fra  l'anima  &  la  cappa, 
& quata  ne  vfcita.Et fappi che  qui cofifte  la maefìria & 
la  diligézadello  artefice  a  cauare  tal'cera;doue  Ci  moftra 
la  difficultà  di  fare  i  getti.che  venghino  begli  &  netti , 
Attefo  che  rimanedoci  puto  di  cera,ruinarchbe  tutto  iÌ 
getto,mafsimametein  quelle  parti  doueeflà  rimane.Fi 
nito  quello  l'artefice  fotterra  quella  forma  vicino  alfa 
fucina,doue  il  brozo  fi  fonde3&  puntella  fi,che  il  br5zo 
no  la  sforzi,&  li  fa  le  vie,che  pofìa  buttarfi;&  al  somo  la 
feia  vna  quantità  di  groffezza  3  che  Ci  pofià  poi  fegare  il 
brozojche  auanza  di  quella  materia^  quello  Ci  fa.per- 
che  vega  più  netta.Ordina  il  mettacene  vuole;&  per 
ogni  libra  di  cera  ne  mette  dieci  di  metallo.Fafsi  la  lega 
del  metallo  (tatuano  di  due  terzi  rame,&vn'terzo  otto 
ne;fecondo  lordine  Italiano.Gli  egizzii,dai  quali  qUC- 
ftarte  ebbe  origine,metteuano  nef  brozo  1  due  terzi  ot 
tone,&  vn'terzorameJl  metallo  ellettro  de  gl'altri  più  ri 
ne  5  due  parti  rame5&  la  terza  argento.Le  campane  per 
ogni  cento  di  rame.  xx.  di  flagno  :  &  a  l'artiglerie  per 
ogni  cento  di  ram  e  dieci  di  (lagno ,  accio  che  il  fuono 
di  quelle  fia  più  fquillante  &  vnito.Reflaci  hora  ad  infe 
gnare,che  ven  endo  la  figura  con  mancamento ,  perche 
fofse  il  brozo  cotto,ò  fottile,ò  mancafsi  m  qualche  par 
te^ilmododell'inneilarui  vnpezzo.  Et  in  quello  caio 

I 


66  DE      LA 

lieut  lo  artefice  tutto  quanto  il  trifto  che  e  in  quel  get 
to  &facciaui  yna  buca  quadra  cauandola  fotto  fqua- 
dra  ,  di  pò  i  le  aggiufta  vn'pezzo  di  metallo  attuato  à 
quel'  pezzo  che  venga  in  fuora  quel'che  li  piace.  Et  Co- 
rnelio appunto  in  quella  buca  quadra,  colmai-tello  tan 
to  lo  percuotale  lo  faldi,  &  con  lime  &  ferri  facciali 
che  lo  pareggi,&  finifca  in  tutto  .  Ora  volendo  l'arteri 
ce  gettare  di  metallo  le  figure  picciole ,  quelle  fi  fanno 
di  cera,ò  auendone  di  terrajò  di  altra  materiali  fa  fo- 
pra  il  cauo  di  geiTo  come  alle  grandi  &  tutto  il  cauo  fi 
empie  di  cera.Ma  bifogna  che  il  cauo  fra  bagnato;  per- 
che buttandoni  detta  ceratila  fi  rappiglia  per  la  fred- 
dezza della  acqua  &  del  cauo  .     Dipoi  fuentolando, 
&  diguazzando  il  cauo  fi  vota  la  cera  ,  eh  e  in  mezo 
dil  cauo;  di  maniera  che  il  getto  refta  voto  nel  me- 
zoulqual  voto,o  vano  riempie  lo  artefice  poi  di  terra, 
&  vi  mette  perni  di  ferro .     Quella  terra,ferue  poi 
per  anima;ma  bifogna  lafciarla  feccar'bene.Da  poi  fa  la 
cappa  come  al'altre  figure  gradi, armandola  &  metten 
douile  cannelle  per  i  venti ,  la  cuoce  di  poi  &  ne  caua 
la  cera;&  cofi  il  cauo  fi  refta  netto  ,  fi  che  ageuolmente 
fi  poflbno  gittare.il  fimile  Ci  fa  de  bafsi  &  de  mezi  nlie 
ui,&  d'ogni  altra  cofa  di  Metallo  .  Finiti  quefti  getti , 
lo  artefice  dipoi,  con  ferri  appropriati  ciò  e  Bulini, 
Ciappole,  Strozzi,  Cefelli,  Puntelli,  Scarpelli    & 
Limejlieuadoue  bifogna  ;  &  doue  bifogna  fpignea 
lo  indentro  ;  &  rinetta  le  bane  :  &  con  altri  ferri  chei 
radono  ,  rafehia  &  pulifee  il  tutto  con  diligenza 
&  vltimamente  con  la  pomice  gli  da  il  pulimento. 
Quefto  bronzo  piglia  col  tempo  per  fé  medefimo  vn 
colore ,  che  trahe  in  nero,&  non  in  roflb,come  quan- 
do fi  lauora:     Alcuni  con  olio  lo  fanno  venire  nero; 
altri  con  lacetolo  fanno  venire  verde  ;  &  altri  con  la 
vernice  li  danno  il  colore,  di  neioj  tale  che  ognuno  lo 


JC   VLTYRA  6j 

conduce,comcpiugli  piace. 

De  conti  di acciaio  per fare  le  medaglie  di bronco  dialtrìme 
talli ,  £?*  come  elle  fi  farinosi  efei  metalli  j  didietre  Orientali, 
&  di  Cammei,  Caf>,    XII , 

'Olendo  fare  le  medaglieri  Bronzo, di  Argento 
o  d'orOjCome  già  le  fecero  gli  Antichi,Debbe  Io 
artefice  primieramente,con  Punzoniceli  ferro,  intaglia 
re  di  nlieuo  i  punzoni  nello  acciaio  indolcito  a  fuoco, 
a  pezzo  per  pezzo;Come  per  efemplo  Lì  tefìa  {bla,di  ri 
lieuo  ammaccato  in  vn'punzone  fòlo  di  acciaio;  &  cofi 
l'altre  parti  che  fi  commettono  a  quella .     Fabbricati 
cofidi  acciaio  tutti  i  Punzoni  che  infognano  per  la  me 
daglia  ,  fi  temperano  co'l  fuoco; &  in  fui  Conio  dello 
acciaio  (temperato  chedebbe  feruire  per  cauo&  per 
madre  della  medaglia,fi  va  improntado  a  colpi  di  Mar- 
tello &  la  Tefta,&  l'altre  parti  a'  luoghi  loro.  Et  dopo 
lo  auere  improntato  il  tutto,fi  va  diligentemente  rinet 
tando  &  ripulendo,&  dando  fine  &  perfezzione  al  pre 
detto  cauo,che  ha  poi  a  fèruire  per  Madre.Hanno  tut- 
ta volta  vfato  molti  artefici,di  incauare  con  le  ruote  le 
dette  Madri, in  quel  modo  che  Ci  Iauorano  di  incauo  i 
Criftalli,i  Diafpri,i  Calcidonii,le  Agate,gh  Annerirti, 
i  Sardonii,i  lapis  lazuli,i  Crifòlitije  Corniuole,iCam- 
mei,&  l'altre  pietre  orientali-.^  il  cofi  fatto  lauoro,fa  le 
madri  più  pulite,come  ancora  le  pietre  predette .  Nel 
medefimo  modo  fi  fa  il  rouefeio  della  Medaglia:&  con 
la  Madre  della  tefta,&  con  quella  del  rouefeio,  fi  Cam- 
pano Medaglie  di  cera,  o  di  Piombo;  lequali  fi  forma- 
no di  poi  con  fbttilifsima  poluere  di  terra  atta  a  ciò,nel 
le  quali  forme,  cauatane  prima  la  cera,o,il  piombo  pre 
detto,ferrate  dentro  a  le  ftaffe^fi  getta  quello  fteflo  me 
tallo,che  ti  aggrada  per  la  Medaglia .  Quefti  getti  fi  ri- 
mettono nelle  loro  Madri  di  acciaio;&  per  forza  di  vi- 

I     ii     " 


&*.- 


68  D  E       L  A 

ti,o  ài  Lieue,&  a  colpi  di  martello  fi  ftringono  talmen 
te,che  elle  pigliano  quella  pelle  da  la  itampa,che  elle  no 
hanno  prefa  dal  Getto. Ma  le  Monete  &  l'altre  Meda- 
glie più baffe,fi  improntano  fenza  viti,  a  colpi  di  mar- 
tello con  mano;&  quelle  pietre  orietali  che  noi  dicem- 
mo di  iopra,fi  intagliano  di  cauo  con  le  ruote  per  for- 
za di  fmenglio,che  co  la  ruota  confuma  ogni  forte  di 
durezza  di  qualunche  pietra  fi  fia.Et  lo  artefice  va  fpef 
fo  improntando  con  cera  quel  cauo  che  e  la  uora,  &  in 
quefto  modo,valeuando  douc  più  giudica  di  bifògno, 
&  dando  fine  alla  opera.Ma  i  Cammei  fi  lauorano  di  ri 
lieuo;perche  effendo  quefta  pietra  faldata^cio  è  bianca 
fopra  &  fotto  nera3fi  va  leuando  del  bianco  tanto  che, 
o  tefta ,  o  figura  refti  di  baffo  rilieuo  bianca  nel  campo 
nero.Et  alcuna  volta  per  accomodarli  che  tutta  la  tefta 
o  figura  venga  bianca  in  fui  campo  nero,fi  vfa  di  tigne 
re  il  campo,quando  e'  non  e  tanto  (curo,  quanto  bifò- 
gna.Et  di  quefta  profefsione  abbiamo  vifte  opere  mira 
Bili  &  diuinifsime  antiche,  &  moderne . 

Come  diftuccojì  conducono  t  lauori  bianchi  3  &  detmodo  del 
fare  la  forma  di  fotto  murata  ;  <&  come  fi  lauorano 
Cap.        XllL 

Oleuano  gli  Antichi5nel'volcre  fare  volterò  incro- 
j  ftature,ò  porte,ò  fineftre5ò  altri  ornamenti  di  ftu- 
chi  bianchi,fare  l'offa  difotto  di  muraglia,che  fia  ò  mat 
toni  cotti,ò  vero  tufi,cio'èfafsi,  che  fiano  dolci  ,&  fi 
pofsino  tagliare  con  facilità,&  di  quefti  murando  face 
uano  l'offa  di  fotto;dandoli  ò  forma  di  cornice,ò  di  fi- 
gure,ò  di  quello  che  fare  voleuano;taglando  de*  matto 
ni,ò  de  le  pietre,lequali  hanno  à  effere  murate  co  la  cai 
ce.Poi  co  lo  ftucco,che  nel  capitolo  ini  dicemmo,im 
paftato  di  marmo  pefto,&  di  calce  di  Treuertino,  deb- 
bano fare  foprale  offa  predettela  prima  bozza  di  ftucco 


/ 


SCVLTVRA  69 

ruuidoxiòéjgrofsoj&grancllofbjaccio  vi  fipofsi  met- 
tere (opra  il  più  fottile,quado  quel'di  fotto  ha  fatto  la 
pi  efa;&  che  (ìa  fermo,ma  no  fecco  afatto.  Perche  Jauo 
rando  la  mafsa  della  materia  in  fu  quel'  ch'è  umido;  fa 
maggior' prefa;bagnando  di  continuo  doue  lo  fìucco 
fi  mettc;accio  fi  renda  più  facil  a  lauorarlo.  Et  volendo 
fare  cornici, ò fogliami  intagliati,  bifogna  auere  for- 
me di  legno,intaglate  nel  cauo,  di  quegli  ftefsi  intagli 
che  tu  vuoi  fare.Et  fi  piglia  lo  ftucco,che  fia  non  fodo 
fbdo,  ne'tenc"ro;ma  di  vna  maniera  tegnete;&  fi  mette 
fu  l'opra  a  la  quatità  della  cofà  che  fi  vuorformare,&  vi 
fi  mette  fopra  la  predetta  forma  intagliata,impoliierata 
di  poi  uere  di  Marmo,&  picchiadoui  fu  co  vn'martello 
che  il  colpo  fia  vgualeji'eftalofìuccojmprotatoulqua- 
le  fi  va  rinettando,&  puledo  poi  accio  ven<*a  il  lauoro 
diritto,vS:  vgu ale. Ma  volendo  che  l'opera  abbia  mag- 
gior'rilieuo  a  lo  in  fuori  fi  conficcano  doue  ella  ha  da 
eflere,ferramenti,o  chiodi,  o  altre  armadure  fimili  che 
tenghino  fofpefo  in  aria  lo  ftucco,che  fa  con  efse  prefà 

grandifsima,come  ne  gli  edifizii  antichi  fi  vedeme'qua 
li  fi  truouano  ancora  gli  flucchi  &  i  ferri  conferuati  fi- 
no al  di  d'oggi.  Quado  vuole  adiiche  lo  artefice,  codur 
re  in  muro  piano  vna  iftona  di  baffo  rilieuo  cóficca  pri 
ma  in  quel  muro  i  chioui  fpefsi,doue  meno  &doue  più 
in  fuori,fecodo  che  hano  a  ftare  le  figure,&  tra  quegli 
ferra  pezami  piccoli  di  Mattoni,  o  di  tufi;a  cagione  che 
le  punte,o  capi  di  quegli,teghino  i!  primo  fìucco  grofc 
io  &  bozzato,&  appreffo  lo  va  finendo  con  pulitezza* 
de  co  paziézia  che  e'fi  raffodi.Et  metre  che  egli  indurii 
fce,lo  artefice  lo  va  diligctemete  lauorado,&  ripulédo 
lo  di  continouo  co'pennelh  bagnatici  maniera  che  e'io 
conduce  a  perfezzione,come  fé  e'  fufTe  di  cera,o  di  ter 
ra.Gon  quefta  maniera  medefima  di  chioui  &  di  ferra- 
menti fatti  a  portai  maggiori  &  minori  fecondo  il  bi 

I    Hi 


^O  D  E      L  A 

fogno/i  adornano  di  ftuccWe  volte,  gli  fpartimenti, 
&  le  fabbriche  vecchie,  come  fi  vede  coftumarfi  oggi 
per  tutta  Itaha,&  da  molti  maeftri  che  fi  fondati  a  que 
fio  efercizio.Ne  fi  debbe  dubitare  di  lauoro  cofi  fatto, 
come  di  cofa  poco  durabile,Perche  e  fi  conferua  infini 
tamente:&  indunfee  tanto  nello  ftar  fatto,  che  e'diuen 
ta  col  tempo  come  marmo. 

Come  fi  conducono  le  figure  di  legno ,  &  che  legno  fici  buono 
a  farle.  Cap.     XI  III. 

C  Hi  vuole  che  le  figure  dil  legno  fi  polsino  con- 
durre à  perfezzione,bifogna  che  e  ne  faccia  pri- 
ma il  modello  di  cera  ,ò  diterra,come  dicemmo.Que 
fìa  fpezie  fi  e  vfata  molto  nella  chriftiana  religione  atte 
fo  che  infiniti  maeftri  hanno  fatto  molti  crocififsi>&  di 
uerfe  figure  ancora.Ma  in  vero,  non  fi  da  mai  al  legno 
quella  carnofita  ò  morbidezza,che  al  metallo,&  al  mar 
mo,&  à  le  altre  (culture  chenoi  veggiamo,cio  è  cofe  ò 
di  ftuchi ,ò  di  cera,  ò  di  terra.U  migliore  nientediman- 
co  tra  tutti  i  legni  che  fi  adoperano  a  la  fcultura,é  il  Ti 
glio:Perche  egli  ha  i  pori  vguah  per  ogni  lato  &  vbbi- 
difee  più  ageuolmente  alla  lima  &  allo  fcarpello.  Ma 
perdi:  lo  artefice  eflendo  grande  la  figura  che  e  vuo- 
le,non  può  fare  il  tutto  d'un'pezzo  folo ,  bifogna  ch'e- 
gli lo  commetta  di  pezi,&  lo  alzi ,  &  ingrofsi  fecondo 
laformachelovuol'fare.Et  per  appiccarlo  infieme  in 
modo  che  e'  tenga,non  tolga,Maftrice  di  cacio,perche 
non  terrebbe,ma  colla  di  fpicchi,con  la  quale  ftrutta, 
fcaldati  1  predetti  pezzi  al  tuoco,gli  cornetta  &  gli  fer- 
ri infieme,non  con  chioui  di  ferro,ma  del  medefimo  le 
gno.Ilche  fatto, lo lauori  Scintagli  fecondo  la  forma 
del  fuo  modello.Et  degli  artefici  di  cofi  fatto  meftiero 
fi  fono  vedute  ancora  opere  di  boifolo,lodatifsime  ;  & 
ornamenti  di  noce  bellifsimi,i  quali  quado  fono  di  bel 


SCVLf  VIA  71 

noce,che  fia  nero,apparifcono  quafi  di  bronzo.  Et  an- 
coiaabbiamo  veduti  intagli  in  noccioli  di  frutte  come 
Ciregie  &  meliache  di  mano  di  Todefchi,  molto  eccel 
lenti  jlauorati  con  vna  pazienza  &  fonigli  ezza  grandif 
(ima.  Et  fé  bene  e*  non  hanno  quel  perfetto  dife^no, 
che  nelle  cofe  loro  dimoftrano  gli  Italiani,  hanno  meri 
te  dimeno  operato  &  operano  continouamente  ridu- 
ccndolecoieatanta  fottigliezza  che  eli  e  fanno  {lupi- 
re  il  Mondo. Et  quelìo  balli  breuemente  aucr  detto  de 
le  cole  della  /cultura. Pafsiamo  ora  a  la  Pittura. 


D  E   LA   PITT VRA 

Come  fifanno,&Jì  cono/cono  le  buone  Pitture  y&àche'.&t 
del  difegno  &  muen^ioHe  delle flone  Cab,     X  V, 

LA  Pittura  è  vn  piano  coperto  di  campi  di  colori, 
in  fu  perfide,©  di  tauola,ò  di  muro,ò  di  tela ,  in- 
torno à  diuerfi  lineamétijiquali  per  virtù  di  vn  buon'di 
fègno,  di  linee  girate,circodano  la  figura.  Qtjeflofi  fat 
to  piano5dal  Pittore  con  retto  giudizio  mantenuto  nel 
mezo,chiaro;&  negli  eflrerm  &  ne  fondi  fcuro;&  acco 
pagnato  tra  quelli  &  quello  ,  da  colore  mezano  tra  il 
chiaro  &  lo  fcuroifa  che  vnendofi  infieme  quelli  tre  ca 
pi  ;  tutto  quello  che  e  tra  l'uno  lineamento  &  l'alto  fi 
rilieua,  &  apparifce  tondo  &  fpiccato.  Bene  e  vero 
che  quelli  tre  campi,  non  pofsono  badare  ad  ogni  cofà 
minutamente  ;attefo  che  egli  e  necefTario ,  omidere 
qualunchedi  loro  almeno  in  due  fpezie  sfaccendo  di 
quel  chiaro  due  mezi,&di  queH'ofcuro,dua?  più  chia- 
ri,  &  di  quel  mczo  due  altri  mezi ,  che  pendino,  l'uno 
nel'piu  chiaro;&  l'altro  nel  più  fcuro.  Quando  quelle 
tinte  d'un'  color'  folo  qualunche  egli  fi  fia  faranno  /lem 
perateifi  vedrà  ì  poco  à  poco  cominciare  il  chiaro  >  & 


«2  D  E       L  A 

poi  meno  chiaro,&  poi  vn'poco  più  fcuro ,  di  maniera 
ch'a  poco  à  poco  trouerremo  il  nero  fchietto  .     Fatte 
dunque  le  metriche,  ciò  e  il  mefcolare  infieme  qucfti 
colorijvolendolauorareoaolio,o,a  tempera, o  in  fre 
fco;fi  va  coprendo  il  lineaméto,&  mettendo  a'  fuoi  luo 
ghi'i  chiari ,  &  gli  fcuri ,  &  1  mezi,&  gli  abbagliati  de* 
mezi  &de  lumache  fono  quelle  tinte  mefcolate  detre 
primi,chiaro,mezano,&  fcurojiquali  chiari,mezani  & 
fcuri  &  abbagliati  fi  cauano  dal  cartone ,  ò  vero  altro 
difegno  che  per  tal*  cofa  e  fatto  per  porlo  in  opra;il 
quale  neceflario  che  fia  condotto  con  buona  colloca- 
zione^ difegno  fondato;&  con  giuditio,  &  inuentio 
ne  attefo  che  la  collocazione  non  è,altro  nella  pittura, 
chehauerefpartitoinquel'locodoue  fi  favna  figura, 
che  "li  fpatii  fiano  cocordi  al  giuditio  del'ochio ,  &  no 
fiano  disformi, cWl  campo  fia  in  vn  luogho  pieno  &  ne 
l'altro  voto,la  qual'cofa  nafca  dal  difegno ,  &  da  lo  ha- 
uere ritratto  ò  figure  di  naturale  viue,o  da  modelli  di 
figure  fatte  per  quello  che  fi  voglia  fare.     Il  qual'dife- 
gno  non  può  hauere buon'origine,  fé  non  s'hà  dato  co 
tinuamente  opera  a  ritrare  cofe  naturali}&  ftudiato  pie 
ture  d'eccellenti  maeftri&  diftatùe  antiche  di  rilie- 
uo.Ma  fopra  tutto  il  meglio  è,gl'ignudi  degli  huomini 
viui,&femine,&  da  quelli  hauere  prefo  in  memoria 
per  lo  continuo  vfo,imufcoli  del' torfo,delle  fchiene, 
delle  oabe,dellebraccia,dellegmochia,&  l'offa  di  fot- 
io^  poi  hauere  ficurtà  per  lo  tanto  Audio ,  che  fenza 
hauere  inatnraliinanzi, fi  pofìa  formare  di  fantafia  da 
fé  attitudini ,  per  ogni  verfo:  cofi  hauer  veduto  de  gli 
huomini  fcorticati,perfapere  comeftanno  l'offa  fono, 
&  i  mufeoh  &  i  nerui ,  con  tutti  gli  ordini  &  termini 
della  Notomia  ;  per  potere  con  maggior  ficurtà,&  più 
rettamente,  fituare  le  membra  nello  huomo,&  porrei 
Mufcoli  nelle  figure.  Et  coloro  che  ciò  fan»o;forza  e 

che 


P  I  T  T  V  T  R  A.  7» 

clie  faccino  perfettamente  i  contorni  delle  figure  :Ie- 
quali  dintornate  come  elle  debbono,moftrano  buona 
grazia  &  bella  mamera.Perche  chi  ftudia  le  pitture  & 
iculture  buone,fatte  con  fimi \\  modo,  uedendo  &in 
tendendo  il  uiuo,  e'  necefsario  che  habbi  fatto  buona 
maniera  nell'arte .     Et  da  ciò  nafte  Pinuenzione  ,  la* 
quale  fa  mettere  infieme  in  iftoria  le  figure  à  quattro 
a  fei,à  dieci,à  uéti,talméte  che  iìuiene  à  formare  le  bat 
tagle,  &  l'altre  cofe  grandi  della  arte  .    Quefta  inuen- 
zioneuuol'in  fé  una  conueneuolezza  formata  di  con 
eordanzia,  &  di  obedienza;  che  s'una  figura  fi  muoue 
perfàlutare  un'altra; non  fi  faccia  la  falutata  uoltarfi 
indietro  auendo  à  rifpondere  ,  &  con  quefla  fimilitu 
dine  tutto  il  redo .     La  iftoria  fia  piena  di  cofe  uaria 
te  &  differenti  l'una  da  l'altra5ma  a  propofito  Tempre  di 
quello  che  fi  fi  &  che  di  mano  in  mano  figura  lo  Arte 
fici.Ilquale  debbe  diftinguerc  i  geiti  &  l'attitudini  face 
do  le  femmine  cu  aria  dolce  &  bella,  &  fimilméte  i  gio 
uani  :  Ma  i  uecchi,graui  (empie di  afpetto,  &  i  facen- 
doti mafsimamenteJ&  le  perfone  di  autorità.  Aduer- 
tendo  però  (empie  mai,  che  ogni  cola,  corrifpondaad 
untutto  della  opera,di  maniera  che  quando  la  pittura 
fi  guarda ,  ui  fi  conofca  una  cocordanzia  unita,che  dia 
terrore  nelle  furie,  &  dolcezza  negli  effecìi  piaceuoli: 
Et  rapprefènti  in  un'tratto  la  mtezione  del  Pittore,& 
non  le  cofe  che  e' non  penfàua.Conuiene  adunque  per 
quefto,che  e' formi  le  figure  che  hanno  adefìer'  fiere, 
con  mouenzia  &  congagliardìa;  Et  sfugga  quelle  che 
fono  lótane  da  le  prime,co  Pombre,&  co  i  colori  appo 
co  appoco  dolceméte  ofcuri:  dì  maniera  che  l'arte  fia  ac 
copagnata  (empre  co  una  grazia  di  facilita  &  di  pulita 
leggiadria  di  colori  :  Et  condotta  l'opera  a  perfezzionc 
non  con  vno  (lento  di  pafsione  crudele,cheglhunmi- 
ni  che  ciò  guardano  abbino  à  patire  pena  della  pair 

K 


74  DE      LA 

fione,che  in  tal*  opera  ueggono  fopportata  dallo  Arte 
fìce;  Ma  da  ralegrarfi  della  felicità,  che  la  fua  mano  ab- 
bia auuto dal' Cielo  quella  agilità,  che  renda  le  cofe 
finite  con  iftudio  &  fatica  fi,  ma  non  con  iftento  ;  tan- 
to che  doue  elle  fono  pofte,non  fiano  morte,ma  fi  ap- 
prefentino  viue  &  vere  achi  le  confiderà.  Guardini 
dale  crudezze.  Et  cerchino  che  le  cofè  che  di  cotinuo 
fano,  non  paino  dipinte  :  ma  fi  dimoftrino  viue  ,  &di 
rilieuo  fuor  della  opera  loro  :  Et  quefto  e',  il  uero  dife 
cno  fondato,  &  la  vera  inuenzione  ,  che  fi  conofee  ef 
fer  data  da  chi  le  ha  fatte3alle  pitture  da  chiamar  buo- 
ne. 

VegIiJchiz&diftgni,cartoni&  ordine  diproJpeSime$ 

&*  per  cjuel  che  fi  fanno  }&à  quello  che  i  Pìt 

tonfi  neferuono.      Cap.      XVI. 

GLi  fchizzi  chiamiamo  noi  una  prima  forte  di  difè 
gni,  che  fi  fanno  per  trouare  il  modo  delle  attitu 
dini,  &  il  primo  coponimento  dellopra ,  Et  fono  fat- 
ti in  forma  di  unamachia;accénati  folamente  da  noi  in 
una  fola  bozza  del  tutto.  Et  perche  quelli  dal'  furor 
dello  artefice  fono  in  poco  tepo  exprefsi,  uniuerfàlmé 
te  fon  detti  fchizzi :per  che  uengono,fchizzado  ò  co  la 
pena,ò  co  altro  difegnatoio,ò  carbone:  in  maniera  che 
quefti  no  feruono,fe  no  per  tetare  l'animo  di  quel'che 
gli  fouuiene  .  Da  quefti  fchizzi  vengono  poi  rileuati 
in  buona  forma  &  con  più  amore  &  fatica  idifègni,i 
quali  con  tutta  quella  diligenza  che  fi  può  fi  cerca  ue- 
dere  dal'  uiuo,fe  già  l'artefice  non  fi  fentifìe  gagliardo 
che  da  fé  li  poteffe  còdurre .  Apprefso  mifuratili  co  le 
fèfte,ò  a  ochio ,  fi  nngrandifeono  da  le  mifure  piccole 
nelle  maggion,fecondo  l'opera  che  fi  ha  da  fare.  Que 
fti  fi  fantiOjCon  uarie  cofè,cio  è,o  di  lapis  roflb,che  é, 
vna  pietra ,  la  qual'  viene  da  monti  di  Alanwgna,chc 


P   I   T   T    V    R    A. 


75 


per  eflfer  tenera,ageuolmente  fi  léga  &  riduce  in  pun- 
te lottili  da  fegnare  con  effe  in  fu  i  fogli, come  tu  uuoi 
o  con  la  Pietra  nera  che  uiene  de'  monti  di  Francia,  la- 
qual'  e,fimilmente  come  la  roflà,  Altri  di  chiaro  Se  (cu 
ro,fi  conducono  fu  fogli  tinti,  che  fa  un'mezo.&la 
penna  fa  il  linemento ,  ciò  è,  il  d'i  ntorno  ò  profilo,  Se 
J'inchioftro  con  un'  poco  d'acquaia"  una  tinta  dolce, 
che  vela,&  ombra  quello,da  poi  con  un  pennello  dot- 
tile con  della  biacca ,  {temperata  con  la  gomma  Ci  lu  - 
meggia  il  difègno,&  quefto  modo  e',molto  alla  pitto- 
refea  Se  moftra  più  l'ordine  del  colorito.Molti  altri  fa* 
no  con  la  penna  fòla,lafciando  ilumi  della  carta  3  che  e* 
difficile  ,  ma  molto  maeftreuole ,  de  infiniti  altri  modi 
anchora,  de'  quali  non  accade  fare  menzione,  perche 
tutti  rapprefentano  una  cofà  medefima,cioéil  difègna 
re.    Fatti  cofiidifsegni,chiuuolelauorarein  fre^o, 
cioè  in  muro,è  neceffario  faccia  i  cai  toni, ancora  che  e 
fi  coftumi  per  molti  di  fargli  per  lauorare  anco  in  tauo 
la.  Quefti  Cartoni  Ci  fanno  cofi.Impaftanfi  fogli  co  col 
la  di  farina  Se  aqua  cotta  al  fuoco,&  i  fogli  voglion'  ef 
(ère  /quadrati,  &  fi  tirano  al*  muro  con  lo  incollarli  a 
torno  duo  dita  uerfòil  muro  con  la  medefima  pafta, 
Et  fi  bagnano  fpruzzadoui  dentro  per  tutto  acqua  fre 
fca,&  cofi  molli  fi  tirano,  accio  nel'  feccarfi,  venga  no  a 
difendere  il  molle  delle  grinze.  Da  poi  quando  fono 
fèchi,con  vna  canna  lunga  per  giudicare  difeofto,  uan, 
no  riportando  fui'  cartone  tutto  quello  che  nel  difè- 
gno  piccolo edifègnato,  con  pari  grandezza,  &àpo* 
co  a  poco  quando  a"  una  figura  ;  quando  à"  l'altra  danno 
fìne.Quj  fanno  i  pittori  tutte  le  fatiche  dell'arte  del  ri* 
trarre  dal  viuo  ignudi  Se  panni  di  naturale,^  tirano  le 
profpettiue  con  tutti  quelli  ordini ,  che  piccoli  fi  fono 
fetta  in  fu  fogli,ringrandendoli  à  prò  porzione.  Et  (è  in 
quegli  fuifero  uroìpeuiuejò  cafamenti,fi  ringrandife© 

K    li 


jb  D  E      L  A 

no  con  la  RetejLaquale  è  vna  Graticola  di  quadri  pic- 
coli nn^randita nel  cartone  ;  che  riporta  giuftaméteo 
gni  cofa.Perche  chi  ha  tirate  le  profpéttiue  ne'  difegni 
piccoli  cauate  di  fu  la  pianta, alzate  co'l  profilo,&  co  la 
interfecazione  &  co'l  punto  fatte  diminuire  &  s'fuggi 
rejBifogna  che  le  riporti  proporzionate  in  fu'l  Carto- 
ne.Ma  del  modo  del  tirarle,perche  ella  e  cofà faftidio- 
fa,&  difficile  a  darfi  adintendcremon  voglio  io  parla- 
re akrimentf.Bafta  che  le  profpéttiue  fon'  belle  tanto  ; 
quanto  elle  fi  moftrano  giufte  alla  loro  veduta,&  sfug 
gendofi  allontanano  da  l'occhio,  Et  quando  elle  fo- 
no compofte  con  variato  &  bello  ordine  di  cafamenti. 
Bifogna  poi  ch'il  pittore  abbia  rifguardo  à  farle  co  prò 
porzione  fminuirecon  la  dolcezza  de*  colori  ;  laquai* 
e,  nello  artefice  vna  retta  difcrezione,&  vn'  giudi- 
zio buonora  caula  del'  quale  fi  moftra  nella  difficultà 
delleunte  linee  confufe  colte  da  la  pianta  dal  profilo 
&  inter-azione  che  ricoperte  dal   colore ,  reftano 
vna  facilliisima  colà ,  laquai'  fa  tenere  l'artefice  dotto, 
intendente, &  ingegnofo  nell'arte.  Vfbno  ancora  mol- 
ti maeflri  innazi  che  faccino  la  ftoria  nel'  cartone,  fare 
vn  modello  di  terra  in  fu  un  piano,con  fituare  tonde 
tutte  le  figurejper  vedere  li  sbattimenti  ,  ciò  e',  Tom  - 
bre  che  da  un  lume  fi  caufano  adoflb  alle  figure, che  Co 
no  quella  ombra  tolta  dal'  fole,ilquale  più  crudamen  - 
te  che  il  lume  le  fa  in  terranei'  piano  per  l'ombra  della 
fìgura.Et  di  qui  ritraendo  il  tutto  della  opra  hano  fat- 
to l'ombre,che  percuotono  adoflb  a  luna  &  l'altra  fì- 
gura,onde  ne  uengono  i  cartoni  &  l'opera  per  quefte 
fatiche,di  perfezzione  &  di  forza  più  finiti, &  da  la  cai* 
ta  fi  (piccano  per  ilrilieuo.Il  che  dimoftra  il  tutto  più 
bello,&  maggiormente  finito,Et  quando  qucfti  carto 
ni  al  frefcOjò  al  muro  s'adoprano,  ogni  giorno  nella  co 
mettitura  le  ne  taglia  vn'  pezzo ,  &  &  calca  fui  muro 


PITTVRA 


77 


che  fia  incalcinato  di  frefco,&  pulito  eccellentemente. 
Quefto  pezzo  del  cartone  fi  mette  in  quel'  luogo,douc 
s'ha  à  fare  la  figura,&  fi  contrafTcgna  -.perche  falcio  di, 
che  fi  voglia  rimettere  vn'altro  pezzo ,  fi  riconofea  il 
fuo  luogo  appunto:&  non  pofla  nafeere  errore.  Ap- 
prefib,per  i  dintorni  del  pezzo  detto,con  vn'feri  o  fi  va 
calcando  in  fu  lo  intonico  della  calcinala  quale  per  e£- 
fer  frefea  acconfente  alla  carta:&  cofi  ne  rimane  iègna- 
ta.Per  il  che  fi  lieua  via  il  cartone,&  per  que  legni  che 
nel'muro  fono  calcati ,  fi  va  con  i  colon  lauorando  :  & 
cofi;fi  conduce  illauoro  in  frefco,òin  muro.  Alle  tauo 
le  &  alle  tele  fi  fa  il  medefimo  calcatola  il  cartone  tut 
to  d'un' pezzo  3  faluo  che  bifògna  tingere  di  dietro  il 
cartone,con carbonio  poluere nera accioche  legnan- 
do poi  col  ferro ,  quello  venga  profilato,&  dilegnato 
nella  telaio  tauola.  Et  per  quefta  cagione  i  cartoni  fi 
fanno  per  compartire  che  l'opra  venga  giufta,&  mifu- 
rata.Aifai  pittori  fono,  che  per  l'opre  à  olio  sfuggono 
ciò, ma  per  il  lauoro  in  frefeo  non  fi  può  sfuggire ,  che 
non  fi  faccino.  Ma  certo  chi  trouò  tal'inuenzione,eb^ 
be  buona  fantafia;attefo  che  ne  cartoni  fi  vede  il  giudi 
zìo  di  tutta  l'opra  infieme  ;  &  fi  acconcia  &  guafhjfin 
che  ftiano  bene  .  Il  che  nel'opra  poi  non  può  farfi. 
Ve  li  /corti  delle  figure  al  dijòttojnjù,  &*  di  quelli  in  piano; 
Cap.      XVII. 

T T  Anno  auuto  gli  artefici  noftri  vna  grandifsinu 

I  J[auuerteza  nel  fare  fcqrtarc  le  figure/cfo  è  nel  far, 
le  apparire  di  più  quantità  che  elle  non  fono  vcramen 
tejeflendolo  feortoanoi  vnacofàdifegnatain  faccia 
Corta,  che  al  occhio,  venendo  innanzi  non  ha  la  lun- 
ghezza ,o  la  altezza  che  ella  dimoftra;Tuttauia,  la 
groflezza ,  i  dintorni,l'ombre  &  i  lumi  fanno  parere 
che  ella  venga  innanzi,&  per  quefto  fi  chiama  feorto. 
Pi  queftafpecie  non  fu  mai  pittore  ò  difegnatore,chc 


78  t>  ì.     1  A 

faceflfe  meglio  ]  che  s' abbia  fatto  il  noftro  Michele 
Angelo  Buonarroti  :  &  ancora  nefluno  meglo  gli 
poteuafare  ,auendo  egli  diurnamente  fatto  le  figu- 
re di  rilieuo  .  Egli  prima  ,  di  terra  ,  ò  di  cera  ha* 
per  quefto  vfo  fatti  i  modelli  :  &  da  quegli  ,  che  più 
delviuo  reftano  fermi , ha cauatoi  contorni,  i  lumi, 
&  1*  ombre .  Quefti  danno  à  chi  non  intende  gran 
difsimo  faftidio;perche  non  arriuano  con  l'intelletto  a 
la  profondità  di  tale  difficultà,laqual' e,  la  più  forte  à 
farla  bene,che  nelfuna,che  fia  nella  pittura.  Et  certo  i 
noftri  vecchi, come  amoreuolide  l'arte,trouarono  il  ti 
tarli  per  via  di  linee  in  profpettiua,che  no  fi  poteua  fa- 
re prima ,  pure  li  riduffero  tanto  innanzi ,  che  oggi 
s'ha  la  vera  maeftria  di  farli.  Et  quegli ,  che  li  biasi- 
mano (  dico  delli  artefici  noftri  )  fono  quelli  che 
non  li  fanno  fare  ,  &  che  per  alzare  fé  flefsi  ,  van- 
no abaflando  altrui .  Et  abbiamo  affai  maefln  pitto- 
ri, iquali  ancoraché  valenti,  non  fi  dilettano  di  fare 
fcorti  :  Et  nientedimeno  quando  gli  veggono  belli  et 
difficih,non  folo  non  gli  biafimano,ma  gli  lodano  fbm 
mamente.Di  quefta  fpecie  ne  hanno  fatto  i  moderni,aÌ 
cuni  che  fono  à  propofito ,  &  difficili  ;  come  farebbe  a 
dir'in  una  uolta  le  figure ,  che  guardando  in  fu  fcorta- 
no,  &  sfuggono,  &  quefti  chiamiamo  al  difòtto  in  fu, 
c'hanno  tanta  forza,ch'eglino  bucano  le  volte.  Et  que 
fti  non  fi  poflbno  fare ,  fé  non  fi  ritraggono  dal'  uiuo  3 
e  con  modelli  in  altezze  convenienti  non  fi  fanno  fare 
loro  le  attitudini  &  le  mouenzie  di  tal*  cofe.Certo  che 
in  quefto  genere,fi  recano  in  quella  diff  ìculta  vna  fòm 
ma  grazia,  &  vna  gran  bellezza ,  &moftrafi  vna  terri* 
bilifsima  arte.  Di  quefta  fpecie  trouei  rete  che  gli  arte- 
fici noftri  nelle  uite  loro  hanno  dato  grandifsimo  rilie 
\io  à  tali  opere ,  &  condottele  a  vna  perfetta  fine,onde 
banno  confeguito  lodegrandifsima .  Chiamanti  feor  ti 


PITTVRA  yo 

di  fotto  in  fu9  perche  il  figurato  ,  e  alto,  guardato  dal- 
l'ochio  per  veduta  in  fu ,  &  non  per  la  linea  piana  del- 
l'orizonte,  la  onde  alzandoli  la  tefta  à  volere  vederlo 
&  fcorgendofi  prima  le  piante  de  piedi ,  &  l'altre  parti 
di  fottOjgiuftameme  fi  chiarna  co'l  detto  nome. 

Come  fi  debbino  unire  i  colori  a  olio,  afie/co,  o  a  tempera  ;&* 
come  le  (arni,ìpanni,&*  tutte  quello  che  fi  dipio-netueno-a  nel 
lopera  adunirey alche  le  figure  non  uenghim  dmife  ;  &  abbino 
rilicuoi&forza&moftrino  l'opra  chiara  &  aperta. 

Cap.     XV  III. 

LA  vnione  nella  Pittura,è  vnadifcordanzadi  colo 
ri  diuerfi,accordatiinfieme;iquali  nella  diuerfità' 
di  più  diuife , moftrano  differentemente  diftinte luna 
da  l'altraje  parti  delle  figure;come  le  carni  dai  capelli; 
&  vn'panno  diuerfo  di  colorerà  l'altro.  Quando  que- 
(li  colori  fon'mefsi  in  opera  accefàmente  &  viui  ,  con 
Vnadifcordanzafpiaceuole3talche  fiano  tinti  &  cari- 
chi di  corposa*  come  vfauano  di  fare  già  alcuni  pittori: 
11  difegno  ne  viene  ad  effere  offendi  manieratile  le  fi 
gure  reftano  più  pretto  dipinte  dal  colorejche  dal  pen- 
nello che  le  lumeggia  &  adombra/atte  apparire  di  ri- 
lieuo  &  naturali.Tutte  le  Pitture  adiique,  ò  a  olio,  ò  a 
frefco,ò  a  tepera,fìdebbon  fare  talmente  vnite  ne'loro 
colorisene  quelle  figure  che  nelle  Aorie  fonoleprinci- 
pali,veghino  codone  chiare  chiare;mettedo  i  panni  di 
colore  no  tanto  feuro  a  doiTo  a  quelle  dinazi,che  quei 
le  che  vanno  dopo  gli  abbino  più  chiari  poi  che  le  pri- 
me; anzi  a  poco  à  poco,tanto  quanto  elle  vanno  dimi- 
nuendo a  lo  indentro  jdiuenghino  anco  parimente  di 
mano  inmano&dil  colore  delle  carnagioni  &  delle 
veftimenta,piu  feure.  Et  principalmente  fi  abbia  gran 
difomaauuertenzadi  mettere  fempre'i  colori  più  va- 


DE       LA 


8° 

ghi  piu,di  letteuoli,&  più  belli ,  nelle  figure  principali 
&  in  quelle  maTsimamente,  che  nella  iftoria  vengono 
intere,&non  meze, perche  quelle  Tono  Tempre  le  piti 
con(ìcieratei&  quelle  che  fon  più  vedute,che  ìaltre  ;  le- 
quali  Temono  quafi  per  campo  nel  colorito  di  quefte: 
&vn  colore  piùTmorto  ,fa  parere  più  viuolaltro  che 
gli  è  pofto  accanto.  Et  con  i  colori  maninconici  & 
Pallidi  Tanno  parere  più  allegri  quelli  che  li  Tono  accan 
to ,  &  quafi  d'una  certa  bellezza  fiameggianti.     Ne  fi 
debbono  veftiregli  ignudi  di  colori  tanto  carichi  di 
corpo,  che  diuidino  le  carni  da'panni,quado  detti  pan 
ni  atrauerTaTsino  deti  ignudi, ma  i  colori  de  lumi  di  dee 
ti  panni  fiario  chiari  fimili  alle  carni  o  giàlletti,  o  rofsi- 
gni,o  violati,o  pagonazzi>con  cangiare  i  Tondi  Tcuret- 
ti,o  verdi ,  o  azzuri,  o  pagonazzi5o  gialli;purche  trag 
ghino  a  lo  ofcuro;&  che  vnitamente  fi  accompagnino 
nel  girare  delle  figure,con  le  loro  ombre,inquel  mede 
fimo  modo  che  noi  véggiamo  nel  viuo,che  quelle  par- 
ti che  cifi  aprefentano  più  vicine  allo  occhio,  più  han- 
no di  lume;&  Ìaltre  perdendo  di  vifta,  perdono  ancora 
del  lume  &  del  colore.  Cofi  nella  pittura  fi  debbono 
adoperare  i  colori  con  tanta  vnione,  che  e' non  fi  lafci 
vnoTcuro&vn  chiaro  fi  Tpiaceuolmente  ombrato  & 
lummeggiatOjche  è  fi  Taccia  vna  diTcordanza  &  vna  di 
{unione  Tpiaceuole,Taluo  che  negli  sbattimenti;che  fo- 
no quelle  ombre,che  Tanno  le  figure  addotto  l'unaal- 
l'altra,quando  vn  lume  Tolo  percuote  addoffb  ad  vna 
prima  figura  che  viene  ad  adombrare  delTuo  sbattimeli 
to  la  feconda.   Et  quelli  ancora  quando  accaggiono, 
Vo^lion  efìcre  dipinti  con  dolcezza,&  vnitamente.per 
che  chi  gli  diTordina  ,  viene  a  fare  che  quella  Pittura 
par'  più  pretto  vn  tappeto  colorito ,  o  vn  paro  di  carte 
da  giucareiche  carne  vnita,o  panni  morbidi5o  altre  co- 
lè piumoTe,delicate  &  dolci.Che  Ci  come  gli  orecchi  re 

fono 


PITTVRA  8l 

ftano  offerì  da  vna  mufica  che  faftrepito,ò  diffonaza,ò 
durezze;faluo  però  in  certi  luoghi  &  a'  tepi;fi  come  io 
difsi  degli  sbattiméti;cofi  iettano  orfcfi  gli  occhi  da'  co 
lori  tropo  carichilo  troppo  crudi.Cóciofia  che  il  trop- 
po acce fb, offende  il  difègno>Etlo  abbacinato,fmorto 
abbagliato  ,&  troppo  dolce;pare  vna  cofà  fpétajVechia 
&  affumicatala  lo  vnito  che  tenga  in  fra  lo  accefo  & 
lo  abbagliato  e  perfettifsimo;  et  diletta  locchiojparime 
te  che  vna  mufìca  vnita,&  arguta  diletta  lo  orecchio. 
Debbofi  perdere  negli  fcuri  certe  parti  delle  figure:& 
nella  lotanaza  della  Iik)  ria;  perche  oltra  che  fé  elle  fufsi 
no  nello  apparire  troppo  vtue,&  accefe;confondereb- 
boho.le  figure,elle  dano  ancora, reftando  (cure  &  abba 
gliate,quafi  come  capo,  maggior  forza  alle  altre  che  vi 
fono  inazi.  Né  fi  può  credere, quanto  nel  variere  le  cai- 
ni con  i  colori  faccendole  a'  giouani  più  frefche,  che  a* 
vecchi ;&  a'  mezani ,  tra  il  cotto  &  il  verdiccio,  &  gial 
licciojfi.dia  grazia  &  bellezza  alla  opera.  Et  quafiin 
quello  (lefl'o  modo  che  fi  faccia  nel  difegno  la  aria  del- 
le vecchie  accanto  alle  giouani ,  &  alle  fanciulle ,  &  a' 
putti;doue  veggendofene  vna  tenera,&  carnofajlaltra 
pilli ta,&  frefca;fà  belli/sima  difcordanza  accordatifsi- 
ma.Et  in  quefto  modo  Ci  debbe  nel  lauorare  metter  gli 
fèuri  doue  meno  offendino,&  faccino  diuifione  ;  per 
cauare  fuori  le  figure;come  fi  vede  nelle  pitture  di  Ra- 
faello  da  Vrbino,&  di  altri  pittori  eccellenti ,  che  han- 
no tenuto  quefta  maniera.Ma  non  fi  debbe  tenere  que 
fìo  ordine  nelle  Iitorie,doue  fi  contrafacefsino  lumi  di 
fòle,&  di  luna,o  uero  fuochi,o  cofe  notturne;  perche 
«juefte  fi  fanno  con  gli  sbattimenti  crudi  &  taglienti. 
Et  nella  sómità  doue  fi  fatto  lume  percuote,  fempre  vi 
fata  dolceza  &  vnione.Et  in  quelle  pitture  che  aranno 
Sjucfte  parti  fi  conofcerà  che  la  intelligenzia  del  Pitto- 
re ara  con  la  vnione  del  colorito,  campata  la  bontà  del 


82  D   E       L  A 

difegnoi  dato  vaghezza  alla  Pittura,&rilieuo  &  for- 
za terribile  alle  figure. 

Del  dipingere  in  muro  come/ìfa;&*  per  che  fi  chiama  lattoni* 
rtnfre/co.  Cap.     XV  UH. 

in\  I  tutti  gl'altri  modi, che  i  pittori  faccino,il  dipi- 
ì  gnere  in  muro,e'  più  maeftreuole,&  bello;  per- 
checonfifte  nel  fare  in  vn'giorno  folo  quello,  che  nella 
altri  modi  fi  può  in  molti  ritoccare  {opra  il  lauorato. 
Erada  gli  antichi  molto  vfato  il  frefeo ,  &  i  vechi  mo 
derni  ancora  l'hanno  poi  feguitato.Quefto  fi  lauora  fu 
la  calciche  fia  frefea ,  ne  fi  lafcia  mai  fino  a  che  fia  fini 
to  quanto  per  quel'giorno  vogliamo  lauorare.  Perche 
allungado  punto  il  dipingerla,fa  la  calce  vna  cena  ero 
flerella  pel  caldo,pe'l freddo,pe'l  vento  &  pe* ghiacci, 
che  muffa  &  macchia  tutto  il  lauoro .      Et  per  quefto 
vuole  effere  continouamente  bagnato  il  muro  che  fi  di 
pigne,  &  i  colori  che  vi  fi  adoperano,tutti  di  terre ,  8c 
non  di  minierejcV  il  bianco  di  treuertino  cotto .  Vuole 
ancora  vna  mano,  deftra  refoluta  &  veloce  ,  mafopra 
tutto  vn'giudiziofaldo&  intero,  perche  1  colori  men- 
tre che  il  muro  e  molle,moft  rano  vna  cofa  in  vn'modo 
che  poi  fecco  non  e  più  quello.  Et  però  bifogna  che  in 
queftilauori  a  frefeo, giuochi  molto  più  al  Pittore  il 
giudizio,cheil  difegno;&  che  egli  abbia  per  guida  fua 
vna  pratica  più  che  grandifsima,eflendo  ìommamente 
difficileil  condurlo  a  perfezzione.Molti de  noftri ar- 
tefici vagliono  affai  negli  altri  lauori  5  ciò  e  a  olio ,  ò  a 
temper.i,&  in  quefto  poi  non  riefeono  per  e  (fé  re  egli 
veramente  il  più  virile,  più  fecuro,piu  refoluto,&  du- 
rabile di  tutti  gl'altri  modi,&  quello  che  nello  ftare  fat 
to  dicontinuo  aquifta  di  bellezza,&  di  vnione  più  de- 
gl'altri infinitamente.  Quefto  à  laria  fi  purga,&  da  la< 
qua  fi  difende,  &  regge  di  continuo  à  ogni  percofìa. 


PITTVRA  8$ 

Ma  bifogna  guardarli  di  non  auere  a  rittocarlo  co'colo 
ri  che  abbino  colla  di  Carnicci, ò  roflb  d  uouo3ò  gom- 
ma^ Draganti3come  fanno  molti  pittori.Perche  oltra, 
die  il  muro  non  fa  il  fuo  corfo  di  moftrare  la  chiarezza 
vengono  i  colori  apannati  da  quello  ritoccar  di  (òpra, 
&  con  poco  fpacio  di  tempo  diuentano  neri.Pero  que- 
gli che  cercano  lauorar  in  muro ,  lauorino  virilmente 
a  frefco3&  non  ritochino  a  fecco,perche  oltra  l'efler'co 
fa  vilifsima,rende  più  corta  vita  alle  pitture. 

"Deldipìgnere  à  tempera  ò  uero  a  uouo/ù  le  fattole  ;  o  tele ,  & 
tome  fi può  ufarcful muro  che  fia  /ecco,      Cap.  XX* 

DA  Cimabue  in  dietro  &  da  lui  in  qua  s'è3fempre 
veduto  opre  lauorate  da'  Greci  à  tempera  in  ta- 
uola3&  in  qualche  muro .  Et  vfauano  nello  ingeflàre, 
delle  tauole  quefti  maeftri  vecchi3dubitando  che  quel 
le  non  fi  apnflero,in  fu  le  committiture3mettereper 
tutto  co  la  colla  di  carnicci3tela  lina3  &  poi  fòpra  quel 
la  ingefTauano,per  volere  lauorarui  fopra,&  tempera- 
uano  i  colori  da  condurle  col  rollo  dello  ùouo3ò  tem- 
perajlaqual'è  quefta.  Toglieuano  vno  iiouo3&  quello 
dibatteuano3&  dentro  vi  tritauono  vn'ramo  tenero  di 
fico3accio  che  quel'  latte  con  quel  iiouo3  facefle  la  tem 
pera  de  colori;!  quali3con  effa  temperando ,  lauorauo- 
no3l'opere  loro.Et  toglieuano  per  quelle  tauole  i  colo 
ri  ch'erano  di  miniere  i  quali  fbn'fàtti  parte  da  gli  alchi 
mifti3&  parte  trouati  nelle  caue,  Et  di  quefta  fpecie  di 
lauoro  ogni  colore,è  buono3fàluo  ch'il  biancojche  fila 
uora  in  muro  fato  di  caIcina3ch'è3tròppo  forte .  Cofi 
veniano  loro  condotte  con  quefta  maniera  le  opere, 
&  le  pitture  loro.  Et  quefto  chiamauono  colorire  ì 
temperatolo  gli  azzuri  temperauono  con  colla  dicar 
xiiccijperche  la  giallezza  dell'uouo  gli  faceua  diuentar* 
yerdi,oue  la  colla  gii  mantiene  neU'efiere  fuo  3  el  fimilc 

L    ii 


84  D  E       L  A 

fa  la  gomma.Tienu"  la  medefima  maniera  fule  tauole  o 
ingellate,ò  fenza,&  cofi  fu  muri, che  fìano  fechi ,  fi  da 
vna^ò  due  mano  di  colla  calda,&  da  poi  con  colori  tem 
perati  con  cjuella,fi  códuce  tutta  l'opera  ,  &  chi  voleflc 
temperare  ancora  i  colori  a  colla,ageuolmenie  gli  ver- 
rà fatto  ofleruando  il  medefimo  che  nella  Tempera  fi  e 
raccontato. Ne  faranno  peggiori  per  quefto .  Poi  che 
anco  de  vecchi  Maeitri  noitn  ,  fi  fono  vedute  le  cofe  a 
tempera,conferuate  centinaia  d'anni ,  con  bellezza  & 
frefchezza giade.  Et  certamente  e' Ci  vede  ancora  delle 
cofedi  Giotto3chece  né  pure  alcuna  in  tauola,  dura 
ta  già  dugento  anni,&  mantenutati  molto  bene.E'  poi 
venuto  il  lauorar'  a  olio  che  ha  fatto  per  molti  mettere 
in  bando  irmodo  della  tempera  ,  fi  come  oggi  veggia 
mojche  nelle  tauole,&  nelle  altre  cofe  d'importanza  fi 
è  lauorato;&  filauora  ancora  del  continouo . 


Ve l  dipingere  a  olio  3  in  tauold,et file  tele,      Cap.XXI. 

V  viiabellifsirnainuenzione^&vnagran'comrnò 
dita  all'arte  della  pitturaci  trouare  il  colorito  a  o- 
lio  ;  Pi  che  fu  primo  inuentore  5  in  Fiandra  Giouahni 
da  Bruggia.  ikjuale  mando  la  tauola  à  Napoli  al  Re  Al 
fonfò  ;&  al  Duca  d'Vrbino  Federigo  1 1  la  ftufa  fua; 
&  fece  vn'fan  Gieronimo ,  che  Lorenzo  de  Medici 
aueuar&  molte  altre  cofe  lodate.  Lo  feguitò  poi  Rug- 
gieri da  Bruggia  (uo  dtfcipolo,&  Auffe  creato  di  Ru- 
gieri ,  che  fece  à  Portinari  in  ianóta  Maria  Nuoua  di 
Fiorenza  vn'cjuadro  picciolo  ,  il  quale  oggi  aprefs'al 
Duca  cosim  o,&  è ,  di  fua  mano  la  tauola  di  Careggi 
villafuora  di  Fiorenza  della  llluftrufs  .cafa  de  Medi- 
tirfimilmenteLodouicodaLuano  &  Pietro  Chrifta, 
i&  maeftro  Mai  tmo3&  ancora  Giufto  da  Guanto  3  che 
fece  la  tauola  della  comunione  de'l  Duca  d'Vrbino,  & 
altre  pitture;&  Vgo  d'Anuerfa^che  fé  la  tauola  di  San* 


PITTYRA.  '  8| 

£a  Maria Nuoua  di  Fiorenza.  Queftaarte  condufTe 
poi  in  Italia  Antonello  daMefsina,  che  molti 
anni  confumò  in  Fiandra,&  nel  tornarli  di  qua  da'  Mo 
affermatoli  ad  abitare  in  Venezia,  la  infègnò  quiui  ad 
alcuni  amici, Vno  de' quali  fu  Domenico  Venizia 
nOjchela  conduife  poi  in  Firenze  quando  dipmiè  a  o- 
lio  la  capella  de  Portinari  in  Santa  Maria  Nuoua  ,  do- 
ue  la  imparò  Andrea  da'lcaftagno  che  la  inicgnòaelt 
altri  maefh'i,con  i  quali  Ci  andò  ampliando  l'arte  8c  ac 
quiftando,fino  a  Pietro  Perugino,a  Lionardoda  Vin- 
ci^ a  Rafaello  da  Vrbino:talmente  che  ella  s'è ,  ridot 
ta  a  quella  bellezza  ,  che  gli  artefici  noftri  merce  loro 
l'hano  acquiftata.Quefb  maniera  di  colorire  accende 
più  i  colorane  altro  bifogna,che  dihgenza,&  amore; 
pere  he  l'olio  in  fé  fi  reca  il  colorito  più  morbido ,  più 
do  Ice  &  delicato ,  &  di  vnione ,  &  sfumata  maniera 
piufacile  che  li  altri,  &  mentre  che  frefcho  il  lauora ,  i 
colori  il  mefcolano,  &  fi  vnifeono  l'uno  con  l'altro  più 
facilmente.Et  in  fòmma  li  artefici  danno  in  quello  mo 
do  bellifsima  grazia,&  viuacità,&  gagliardezza  alle  fi- 
gure loro5tal'mente  che  fpeflò  ci  fanno  parere  di  rilie- 
\ioleloroflgurc;&  che  elle  efehino  de  la  tauola.  Et 
mafsimamente  quando  elle  fonocontinouate  di  buo- 
no di  fègno,con  inuenzione  &  bella  maniera.  Ma  per 
mettere  in  opera  quello  lauoro  fi  fi  cofi\  Quando  uo- 
gliono  cominciare  cio,ingefsato  che  hano  le  tauolc,  ò 
quadri  gli  radono,&datoui  di  dolcifsima  colla  quat- 
tro ò  cinque  mani,con  vna  fpugna,  vanno  poi  macina 
do  i  colon  con  olio  di  noce,o  di  Cerne  di  lino  (  benché 
il  noce  è  meglio  perche  ingialla  meno  )&cofi  macina 
ti  con  quefti  olii,che  e  la  tempera  loro,  non  bifora  al 
tro  quanto  a  efsi,che  difendergli  co'l  pennello. Ma  co 
tiiene  far  prima  vna  medica  di  colori  feccatiui  ,  come 
biacca^Giallolino  ,  Terre  da  campane  mefcolati  tutti 

L    iiì 


rJp» 


86  D   E      LA 

in  vrì'corpo  &  vn*  color  folo,&  quando  la  colla  e  Zec- 
ca impiantarla  fu  per  la  tauola  ;  il  che  molti  chiamano 
laìmprimatura.Seccata  poi  quella  medica  vaio  artefi- 
ce ò  calcando  il  cartone,ò  con  geffo  bianco  da  farti  di 
fegnando  quella  ;  &  con*  ne  primi  colori  Imbozzacene 
alcuni  chiamono  imporre.  Et  finita  di  coprire  tutta  ri- 
torna con  fomma  politezza  lo  artefice  da  capo  a.  finirla 
&qui  via Tarte,&  la diligenza,per  condurla  aperfez- 
zione&cofi  fanno  iMaeftriin  Tauola  a  olio  le  loro 
Pitture. 

Vehingere  k  olio  nel  muro  chefìaficco.     XX  IL 

QVando  gl'artefici  vogliono  lauorare  a  olio  in 
fui  muro  fecco,due  maniere  poffono  tenere:  vr 
.  na  con  fare  che  il  muro,  fé  vi  è  dato  fu  il  bia 
co ,  ò  a  frefeo  ,  ò  in  altro  modo,fi  rafchi;ò  fé  egli  e  re- 
ftato  lifeio  fenza  bianco,ma  intonacatoci  fi  dia  fu  due 
ò  tre  mane  di  olio  bollito  &  cotto;  continouando  di  ri 
daruelo  fu  ,fino  a  tanto  che  non  vogliapiu  bere;& 
poi  fecco  fi  gli  da  di  meftica,o  imprimatura  come  fi  dif 
Te  nel  capitolo  auanti  a  queiìo.Go  fatto  &  fecco,  pop 
fono  gli  artefici  calcare,ò  difegnare,&  tale  opera ,  co- 
me la  tauola,condurre  al  fine,  tenendo  mefcolato  con 
tinuo  nei  colori  vn  poco  di  vernice:  Perche  facendo 
quefto,non  accade  poi  vernicarla.  L'altro  modo  e',chc 
l'artefice  di  ftucco  di  marmo,&  di  matton  pedo  finit 
fimo  fa  vn  arriciato ,  che  fia  pulito  ;  &  lo  rade  co'l  ta- 
glio della  cazzuola,perche  il  muro  ne  retti  ruuido.  Ap- 
pretto gli  da  una  man  d'olio  di  feme  di  lino ,  &  poi  fa 
in  vna  pignatta  vna  miftura,di  pece  greca  et  mafticojet 
vernice  grofl"a;&  quella  bollita,  con  un  pennel'grouo 
fi  da  nel'  muro: poi  fidiftende  per  quello  con  vna  cal- 
atola da  murare,che  fia  di  fuoco .  Quefta  intafa  i  bu- 
chi dello  aricciatOi&  fa  vna  pelle  più  vnita  per  il  muro 


*** 


P  I  T  T     V  R  A.  87 

Et  poi  eli*  e*  fècca3fi  uà  dandole  d'imprimatura,ò  di  me 
ftica,&  fi  lauora  nel  modo  ordinano  dell'olio,  come  ab 
biamo  ragionato. 

Del 'dipingere  a  olìofo  le  tele*        Cap.     XX  111. 

GIÀ  huomini  per  potere  portare  le  pitture  di  paefè 
in  paefe ,  hanno  trouato  la  comodità  delle  tele  di 
pinte,Come  quelle  che  pefano  poco,&  auuolte,  fono 
ageuoli  a  traportarfi.Quefìe  à  olio,pcrch*  elle  Cimo  ar 
rendeuoli,fe  non  hanno  à  ftare  ferme  non  s  mgeflàno  i 
attefo  che  il  geffo  vi  crepa  fu  arrotolandole  5  però  Ci  fa 
vna  parta  di  farina  con  olio  di  noce,&  in  quello  fi  met- 
teno  due3ò  tre  macinate  di  biacca,&  quando  le  tele  ha 
no  hauto  tre  ò  quattro  mani  di  colla,che  fia  dolce,c'ab 
bia  palTato  da  vna  banda  à  l'altra ,  con  vn  coltello  Ci  da 
quefta  pafta,&  tutti  i  buchi  vengono  con  la  mano  dell* 
artefice  à  turarli .  Fatto  ciò  fé  li  da  vna  ò  due  mani  di 
colla  doIce3&  da  poi  la  meitica,ò  imprimatura3&  à  di 
pignerui  fopra  Ci  tiene  il  medefimo  modo  3  che  agl'altri 
di  fòpra  racemi. 

Del  dipingere  in  pietra  à  olio}  &  che  pietre  pano  bone 
Cap.     XX  111 I* 

P^Crefciuto  fèmprelo  animo  ai  nofrri  artefici  pitto 
|  /sfaccendo  che  il  colorito  à  olio,oltra  lo  hauerlo 
lauorato  in  muro,fi  pofìa  volendo  lauorare  ancora  Cu 
le  pietre.  Delle  quali  hanno  trouato  nella  Riuiera  di 
Genoua  quella  fpezie  di  ladre  che  noi  dicemmo  nella 
architettura,che  fono  attifsime  a  quefto  bifogno.  Per- 
che per  effer  ferrate  in  fé  et  per  auere  la  grana  gentile, 
pigliano  il  pulimento  piano  .  In  fu  quefte  hanno  di 
pinto  modernamente  quafi  infiniti  &  trouato  il  moda 
Vero  da  potere  lauorarui  fòpra.  Hanno  prouato  poi  le 
pietre  piufme%corae  mifchi  di  marmo3ferpentini ,  & 
! 


88 


DE       LA 


porfidi,&  altre  fimili,che  fendo  lifcie  &  brunite  ui  fi  a 
tacca  (opra  il  colore .  Ma  nel  vero  quando  la  pietra  fia 
ruuida,&  arida,molto  meglio  inzuppa,  &  piglia  l'olio 
bollito  &  il  colore  dentro,come  alcuni  piperni  gentili 
j  quali  quando  fiano  battuti  col  ferro  ,  &  non  arrenati 
con  rena,ò  faffo  di  Tufi,fi  poiTo  fpianare  con  la  mede- 
fima  mi(tura,che  difsi  nello  arricciato  con  quella  caz 
zuola  di  ferro  infocata.Percioche  à  tutte  quefte  pietre 
non  accade  dar' colla  in  principio;  ma  folo  vna  mano 
d'imprimatura  di  colore  a  olio,  ciò  e'  meftica ,  &  fecca 
che  ella  fia  fi  può  cominciare  il  lauoro  a  Tuo  piacimen- 
to. Et  chi  voleffe  fare  vna  ftoria  a  olio  fu  la  pietra,  può 
torre  di  quelle  laftre  Genouefi,&  farle  fare  quadre,  & 
fermarle  nel  muro  con  perni  fopra  vna  incroftatura  di 
ftucco,diftendendobene  la  meftica  in  fu  le  commetti- 
ture .  Di  maniera  che euenga  a farfi  per  tutto  unpia - 
no  di  che  grandezza  l'artefice  ha  bifogno.Et  quello  ,e 
il  vero  modo  di  còdurre  tali  opre  à  fine.&  finite  fi  può 
à  quelle  fare  ornamenti  di  pietre  fini,  di  mifti}&  d'altri 
marmi,  lequali  fi  rendono  durabili  in  infinito,j>ur  che 
con  diligenza  fiano  lauorate  &  poflbnfi  ,;&  no  fi  polio 
no  vernicare,come  altrui  piace,perche  la  pietra  no  prò 
fciuga,ciò  e',non  forbifce.quanto  fa  la  tauola,&  la  tela 

Del  dipingere  nelle  mura  dichiaro  et/curo  di  uarie  terrene >et 

tome  fi  contrafanno  le  cofe  di  Bronco  &  delle fùrie  di  terrei 

taper  archilo  per fefte,à  colla,che  è  chiamato  agua^ 

%j>,  &  a  tempera»  Cap*      X  XV» 

VOgliono  i  pittori  che  il  chiaro  fcuro  (la  una  for- 
ma di  pitura,che  tragga  più  a'1  difegno,che  a'1  co 
lonto,che  ciò  e',  llato  cauato  da  le  iìatue  di  marmo,co 
trafacendole,  cofi  da  le  figure  di  bronzo,  &  altre  vane 
pietre .  Et  quello  hanno  ufato  di  fare  nelle  faciate  dq 

palazzi 


P  I  T  T  V  R  A.  $9 

palazzi,  &cafe,  in  iftorie,  moftrando  che  quelle  fiano 
contrafatte,&  paino  di  marmo  3  òdi  pietra  con  quelle 
{ione  intagliate  ,o  veramente  contrafacendo'  quelle 
forti  di  fpecie  di  marmo  &  porfido  &  di  pietra  verde 
Se  granito  roflò  &  bigio  ò  bronzo  ò  altre  pictre,come 
per  loro  meglio3fifono  accommodatiin  più  fpartimen 
ti  di  quefta maniera , laqual' e,  oggi  molto  in  vfò per 
fare  le  facce  delle  cafe  &  de  palazzi5cofi  inRoma_,come 
per  tutta  Italia.Quefte  pitture  frlauorano  in  due  modi 
prima  in  frefco,che'  e',la  vera;  ò  intele  per  archi ,  oper 
fette  le  quali  fannobellifsimo  vedere.  Trattaremo  pri- 
ma de  la  fpecie  &  forte  del  fare  in  frefcojpoi  diremo  de 
l'altra.Di  quefta  forte  diterretta  fi  fanno  i  campi  con  la 
terra  da  fare  i  vafi^mefcolando  quella  con  carbone  ma 
cinato  ,  ò  altro  nero  per  far'  l'ombre  più  feurc  ;  &  bian 
co  di  treuertino  con  più  feuri  &  più  chiari  &  fi  lumeg 
giano  col  bianco  fchietto  &convltimo  neroavltimi 
kuri  finite  :  voglono  auere  tali  fpecie  fierezza \  dife 
gno3f  orza5viuackà5&  bella  manieray&  fffere  efprefTe 
•con  vna  gaglardezza  che  moftriarte,&nonftentoper 
che  fi  hanno  à  vedere  &  a  eonofeere  di  lontano  .   Et 
conquefte  ancora  s'imitano  le  di  bronzo  Je  quali  col 
campo  di  terra  gialla  &  rotto  >  sbozzano ,  &  coti  più 
'feuri  di  quello  nero  &  roflò  ;  &  giallo  fi  sfondano  & 
co  gì  allo  fchietto  fi  fanno  1  mezi  5  &  congiallo  .&bia*i 
co  fi  lumeggiano.Et  di  quefle  hanno  iPitton  le  faccia 
te&lefìorie  di  quelle  con  alcuneftatue  tramezate  ,. 
che  in  quefto  genere  hanno  gradifsima  grazia.Quelle 
poi  che  fi  fanno  per  archi,comedie,òfefte,i  fi  lauorano: 
che  la  tela  fia  data  di  terretta  cioè  di  quella  prima  terra 
•fernetta  da  far  vafi  ^temperata  con  colla ,  &  bifiogna 
che  effa  tela  fia  bagnata  di  dietro3mentre  lo  artefice  la 
*hpigne,a  ciò  che  con  quel  campo  di  Terretta  ,  vnifea 
meglio  li  fcun  &  i  chiari  della  opera  fua,Et  fi  coftum* 

M 


«0  D  E      L  A 

temperare  i  neri  di  quelle,  con  un'poco  di  tempera.  Et 
fi  adoperano  biacche  per  biancho;&  Minio  per  dar  ri* 
lieuo  alle  cofe  che  paiono  di  bronzo,&  Giallolino  per 
lumeggiare  (òpra  detto  minio .  Et  per  i  campi  &  per 
gli  fcuri ,  le  medefime  terre  gialle  &  rofle  ;  &  i  medefi 
mi  neri  che  io  difsi  nel  lauorare  a  frefco  i  quali  fanno 
mezi  &  ombre .  Ombrati  ancora  con  altri  diuerfi  co- 
lori, altre  forti  di  chiari  &  fcuri  ;  come  con  terra  d'om 
bra  alla  quale  fi  fa  la  terretta  di  uerdeterra  ;  &  gialla  & 
bianco;  umilmente  con  terra  nera,  che  è  un'altra  forte 
di  uerde  terra  &  nera,che  lo  chiamono  uerdaccio  . 

Ve  gli  Jgr Affiti  delle  afe  che  reggono  a  t  acqua  }  Qttcu1* 
■  che  fi  adoperi  a  fargli}  Et  come  fi  lavorino  le 
Grotte/che ,  nelle  Mura .      Caf>. 
XXV L 

HAnno  i  pittori  unaltra  fpecie  di  pittura  ;  ch'è,di 
fegno ,  &  pittura  infieme  &  quefto  fi  domanda 
rafhto  ,&  non  ferue  ad  altro,  che  per  ornamenti  di 
facciate  di  cafe  &  palazzi ,  che  più  breuemente  fi  con 
ducono  con  quefta  fpezie,  &  reggono  alle  acque  fie- 
ramente .  Perche  tutti  i  lineamenti ,  in  uece  di  eflere 
difeemati  con  carbone,o  con  altra  materia  fimile,fono 
tratteggiati  con  un'ferro  dalla  mano  del  Pittore.il  che 
fi  fa  in  quefta  maniera.Pigliano  la  calcina  mefcolata co 
la  rena  ordinariamente  ;  &  con  la  paglia  abbruciata  la 
tingono  dTuno  Tcuro ,  che  uenga  in  un  mezo  colore  , 
che  trae  in  argetino;&  uerfo  lo  feuro  un  poco  più  che 
tinta  di  mezo  &  con  quefta  intonicano  la  facciata.  Et 
fatto  cio,&  pulita  col  bianco  della  calce  dì  treuertino* 
la  imbiacano  tutta  &  imbiancata  ci  fpoluerono  fu  i  car 
toni:ò  uero  difegnano  quel  che  ci  uogliono  fare.Et  di 
poi  agrauàdo,cc3  ferro  uanno  dintornando,&  tratteg 


PITTVRA  91 

glandola  calce  ;  la  quale  eflendo  Cotto  di  corpo  nero, 
moftra  tuttn  graffi  del  ferro,  come  légni  di  difègno.Et 
fifuolene'campi  di  quegli  radere  il  bianco;&  poi  haue 
re  una  tinta  d' acquerello  fcurretto  molto  acquidofo  ; 
&  di  quello  dare  per  gli  fcuri  come  fi  deffeà  una  car- 
ta ;  il  che  di  lontano  ,  fa  un  bellifsimo  uedere;Ma  il 
campo  fé  ciè,grottefche  ò  fogliami,  fi  sbattimenta  ciò 
e  ombreggia  con  quello  acquarello.Et  quello  è  il  lauo 
ro  che  per  efière  dal  ferro  graffiato,rhanno  chiamato  i 
pittori  fgraffì to.Reftaci  ora  ragionare  de  legrottefche 
che  fi  fanno  fui  muro,  quelle  che  uannoin  campo 
bianco  non  ci  effendo  il  campo  di  iìucco,  per  non  elle 
re  bianca  la  calce  ;  fi  dà  loro  per  tutto  iòtilmete  il  cam 
pò  ,  di  bianco  :  &  fatto  ciò  fi  fpoluerano  ,  &  filauora- 
no  in  frefco,  di  colon  fodi  ;  perche  non  arebbono  mai 
la  grazia ,  ch'hanno  quelle,  che  fi  lauorano  fu  Io  {lue- 
co  :  Dì  quefta  fpezie  poffono  effere  grottefche  groffe, 
&  fattili,  le  quali  uengono  fatte  nel  medefimo  modo, 
xhe  fi  lauorano  le  figure  a  frefco,ò  in  muro* 

Come  fi  lavorino  legrottefche  filo  flucco* 
Capitolo .     XXVJ1* 

LE  grottefche  fono  una  fpecie  di  pittura  licenzio- 
fa,  &  ridicola  molto ,  fatte  dagl'antichi  per  orna- 
menti di  uani,doue  in  alcuni  luoghi  non  ftauabene  al 
tro  che  cofe  in  aria;  perilche  faceuano  m  quelle ,  tutte 
feonciature  di  monftri,per  ^rattezza  della  natura  ;  & 
per  gricciolo,  &ghiribizo  degli  artefici;  i  quali  fanno 
in  quelle,  cofe  fenza  alcuna  regola,  apiccando  à  vn  fot 
tihfsimo  filo  un  pefb,  che  non  fi  può  reggere,  a  un'ea- 
uallo  le  gambe  di  fogle,  a  un'huomo  le  gambe  di  gru; 
&  infiniti  fciarpelloni&pafìerotti  ;  Et  chi  più  iìrana- 
mente  fegliimmaginaua,  quello  era  tenuto  più  valen 
*e,furono  poi  regolate  &  per  fregi  &  fpartim  enti  fatto 

M      ii 


ol  D  E      LA 

bellifsimi  andari  ;  cofi  di  ftucchi  mefcolarono  quelle 
con  la  pittura .  Et  fi  inanzi  andò  quefta  pratica,  che  in 
Roma,  &  in  ogni  luogo ,  doue  ì  Romani  rifèdeuano  y 
uè  n'è  ancora  conferuato  qualche  ueftigio.  Et  nel  ue- 
ro  che  tocche  doro  &  intagliate  di  ftucchi ,  elle  fono 
opera  allegra,&  diletteuoleà  uedere.  Quefte  fi  lauora 
no  di  quattro  maniere  ;  che  l'ima  lauora  lo  ftucco 
fchietto;  L'altra  fa  gli  ornamenti  foli  di  ftucco,&  dipi 
ene  le  ftorie  ne'uani,  &  le  grottefohe  ne'fregi:  La  ter* 
za  fa  le  figure  parte  lauorate  di  ftucco,&  parte  dipinte 
di  bianco  &  nero, contrafacendo  Cammei  &  altre  pie 
tre .  Et  di  quella  fpezie  Grottefche  &  ftucchi ,  fé  ne 
wifto  &  uede  tante  opere  lauorate  da'moderni,  i  quali 
con  fomma  grazia  &  bellezza  hanno  adornato  le  fab- 
briche più  notabili  di  tutta  la  Italia  ;  che  gli  antichi  ri- 
mangono uinti,  di  grande  fpazio.  Et  la  ultima  lauora 
di  acquerello  in  fu  lo  ftucco,  campando  il  lume  con  ef 
fo  ;  &  ombrandolo  con  diuerfi  colori.  Di  tutte  quefte 
forti  ebe  fi  difendono  affai  da'l  Tempo  fé  ne  veggono 
delle  antiche  in  infiniti  luoghi  a  Roma,&  a  Pozzuolo 
uicino  àNapoh.  Et  ancora  quefta  ultimazióne  fi  può 
bemfsimo  lauorare  con  colori  fodi  à  frefeo  ;  &  fi  lafcia 
lo  ftucco  bianco  per  campo  a  tutte  quefte,  che  nel'ue- 
ro  banno  in  fc  bella  grazia  ;  &  fra  elle  fi  mefcolano  pa 
efi  che  molto  danno  loro  de  lo  allegro .    Cofi  ancora 
ftoriette  di  figure  piccole  colorite  .  Et  di  quefta  forte 
oggi  in  Italia  ne  fono  molti  maeftri,  che  ne  fanno  prò 
fefsione,  &in  effe  fono  eccellenti . 

Del  modo  del  mettere  (toro  a  bolo, & 'a  mordertela! 
tri  modi  -      Capitolo.      XXviU. 

FVueramente  bellifsimofegreto  ,&  inueftigatio- 
ne  fofiftica  il  trouar'modo,  che  l'oro  fi  battette  in 
fogli  fi  fottilment  e;  che  per  ogni  migliaio  di  pezzi  bat 


P   I   T    T    V    R    A.  m 

tmi,grancli  vno  ottauo  di  braccio  per  ogni  uerfo,  ba- 
flaiTe  fra  lo  artificio  &  l'oro  ,  il  ualore  foìo  di  lèi  feudi. 
Ma  non  fa  punto  meno  ingegnofa  cofa  ,  il  trouar'mo- 
<do,  a  poterlo  talmente  difendere  fopra  il  Geffo;  che  ii 
legno  o  daltro  afcoftoui  fotto ,  pai-effe  tutto  una  Ma£ 
fa  d'oro.Ilche  fi  fa  in  quefta  maniera.IngeiTafi  il  Legno 
congedo  fottilifsimo,impaftato  con  Scolla  più  torto 
dolce  che  cruda  :  Et  ui  fi  da  fopra  grofìò  più  mani,  fe- 
condo che  il  legno  è  lauorato  bene,o  male .    In  oltre 
con  la  chiara  dello  ouo  fchietta  sbattuta  fottilmente 
con  l'acqua  dentroui,  fi  tempera  il  bolo  armeno,  maci 
nato  ad  acqua  fottilifsimamcte  ;  Et  fi  fa  il  primo  acqui 
dofo,  o  uogliamo  dirlo  liquido  &  chiaro  :  &  l'altro  ap 
prefìo  più  corpulento  .  Poi  fi  da  con  effo  al  manco  tre 
uolte  fopra  il  lauoro,fino  che  e  lo  pigli  per  tutto  bene. 
Et  bagnando  di  mano  in  mano  con  un  pennello  doue 
e  dato  il  bolo,  ui  Ci  mette  fu  l'oro  in  foglia ,  il  quale  fu- 
bito fi  appicca  a  quel  molle.  Et  quando  egli  è  foppaflb, 
non  fecco-,  fi  brunifeeeon  una  zanna  di  cane ,  o  di  lu- 
po,finche  e'diuenti  lucrante  &  bello .    Dorafi  ancora 
in  un'altra  maniera  che  Ci  chiama  a  mordete,che  Ci  ado 
pera  ad  ogni  forte  di  cofe,pietre,Legni,  Tele,  Metalli 
d'ogni  fpezie ,  Drappi  &  Corami  ;  Et  non  Ci  brunifce 
come  quel  primo .  Quello  Mordente,  che  è  la  maefìra 
che  lo  tiene  fi  Cà  di  colori  feccaticci  à  olio  di  nari  e  for- 
ti, &  di  olio  cotto  con  la  uernice  dentroui;  Et  dafsi  m 
fu  il  legno  che  ha  auuto  prima  due  mani  di  colla  .    Et 
poi  che  il  mordente  e  dato,  cofi,  non  mentre  che  egli  è 
frefeo,  ma  mezo  fecco,  ui  fi  mette  fu  l'oro  in  foglie . 
Il  medefimo  fi  può  fare  ancora  conl'orminiaco,quan- 
do  s'ha  fretta;  attefo  che  mentre  Ci  da  è,  buono, Et  que 
ftoferue  più  à  fare  felle,  arabefehi,  &  altri  ornamenti. 
Et  fé  ne  macina  ancora  di  quefti  fogli  in  una  tazza  di 
uetro  con  un'poco  di  mele,  &  di  gomma  ;  che  feruei 

M     ìii 


9+  D    E       L   A 

miniatori,  &  infiniti,  che  col  pennello  fi  dilettano  fi 
re  proffiti,&  fotilifsimi  lumi  nelle  pitture.Et  tutu  quc 
fti  fono  bellifsimi  fegreti  ,  ma  per  la  copia  di  efsi ,  non 
fé  ne  tiene  molto  conto . 
VelMufiico  de'uetrii  Età  quello  cheficonofce  il  buono 
^Lodato      -Cap-     XXV1UL 

ESfendo  affai  largamente  detto  di  fopra  nel  vi.Cap. 
che  cofa  fia  il  Mufaico,  &  come  e*  fi  faccia  j  conti- 
nuandone qui,  quel  tanto  che  e  propio  della  Pit- 
tura diciamo,Che  egli  è  maeflria  ueramente  grandifsi 
ma,  condurre  i  fuoi  pezzi  cotanto  vniti,  che  egli  appa 
rifca  di  lontano  ,  per  onorata  pittura  &  "bella.  Attefò 
che  in  quefta  fpezie  dilauoro  bifogna  &  pratica  &giu 
dizio  grande,  con  una  profondifsima  intelligenzianel 
la  arte  del  difegno.perche  chi  ofufca  ne  difegni  il  mu- 
fàico ,conlacopia&  abbondanza  delle  troppe  figure 
nelle  iftorie;con  le  molte  minuterie de'pezzik  confon 
de.  Et  però  bifogna  ch'il  difegno  de  cartoni,  che  per 
effo  fi  fannoifia  aperto,largho,  facile,  chiaro  &  di  bon 
tà  ,  &  bella  maniera  continuato,  Et  chi  intende  nel  di 
fcano  la  forza  degli  sbattimenti,  &  del  dare  pochi  lu- 
mf,&  affai  fcuri;  con  fare  in  quegli  certe  piazze  ò  cam 
pi,  Coftui  fopra  di  ogni  alto,  lo  farà  bello  &  bene  ordì 
nato .  Vuole  auere  il  mufaico  lodato,chia rezza  in  fé; 
con  certa  vnitafcurita  uer'fò  femore  ;.&  vuole  elTerc 
fatto  con  grandifsima  difcrezione ,  T ochio  lontano 
acio  cheloilimipittura,&n6tarfiacommefTa.Laon 
de'  i  mufaici,che  aranno  -quelle  partiranno  buoni  , 
&  lodati  da  ciafcheduno  &  certo  e'chel  mufaico  eia 
più  durabile  pittura  che  fia  ;  Imperò  che  l'altra  col  tem 
pò  fi  fpegne-,&  quefta  nello  lìare  fatto  di  continuo  s'ac 
tende  :  Et  in  oltre  la  Pittura  manca  &  fi  confuma  per 
fé  medefima;  Oueil  Mufaico  per  la  fua  lunghifsima  a* 


P1TTVRA 


95 


ta,  fi  può  quafi  ch?amare5eterno .  Per  ilche  fcorgiamo 
noi  in  effo,.  non  Colo  la  perfezione  de'Maeftri  uecchi; 
ma  quella  ancora  degli  antichi  mediante  quelle  opere, 
che  oggi  fi  riconofeono  della  età  loro  .  Preparafi  adun 
que  i  pezzi  da  farlo;  in  quefta  maniera .  Quando  le  for 
mei  de'uetri  fono  diipofte,  &  le  padelle  piene  di  uetro 
fé  li  uanno  dando  i  colori,a  ciafeuna  padella  il  fuo:  Ad 
uertendo  Tempre,  che  da  un'ehiaro  bianco  che  ha  cor- 
po, &  none  trafparente  :  fi  conduchinoipiu  feuri  di 
mano  in  mano;  in  quella  fleffa  guifa, che  fi  fanno  le  me 
diche dc'colori , per dipignere ordinariamente.  Ap- 
pretto quando  il  vetro  è  cotto  &  bene  ftagionato ,  & 
le  mediche  fono  condotte  &  chiare  &  feure  &  d' ogni 
ragionerò  certe  cucchiaie  lunghe  di  fèrro  Ci  cauaifue 
tro  caldo.  Et  fi  mette  in  fu  uno  marmo  pi  ano,&  {opra 
con  uno  altro  pezzo  di  marmo  fi  fchiaccia  pari .  &  Ce 
ne  fanno  rotelle,  che  uenghino  ugualmente  piane  ;  oc 
reftino  di  groflèzza  la  terza  parte  dell'  altezza  di  un'di 
to.'Se  ne  fa  poi  con  una  bocca  di  canedt  ferro  pezzetti 
quadri  taglati:&  altri  col'ferro  caldo  lo  fpezzano  inerì 
nandolo  à  loro  modo.I  medefimi  pezzi  diuentano  lun 
ghi,  &  con  uno  fmerigho  lo  tagliano;il  fimile  fanno  di 
tutti  i  uetri  che  hanno  di  bifogno,  Et  fé  n'empiono  le 
fcatole,&  Ci  tengono  ordinati,come  Ci  fa  i  colori  quan 
do  G  vuole  lauorare  a  frefeo  ,  che  in  uarii  fcodelhni  Ci 
tienefeparatamentelameitica  delle  tinte  più  chiare  & 
più  feure  per  lauorare.  Ecci  un'altra  fpecie  di  uetro, 
che  fi  adopra  per  lo  campo,  &  per  i  lumi  de  panni,che 
fi  mette  doro.-quefto  quando  lo  voglanodorare,piglio 
no  quelle  piaftre  di  uetro,ch'hano  fatto;  &  con  acqua 
di  gomma  bagnano  tutta  la  piafìra  del  uetro;  &  poi  vi 
mettono  fopra  i  pezzi  d'oro. Fatto  ciò  mettono  la  pia- 
ftra  fu  vna  pala  di  ferro ,  &  quella  nella  bocca  della  for 
nace.  coperta  prima  con  vnuetro  lottile,  tutta  la  pia- 


rjó  D  E      L  A 

ftm  di  vetro  che  hanno  metti  d'oro  & 'fanno  quelli  co 
peréti ,  o  di  bocce ,  ò  modo  di  fiatóni  fpezati ,  di  ma- 
niera che  un  pezzo  cuopra  tutta  la  piaftra  ;  Et  lo  ten- 
dono tanto  nel'fuoco  che  vien'  quafi  rofìo ,  Et  in  vn 
tratto  cauandole,  l'oro  uiene  con  vna  prefa  mirabile  a 
imprimerli  nel  vetro  &  fermarli  ;  &  regge  alle  acque, 
&  a  ogni  tempeftajPoi  quefto  fi  taglia  &  ordina  come 
l'akro'di  (opra,  Et  per  fermarlo  nel  muro  vfano  di  fare 
il  cartone  colorito  :  alcuni  altri  fenza  colore;  il  quale 
cartone   calcano  ,  o  fognano  a  pezzo  a  pezzo  in  fu  lo 
ftucco  ;  &  di  poi  vanno  commettendo  appoco  appoco 
quanto  vogliono  fare  nel  mufaico.  Quefto  ftucco  per 
elTer  pofto  groflb  in  fu  la  opera  gli  afpetta  duoi  di,  & 
quattro  fecondo  la  qualità  del  Tempo  ;  Et  fifsi  di  tre 
uertino  di  calce  &  mattone  pefto,  Draganti,&  chiara 
di  (ioiio  j  il  quale  tengono  molle  continuo  con  pezze 
ba^nate.cofi  pezzo  per  pezzo  taglano  i  cartoni  nel  mu 
ro^  &  lo  difcgnano  fu  lo  ftucco  calcandolo^  che  poi 
con  certe  mollette  fi  pigliano  i  pezzetti  degli  imaltr/& 
fi  commettono  nello  ftucco,  &  fi  lumeggiano  i  lumi;, 
&  dafsi  mezi  a  mezi,&  feuri  a  gli  feurkeontrafacendo 
l'ombre,  1  lumi,  &  i  mezi  minutamente,come  nel  car> 
tone;  &  cofi  lauorando  con  diligenzia  fi  conduce  apo 
co  a  poco  a  la  perfezzione.  Et  chi  più  lo  conduce  vni- 
to ,  fi  che  e'torni  pulito  &  piano;  colui  e  più  degno  di 
loda  ,  &  tenuto  da  più  degli  altri.  Impero  fono  alcuni 
tanto  diligenti  al  mufaico,  che  lo  conducono  di  ma- 
niera che  egli  apparifee  pintura  a  (refeo.  Quefto  fatto 
la  prefa ,  indura  talmente  il  vetro  nello  ftucco;  che  du 
ra  in  infinito  ;  come  ne  fanno  fede  i  mufaici  antichi , 
che  fono  in  Roma ,  &  quelli  che  fono  uechi  ;  &  anco 
nell'una,&  nell'altra  parte  i  moderni  a  i  di  noftri. n'han- 
no fatto  del'  marauigliofo  ► 

De  le 


PITtVRA.'  97 

Deletjlorte  &*  de  le  figure,  che  fi  fanno  dìcommejfì 
ne  Pauimetiti,  ad imitacene  delle  cofe  di  ehm 
ro&fcuro.     Caj>.     XXX. 

HAnno  aggiunto  i  noflri  moderni  maeftri  al  mti- 
faico  di  pezzi  piccioli  vnaltra  fpecie  di  mufàici 
di  marmi  commefsi,  che  contrafanno  le  ftorie  dipinte 
di  chiaro  fcuro,E  quefto  ha  caufàto  il  defìderio  arden 
tifsimo  di  volere.che  e 'retti  nel  Mondo  a  chi  uerrà  do- 
po fé  pure  fifpegneffero  le  altre  fpezie  della  Pittura  ; 
vn'lume  che  tenga  accefà  la  memoria  delittori  moder 
ni  ;  &  con*  hanno  contrafatto  con  mirahile  magifterio 
ftorie  grandissime,  che  non  folo  fène  potrebbe  mette- 
re ne'pauimenti,doue  fi  camina  ;  Ma  incroftarne  anco 
ra  le  facce  delle  muraglie,  &  di  palazzi,  con  arte  tanto 
bella  &  marauigliofa  che  pericolo  non  farebbe  ch'el 
tempo  confumaffe  il  difegno  di  coloro,che  fono  rari 
in  quefta  profefsione.Come  fi  può  vedere  nel  Duomo 
di  Siena  cominciato  prima  da  Duccio  Sanefe,  &poi 
da  Domenico  Beccafumi  à  di  noflri  &  feguito,  &  au- 
gumentato .  Quefta  arte  ha  tanto  del  buono,del  nuo- 
uo,  &  del  durabile;  che  per  pittura  commeffa  di  bian- 
co ,  &nero  poco  pmfìpuote  defìderare  di  bontà  & 
di  bellezza .  II  componimento  fuo  fi  fa  di  tre  fòrte  mar 
mi,che  vengono  dementi  di  Carrara  :  L'uno  de'quali 
è  bianco  fìnifsimo ,  &  candido  :  l'altro  non  e  bianco  , 
ma  pende  in  huido,  che  fa  mezo  à  quel'bianeo,  &  il  ter 
zo  è  vn'marmo  bigio  di  tinta,che  trahe  in  argentino  ; 
che  ferue  per  ifeuro.  Di  quelli  volendo  fare  vna  figu- 
rale ne  fa  vn'eartonedi  chiaro  &  fcuro,con  le  medefì 
me  tinte:  &  ciò  fatta,per  i  dintorni  di  que'mezi  &  few 
ri,  &  chiari  à  luoghi  loro  :  fi  commette  nel  mezo  con 
diligenza  il  lume,  di  quel  marmo  candido :&cofìi 
mezij  &  gli  feuri  allato  a  qu e  mezi,  fecondo  1  dintorni 

N 


^8  DE      LA 

ftefsi  che  nel  cartone  ha  fatto  l'artefice.  Et  quando  ciò 
hanno  commeifo  in  fieme ,  &  fpianato  difopra  tutti  i 
pezzi  de  marmi ,  cofi  chiari  come  fcuri  ,  &  come  me- 
zi  ;  pigia  lo  artefice,  che  ha  fatto  il  cartone  vn'pennel- 
lodt  nero  temperato,  quando  tutta  l'opra  e  in  fieme 
comincila  in  terrai  &  tutta  fui  marmo  la  tratteggia, & 
proffila ,  doue  fono  gli  fcuri ,  a  guifa  che  fi  contorna, 
tratteggia,  &  proffila  co  la  penna  una  carta,che  aueffe 
difegnata  di  chiaro  o  (curo.Fatto  ciò  lo  fcultore  viene 
incauando  coi  ferri ,  tutti  quei  tratti  &  proffili ,  che  il 
pittore  ha  fatti,  &  tutta  l'opra  incaua,  douunque  ha 
difegnato^dinero  il  pennello.  Finito  quefto  fi  murano 
nei  piani  a  pezzi,  a  pezzi,&  finito  con  vnamiftura  di 
pegola  nera  bollita  o  asfalto  &nero  di  terra,  fi  riem- 
piono tutti  gli  incaui  che  ha  fatti  lo  (carpello  ;  Et  poi 
che  la  materia  è  fredda  &  ha  fatto  prefa ,  con  pezzi  di 
Tufo ,  vanno  leuando  &  confumando  ciò  che  Copra 
auanza;  &  con  rena  mattoni  &  acqua  fi  uà  arrotando 
&  fpianando,  tanto  che  il  tutto  relìi  ad  vn'piano,  cioè 
il  marmo  (teiTo,  &  il  ripieno .  Ilche  fatto,  retta  l'opera 
in  vna  maniera,che  ella  pare  veramente  Pittura  in  pia 
no .  Et  ha  in  fé  grandifsima  forza  con  arte  &  con  ma- 
eftria. Laonde  e  ella  molto  uenuta  in  vfo  per  la  fua  bel 
lezza:  Et  ha  caufàto  ancoraché  molti  pauimenti  di 
ftanze  oggi  fi  fanno  di  mattoni,  che  fianovna  parte 
di  terra  bianca  Jcio  e,  di  quella  chetine  in  aznrnno, 
quando  ella  è  frefea,  &  cotta  diuenta  bianca;  &  l'altra 
della  ordinaria  da  fare  mattoni,  che  viene  roffa  quan- 
do ella  e  cotta.  Di  quefte  due  forti ,  fi  fono  fatti  paui- 
menti commefsi  di  varie  maniere  a  fpartimenti  come 
ne  fanno  fede  le  fale  papali  à  Roma  al  tempo  di  Raffa- 
ello da  Vrbino;  &  ora  vltimamente  molte  ftanze  in  ca 
ftello  Santo  Agnolo,  doue  fi  fono  con  i  medefimi  mat 
toni  fatte  imprefe  di  gigli,  commefsi  di  pezzi ,  che  di- 


PITTVRA  90 

moflrano  l'arme  di  Papa  Paulo  ;  &  molte  altre  impre- 
se, con  tanta  diligenzia  commifTe  che  più  di  bello  non 
fi  può  desiderare  in  tale  magifterio..  Et  di  tutte  quelle 
cofe  cominelle  fu  cagione  il  primo  mufàico* 

EelMufaico  di  legnamelo  è  de  le  Tarfìe:  Et  de  le  jfìorie  che 

/ì  fanno  di  legni  tinti  &  commeJsìta  gwfadi 

Pitture,     Capìtolo.      XXXb 

Q Vanto  fia  facil  cofa  lo  aggiugnere  alle  inuenzio 
ni  de'paffati  qualche  nuouo  trouato  fèmpre  ; 
Wj^  affai  chiaro  ce  lo  dimoflra  non  folo  il  pre- 
detto commefTode'pauimenti  che  fenza dubbio  viene 
dal  Mufaico:  Ma  le  fleiTe  Tarile  ancora5&  le  figure  di 
tante  varie  cofe,che  a  fimilitudine  pur  del  Mufaico  & 
della  pittura,  fono  fiate  fatte  da'noftri  vecchi  di  picco- 
li pezzetti  di  legno,commefsi  &  vniti  in  fìeme  nelle  ta 
uole  del  noce  &  colorati  diuerfamente;Ilehe  i  moder- 
ni chiamano  lauoro  di  commefiò,benche  a' vecchi  fof 
fé  Tarfia.Le  miglior'cofe  che  in  quella  fpezie  già  fi  fa- 
ceffero,  furono  in  Firenze  ne'tempi  di  Filippo  difèr 
Brunellefco  :  &  poi  di  Benedetto  da  Maiano.  Il  quale 
nientedimanco  giudicandole  cofà  difutile, fi leuò in 
tutto  da  quelle,  come  nella  vita  fua  fi  dirà.  Coftui  co- 
me gli  altri  patìati  lelauorò  fblamente  di  nero  &di 
bianco:  Ma  fra  Giouanni  Veronefè,che  in  effe  fece 
gran'frutto,,  largamente  le  migliorò;  dando  varii  colo 
ri  a  legni,  con  acque  &  tinte  bollite ,  &  con  olii  pene- 
tratiui;  per  auere  di  legname  i  chiari  &  gli  fcuri,uaria 
ti  diuerfamente ,  come  nella  arte  della  Pittura  :  Et  lu- 
meggiando con  bianchifsimo  legno  di  Silio  fòttilmen 
tele  colè  fue .    Quefìo  lauoro  ebbe  origine  primiera- 
mente nelle  profpettiuc  :  Per  che  quelle  aueuano  ter- 
mine di  canti  viui  che  commettendo  infieme  i  pezzi 
faceuano  il  profilo;  &  pareua  tutto  d'un  pezzo  il  pia- 

N    ii 


100 


DE      LA 


no  del'opera  loro,  fé  bene  e  foffe  fiat  o  di  più  di  mille  • 
Lauorarono  pero  di  quefto  gli  antichi  ancora  nelle  in 
cromature  delle  pietre  fini,come  apertamele  fi  vede  nel 
portico  di  fan  Pietro,doue  e  vna  gabbia  con  vno  vcel 
lo  invn  campo  di  porfido,  &  d'altre  pietre  diuerfè, 
commeflfe  in  quello  con  tutto  il  refto  degli  ftaggi  & 
delle  altre  cofe .  Ma  per  effere  il  legno  più  facile ,  & 
molto  più  dolce  a  quefto  lauoro  ;  hanno  potuto  i  Ma- 
cftri  noftrilauorarne  piuabbondantemente&  in  quel 
modo  che  hanno  voluto .    Vfarono  già  per  far  l'om- 
bre, abbronzarle  co'l  fuoco  da  vna  banda  :  ilche  bene 
imitaua  l'ombra  :  Ma  gli  altri  hanno  vfato  di  poi  olio 
di  zolfo,  &  acque  di  folimati  &di  arfenichi ,  con  le 
quali  cofe  hanno  dato  quelle  tinture ,  che  eglino  ftefsi 
hanno  voluto;Come  fi  vede  nel'opre  di  fra  Damiano, 
in  fan  Domenico  di  Bologna.Et  perche  tale  profefsio 
ne  confifte  folo  ne  difegni,  che  fiano  atti  à  tale  eferci- 
zio,pieni  di  cafàmenti,&  di  cofe  ch'abbino  i  lin eamen 
ti  quadrati  ;  &  Ci  polla  per  via  di  chiari,&  di  fcuri  dare 
loro  forza,  &  rilieuo  ;  hannolo  fatto  fempre  perfone , 
che  hanno  auto  più  pazienzia;che  difegno .  Et  cofi  s'è 
caufato,  che  molte  opere  vi  fi  fono  fatte  .Et  Ci  fono  in 
quefla  profefsione  lauorate  ftorie  di  figure  ,  frutti ,  & 
animali: che  in  vero  alcune  cofèfòno  viuifsime;ma 
per  effere  cofe,  che  tofto  diuenta  nera  ;  &  non  contra 
fa  fé  non  la  pittura  :  fendo  da  meno  di  quella,  &  poco 
durabile  per i tarli, Se  perii  fuoco, e  tenuto  tempo 
buttato  in  uano,  ancora  che  e'fiapure  &  lodeuole  & 
maeftreuole. 

Del  dipignere  le  Fine/Ire  dì  uetroi  Et  come  eUeficonduchìm 
co  Piombi  &*  co  ferri  da/òttenerle,fenz£  impe 
dimento  delle  figure.      Capitolo* 
XX  XII. 


PITTVRA.  IO! 

^"^Oftumarono  già  gli  antichi,  ma  per  gli  huomin* 
\.  grandi  o  almeno  di  qualche  importanza;  di  ferra 
relè  flneftre in  modo,  che fenza  impedire  il lumemon 
vi  entraflero  i  uenti  o  il  freddo  :  Et  quefto  folamente 
ne'bagni  loro,  ne'fudatoi,nelle  ftufe,  &  negli  altri  luo 
ghi  riporti .  Chiudendo  le  aperture,  o  vani  di  qu  elle 
con  alcune  pietre  trafparenti,  come  fono  le  Agate,  gli 
Alabaftri,  &  alcuni  marmi  tenere ,  che  fono  mifchi,  o 
che  traggono  a'1  Gialliccio.  Ma  i  moderni  che  in  mol- 
to  maggior  copia  hanno  auuto  le  fornaci  de'vetri;han 
no  fatto  le  flneftre  di  vetro ,  di  occhi  &  di  piaftre;  à  fi- 
militudine  od  imitazione  di  quelle  che  gli  antichi  fece 
ro  di  pietra .  Et  con  i  piombi  accanatati  da  ogni  ban- 
da, le  hanno  infieme  ferrate  &  ferme;  &  ad  alcuni  fer- 
ri, mefsi  nelle  muraglie  a  quefto  propofito,o  veramen 
te  ne' tali  di  legno,  le  hanno  armate  &  ferrate  come  di-  tefeix 
remo.  Et  doue  elle  fi  faceuano  nel  principio  fèmplice 
mente  di  occhi  bianchi  &  con  angoli  bianchi ,  o  pur' 
colorati;  hanno  poi  imaginato  gli  artefici  ,  fare  vn'mu 
fàicodele  figure  di  quelli  vetri,  dinerfamente  colora 
ti;  &  commefsi  ad  vfo  di  pittura.Et  talmente  fi  è  aflbt 
tigliato  lo  ingegno  in  ciòcche  e'fi  vede  oggi  condotta 
quella  arte  delle  fineftre  di  vetro  a  quella  perfezzione 
che  nelle  tauole  Ci  conducono  le  belle  pitture,vnite  di 
colori ,  &  pulitamente  dipinte  ;  Si  come  nella  vita  di 
G uglielmo  da  Marzilla  Franzefè ,  largamente'dimo- 
flrerremmo  .  Di  quella  arte  hanno  lauorato  meglio  i 
Fiaminghi,e  i  Franzefi,  che  l'altre  nazioni-.Attefo  che 
eglino  come  inuelligatori  delle  cofe  del  fuoco,  &  de 
colon  hanno  ridotto  a  cuocere  a  fuoco  i  colori  che  fi 
pongono  in  fui  uetro;  A  cagione  che  il  vento,  YAiia9 
&  la  Pioggia,non  le  offenda  in  maniera  alcuna. Doue 
già  coflumauano  dipigner  quelle  di  colori  velati  con 
gomme  &  altre  tempere  3  che  co'l  Tempo  le  faccua 

N     lii 


101 


DE       LA 


fuggire  il  Tempo:  Et  i  ventale  nebbie,&  l'acque  fé  le 
portauano  di  maniera,  che  altro  non  vi  reftaua  3  che  il 
femplice  colore  del  vetro.  Ma  nella  età  prefente  veg- 
o-iamo  noi  condotta  quella  arte  a  quel  fommo  grado , 
oltra  il  quale  non  fi  può  appena  defiderare  perfezzio- 
ne  alcuna,di  finezza,di  bellezza  &  di  ogni  particulari 
tà,  che  a  quefto  polla  feruire  :  con  vna  delicata  &  fom 
ma  vaghezza ,  non  meno  falutifera ,  per  afsicurare  le 
frante  da'venti  &  da  le  arie  cattiuejche  vtile  &  corno 
da,  per  la  luce  chiara  &  fpedita,  che  per  quella  ci  fi  ap- 
prefenta .  Vero  e  che  per  condurle  che  elle  fiano  tali  5 
bifognano  primieramente  tre  cofe,  cioè  vna  luminofa 
trafparenza  ne'vetri  fcelti;Vnbellifsimo  componimene 
to,  di  ciò  che  vi  fi  lauora  ;  &  vn'colorito  aperto  fenza 
alcuna  confufione  .  La  Trafparenza  confitte  nel  faper 
fare  elezzione  di  vetri  che  frano  lucidi  per  fé  ftefsi:  Et 
in  ciò,  meglio  fono  i  Franzefi,o  Fiaminghi  che  e  fi  fia 
no",  che  i  Vcniziani:  perche  i  Fiaminghi  fono  molto- 
thiari,&  iVj*niziani  molto  carichi  di  colore. Etquegli 
cWiWdifari ,  adombrandoli  di  feuro ,  non  perdono- 
il  lume  del  tutto ,  tale  che  e  non  trafpaino  nelle  om- 
bre loro;  Ma  i  Veniziani  eiTendo  di  loro  natura  feuri,, 
&  ofcurandoli  di  più  con  l'ombre,perdono  in  tutto  la 
trafparenza:  Et  Ancora  che  molti  fi  dilettino  di  auer- 
cli  carichi  di  colorivartifiziatamente  foprapoftiui,  che 
sbattuti  da  l'aria  &  da  fole  mofìrano  non  so  che  di  bel 
lo  più  che  non  fanno  i  colori  naturali;  Meglio  e  nondi 
meno  auere  i  vetri  di  loro  natura  chiari ,  che  feuri  ;  a 
ciò  che  da  la  groffezza  del  colore  no  rimanghino  oflfu 
fcati .  A  condurre  quefta  opera,bifogna  auere  vn'Car 
tone  difegnato  con  proffìli,doue  fiano  i  contorni  del- 
le pieghe  de'panni  &  delle  figure  ;  i  quali  dimoftrino 
doue  fi  hanno  a  commetere  i  vetri  :  Di  poi  fi  pigliano 
j  pezzi  de'uetn,  rofsi ,  gialli  3  azurri ,  &  bianchi  :  &  fi 


PITTVRA 


I05 


fcompartifcono  fecondo  il  difegno  per  panni  ,  o  per 
carnagioni ,  come  ricerca  il  bifogno ,    Et  per  ridurre 
ciafcuna  piatirà di efsi  vetri  ale mifure  difègnate  fò- 
pra  il  cartone,*!  fegnano  detti  pezzi  in  dette  piatire  pò 
fate  fòpra  il  detto  cartone,  con  vn  pennello  di  biacca  : 
Et  a  ciafcuno  pezzo  fi  aflfegna  il  Tuo  numero,per  ritro 
uargli  più  facilmente  nel  comettergli  ;  i  quali  numeri 
finita  l'opera,  fi  (cancellano.  Fatto  quefto ,  per  tagliar 
li  a  mifura ,  fi  piglia  vn  ferro  appuntato  affocato,  con 
la  punta  del  quale  auendo  prima  con  vna  punta  di  fine 
riglio  intaccata  alquanto  la  prima  fu  perfide  doue  fi 
vuole  commciare,&  con  vn  poco  di  fputo  bagnatoui 
fi  va  con  elfo  ferro  lungo  que'dintorni  ma  alquanto  di 
feofto  ;  Et  a  poco  a  poco  raouendo  il  predetto  ferro  il 
vetro  fi  inclina,^  fi  fpicca  da  la  piatirà.  Dipoi,con  vna 
punta  di  fmenglio  Ci  va'rinettando  detti  pezzi,&  leua 
done  il  fuperfluo;Et  con  vn  ferro  che  e'cliiamano  Gri 
fatoio,  o  uero  Topo,fi  vanno  rodendo  i  dintorni  dife 
gnati,Tale  che'uenghino  giudi  da  potergli  commette 
re  per  tutto .  Cofi  dunque  commefsi  i  pezzi  di  vetro  j 
in  fu  vna  tauola  piana  fi  difendono  fòpra  il  Cartone, 
&  fi  comincia  àdipignere  peri  panni  l'ombra  di  que- 
gli, laquale  vuol'eiìere  di  fcaglia  di  ferro  macinata,  & 
d'un'altra ruggme^h'alle  caue  dil  ferro  fi  troua,la  qua 
le  è,  rotta,  &  con  quella  fi  ombrano  le  carni,  cangian- 
do quelle  co'l  nero.&  roffo,fecondo  che  fa  bifogno  . 
Ma  prima  è  necelfario  alle  carni  velare  con  queì'rofìo 
tutti  1  vetri,&  con  quel'nero  fare  il  medefimo  a  panni, 
con  temperarli  con  la  gomma  a  poco  a  poco  dipignen 
doli,&  ombrandoli  come  Ita  il  cartone.  Etappreffo, 
dipinti  che  e'  fono ,  volendoli  dare  lumi  fieri  fi  ha  vn* 
pennello  di  fetolecorto,&fottile,&  con  quello  fi  graf 
fiano  i  vetri  in  fu  il  lume,  &  leuafi  di  quel  panno ,  che 
aueua  dato  per  tutto  il  primo  colore;  Et  con  Micci* 


104  d  E     l  a 

la  del  pennella  fi  va  lumeggiando  i  capegli  &  le  barbe» 
&  i  panni  &  i  cafamenti  &  paefi  come  tu  vuoi .  Sono 
però  in  quella  opera  molte  difficultà,&  chi  Te  ne  dilet 
ta  può  mettere  varii  colori  fui  vetro ,  perche  fegnan- 
do  fu  vn  colore  rodo, vn' fogli am e; ò  cofa  minuta, vo- 
lendole a  fuoco  venga  colorito  d'altro  colore  fi  può 
fquagliare  quel'uetro  quanto  tiene  il  fogliame,  con  la 
punta  dWferro,che  leui  la  prima  fraglia  dil  uetro  ciò 
è,  il  primo  fuolo,  &  non  la  pafsi,perche  faccendo  cofi, 
rimane  il  vetro  di  color  bianco,  &  fé  egli  da  poi  quel 
rotto  fatto  di  più  mifture,che  nel  cuocere  mediante  Io 
{correre, diuenta  giallo.  Et  quefto  fi  può  fare  fu  tutti  i 
colori,  ma  il  giallo  meglio  riefee  ful'bianco,  che  in  al- 
tri colori,fu  lo  azurro  à  campirlo  diuien'uerdenel  cuo 
cerlo,perche  il  giallo  &  lo  azurro  mefcolati/anno  co- 
lor verde.  Quefto  giallo  non  fi  da  mai  fé  non  dietro, 
doue  non  è,  dipinto,perche  mefcolandofi,  feorrendo 
«maftarebbe ,  &  fi  mefcolarebbe1,  con  quello ,  il  quale 
cotto  rimane  fopra  groffo  il  roflb,che  rafebiato  via  co 
vn'ferro  ,  vi  lafcia  Giallo,  Dipinti  che  fono  i  vetri,vo 
gliono  efler'mefsi  in  vna  teghia  di  ferro  con  vn  fuolo 
di  cennere  ftacciata,&  calcina  cotta  mefcolata:&a  fuo 
lo,  à  fuolo  i  vetri  parimente  diftefi ,  &  ricoperti  dalla 
cenere  iftefTa;  poipoftineP  fornello, il  quale à fuoco 
lento  à  poco  à  poco  rifcaldati,  venga  à  infocarfi  la  cen 
nere,  ei  vetri,  perche  i  colóri  che  vi  fono  fu  infocati , 
in  rugginirono,  &  feorrono,  &  fanno  la  prefa  fui  ve 
tro.  Et  a  quefto  cuocere  bifogna  ufare  grandifsima  di 
ligen2a,percheil  troppo  fuoco  violento,li  farebbe  ere 
pare;  &  il  poco  non  li  cocerebbe.Ne  fi  debbono  caua- 
re  finche  la  padella ,  o  tegghia  doue  e  fono  non  fi  ve- 
de tutta  di  fuoco:&  la  cennere  con  alcuni  faggi  fopra, 
che  fi  ve^ga  quando  il  colore  è  feorfò  fatto  ciò,  fi  but 
tano  i  piombi  in  certe  forme  di  pietraio  di  ferro,!  qua 

li  hanno 


P  I  T  T  V  R  A. 


!0f 


li  nano  due  canali  ciò  e  da  ogni  latovnodentroalc.ua 
Je  fi  commette  &  /erra  il  vetro  :  Et  fi  piallano,  &  diriz 
fcano,  &  poi ,  fu  vna  tauola  fi  conficcano  ,  &  à  pezzo 
per  pezzo  s'impiomba  tutta  l'opera  in  più  quadri;  Se  (i 
faldano  tutte  le  commettiture  de'  piombi  con  faldatoi 
di  ftagno;  &  in  alcune  trauerfè  ,  doue  vanno  i"  ferri ,  fi 
inette  fili  di  rameimpiombatijacciochepoisinoreg^e 
re.,&  legare  l'opra  :  la  quale  s'arma  di  ferriche  non  fia 
no  al  dritto  delle  figure  ma  torti  fecondo  le  commetti 
ture  di  quelle,  a  cagione  che  e  non  impedifchinoil  ve 
derle.Quefti  fi  mettono  con  incbiouature  ne'ferri  che 
reggono  il  tutto  :  Et  non  fi  fanno  quadri,  ma  tondi 
accio  impedifebino  manco  la  vifta:Etdala  banda  di 
fuori  fi  mettono  alle  feneftre,  &  ne  buchi  delle  pietre 
s'impiombano,  Se  con  fili  di  rame  che  nei  piombi  delle 
fenefìre  faldati  fiano  a  fuoco,fi  legano  fortemente.  Et 
perche  i  fanciulli^  altri  impedimenti  non  le  guafìino 
vi  fi  mette  dietro  vna  rete  ài  filo  di  rame  fotile.Le  qua 
li  opre  fé  non  foffero  in  materia  troppo  frangibile  du- 
rerebbono  al  mondo  infinito  tempo.    Maperquefìo 
non  refta,  che  l'arte  non  fia  difficile,  artificiofa3  &  bel 
Jifsima. 

JD taf  Niello ,  e  cerne  per  quello  aliamo  la  {lampe  di  rame  j  0* 
come  fiintaglin  ogt argenti  per  fare  ?li fin  alti  di 
vajjo  rtheuOj  &fimilmenje  fìctjelmo  le 
grò/ferie.   Capitolo,  XXXU1 

IL  NieHo,il  quale  non  è  altro  che  vn  dilegno  tratteg- 
giato &  dipinto  fu  lo  argento ,  come  fi  dipigne  Se 
tratteggia  fottilmente  con  la  penna  ;  fu  lionato  da  gli 
Orefici  fino  al  tempo  degli  antichi;  efTendofi  veduti 
caui  co'ferri,  ripieni  di  miftura  negli  ori,&  argenti  lo 
ro .  Quefto  fi  diicgna  con  lottile  fu  lo  argento ,  che  fia 
J»iano3  &  fi  intaglia xoUbiilino  ,  che,*  vn  ferro  quadro 

o 


io  6 


DE      LA 


pagliato  àvnghia,da  l'uno  degliangoli  àlaltro'per  isbie 
co,  che  coi!  calando  verfo  vno  de'  canti,  Io  fa  più  acu- 
to, &  tagliente  da  due  lati ,  &  la  punta  di  elfo  feorre  j 
&  fottilìfsimameute  intaglia .  Con  quefto  fi  fanno  tut 
tele  cole  che  fono  intagliate  ne'metalli  per  riempierle, 
o  per  lafciarle  vote  fecondo  la  volontà  dello  artefice. 
Quando  hanno  dunque  intagliato  &  finito  col  buli- 
na; pigiano  argento,&  piotnbo,&  fanno  di  elfo  al'fuo 
co,  vna  cofa;  ch'incorporata  infieme  è,nera  di  colore, 
&  frangibile  molto  ,  &  fottilifsima  a  feorrere .  Quefta 
fi  pefta^  &  fi  pone  foprala  piaftra  dello  argento  dou'è, 
l'intaglio;  il  quale,  neceflario  che  fia  bene  pulito  &  ac 
coftatolo  a  fuoco  di  legne  verdi,foffiando  co  mantici 
fi  fa  che  i  raggi  di  quello ,  percuotino  doue  e  il  Niello 
Il  quale  per  la  virtù  del  calore  fondendofi,  &  feorren- 
do,riempie  tutti  gli  intagli  che  aueua  fatti  il  bulino . 
Appreflb,  quando  l'Argento  e  raffreddo  ;  fi  va  diligen 
temente  co'rafchiatoi  leuando  il  fuperfluo  :  &  con  la 
pomice  appoco  appoco  fi  confuma/regandolo  &  con 
le  mani  &  con  vn'quoio  tanto  che  è  fi  truoui  il  vero 
piano;  &  che  il  tutto  refti  pulito. Di  quefto  lauorò  mi 
rabihfsimamente  Mafo  Finiguerra  Fiorentino  ,  il  qua 
le  fu  raro  in  quefta  professione ,  come  ne  fanno  fede  al 
cune  paci  di  niello  in  fan  Giouanni  diFiorenza,che  fò 
no  tenute  mirabili .  Da  quefto  intaglio  di  bulino  son 
denuate  le  ftampe  di  rame:  onde  tante  carte  e*;Italiane 
èTedefche  veggiamo  oggi  per  tutta  Italiaxhe  fi  come 
negli  argenti  s'improntaua,  anzi  che  fuflfero  ripieni  di 
niello,diterra,&fibuttauadi  zolfo5cofi  gli  Stampa- 
tori trouarono  il  modo  del  fare  le  carte  fu  le  Stampe 
di  rame  coltorculo,come  oggi  abbiam  veduto  da  eisi 
imprimerò* .  Ecci  vn'altra  forte  di  lauon  in  argento,  o 
in  oro  ,  comunemente  chiamata  Smalto  ,  che  e  fpezie 
di  pittura  mefcolata  con  laYcultura  :  Et.  feiue  doue 


P  I   T   T  V  R  A.  I07 

iT  mettono  l'acque,  fi  che  gli  /malti  reftino  in  fondo  . 
Quella  douendo/ì  lauorare  in  fu  l'oro,  ha  bi/ògno  di 
oro  finifsimo;Et  in  fu  lo  argento,argento  almeno  a  le 
ga  di  Giulii .  Et  è  necefTario  quefto  modo  ,  perche  lo 
fmalto  ci  pofl'a  reftare,&non  ifcorrerealtroue  che  nel 
fuo  luogho;bifogna  la/ciarli  i  proffili  d'argento,che  di 
fòpra  fian'  lottili  ,  &  non  fi  vegghino .  Cofi  fi  fa  vn  ri- 
li^iéuo  piatto,&  in  contrario  a  l'altrojaccioche  metten 
doui  gli  fmalti, pigli  gli  feuri,  &  chiari  di  quello  da  l'ai 
tezza,  &  da  la  ba/fezza  dello  intaglio.Piglafi  poi  final- 
ti  di  vetri  di  varii  colori,  che  diligenteméte  fi  fermino 
col  martello,  Et  fi  tengono  negli  fcodcllini  con  acqua 
chiarifsima,  feparati  &  di/tinti  l'uno  da  l'altro .  Et  no- 
ta che  quegli  che  fi  adoperano  a  l'oro,  fono  differenti 
da  quegli  che  feruono  per  al  argento .  Et  fi  conduco- 
no in  queiìa  maniera .  Con  vna  fottilifsima  Palettina 
di  argento  fi  pigliano  feparatamente  gli  /malti  ;  &  con 
pulita  pulitezza  fi  di/tendono  a'  luoghi  loro  ;  &  vi  fé 
ne  mette,  &  rimette  /òpra  fecondo  che  ragnano,tutta 
quella  quantita,che  fi  di meftiero.  Fatto  quello  fi  pie 
para  vna  pignatta  di  terra ,  fatta  à  polla  che  per  tutto 
fìa  piena  di  buchi,  &  abbia  vna  bocca  dinanzi  ;  Et  vi  fi 
inette  dentro  la  Mufola ,  cioè  vn'eoperchiettodi  Ter 
ra  bucato,  che  non  laici  cadere  i  carboni  a  baffo;  &  da 
la  Mufola  in  fu  fi  empie  di  carboni  di  certo  &  fi  accen 
de  ordinariamente .  Nel  voto  che  e  re/tato  fotto  il  pre 
detto  coperchio ,  in  fu  vna  fottili/sima  pia/tra  di  ferro 
fi  mette  la  cofa  fmaltata,a  fentire  il  caldo  a  poco  a  poco 
&  vi  fi  tiene  tanto,  che  fondendoli  gli  /malti,  feorrino 
per  tutto  quafi  come  acqua .  Uche  fatto  fi  lafcia  rafred 
dare;  &  poi  con  vna  frafsinella  che  vna  pietra  da  dare 
filo  ai  ferri, co  rena  da  bicchieri  fi  sfrega,&  con  acqua 
chiara,  finche  fi  truoui  il  fuo  piano.Et  quando  ètni- 
co di  leuare  il  tutto  fi  rimette  nel'fuoco  medefimo,chc 

O    ii 


toS  DE      t  A 

iHuftro  nello  (correre  l'altra  volta  gli  da  per  tutto.  Faf 
fene  d  un'altra  forte  à  mano  che  fi  pulifce  con  gelfo  d'i 
Tripoli,  &  con  vn'pezzo  di  cuoio;  del  quale  non  acca 
de  fare  menzione  ;  ma  di  quello,  lho  fatto,  perche  e£ 
fendo  opra  di  pittura  5  come  le  altre,  m'è  paruto  à  prò 
pofìto . 

Velia  Tau/ta ,  cioè  Lavoro  a  la  Dama/chiné 
Capitolo.     XXXII1L 

HAnno  ancora  i  moderni  ad  imitazione  degli  an- 
tichi rinuenuto  vnalpezie  di  commettere  ne 
metalli  intagliati,  d'argento ,  o  d'oro,  faccendo  in  elsi 
làuori  piani,ò  di  mezo,ò  di  hallo  rilieuo  ;  Et  in  ciò  gra 
demente  gli  hanno  auanzati.  Et  cofi  abbiamo  veduto 
nello  acciaio  l'opere  in  tagliate  a  la  Taufia,  altrimenti 
detta  a  la  Damafchma ,  per  lauorarfi  di  ciò  in  Dama- 
feo,  &  per  tutto  il  Lenante  eccellentemente.  La  onde 
vessiamo  oggi  di  molti  bronzi ,  &  ottoni  &  rami 
commefsi  di  argento,  &  oro,  con  arabefehi,  venuti  di 
tali  paefi  :  Et  negli  antichi  abbiamo  veduto  anelli  d'ac 
ciaio  con  meze  figure  fuui ,  &  fogliami .   Et  di  quella 
fpezie  dilauoro  lène  fono  fatte  àdinoftri  armadure 
da  combattere  lauorate  tutte  d' arabefehi  d' oro  com- 
mefsi ,  &  Umilmente  ftafìc,  arcioni  di  felle ,  &  mazze 
ferrate,  Et  ora  molto  fi  coftumano  1  fornimenti  del- 
le fpade ,  de  pugnali  de'  coltelli ,  &  d'ogni  ferro  che  fi 
voglia  riccamente  ornare  &  guei  nite  -,  &  Ci  fa  cofi. 
Cauafi  il  ferro  in  fotto  fquadra ,  &  per  forza  di  mar- 
tello fi  commettejbro  in  quello,  fattom  prima  fot- 
to vna  tagliatura  à  guifa  dt  lima  fottile,  Ci  che  l'oro  vie 
ne  a  entrare  nc'eaui  di  quella,  &  a  fermaruifi .  Poi  con 
ferri  Ci  dintorni,  ò  con  garbi  di  foglie ,  ò  con  girare  di 
quei'che  fi  vuole;&  tutte  le  cofe  co'fili  doro  pillati  per 
filiera  fi  girano  per  il  fé  ito,  &  col  martello  s'amaccano; 


PltTVRA  i©^ 

8e  fermano  nel'modo  di  fopra .  Aduertifcafi  nientedi- 
meno, che  i  fili  (ìano  più  grofsi;  &  i  proffìli  più  fonili, 
a  ciò  fi  termino  meglio  in  quegli .  Fn  queftaprofefsio- 
ne  infiniti  ingegni  hanno  tatto  cofè  lodeuoli  &  tenu» 
temarauigliofe;&  però  non  ho  voluto  mancare  di  far 
ne  ricordo, dependendo  dal  commetterfi ,  &  effendo 
{cultura,  &  pittura,  ciò  e  cofà  che  deriua  dal  difegno. 

De  le  Stampe  di  legno-,  &*de'l  modo  di  farle,  &  del  primo 
Imentor  loro  >  <&*  come  con  tre  flampe  fi  fanno  le  carte ,  che 
paiono  difegnate  ;  &*  moflrano  diurne  x  ilmezgo ,  e  t ombre , 
Capitolo,      JCXJCK. 

TL  primo  inuentore  delle  (rampe  di  Iegno,di  tre  pez- 
I  zi,  per  moftrare  oltra  il  difegno,  l'ombre  i  mezi,  &  i 
fumi  ancora,  fu  Vgo  da  Carpi ,  il  quale  ad  imitazione 
delle  ftampe  di  Rame,ritrouò  il  modo  di  quefte;  Inti- 
gnandole in  legname  di  pero,  o  di  bo/Tolo,  che  in  que 
ilo  fono  eccellenti  fòpra  tutti  gli  altri  legnami .  Fecelc 
dunque  di  tre  pezzi, ponendo  nella  prima  tutte  le  cofe 
protriate  Se  tratteggiate:  Nella  feconda,  tutto  quello 
che  e  tinto  a  canto  al  proffilo  conio  acquerello  perom 
bra  ;  Et  nella  terza  i  lumi  &il  campo,  lafciando  il  bian 
co  della  carta  in  vece  di  lume  :  &  tingendo  il  refto  per 
campo.Quefta,  doue  e  il  lume  Se  i!  campo  fi  fa  in  que- 
llo modo. Pigli afivna  carta  ftampata,  conia  prima  do 
ne  fono  tutte  le  proffilature,&  itratti;&  cofi  frefea  fre 
fca  fi  pone  in  fu  l'affo  del  pero ,  &  agrauandola  fopra 
con  altri  fogli,  che  non  (ìano  umidi ,  Ci  fi rofina,  in  ma 
niera ,  che  quella  che  ,  frefea  l'afeia  fu  l'afte  la  tinta  di 
tutti  i  profhli  delle  figure  .  E  allora  il  pittore  piglia  la 
biacca  à  gomma  ,  Se  da  in  fu'l  pero  i  lumi  ;  I  quali  dati 
lo  intagliatole  gli  incaua  tutti  co'  ferri  fecondo.che  fb 
no  fègnati.  Et  quella  e  la  lìampa  che  primieramente  fi 
adopera;  perche  ella  fa  i  lumi  Se  il  campo,  quando  ella 

O     lii 


no 


DE      LA 


e  imbrattata  di  colore  ad  olio  :  &  per  mezo  della  tinta, 
lafcia  per  tutto  il  colore,  fàluo  che  doue  ella  è  incaua- 
ta  che  iui  reità  la  carta  bianca.  La  feconda  poi  e  quel 
la  delle  ombre,che  e  tutta  piana,&  tutta  tinta  di  acque 
rello,  eccetto  che  doue  le  ombre  non  hanno  ad  efìere, 
che  quiui  è  incauato  il  legno .  &  la  Terza  ,  che  è  la  pri 
ma  a  formarli,  e  quella  doue  il  proffllato  del  tuttojè  in 
canato  per  tutto,  faluo  che  doue  e'non  ha  1  proffih  toc 
chi  dal  nero  della  penna.  Quelle  fi  ftampano  al  torcu- 
lo  &  vi  fi  rimettono  fotto  tre  volte  ,  cioevna  volta 
per  ciafeuna  llampa,  fi  che  elle  abbino  il  medefimo  ri- 
feontro  .  Et  certamente  che  ciò  fu  bellifsima  inuen- 
zione .  Tutte  quefte  profefsioni  &  arti  ingegnofe  fi 
vede  che  deriuano  dal'difcgno  ;  il  quale  è,  capo  necefc 
fario  di  tutte  :  &  non 1'auendo  non  fi  hi  nulla .  Perche 
fé  bene  turti  i  fegreti,  &  i  modi  fono  buoni  :  quello  e* 
ottimo ,  per  lo  quale  ogni  cofa  perduta  fi  ritroua ,  & 
&  oeni  difficil'  cofà,  per  elio  diuenta  facile,  come  po- 
trete vedere  nel'leggere  le  vite  degl  artefici;  i  quali  dal 
la  natura,  &  dallo  fludio  aiutati,  hanno'  fatto  cofe  fo- 
pra  vmane  per  il  mezo  fólo  del  difegno.Et  cofi  faccen 
do  qui  fine  alla  introduzzione  delle  tre  arti,  troppo 
più  lungamente  forfè  trattate,  che  nel  principio  non 
mi  penai  ;  Me  ne  paffo  a  fcriuere  le  vite. 

Il  fine  della  introduzzione 


ni 


PROEMIO   DELLE 

VITE. 


_  O  non  dubito  punto  che  non  fi  a  qua/Idi 

|||gSrr:  tutti  gli  fcritton  commune  3  &  certiftma 

'■■-<  opinione  ;  che  la/cultura  infteme  con  lapit 
\  turafufifero  naturalmente  da  i  populi  dello 
a  Egitto  primieramente  trouate  ;  E  ch'alcu- 
n  altri  non(ìanox  che  attribuifihino  a  Cal- 
dei le  prime  bo^e  de  marmi.,  &  i  primi  rilieui  delle Jìatueico 
me  danno  anco  a  Greci  la  inuen^ione  del  pennello  0*  del  colo 
rire.  Ma  io  diro  bene,  che  fe/Jère  dell'una 3&  dell'altra  arte  : 
&  ildtfegno  che  è  il  fondamento  di  quelle  3  an%t  l'iflefft  ani- 
ma che  concepe  &*  nutrifee  m  fé  me  de  firn  a  tutti  i  parti  degli 
intelletti, fufie perfettifimo  info  l'origine  di  tutte  t  altre  cofe^ 
Quando  l'altifiimo  T>ìo fatto  ilgran  corpo  delmondo,&  orna 
to  il  cielo  defùoi  chiaritimi  lumi,  di/ce/e  con  l' intelletto  piugitt 
nella  limpide %£a  dell'aere^  nella folidità  della  terrai&for 
mando  l' huomo  feoperfe  con  la  uaga  inuen^ione  delle  co/e  3  la 
primaforma  della f coltura^  della  pittura  7  dal quale  huomo 
a  mano  a  nano  poi  (che  non  fide  dire  il  contrario)  come  da  uè 
ro  efemplarefur  cauate  le  flatus,  &  lefcolture&la  difpcul- 
ta  dell  attitudini  e  de  i  contorni;  &per  le  prime  pitture  (qual 
che  elle  ffujfero)  la  morbidezza  3  l'unione ,  ^  la  difior  dan- 
te concordia  che  fanno  i  lumi  con  l'ombre.  Cofi  dunque  il  primo 
modello  onde  uj a  la  prima  imagine  dell' huomo  fu  una  majfa 
di  terra;  &  non  fen%a  cagione,  percioche  il  diurno  tìrchi- 
tetto  del  tempo&*  della  natura,tome  perfettifimo  uolfe  mojìra 
re  nella  imperfezione  della  materia,  la  uia  dclleuare&  del 
l'aggiugnerc^nelmedefimo  modo  che foghono fare  i  buoni  fui 


PROEMIO 


111 


tori,  &  pittóri  t  quali  nelor  modelli  aggiungendo  ,&  Iettan- 
do; riducono  le  imperfette  bq&e  a  quel  fine  &  perfezione 
ehtuQ*Uono.  Viedegli  colore  uiuacifimo  di  carne/oue  s'è  trat 
to  nelle  pitture  poi  da  le  Miniere  della  terra  gli  iflefi  colori, 
ter  contraffare  tuttele  e  ofe  che  accaggiono  nelle  Pitture, Bene  • 
aero,  che  e  non  fi  pub  affermare  per  certo^  quelloche  ad  mutar 
zjpne  di  coli  bella  opera  fi facejìinogli  huomini  ottanti  al  Vt- 
htuio  in  quefìe  arti}  ^uuegna  che  uerifìmilmente pam  da  ere 
deve  ,  che  efi  ancora  &fcolpijfero  <&jlipi*ne]fero\£ogm  ma 
mera-,  Poi  che  Belo  figliuolo  del  Superbo  Nebrot  circa-ccanm 
dopola  monda%wnegenerale,fecefarelafìatua,donde  nacque 
poi  la  idolatria  j  #•  Ufamofìfima  nuora  fua  Semiramù  Regi 
na  di  Babilonia ,  nella  edificatone  di  quella  città  pofe  tra  gli 
ornamenti  di  quella,  non  folamente Moriate  &  diuerfe -  fresie 
di  animali ,  ritratti  &  coloriti  di  natnrale  j  Ma  e  la  imagtne 
difejìeffa  <&  di  Ninofuo  marito;<&  leflatue  anchora  dtbron 
%o  delfuocero  &  della  fuocera  <&  della  antifuocerafita ,  come 
raccontaViodorOychiamandole  co  nomi  de  Greci  che  ancora 
non  erano,  Gioue  fiimone  <&  Ope.Va  le  quali  ftatue  apprefe^ 
roperauueuturai  Caldei,  a  fare  le  magmi  de  loro  Vii;  poi 
che  15.0  anni  dopo ,  Rachel  nel  fuggire  di  Miopotami*  in 
fieme  con  Jacub/ùo  manto  ;  furigli  idoli  di  Labanfuo  padre  ^ 
come  apertamente  racconta  ilÒentfi .    Ne  furono  pirofili  i 
.Caldei  a  fare  fculture  &  pitturerà  le  fecero  ancoragli  Egi^ 
%ii  efercitandofi  in  quefìe  arti  con  tanto  ftudio,quanto  moflra 
il  Sepolcro  marauigliofo  dello  ^ntichijìtmo  Re  Smandio;  lar- 
gamente de  fermo  da  Viodoro  ;  &  quanto  ar*uifce  tlfeucro  co 
'mandamento fatto  da  Mofe  nello  ufeire  de  lo  Egitto  ;  cioè  che 
fitto  pena  della  morte,  nonfifaceffero  a  Vio  magmi  alcune . 
Cofìui  nello  fendere  di  fui  monte,  auendo  trouato  fabricato  lì 
uitello  dello  oro,  &  adorato folenncmente  dalle  fue gentijTur 
$atofi grauemtntt  ditudtre  cenaci  idmmi  mori  allaima- 

gira 


DELLE    VITE:  IIj 

gìne  d'una  Beflta;  nonfoLmente  lo  ruppe ,  &  reduffe  in  poi- 
uerej  Ma  per  punitone  di  cotanto  errore  3fece  uccìdere  da  Le 
viti,  mohe  migliaia  degli  fc  e  lerati figliuoli  di  Ifrael,  che  haue- 
nano  commi/fa  quella  idolatrìa .  Ma  perche ,  non  illauorare 
le  patite  _,  ma  lo  adorarle  era  peccatofceleratiftmo  ;  e  fi  levge 
nello  E/odo  e  he  tane  dei  difgno  et  delle  fatue  nonfolamente 
di  marmo  ma  di  tutte  le  fon  e  di  metallo  ,fu  donata  per  bocca 
di  Dio  a  Bejeleelydella  tribù  di  Juda  &  adoliab  della  tribù  di 
Dan,  eh  e  furono  que  che  fecero  idue  cherubini  dtoro&ilcan 
delliere ,  e  'luelo,  &  le  fìmbrie  delle  uefle facci dotali',  &  tan- 
te altre  belli f ime  co/è  digetto  nel  Tabernacolo  ;  non  per  altro 
che  per  indurui  legentia  contemplarle  &  adorarle .  Va  le  co- 
Je  dunque  uedute  mangiai  Diluvio,  la fuperbia  degli  huomini 
trono  il  modo  difare  le  fatue  di  coloro  che  al  mondo  uolfero 
che  r  e jì  afferò  per fama  inmortali  ,•  Et  i  Greci  che  diuerfamen- 
te  ragionar  o  di  qui  (la  originerei  ono3  che  egli  Etiopi  trouaro* 
no  le  prime  flarue fecondo  Diodoro }et gli  Egitti  le  prefono  da 
loro  et  da  qui  fi i  i  Greci  poi  che  in  fino  a  tempi  di  Omero  fi  uè  de 
effere  flato  perfetta  la  (cultura  et  lapittura/xmefafede  lofcu- 
do  d  occhile  da  quel diurno  Poeta  co  tutta  l'arte  più  t odo fui 
può  ^dipinto  che  fritto.  Lattando  Fnmianofauoleo-o-ìando 
le  cocede  à  Prometeo  il  quale  a fimilitudine  del  grande  Diofor 
rno  C immagine  humana  di  loto-.et  da  lui  Carte  delle  Qatue  affer 
ma  effere  uenutaMafecodo  e  hefriue  Plinto,  qui  Ha  arte  Men- 
ine m  Egitto  da  Gige  Lidio  j  il  quale  effendo  al  fuoco  3et  f cabra 
di f  mede  fimo  rguar  dando  Jubit&  con  un  la)  bone  in  mano, 
contorno Je  flifjo  nel  muro  .  &>  da  quella  età  pi  r  unnmpole 
fole  Linei  fi  cojlumó  mettere  in  optrafen\a  corpi  di  colore,  fi 
come  afferma  il  mede  fimo  Plinio,  Laqualccfa  da  Filocle  Egi^ 
^w  con  più  fatua  <&fmilmente  da  Cleante  &^4idice  Corm 
thoj&  da  TeU-phane  Sicioniofo  ritrouara.  Cleophante  Corin 
thiòfiA  il  primo  apprejjo  de  Greci  che  colori.  Et  ^Jpolodoro  il 


n a  PROEMIO 

primo  che  rìtrouafifie  il  pennello .  segni  Polignoto,  Tdfio,Zeufi 
&*  Timagora  Calcidefè,  Pìthio  &  ^iglaupho  tutti  cebratijìi 
mi,  &*  dopo  quelli  ilfamofifiimo  ^4pelle  da  ^4leffandro  Ma- 
o-no  tanto  per  quelli  uirtu  filmato  <&  honorato ,  ingegnofifii- 
mo  inucjligatore  della  Calumila  &  del Fauor eccome  ti  dimo- 
(ira  Luciano-,  &  come fempre far  qua/i  tutti  e  pittori  & gli 
/cultori  eccellenti  dotati  dal  cielo  il  più  delle  uolte  3  non  filo  del 
[ornamento  della  Poefia  come  fi  legge  di  Pacuuio  ;  ma  della 
philo/òfia  ancora  comefiuide  in  Metr odoro  perito  tanto  in  Fi 
lofifa  quanto  in  pittura  ^andato  dagli  eterne  fi  a  Paulo 
Emilio  per  ornar  il  trionfo ,  che  ne  nmafe  a  leggiere  filofifa  a 
Cuoi  Miuolt .  Furono  adunque gr  andemente  in  Grecia  e/èrti- 
tate  le/culture  nelle  quali  fi  trouarono  molti  artefici  eccellenti 
et  tra  o-li  altri  Fidia  ^.tenìefie  Prafitele  &*  Policleto grandini 
mi  maeflrr,  cofiLifippo  &  Pirgotele  in  intaglio  di  cauo  ualfe 
ro  affai ;&  Pigmaleone  in^Auorio  dirilieuo  di  cui fi  fauoleg. 
pia  che  a  preghi fiuoì  impetro  fiato  &*  ffmto  alla  figura  della 
nero-ine  eh  'et fece.  La  pittura fimilmente  honorarono,  <&con 
premii  o-li  antichi  Greci  <&  Romani  grandi  a  coloro  che  la  fe- 
cero marauiglìofa  apparire  lo  dimofirarono  col  donare  loro  Ot 
tà  <&  dio-mtàgrandifiime.  Fiori  talmente  queffarte  m  Roma 
che  Fabio  diede  nome  al  fio  cafato  fottoficriuendofi  nelle  cofie 
da  luifiuagamente  dipinte  nel  tempio  della  Salute  <&  chiama, 
dofi 'Fabio Pittore. Fu  proibito  per  decreto  publico  che  le  perfi- 
ne ferue  tal  arte  non  face/fero  perle  citta  <&tanto  honorefecie 
ro  le  gente  del  contìnuo  all'arte  <&*agli  artefici  che  l 'opere  rare 
nelle  fiorite  de  trionfi  come  cofie  miracolo/è  a  Roma  fi  manda 
uono  &<rli  artefici  egregi  erono fatti  dificrui  liberi  &  rico- 
nofiiuti  con  honorati premij  dalle  Repubhche .    Gli  éìefii  Ro- 
mani tanta  reuerentia  a  tale  arti  portarono  che  oltre.il  ri/petto 
che  nelguafìare  la  citta  di  Siragufit  uolle  Marcello  che  sauefi 
fé  a  uno  artefice famofi  di  quejle  nel  uolere pigliare  la  citta pre 


DELLE    VITE  Hj 

detta  l 'ebbero  riguardo  di  non  mettere  il  fuoco  a  quella  parte 
deue  era  una  bewfiima  tamia  dipinta  la  quale  fu  di  poi  portata 
a  Rema  nel  Trionfo  con  molta  pompa.  Voue  in  Sfatto  di  tem- 
po hauendo  qua  fi  fogliato  il  mondo  jiduffcro gli  artefici  fu  fi 
&le  egregie  opere  loro,  delle  quali  Roma  poi  fi  fece  fi  bella  che 
in  uerole  diederogrande ornamento  le  fatue  pellegrine  più 
che  le  domefìiche  &partkularì  che  fi  fa  che  in  Rhodi  citta  d'i 
fola  nonmolto  grande  furono  più  di  trema,  mila  ftatue  onora- 
te fra  di  bronco  &  di  ma)  mo .  ne  manco  ne  hebbero  gli  *Ate 
mefima  molto  più  que  di  Olimpia  &dt  Delfo  &fen-%a  alcun 
numero  que  di  Corinto  &  furono  tutte  belìi f  ime  &  digran- 
difimo  prezzo .  Non  fi  fa  egli  che  Nicomede  Re  di  Licia  per 
Tmvordma  di  una  Venere  che  era  di  mano  di  Prafitele  m  con 
fumo  quafi  tutte  le  ricchezze  de  Popoli  ì  non  fece  ilmedefimo 
*Attalo?.cheper  hanere  la  tauola  di  Bacco  dipinta  da  *4rifti- 
de  non  fi  curo  diTfenderui  dentro  più  dtfei  mila  fifertij .  La 
quah  auola  da  Lucio  Mummiofupoftaper  ornarne  pur  Ro- 
ma nel  tempio  di  Cerere  con  grandif ima  pompa  Ma  con  tutto 
che  la  nobiltà  diquefla  artejuffe  cofl  in  pregio^  enonfisapero 
ancor aper  certo  >  chi  le  dejfe  il  primo  principio.   Perche  come 
gtafièdifipra  ragionato  :  èUa fi  uè  de  antichi fiima  ne  Caldei  j 
certi  la  danno  alh  Etiopi;^*  ì  Greci  afe  medefimi  t  attribuifio 
no  ;  &  puofit  nonfin^a  ragione  penfare  che  clLfia  forfè  più 
antica  appreffo,  a  Tofani)  Come  rettifica  elnoflro  Lion  Bati 
ila  *A  [berti,  &  ne  rende  affiti  buona  chiarezza  la  maraui- 
gliofafepoluira  diPcrfena  a  Chiu/ì,  doue  nonfe  molto  tempo 
che fi  è  trcuato  fitto  terra fra  le  mura  del  Labe rinto  alcune 
tegole  ài  terra  cotta  dentrom figure  di  mex^o  rilieuo ,  tan- 
to eccellenti  &  di  fi  bella  maniera;  che  facilmente  fi  può  cono 
fiere,  l  arte  non  effer  cominciata  a  punto  in  quel  tempo  ■;  an%i 
per  la  perfi^gione  di  cuè  lauori  3  effer  molto  più  uiciria  al  col- 
moj  che  al  principio.  Come  ancora  ne  può  far  medefimamente 

P     ij 


n6 


PROEMIO 


fede }  ìlueder  tatto  ilgìorno molti  p&gò,  &<}**  tiaf  rofl  &* 
turi  pretini  fatti  come  fi  giudica  per  la  maniera  3intor no  k 
que  tempi.,  con  legjfiadriftimi  intagli  sfigurine ,  &  tfìorie 
di  Baffo  rilteuo-,  &  moire  mafcherine  tondefotttlmente  lauora 
te,  da  Mae  fin  di  quella  età  3  come  per  leffettofìmojìra  prati- 
chijìimi  &  ualentifiimi  in  tale  arte,  V edefi  anchoraper  lefìa 
tue  trouate  a  Viterbo,  nel  princìpio  del  pontificato  d'^leffan- 
dro  «  VI.  lafcultura  effere  fiata  in  predio  &  non  pictiota  per- 
fezione in  Tofana;  Et  come  che  enonfifappia  apunto  iltem 
pò  che  elle furon fatte , pure  &  dalla  maniera  delle  figure  &* 
dal  modo  dette fepulture  <&  dette fabnche,  non  meno  che  dalle 
infcrvzgioni  di  quelle  lettere  Tofane ,  fi può  uerifimdmtnte 
conietturare  che  le  fono  antìchifóme .  Et  fatte  ne  tempi \c.he  le 
cofe  di  qua  erano  in  buono  &grande  ftato;Ma perche  le  ami 
chita3  delle  cofe  noftre,  come  de  Greci  &  detti  Etiopi  3&  de 
Caldei , fono  parimente  dubbie  ;  &  per  il più  bifogna  fondare 
ilgiudi^to  ditali  cofe in  fu  le  conietture  ;  che  ancor  non  fieno 
talmente  deboli  che  intutto  fi  fofìino  dalfegnoj  non  pero  fono 
certe  certe;io  credo  non  mi  effer  punto  partito  da'luero,et  pen 
fo  che  ognmno  che  quefla  parte  uorrà  difcr et  amente  confiderà 
regtudichera  come  io  quando  dfopra  io  dtft,ll principio  diquc 
fle  arti  effere  fiata  la  ifìeffa  natura-,  &*  ['innanzi ,  o  modello , 
la  bcllifimafabrica  del  mondo  ;  &  ilmaefìro,  qutl  diurno  In- 
me jnfufo  per  gratta  fingulare  in  noi  il  quale  nonfolo  ci  ha  fot 
tifuperìori  atti  altri  animali)  ma  fintili  (fé  è  lecito  dire)  a  Dio. 
Et  fé  ne  tempi  nodri  efi  è  mduto(come  io  credo  per  molti  efem 
pli3poco  tnan^i poter  mofìrare)  che  ifèmphci fanciulli  &  roT^ 
Temente  atteuati  nebofchì;  infitto  Efemptofolo  di  quefìe  Bel- 
le  pitture  frfiulture  detta  natura;  con  la  uiuacita  dettoro  inge 
gno3  daperfe flefi  hanno  cominciato  a  difegnare;quantoptuft 
può  &*  debbe  uerifimilmente  penftre  3  que  primi  huommi  , 
e  quali  quanto  manco  erano  lontani  dal fm  principio  &  diuina 


DELLE    VITE 


U7 


generazione-tanto  erono più  perfetti  &  di  migliore  ìno-e?no} 
efi  da  per  loro  3  battendo  per guida  la  natura;  per  maeflro  /in- 
telletto purganfèmo  ;  per  cf  empio  fi  uago  modello  del  mondo, 
hauer  dato  origine  a  quefìe  nobtltjsime  arti;  et  da  picioì  princi 
pio  a  poco  àpoc.o  migliorandole;condottole  finalmente  a  perfez 
Spione  ì  Non  uogliogia  negare,che  enonfia flato  un  primo  che 
cominctaffe;  che  io  so  molto  bene  che  è  bifognò  che  qualche  uol 
ta  <&  da  qualchuno  uenifii  il  principine  anche  negherò  e/Ter 
Jìatopofibile3  che  /uno  aiutaci  l'altro  0*  mfonaJÌi,&*  aprifii 
lama  ,  aldifegno,  al  colore  3&  al  rilieuo;  perche  io  so  chelar 
te  no/ira  è  tutta  imitatone  della  natura,  principalmente ,  <&+ 
pot3percht  da  fé  nonpuofalir  tanto  alto  delle  cofe^che  da  quelli 
che  miglior  maeflri  di j e  giudica  ,fono  condotte.  Ma  dico  bene 
che  ilmlere  determinatamente  affermare  chi  cofìui  o  co/loro 
fuffero  è  cofa  molto  pericolo  fa  a  giudicar  e  ^forfe  poco  neceffa 
ria  aJapere3poi  che  ueggiamo  la  uera  radice  <&  orto-ine  donde 
ella  nafee.  Perche  poi  che  delle  opere,  che  fono  la  una  <&  taf  a 
madelli  artefici  t  le  prime  &  di  mano  in  mano  le  feconde  & 
le  terzgiper  il  tempo  che  confuma  oo-ni  cofa  uenner  manco  ,& 
non  effendo  alfora  chi fcriueffe  3  nonpotettono  effere  almanco 
per  quella  uia  cono fc'mt  e  dapofleri;  Vennero  ancora  a  effere 
incogniti  gli  artefici  di  quelle;  Ma  da  cheglìfer inori  comincio 
rono  a  far  memoria  delle  cofe fiate  inanità  loro  .nonpotettono 
già  parlare  di  quelli  adequali  non  aueuano  potuto  auer  notizia; 
immodo  che  primi  appo  loro  uengono  à  efferquelli7de  quali  era 
fiata  ultima  àperderfìla  memoria .  Si  come  il  primo  de  poeti 
per  confenfo  comune  fi  dice  ffferHomero  j  non  perche  manzi 
a  lui  non  nefufi  qualcuno  che  ne  furono  fi  bene  non  tanto 
eccellenti  &  nelle  cofefue  tfìejfefiucde  chiaro  3  ma  perche  di 
que  primi  tal  quali  ej?i furono  3  era  per  fa  già  dumila  anni  fa 
ogni  cognizione .  Pero  lafciando  quefìa parte  indietro;  troppo 
per  fantichitafita  incerta ,  uegnamo  alle  cofe  più  chiare  della 

P     iij 


n8  PROEMIO 

loro  perfezione  &  Rouina ,  &  Refi  aur  azione,  &  per  dir 

meo- Ho  Rina/cita  3  delle  quali  con  molti  miglior fondamt-na pò 

treno  ragionare .   Dico  adunque  che  egli  è  ben  uero  che  elle  co 

mmeiorno  in  Roma  tardi, fé  le  prime  figure  furono  pero  come 

fi  dice  ilfimulacro  di  Cerere  fatto  di  metallo,  de  beni  di  Spurio 

Cafìio:  il  quale  perche  macchinaua  di  far  fi  Re ,  fu  morto  dal 

p  roprio  Padre,  fin^a  re/petto  alcuno  »  E  continuarono  farti 

della  (cultura  <&  della  pittura  fino  a  la  conjumazipne  de  XII 

Ce  fari .  Ma  la  fortuna  quando  ella  ha  condotto  altri  alfemmo 

della  Ruota-,  o  per  ifcherzo,  o  per  pentimento  il  più  delle  uolte 

iotorna  infondo.  Per  dche  folleuatcfi in  diuer fi  luoghi  del Mo 

do  qua  fi  tutte  le  nasoni  barbar  e  3contraiRomani:nefegui fra 

vonwlto  tempo  no  fidamente  lo  abbaffamento  di  co  fi  mirabile 

impcriOiMa  la  rouina  del  tuttofi  mafimamete  di  Romafìef 

fa3cola  quale  routnatono  parìmetegli  eccellenti  fimi  artefici 3 

Scultori  Pittori  &  architetti)  lafctando  farti  &  loro  medefì 

mi  Sotterrate  &  fommcrje  3fra  le  mifer  abili flr  agi  &  rouine 

di  quella  famof firn  a  Città.Ma  prima  andarono  in  malaparte 

la  pittura,  &  la/coltura  come  arti  che  più  per  diletto ,  che  per 

altro fcruiuanoibcnche  f  altra,  ciò  è  f architettura  come  necejfa 

ria,  &  utile  allafalute  del  corpo  di  continuo, ma  non  troppo  be 

ne  fi  efjercitaffe  «    Et  fé  nonfujftflato  3  che  lefculture  &  le 

pitture  rapprefentauano  manzi  agli  occhi  di  chi  nafceua  di  ma 

no  in  mano,  coloro  3  ch'erano  onorati  per  darfi  loro  perpetua  ui 

taSe  ne  farebbe  tofto  spento  la  memoria  dell' une 3  e  dcllaltre . 

La  doue  la  conferuaronoper  le  imagine  &per  le  infcriz^toni 

pofle  nelf  architetture  priuatc3  nelle publiche  ao  è  negli  anfite 

atri,  ne3  teatri,  nelle  Terme,  negli aque dotti 3ne  Ti mpijne- 

o-liobelt/ci,  ne'colìojfi,  nelle  piramidi,  negli  circhi,  nelle  con- 

ferue3e  negli  Erarif,  e  finalmente  nelle jcpulture  mede f  mei 

delle  quali  furono  difìrutte  una  ^ran  parte  da gente  bobara 

&  efferata,  che  altro  non  hammno  dlmomo  >  che  ftffigiec'l 


DELLE    VITE  Ho 

nome ,  Quefìifr agli  altri  furono  i  vifigothi ,  /  quali  hauendo 
creato  ^Alarico  loro  Re  affalìrono  t  Italia,  e  Romx,  elafacche 
o-iorno  due  uolte/èn^a  rifletto  di  cofa  alcuna .  //  mede  fimo  fe- 
dero i  Vandali  uenuti  £  affrica  con  Genferico  loroRe;ilqua 
le  non  contento  à  la  roba ,  e  prede ,  e  crudeltà ,  che  uifece  3  ne 
meno  mfiruitù  le  perfine  con  lorograndijìima  miferia ,  e  con 
effe  Eudojìia  mogie  [lata  di  Valenttniano  Imperatore  (lato 
ama^ato  poco  auanti  da  ifòui faldati  mede  fimi  •  laudi  dege 
nerati  ingrandì/sima  parte  dal  udore  antico  Romano,  per  ef 
ferne  andati  gran  tempo  innanzi  tutti t  migliori  in  Rifinito , 
con  Goflanuno  Imperatore,  non  aueuanopiu  cofiumi,  ne  mo- 
di buoni  neluiuere .  ^An^i  auendo perduto  in  un  tempo  mede- 
fimo  i  uerihuomim,e  ogni  forte  di  uirtìt;  e  mutato  leo-gi ,abito , 
nomi,  e  lingue  j  tutte  quefìe  cofe  infieme,e  eia/cuna  per fé  aue 
uano  ogni  bello  animo,  e  alto  iugegno  fatto  bruttijìimo  ,  e  baf 
fi\ìimo  diuentare .  Ma  quello,  che /òpra  tutte  le  cofe  dette  fu  di 
perdita  e  danno  infinitamente  a  le  predette  prof efìioniju  ilfer 
uente  %elo  della  nuoua  Religione  Crifìiana  >  la  quale  dopo  lun. 
go  ,  efangmnofò  combattimento, auendo  finalmente  con  la  co- 
pia de*  miracoli  e  conia  fine  ent  a  delle  operazioni  abbattuta,  e 
annullata  la  uecchiafede  de  Gentili;  mentre  che  ardentijìima 
mente  attendeua  con  ogni  diligenza  a  leuar  wa,  &  a  fi  ir  pa- 
re in  tutto  ogni  minima  occafione ,  donde poteua  no/cere  erro- 
re ;  non  guaflofolamente,  ogettoper  terra  tutte  leftatue  m  a- 
rauighofe  <&  leJcolture7pitture7Mufipci,  e  ornamenti  de  fa  Ila 
et  Dijde  Gentili  ,•  Ma  le  memorie  anchora,  &gfbonori  di)? fi 
nite  perfine  egregie-^ille  quali  per gì  'eccellenti  menti  loro  dà 
la  utrtuofifìma  antichità  erono fiate  pojlc  inpublico  le  fatue, 
e  l'altre  memorie .  In  oltre  per  edificare  le  chiefe  à  la  ufa  n^a 
Criftiana ,  nonfolamente  diftrajfe  ipiu  onorali  Tempi/  deo-li 
ìdoli,'  ma  per  far  diuentare  più  nobile,&per  adornare  San 
Piero  (foglio  di  Colonne  di  pietra  la  Mole  d'Adriano,  oggi 


120 


PROEMIO 


/p\C  » 


d:tto  Caflello.S.  agnolo  ;  fi come  la*Antoniana  dì  Colonne, 
e  di  pietre ,  £?•  di  mcro/ìature,  per  quella  di  S.  Paulonie  Ter' 
me  Vcocii^ane ,  e  di  Tito  per  fare  S.  Maria  maggiore ,  con 
efìremx  rouina,  e  dxno  di  quelle  diainif?imefabriche,quali  ueg 
riamo  o;r<nguafìe,e  deftrutte.^uuenga  che  la  Religione  Cri 
{liana  nonfacefi  quefìoper  odio,  che  ella  aueffi  con  le  uirtìt , 
ma  Colo  per  contumelia,  &  abbattimento  degli  Vij,de  Genti- 
Ili  non  fi  pero  che  da  quefìo  ardentijìimoZelo  nonfiguiffe  tan 
ta  rouina  à  quefìe  ornate  prof  elioni ,  che fine perdeffi  in  tutto 
la  forma.  E  fé  niente  mxncaua  a  quefto  graue  infortunio,  l  ira 
dt  Totila  contro  a  Roma,  che  oltre  a  sfafaarla  di  mura,  e  roui~ 
nar  col  ferro ,  e  col  fuoco  tutti  i  più  mirabili ,  &  degni  edificif 
di  quella  uniuerfalmente  la  brucio  tutta]  e  spogliatola  di  tutti i 
tintemi  corpi  Ja  lafcto  in  preda  alle  fiamme  del  fuoco, fi  n-^a  che 
X~Viii.  giorni  continoui  fi  ritrouaffe  in  quella  umente  alcuno  > 
abbatte^  e  deft-ufje  talmente  leflatue,  le  Pitture ,  iMufaid, 
eglijìuchimarauigliofi:  che  fine  perde  non  dico  lamaieflafo 
la,  ma  la  forma,  e  ìeffere  ftejfo  .  Per  il  che  e/findo  le  flange 
terrene  pirone  difluahi  di  pitture ,  e  difìatut  lauorate ,  con  le 
rouine  difopra  affocamo  tutto  il  buono,  che  à  giorni  nofìri  s  e 
ritrouato.  E  coloro:  che fi.cceffcr  poi ,  giudicando  il  tutto  roui- 
na,  ui  piantarorwfipra  le  uigne .  Di  maniera  che  ptreffere  le 
jìa^e  rimafle fitto  la  terra  le  hanno  i  moderni  nominale  Grot 
te',  e  Grottefi.be  le  Pitture  che  ut  fi  veggono  al  preferite  -  Fini- 
tigli Oftrogotti,  che  da  Narfe  furono  ff  enti  abitandofi per  le 
rouine  di  Roma  in  qualche  maniera  pur  malamente,  uenne  do 
pò  cento  anni  Coflant  e  fecondo  Imperatore  di  Costantinopo- 
li, e  riceuuto amoreuolmente dai  Romaniguafth,fpogliò, &» 
porto!?i  uia  tutto  ciò,  che  nella  mfira  Citta  di  Roma  era  rima- 
lo }  più  perfine  3  che  per  libera  uolonta  da  coloro ,  che  faueuono 
rouinata.  Bene  è  uero,  che  e  non  potete  goder  fi  di  queitapre 
daferchedàla  temjxQàddMare  tra/portato  nella  Sicilia  y 


gmjlé> 


DELLE   VITI 


121 


guittamente  ocri/ò  da  ifùoi ,  Lanciò  le  /potile,  ììregno%  e  la  ai 
ta  tutto  in  preda  della  Fortuna.  Lacuale  non  contenta  mct* 
ra  de  danni  di  Poma,perchc  le  co/e  tolte  non  potemmo  tornami 
già  mai,ui  condii/] e  una  armata  dì  Sor  acini  a  danni  dalTlfò 
Lì  t  quali,  e  te  robe  de  Sntliani,e  te  ftejjc  Sfoglie  di  Romafenc 
portorono  in  ^lejfandria;  con  gran  didima  uergogna,  e  dan- 
no della  Italia,  e  del  Cnfìiancfimo.  E  cofì  tutto  quello  che  non 
tucuonoguafìoi  Pontefici  3  e  Jan  Gregorio  ma f 'imamente  ,d 
quale  fi  dice  che  mefjt  in  bando  tutto  ilre/lant  e  delle  fìat  uè  3  e 
delle  faglie  degli  Ed  fa  ij ,-  per  le  mani  di  cjuejìo  Sceleratifimo 
Greco  finalmente  capito  male»  Dimaniera  che  non  frenando/! 
più  ne  uefìigio,  ne  indizio  di  co/a  alcuna  ,che  aueffe  del  buono; 
gì  buomint,(he  uennono  àprcjjo  rttYouandofi  ro%£Ì3e  materia 
m^je  pamcuUrmente  nelle  Pitture,  e  nelle  Scolture ,- incitati 
dalla  Natura ,  &  affottigliati  dalfauìa  Ridiedero  a  fare  non     a  ri  x 
fecondale  regole  dell '*4rti predette 3  che  non  le  aucuano;màfè 
condo  la  qualità  degli  ingegni  loro.    E  tofi  nacquero  da  le  lor 
mani  quei  fantocci  e  qutlle goffcz&e  >  che  nelle  cofe  uecchie  an 
Cora  oggt  appari/cono .   il  mede/imo  auuenne  de  la  ^irchitet 
tura.  Peri  he  bifognando  purfabneare  3&  effendo  Jmarrita 
in  tutto  taf  orma }  e  il  modo  buono  per gl^rtef  emioni 3  e  per 
l  opere  di/ìrutte3egua/ìe;  Coloro 3cht 'fi diedero  à  tale  efeni^io 
non  edtfcauano  cofa  che  per  ordine  }o  per mifura  aueffe  ora- 
ria \  ne  difegno,  ne  ragionali  una .   Onde  ne  uennero  a  rtfòr 
gere  nuout  architetti  5  che  delle  loro  barbare  nasoni  fecero  il 
modo  di  quella  maniera  di  edifici ,  eh  'oggi  da  noi  fon  chiamati 
Tedi  fi hi 3i  quali faceuauo  alcune  co/è  più  tofìo  a  noi  moderni 
ridicole,  che  a  loro  lodeuolt ■  ;  finche  la  miglior  forma  trouaror.o 
poti  migliori  artefici  3  come  fi  ueggono  di  quella  maniera  per 
tutta  Italia  te  più  uecchie  Cbie/e,&  non  amiche,che  da  efiifu 
tono  edificate,  Si  ioni m  Fifa  la  pianta  del  Duomo  da  Bufchet 
toGrxwdaVuliibiQAréitmofdi^ 


m  PROEMIO 

del  amie  furono  fatti  per  commemorazione  deltroppo  effer  uè 
lente  in  quella  £ta  rv%* ,  quefìi  uerji  oggi  in  duomo  diPifk 
allafuafèpokura* 

Quoàwx  mille  boitmpoffènt  tuga  ìunc~ia  ntouere 

Et  <juod  uix  potutt  per  mare  f erre  rati* , 

Bufcheti  nifù,quod  crat  mirabile  ufo, 

Vena  pueìlarum  turba  leuauit  onus. 
Tu  ti  Duomo  di  Milano  fatto  nella  medefima  maniera',  edifica 
to  Unno  1388.  et  quello  ài  Siena  ^infiniti  edifici  alla  Tedefca 
di  quella  medefìmaferte,&*mo[tipala%xìi&*  uariefabriche, 
che  per  turi  Italia,  &* fuor  dieffafiueggonoi  come  fan  Mar- 
co di  Vinegiaj  la  Certofadi  Pauta,  il  finto  di  Padoua  ,fan  Pe» 
tronio  di  Bologna  fan  Martino  di  Lucca,tl  duomo  di^4re*gp0 
la  Pieue,ilVefcouado fatto  finire  da  Papa  Gregorio  X.Ptacen 
tino  della  famiglia  de  Vifcontiy  &  cofulT empio  difanta  Ma 
ria  del  Fiore  in  Fiorenza,  fabbricato  da  Arnolfo  Tedefco  ar- 
chitettore .  Stettero  poi  oltra  le  ruine  di  Roma  per  le  guerre  fòt 
ferrati  imodi  delle ftulture}&  de  le  pitture  da  le  ruine  di  Toti 
la  fino  a  gl'anni  di  Chriflo  MCCL-  nel  qual  tempo  era  rimafla 
inGreciaunrefiduo  d'artefici,  che  uecchi  erano,  i  quali  face 
vano  imagìni  di  terra  &  di  pietra  ;  &  dipigneuano  altre  figa 
re  mojlruofè,&*col primo  lineamento ,  &*  col  campo  di  colore 
Et  quegli  per  effer  fòli  in  tale  prof efiione  ,  l'arte  della  pittura 
%n  Italia  portarono  infieme  colmufaico  &*  conia/cultura,  &* 
quella  comefapeuano,agfhuominiltdlianiinfègnarono  rozgg 
mente.  Onde  gl'huomim  di  qui  tempi,  non  ef fendo  ufatia  uè 
der  altra'bonta,  ne  maggior  perfezione  nelle  cofeidi  quelle 
eh '  efìi  uè  deuano  Solamente fi  marauigliauano:  E  quelle  .,  an- 
cora chebaroncefchefofpro,  no  dimeno  per  le  migliori  apprert 
deuano,  Pur  gli fjf  irti  di  coloro,  che  nafceuano ,  aitati  in  qual- 
che luogo  dalla  fòttilirà  dell' aria  fi  purgarono  tanto  che  nel 
MCCL,  il  cielo  afietà  moffofide'i  belli  ingegni chel  teneri 


DELIE    VITE! 


"3 


Tofano  produceua  ogni 'giorno gliriduffe  a  la  forma  primiera. 
E  tjt  l  en<  gli  inaridì  à  /ora  autuar.o  ut  àuto  refi  due  are  ht,o  di 
colofi,  o  di  fatue,  opili,  o  colonne fioriate,  nell'età  che  furono 
dopo  ifacchi,  &  le  ruine',  &*glt  incendi  di  Roma;  e3  non  ftp- 
fono  mai  ualer/ene  ,o  cattarne  profitto  alcuno,  fino  attempo 
detto  di/òpra .  Nel  quale  uenuti/u  come  io  die  tua  ingegni  p'm 
begli jConq/cendo  afjai  bene  il  buono  dàlcattiuo  abbandonan- 
do le  maniere  vecchie,  >  nomarono  ad  imitare  te  antiche  ,  con 
tutta  la.  indupria  &  ingegno  loro .  Ma  perche  più  ageuolmen 
te  fi  intenda,  quello  che  io  diami  uecchic  &<  antico,  antiche 
furono  le  cefi  inanzj  Cefi  amino,  di  Corimbo^ ^Athene  ,  e  di 
Jlcma,ed  ^  href amofijfime  atta, fatte  fino  àjotto  Nerone  a 
i  V  tfpafiam ,Tr  ai  ano, Adriano  &  intonino; perciò  chetai 
tre fi chiamano  Vecchie ;cbe  da  Jan  Salueftro  in  qua  furono  pò 
Jìe  m  opera  da  un  arto  refiduo  de  Greci, i  quali  più  tofio  tigne 
re,  che  dipigmrefitpeuano .    Perche  e/fendo  in  quelle g nette 
mortìgli.ecctllenti  primi  artefici ,  al  rimanerne  di  que  Greci 
vecchi,  &*  non  antichi  altro  non  era  nmafp,che  le  prime  linee 
in  un  campo  di  colore  ;  cerne  di  cw fanno  fede  oggidì  infiniti 
Mufaia,che per  tutta  Italia  lauoratt  da  tfò  Greci  fi  ueggono, 
come  nel  duomo  diPifa,infan  Marco  di  Vmegia ,  &  ancora 
in  altri  luoghi,  &  cefi  molte  pitture  contìnouando  fecero  di 
quella  maniera  con  occhi  Ff tritati  &  mani  aperte  m  punta  di 
piedi,  come  fi  uè  de  ancora  in  fan  Mimato  fuor  di  Fiorenza 
fra  la  porta  che  uà  in  Sagrtfiia,&  quella  che  uà  in  e  omento  , 
tjsrin  Santo  Spirito  di  detta  citta  tutta  la  banda  del  chuftro 
mrfo  la  chieja,  &>fmi!mentc  in  ^re^p  ir. fan  Giuliano,  et 
in  fan  Bartolom  o,&  in  altre  chte/e,  &  in  Roma  in  fan  Pie- 
tro nel uecchiofione  intorno  intorno  fra  leftnefire,cofe  clihan 
no  più  delmoflrancllmeamento,cbe  tfftgte  di  quel  che  fifa, 
X>if cultura  nef ecero  fmilmtnte  infinite, come  fi  ut  de  ancora 
Jopratafortadifan  Michele  a  Piazza  Padella  di  Fiortn^a 


124 


PROEMIO 


di  bdffo  rilieito;  &  in  Ogni  Santi,®*  per  molti  luoghi fepòlw- 
re,®*  ornamenti  diparte  per  chiefè ,  dotte  hanno  per  menfole 
certe  figure  per  regger  il  tetto  s  cofefi  Gjjfe&fi  ree,®*  tan 
to  malfatte  JigrOjfeì&i,  ®*  di  miniera,  che  pare  imponibi- 
lej  che  imagmare  peggio  fi  poteffe ,  Et  di  quefla  maniera  ne  ^ 
in  Roma /òtto  i  tóndi  nell'arco  di  Coti  amino  ,che  da  leftorie  di 
fopra3  che  furono  dale  frogie  di  Traiano/murate,®*  a  Coflan 
tino  in  onore  della  rotta  datta  da  lui  a  Ma/fen^o,quiui/onpo^ 
fle,  Onde  per  non  auere  maeftri  mancandogli  ripieno  , fecero  i 
mxeflri,  ch'alora  teneuano  il  principato,  que  berlingo^i,che 
fi  *eZZonù  ml  m&im  intagliati-  Lauorarono  ancora  le  chie- 
fè mone  di  Roma  dimufaico  alla  Greca3comaJàntaPraJfedia 
la  Tribuna ,  ®*  a  f anta  Potentina ,  ilfimile  afanta  Mark 
Nuoua,in  un  mede  fimo  modo  3co fi  afanta  ^ignefafuor  ài  Ro- 
ma, &  a  tutte  le  onorate  bafiliche  che  a  fanti  dedicato  aueua 
noJin  ch'eglino  di  miglioramento  accrebbero  ,fi 'che  fecero  U 
Tribuna  di  fante  Ianni,®*  quella  di  Santa  Maria  Maggiore, 
typarticularmente  la  Tribuna  della  Cappella  maggiore  di  fan 
Pietro  di  Roma;®  infinite  altre  Chiefe  ®*cappelle  di  detta  cit 
ta.  Et  nel  lamichiamo  Tempio  di  San  Giouanni  in  Fiorenza, 
la  tribuna  delle  otto  facce ,  da  la  cornice  fino  alla  lanterna ,  la* 
uorata  di  mano  d \Andrea  Taffi  co  la  medefima  maniera  Gre 
ed  ma  in  uero  molto  più  bella.  Sino  a  qui  mi  èparfo  decorrere , 
dal  principio  dtllafcultura  ®  della  pitturai  ®*per  aduentu 
rapiu  largamente ,che  in  quefio  luogo  non  bi/ognaua.  ilcheho 
io  però  fatto,  non  tanto  traportato  dalia  affezione  della  arte; 
quanto  moffo  dal  benefico  et  utile  comune  degli  artefici  miei, 
i  quali  auendo  ueduto  inche  modo ,  ella  da  picco? principio  3fi 
conduce] fé  a  lafomma  alterai  et  come  da  grado  fi  nobile  pre 
cipitajfe  in  ruma  eftrema:®*per  confluente  la  natura  di  que 
fta  arte,  fimile  a  quella  dell'altre,  che  cornei  corpi  umani,  ha» 
tìo,  dna/cere,  ilcrefcere,  lo  inocchiare,®  il  morire-,  Potran- 


I>ELLE    VITE  I2{ 

no  o*  a  piti  facilmente  cono/cere  ilprogreffo  dell* fot  rina/citai 
&*  di  (pieliti  (ieffa  perfezione ,  dotte  ella  è  rif alita  ne" tempi 
noftri .  Et  a  cagione  ancora  che  fé  mai  (  ilche  non  acconfènta 
$  Dio)  accade/fi  per  alcun  tempo  perla  tra/curatine  degli 
hmmmì  _,  oper  la  malignità  de  'Secoli 3o  pure  per  ordine  de  Cie 
h  3i  quali  non  pare  che  uoglino,le  cofè  di  quaggiù  mantener  fi 
molto  in  uno  efpre;ella  incorreffe  di  nuouo,nel  mede/imo  di/òr 
ime  di  rouina,pojìino  quefle fatiche  mie  qualuche  elle  fi  pano 
(fé  elle  pero  faranno  degne  di  più  benigna fortuna)  per  le  cofè 
difcor/è innanzi ,  &*per  quelle  che  hanno  da  dirfi ,  mantener 
Li  in  una-,  O  almeno  dare  animosi  più  eleuati  ingegni  dì  prò 
uederle  migliori  aiutn  Tanto  che  con  la  buona  uolontà  mia&* 
con  le  opere  diqueftì  tali  y  ella  abbondi  di  quelli  aiuti  &*  orna- 
menti, de  quali  {fìami  lecito  liberamente  dire  il  uero  )  ha  ma» 
catofino  a  quefì'ora.  Ma  Tempo  è  di  uenire  oggi  mai  a  la  una 
dtGiouanni  Ctmabue  ;  il  quale  fi  come  dette  principio  al  mo- 
tto modo  del  dipigneret  cofìègiufìo  &conuentente  che  e' lo  dia. 
ancora  alle  uite,  nelle  quali  mi  sforerò  di  offeruare  il  più  che 
fìpoffa ,  V ordine  delle  maniere  loro  più  che  del  Tempo  .fen%a 
defcriuere  pero  altrimenti  le  forme  &  fattele  degli 
.Artefici  :  Giudicando  Tempo  perduto ,  ti^cir  - 
cunfcriuere  con  le  parole  Quello  che  ma 
mfefl amente  fi  pub  uedere  negli 
jìefii  ritratti  loro ,  citati  & 
affegnati  da  metdou 
unque  e1  fi 
truoua 
no. 


* 


k6 


GIOVANNI    CI- 
MA b  ve.. 


-j Rano  per  l'infinito  diluuio  dei  mali, 
che  aueuano  cacciato  al  difotto,  &  af 
fogatala  mifera  Italia;  non  /blamente 
rouinate  quelle,che  chiamar  fi poteua 


no  fabriche  ;  Ma  quel  che  importaua 
affai,  più  fpentone  affatto  tutto'l  nu- 
mero degli  artefici  Quando  (  come 
Dio  uolfe)  nacque  nellacittadi  Fiorenza  l'anno. 
MCCXL.  per  darei  primi  lumi  all'arte  della  pittura 
Giouanni  cognominato  Cimabue, della  famiglia  de 
Cimabuoi  in  quel  tempo  nobile;  ilqu ale  crefeiendo  fu 
conofeiuto  non.  {blamente  dal  padre  ma  da  infiniti  lo 
acume  dello  ingegniofuo,  Dicefi  che  configliato  da 
molti  il  padre  deliberò  farloefercitare  nelle  lettere;  eia 
mando  a  fànta  Maria  nouellaaunmaeft.ro  fuo  parente 
il  quale  allora  infegniaua  la  Gramatica  ai  nouizii  di 
quel  Conuento;Perilche,Cimabuechefifentiua,non 
auerelanimo  aplicato  aciò;in  cambio  dello  ftudio  tut- 
to il  giorno  andàua  dipigniendo infu i  libri o altri. fo- 
gli huomini  caualli  cafamenti,Et  diuerfefantafie:fpin 
Mto  dalla  natura  che  le  pareua  riceuer  danno  a  no  effe 
re  efercitatatAuuenne  che  in  que' giorni  erano  venu 
ti  di  Grecia. certi  pittori  in  Fiorenza;  chiamati  dachi 
gouernaua  quella  città  no  per  altro  cheper  introdur ni, 
Jarte  della  pittura,  la  quale  in  Tofcana  era  fiata  fmarri 
ta.molto  tempo .  La  onde  auendo  quefh  maefìri  prefì, 
molte  opere  per  quella  Gittà;Comincioronoin  fra  lai. 
tre  la  capella  deGondi  allato  ala  principale  in  fantaMa 
riaNouellajdella aguale  oggi  daltépo  lauolta  &  le  faccia 


CIOVANNI    CIMABVB  127. 

te  fon  molto  fpente  &  confu  mate;  per  jlcLe  Cimabue 
cominciato  adar  principio  a  quefta  arte  che  gli  piace- 
uà;  fi  fuggiua  {pedo  da  la  fcuola  et  tutto  il  giorno  fta- 
ua  auedere  lauorare  queMaeiìr^perilche  fu  giudicato 
dal  padre  &  da  que  Greci  chefeegli  attédefsi  allapittu 
rafenza  alcun  dubbio  egli  verrebbe  perfetto  in  quella 
profefsione.  Fu  aconcio  con  no  fua  piccola  fatisfazio 
ne  alla  arte  della  pittura  co  que'maeftri  &  di  continuo 
efercitandofi;  in  poco  tempo  la  natura  Io  aiuto  talmen 
te,chepafsòdi  granlungha  didifegno  &di  colorito 
*maeftn  che  glinfegnauano  :  nel  che  inanimito  perle 
lode  che  egli  fi  fentiua  dare  ,meiTofi  amaggior  fltud  io 
auanzò  la  maniera  ordinaria  che  egli  aueua  villo  in  co 
loro;  ìquali  non  fi  curando  pafTar5piu  innanzi  aueuoa 
fatto  quelle  opere  nel  modo  che  elle  fi  veggono  o^ii 
&  ancora  che  egli  imitafsi  i  Greci,  lauorò  affai  opere 
nella  patria  fua  onorando  quella  con  le  fatiche  che  ni 
fece.  Etaqueftò  a  fé  fteffo  nome  Et  utile  certo  Gran- 
difsimo.  Ebbe  coftui  per  conpagnio&  amico  Gaddo 
Gaddi  il  quale  attefe  alla  pittura  con  Andrea  Taffi  do 
meftico  fuo  ;  &  leuò  da  la  pittura  gran  parte  della  ma- 
niera Greca  nelle  figure  dipinte  da  luijCome  ne  fanno 
fede  in  Fiorenza:  le  prime  opere  che  egli  lauorò;come 
il  doiìàle  dello  altare  di  fanta  Cecilia  &  m  fanta  Croce 
vna  tauola  dentroui  vna  Nofìra  donna;  che  gli  fu  fat- 
ta dipigniere  da  vn  Guardiano  di  quel  conuento  ami- 
chamo Ìuo;laquale  fu  appoggiata  in  un  pilaftro  amati 
deftra  intorno  al  Coro,  laqualeopera  fu  cagione  che 
auendolo  feruito  Benifsimo  ;  elo  conduff*  in  Pifa  in 
fan  Francefco  lor'conuento.&  quiui  fece  vn  fan  Fran 
cefeo  Scalzo;ilquale  fu  tenuto  da  que'popoli  Cofà  ra- 
rissima; conofciendofi  nella  maniera  fua  un  certo  che 
di  nuouo&  di  miglior' per  lana  delle  tefte  &  per  le 
pieghe  de'panni  che  non  aueuon  fatto  qui  infino  allo- 


ca 


uS 


PARTE,.  1» 


raque  Mae^ri  Greci  nelle  lor  pitture  fparfe  già  per 
tutta  Italia.  Cofi  dunque  prefe  pratica  con  quefh  frati 
iquah  lo  concludono  in  Aicefì  doue  nella  chief  a  di  San 
Fra  ne  efeo  lafciò  vna  opera  da  lui  cominciata  ,  &  da  al 
tri  pittori  dopo  la  morte  Tua  finita  benifsimo.CoOui 
lauorò  nel  Gattello  di  Empoli  nella  Pieue:  &  in  Santo 
Spirito  di  Fiorenza  nel  chioftro-,dour  e  dipinta  alla 
Greca  da  altri  maeftri  tutta  la  banda  di  verfo  la  chiefa  i 
&oue  fono  medefimamentelauoratidifua  mano  tre 
archetti  fra  quegli  ,dentroui  itone  della  vita  die  H Ri 
st  o.  Fece  poi  nella  chiefa  di  fanta  Maria  Nouella  vna 
tauola,dcntroui  vna  Noftra  Donnajaquale  e  pofta  in 
alto  fra  la  cappella  de'Rucellai  ,&dc'Bardi  da  Vernia 
con    alcuni  angeli  intorno  aderta,  ne  iquah  ancora, 
che  egli  aueffe  la  vecchia  maniera  Greca;  tuttauolta  fi 
vede  che  e'tenne  il  modo eil  linimento  della  moder 
ria  .    Fu  queft'opera  di  tanta  marauiglia  ne  populi  di 
quel  tempo,  per  non  eflerfi  ueduto  wfino  allora  me- 
glio, che  di  cafa  fua  con  le  trombe  perfino  in  chiefa  fu, 
portata,  con  folennifsima  procefsione.Et  egli  premio 
ftraordinario  ne  riceuette.  Edicefi.  che  mentre  Cima 
buechttaTauoladipigneuain  certi  orti  vicina  porta. 
S.Piero^ò  per  altro  che  per  auerui  buon  lume,è  buon 
aerei&  per  fuggire  la  frequenzia  de  gli  huomini;pafsà 
per  la  Città  di"Fiorenza  il  Re  Carlo  uecchio  di  Angiò 
figliuolo  di  Lodouico;  il  quale  andaua  al  pofTeflo  del* 
la&Sicilia  chiamatoui  daVrbano  pontefice  nimico  capi 
tal  di  Manfredi.  Et  che  fra  le  molte  accoglienze  fatic- 
eli da  gli  huomini  di  quella  Città,  elo  condufTero  à 
uedere  la  tauola  di  Cimabue;  laquale  per  ciò  ch'anco- 
ra non  era  ftata  veduta  da  alcuno  moflrandofi  al  Re  fu 
bito  vi  concorfero  tutti  gli  huomini ,  &  tutte  le  don- 
ne di  Fioréza  con  grandifsima  feftai&  con  la  maggio/ 
calca  del  mondo,  La  onde  pabUegrezaa  che  n'ebbeT 

xoi 


Gì  OVANMI   CIMABVB  j2* 

io  i  tìicini,  chiamorono  qij*l  luogo  borgo  allegri  ;  iU 
quale  col  tempo  meflb  fra  le  mura  della  città  fempr'ha 
tenuto  quel  nome.  Or'aueua  la  Natura  dotato  Cima- 
bue  di  bello,  &  deliro  ingegnosi  maniera.che  fu  mef 
fo  per  architetto  in  compagnia  di  Arnolfo  Tedeico  al 
lora  nell'architettura  eccellente  ,  della  fabrica  di  /anta 
Maria  del  Fiore  in  Fiorenza ,  &  tanto  fbtto  di  lui  mi- 
gliorò la  pittura,  che  nel  fuo  tempo  eccellenre,&  mira 
bile  fui  chiamata  quell'arre,  làquale  mfino a  quell'età 
era  fiata  fepolta.Vifle  Cimabue  anni  feflànta,&  Jafciò 
molti  difcepoli  di  quell'arte,  Et  fra  gli  altri  Giotto  di 
perfettifsimo  ingegno.  Mori  nel.  MCCC.&  infanta 
Maria  del  Fiore  di  Fiorenza  gli  fu  dato  fepoltura,  & 
vno  de  Nini  gli  fece  quello  Epitafio. 

M.     Credi  dir  ut  Cimabos  pittura  cadrà  tenere. , 
,,  Sic  tenuit  uiuens,  mne  tenet  aflrapoli . 

Le  cafefue  erano  nella  via  del  cocomero,  nelle  quali^ 
dopo  lui  (  fecondofidice )  habito  Giotto  fuo  difcepo 
lo.  dicono  chela  morte  dicoftui  dolfe  molto  ad  ar- 
no l  f  o,  il  quale,  con  altri  inanzi  fondò  la  chiefà  di  Sa 
ta- Maria  del  Fiore  di  Fiorenza  ;  Iaquale  fu  vna  pianta 
bellifsimadi  quella  maniera;&gira  incircuito  braccia 
DCCLXXX11.&  due  terzi,&  la  lunghezza  di  quella  e  brac 
cia.ccLX.chefu  di  pietre  forti  fquadrate  di  dentrotutta 
Jauorata,&  di  fiori  di  marmi  biachi,&  neri,  &  rofsi  in 
crollata  &  adorna  ;  laqual  cofìa  infino  al  prefente  due 
millioni  d'oro ,  &  più  di.  700000.  fiorini  Nein  Chri 
ftianità  fi  truoua  fabrica  moderna  più  ornatadi  quella- 
fendoui  molte  ftatue,  &  nella  facciata,  &  nel  campani 
le ,  fabricate  da  Eccellenti  maeftri.Arnolro  dùnque  ri 
maflo  fblo  voltò  le  tre  Tribune  fòttola  cupola  oltra 
quel,  che  s'è  detto  di  fopra  a  honor,&  memoria  del 
quale,  &  della  edificazione,  del  tempio. oggi  ancorai 

R. 


IjO  PARTE   I. 

ueggono  fra  il  campanile  &  la  chiefa  fu'lcanto  gli  infra 
feruti  veri!  di  marmo  in  lettere  tonde  intagliate. 

tènnis  millenis  centum  bis  otto  nogems 
Venit  legatus  Roma  bonitate  donatus 
Qui  lapidemfixit fondo fìmulj  &*  benedixtt* 
Prefitte  Vrancifco gelante  pontificatum 
Jttudab  ^irmifo  Templumftttt  aèficatum* 
Hoc  opus  mfi*ne  decorans  Florentia  digne 
Regina  cd\tconjìruxit  mente fideli. 
Qitamtu  uirgo piafemper  defende  Maria* 

Or  s'alia  gloria  di  Cimabuc  non  aueflTe  contrattato  la 
grandezza  diGiotto  fuo  difcepolo,farebbela  fama  fua 
{lata  maggiore-come  ne  fa  fede  Dante  Alighieri  nella 
comedia  fua  alludendo  nello  xi.  canto  del  purgatorio 
a  la  fteiTa  jnfcrizzione  della  fepultura,  &  dicendo . 

Credette  Omabue, nella  pittura 

Tener  io  campo;&*  ora  ha  Giotto  itgndo, 

Si  che  la  fama  di  colui  o/cura  , 

Cimabue  dunche  fra  tante  tenebre  fu  prima  luce  della 
pittura,  &  no  folo  nel  lineamenti  delle  figurerà  nei 
colorito  di  quelle  ancora ,  montando  per  la  nouità  di 
tale  efercizio  fé  chiaro,&  celebratifsimo.Coftui  deftò 
l'animo  a  i  compatrioti  fuoi  di  feguirlo  in  Ci  difficile 
&  bella  fetenza  ,di  che  lode  infinita  merita  egli  per  la 
impofsibilità,&  per  la  groflezza  del  Secolo  in  che  nac 
que,  &  molto  piu,che  s'egli  ritrouata  laucfle.  Et  ciò 
fu  cagione ,  che  Giotto  fuo  creato,  molfo  dalla  ambi- 
zione della fama,&  aiutato  dal  cielo  &  dalla  naturanti 
dò  tanto  aito  col  penderò,  ch'aperfe  la  porta  della  veri 
ti  a  coloro  che  anno  ridotto  tal  mefticro  a  lo  ftupore , 
&  a  la  marauiglia,  che  ueggiamo  nel  feco $  nouro. 


GIOVÀNKI   C1MABVE. 


m 


Il  qual  auezzo  ogni  di  a  vedere  le  maraviglie,  e  i  mira 
coh,&  lcimpofsibjlità  degli  artefici  in  quelìa  arte,e  co 
dotto  oggimai  a  tale,  che  di  cofa  fatta  da  gli  huomini> 
benché  più  diurna;  che  umana  fTa,puntonon  iiìupilce, 
&  buon  per  coloro,  chelodeuolmemes'affaticano,ie 
in  cambio  d'efTer  lodati,  &  ammirati;  non  ne  riportai 
fero  biafimo,&  il  più  delle  volte  vergogna ., 

ANDREA     TAFFI 

PITTOR   FIO- 

RENTINO. 

Auendo  cominciato  Cimabue  a  da- 
re all'arte  della  pittura  difegno,&  far 
ma  migliore;  fu  di  non  poca  maraur- 
glia  a  quegli,,  che  l'arte  per  pratica  5 
|  più ,  che  per  iftudio  oper  faenza  e- 
fercitauano,non.viando{I  in  que'tem 
pi  mettere  in  opera  altro ,  che  il  mo- 
do vecchio  della  maniera  goffa  Greca ,  &  non  la  pro- 
fonditi del'arte  della  pittura,poco  nota  ad  Andrea  Taf 
£  Fiorentino,  eccellente  maetìronelmufaicodi  que* 
tempi,  &  in  quella  profefsione  tenuto  diuino  da  que* 
popoli  inetti ,  non  penfando  eglino,che  in  tale  arte  me 
glio operare fì potefle.Or'elTendo  il  mu/àico  perla  per 
petuiiidelle  memorie,  più  che  l'altre  pitture  fìimato 
da  gli  huomini,fì  parti  da  Fiorenza  Andrea,  &  a  Vme 
già  (e n'andò;  doue alcuni  pittori  Greci  lauorauano 
in  San  Marco  opere  di  mufàico  ;  &  con  efsi  pigliando 
dimeftichezza,con  prieghi,con  danari, &  con  premef 
fé  di  maniera  operò,  che  a  Fiorenza  conduile  \n  ma- 
«ftjùoApoUoniopittorGrecojilquale  gliinfe^nò  cuoce 


,I}2  PARTE    |; 

re  i  vetri  Jel  Mufaico,&  fare  lo  ftucco  di  quello:Et  iti 
.compagnia  con  Andrea  lauorò  nella  tribuna  di  San 
Giouanni,la  parte  di  fopra,doue  fono  le  PotefU  i 
Troni,&  le  Dominaziom.Doue  Andrea  più  dottori 
tientato  fece  in  vltimoilChrifto  fopra  la  banda  della 
cappella  maggiore.  Onde  famofo  per  tutta  Italia  diue 
nuto,&  nella  patria  fua  raro,&  primo  ftimato,da  fuoi 
cittadini  meritò  honorato  premio .  Felicita  certamen 
te  grandifsimafu  quella  d'Andrea ,  nafcere  in  tempo , 
che  goffamente  operando,  fi  fìima{requeHo,che  niea 
te  fi  doueuafUmare .  Et  nel  vero  tutte  l'età  fèmpre  eb 
bero  per  coftume  in  tutte  l'arti  j&particularmente  nel 
la  pittura,  auere  in  maggior  pregio  &  grado  i  pochi  , 
&  rari  quantunque  goffi  follerò,  che  i  molti  fàputi,& 
veramente  eccellenti  ;&  quegli  co  eftraordinari  premi 
•remunerare  ;  come  apertamenre  fi  vede  nella  opera  di 
quel  fra  Iacopo  di  fan  Fracefco,che  molte  decine  d'ari 
ni  prima  lauorò  dimufaico  lafcarfella  dopo  lo  altare 
nella  detta  chiefa  di  San  Giouanni.Ma  poi  che  l'opere 
di  Giotto  furono  porte  in  paragone  di  quelle  d'An- 
drea, &  di  Cimabuei  conobbero  1  popoli  la  perfezzio 
ne  dell'arte,  vedendo  la  differenza,  ch'era  da  la  manie 
ra  prima  di  Cimabue,a  quella  diGiotto  nelle  figure  lo 
ro,&  da  gli  imitatori  dell'uno  e  dell'altro  egregiamen 
te  fatte,  La  onde  feguendo  gli  altri  di  mano  in  mano 
l'orme  de  lor  maeflri,alla  bonta,doue  oggi  fiamo,per- 
uenuti  fono  &  da  tanta  baffezza  al  colmo  delle  mara- 
ui°Iie,  ch'oggi  veggiamo ,  la  pittura  hanno  inalzata  , 
infelici  fecoh  poflfono  chiamarti  quegli ,  che  priui  fo- 
no flati  di  cofi  bella  virtù,  la  quale  ha  forza,  quando  e 
da  dotta  mano  ,  o  in  muro  o  in  tauola  infuperficie  di 
difegno,  o  con  coloi  e  lauorata,  tenere  gli  animi  fermi 
&  attenti  a  riguardare  il  raagiiìeno  delle  opere  vma- 
serrapprefentando  la  idea,  &  la  imaginazione  di  quel 


ANDREA    TAFFX  ift 

le  parti  chefòno  cele(ti:alte,&diuinejdoue  per  pruoua 
fi  moftra  l'altezza  dello  ingegno  &  le  inuenzioni  dello 
intelletto ,  l'operazioni  de  1  quali  altamente  riducono 
gli  egregi  fpinti,&  i  ualoros'ingegni  ala  notizia  delle 
cole  della  natura  :  &  efprimendole  nelle  pitture  fanno 
fede  dellagrandezze  del  cielo  ne  gli  ornamenti  del  M6 
do.  ViflTe  Andrea  anni  lxxxi.  &  mori  inanzi  a  Cima- 
bue,  ne  1  Mccxcim.  Et  perla  riputazione  &  onore  che 
e'fi  guadagnò  co'lMufaico  per  auerlo  egli  prima  d'ogni 
altro  arrecato  &  mfegniato  agli  huommi  di  Tofcana , 
in  migliore  maniera,  fu  cagione  cheGaddoGaddi  , 
Giotto,  &  gli  altri  pittori  moderni,fecero  poi  le  eccel 
lentifsime  opre  di  quel  magifteno;che  hanno  recato  fi 
ma,  &  nome  a  belhfsimi  ingegni.Ne  manco,  chi  dopo 
la  morte  Tua  lo  magnificò  con  cotale  infcrizzione . 

Q,V[   GIACE    ANDREA3    CHOPRE    LEGGIADRE  E    BELLE 
fECE    IN    TVrTA    FIORENZA:   £T    ORA    E    ITO 
A   FAR    VAGO    LO    REGNO    DELLE    ST£LLE. 


GADDO     GADDI 

PITTOR   FIOREN 
TINO. 

Imoflrò  Gaddo  Pittor  Fiorentino  , 
in  quello  nude  (imo  tempo  più  difè- 
gno  nelle  opere  Tue  lauorate  allaGre 
ca,&  con  grandifsima  diligenza  con 
dotte:  che  non  fece  Andrea  Taf- 
rì,&  gli  altri  pittori  inanzi  a  eflò , 
nafecndo  quello  da  la  amicizia  & 
&  da  la  pratica  daneflicamente  tenuta  con  Cima- 
li    ili 


*if 


fAPTE   T. 


bue,  perche ,  o  per  la  conformità  de'  fanguì ,  o  per  la 
borita  degli  animi  ritrouandofi  tra  loro  congiunti  d'u 
na  ft retta  Beniuolenzia;  nella  frequente  Conuerfazio 
ne  che  aueuano  in  fieme  &  nel  decorrere  benefpeffo, 
amoreuolméte  fopralediffi.cultà  della  artevnafceuano 
loro  nell'animo  concetti  bellifsimi  e  grandi  ;  generati 
da  la  fonile  aria,  della  citta  di  Firenze,  1  a  quale  produ- 
cendo ordinariamente  fpiriti  ingegno»*  &  gentili,  He— 
uà  loro  del  continuo  d'attorno  quel  poco  di  ruggine  e 
di  graflèzza  chel  più  delle  volte  la  natura  non  puote  ; 
con  la  emulazione,e  co'precetti.che  d'ogni  tempo  por 
gano  i  buon'artefici.  Et  vedefi  apertamente,  chele  co 
fé  conferite  fra  quegli,!  quali  nella  amicizia  di  doppia 
feorza  non.fono  coperti,!!  ridùcono  a  molta  perfezzio 
ne.  Et  i  medefimi  nelle  feienze  che  imparano ,  confe- 
rendo le  difficultà  di  efTe,le  purgano  &  affai  più  le  fan 
no  limpide ,  &  chiare;  onde  fé  ne  trae  grandifsima  lo- 
de.Et  per  lo  contrario  alcuni  diabolicaméte  nella  prò 
fefs  ione  dell'amicizia  praticando,  fotto  fpezie  di  veri- 
tà,per  inuidia,&  per  malizia  i  concetti  loro  defrauda- 
no ;  di  maniera  che  l'arti  in  quella  eccellenza  non  rie- 
feono^he  douerebbono,fe  la  carità  abbracciane  gli  in 
gegm  degli  fpiriti  gentili ,  come  veramente  fìrinfè 
Gaddo,  &  Gimabue;  medefìmamente  Andrea Taftì , 
&  Gaddo,  che  in  compagnia  lo  elefTe  per  finire  il  Mu- 
faico  di  fan  Giouanni .  Doue  Gaddo  imparando  fece 
poi  i  profeti  che  fi  veggono  intorno  intorno  a  quel 
Tempio  nei  quadri  fotto  le  fineftre  :  i  quali  auendo 
egli  lauorati  da  fé  folo,&  con  molto  miglior'  maniera, 
gli  arrecarono  fama  grnndifsima.La  onde  crefciutogli 
l'animo,  &  difpoftofi  a  lauorareda  fé  folo  >attefe.con. 
tinouamente  a  ftudiare  la  mameraGreca  accompagna 
ta  con  quell'adi  Cimabue.  Et  fra  non  molto  tempo  ef 
fendo  venuto  eccellente  nella  artejda  gli  operai  di  Saa 


GADDO  GADDt.  j»f 

la  Maria  del  Fiore, gli  fu  allogato  il  mezo  tórvdo  den 
troalachiefa,  fopra  la  porta  principale.  Doue  celi  la 
uorò  di  Mufaico  la  incoronazione  di  noftra  Donna . 
La  uuale  da  tutti  i  Maeitri  &  foreft  ieri  &  noftrali ,  fu 
giudicata  la  più  nella  opera  die  fi  foflfc  veduta  ancora 
per  tutta  la  Italiani  quel  meOieto .    Conofcendofi  in 
cfla,  più  difegno,  più  giudizio  &  più  diligenzia  ,chc 
in  tutto  il  redo  delle  altre.Et  cofi  mefcolando  Gaddo, 
quando  il  Mufaico ,  &  quando  la  pittura ,  nell'una  & 
nell'altra,  fece  molte  opere  nella  Città  &  fuori  affai  ra 
gioneuoli.  Per  le  quali  acquiflò  tal  creditorie  per  te- 
nerlo in  Firenze,&  auerne  feme,gli  dierono  moglie  , 
di  nobilmente;  De  la  quale  ebbe^piu  figliuoli ,  &  tra 
gli  altri  Taddeo,dalui  dopo  lo  auergli  infegnati  iprin 
cipii  della  arte,  dato  perdifccpolo  a  Giotto:  co'I  quale 
•venne  poi  buon  Maeflro  nella  pmu ra.  Ora  io  non  mi 
diftenderò  in  raccontare,  tute  l'opere  di  Gddo;  effen- 
do  le  maniere  ancora  di  quelli  maeftri,fi  dure  nelle  dif 
ficulti  bell'arte;  che  non  bifognaauer  molta  curiofiti 
di  quellr.attefo,che  l'eftremità  di  coloro,chehanno  fac 
to  grande  vtile  all'artefice  &  all'arte  daranno  fecondo 
l'opre  loro ,  con  quella  fottigliezza,&  curiofità  ch'eli 
lauorarono ,  da  noi  fottilmente,  &  curiofamente  dc- 
fcritte.Viife  Gaddo  anni  lxxiii.  &  mori  nel.  mcccxii. 
&  in  Santa  Croce  fu  da  Taddeo  fuo  figliolo ,  con  dolo* 
rofo  pianto  fepolto;  co  n  queftainfcrizzione. 

Htcmambustalisfuerati  (juodforfhn  spelte* 
Cefiffit  :  quamuts  Gr&ciafic  tumeat  ; 


t> 


i;6 


SARTE    I. 


MARGARITONE 

ARETINO    PIT- 
TORE. 

Ntrò  molto  grande  fpauento  ne  vec- 

ni  chi  maeftri  pittori  ,  per  le  gran'lode, 
che  glihuomini  fentiuanodi  Cima- 
bue  ,  &  di  Giotto  Tuo  difcepolo;  che 
già  per  l'altrui  terre  ancora,  s'udì  uà  la 
grandezza,  e'1  marauigliofo  grido  del 
lvago  operai-loro  nella  pittura.   Per- 
che Temendo  i  maeftri  pittori  l'aite  cflere  accompagna 
ta  dallo ftudio  di'queftì  artefìci;quegli,che  il  fupremo 
erado  teneuano,  &  già  da'popoli  erano  adorati;  veni- 
vano perdendo  della  fama,&  del  principato  loro  tanti 
anni  e,ia  poffeduto.  Et  fra  gli  huomini,  che  alla  Greca 
lauorauano  era  tenuto  eccellente  Margaritone  Areti- 
no ;  il  quale  lauorò  a  freico  in  Arezzo,molte  tauole  & 
moke  pitture .  Et  in  San  Clemente  Badia  de  Frati  d» 
Camaldoli;  oggi  Rouinata&  fpianata  tutta ,  infiemc 
con  altri  edirìzii;Per  auereil  dvca  Cosimo  de 
Medici  non  folo  in  quel  luogo ,  ma  intorno  intorno  a 
quella  Città  disfatte  le  mura  vecchie: le  quali  da  G  VX 
D  o  Pietramalefco  Vefcouo&  padrone  di  quella  Cit- 
tà furon  già  rifatte,  Et  oggi  per  ordine  di  quefto  Prin 
cipe  fi  vanno  gittando  per  terra,&  riducendo  fortifsi- 
me  alla  modcrn  a.  Aueua  Margaritone  non  fenza  gran 
difsimo  tempo  &  fatica  quafi  tutta  quefta  Chiefa  di- 
pinta,^ più  quadri,ne'quali  fi  uedcuano  figure  gran- 
di &  piccole  :&  ancora  che.elle  fufsino  lauorate  alla 
Greca ,  ci  fi  conofceua  dentro  vn'buon  giudizio ,  & 
xn  erandifamo  amore,  come  può  fai  fede,  quel  che 
°  kueck 


li  A  R  G  A  R  I  T  O  N  E.  ìfi 

Ci  uededi  Tuo  rimafto  in  quelIaCittà;&  mafiime in  fan 
Francefco  dbue  ora  é  meffa  in  vno  ornamemo  moxfer 
no  in  la  Cappella  della  Concezzione,vna  tauola  détto 
ui  vna  Noftra  donna  tenuta  da  que' frati  in  grandissi- 
ma venerazione  .  Fece  nella  medcfima  chiefa  alla  Gre 
ca  vn  Croci  fifìogrande,oggi  porto  inquellaCappella,. 
doue  èia  fhnza  degli  operai  :  ìlquale  e  in  fu  I'afTe  din- 
tornato  la  Croce  ;&  di  cpefta  forte  ne  fece  molti  per 
quella  Città .  Lauorò  nelle  monachedi  Santa  Marghe 
rka  vna  opera  che  ora  è  pofta  nel  tramezzo  della  Chie 
&  appoggiata  a  quello,  &  e  vna  tauola  con  ìlìoriedi  fi 
gure  piccole ,  da  lui  con  affai  miglior  maniera  che  le 
grandi  diligenza  &  grazia  condotte.Fece  per  tutta  la 
citta  pitture  infinite  ;  &  fuori  della  città  umilmente;  a 
Sargiano  conuento  ere  Frati  del  zoccolo. Et  in  vna  ta- 
vola vn'San  Francefco  ritratto  di  naturale ,  &  in  que- 
fìa  opera  fcriffe  il  fuo  nome,parendogli  più  del  fohto 
hauer  bene  operato .  Fece  in  legno  vn'Crocififfo  gran 
de  lauorato  a  la  Gì  ecajil  quale  fu  portato  a  Firenze  & 
porto  inSanta  Croce  tra  la  cappella  de'Peruzzi  &  quel 
la  de  Giugni  5  fopra  il  Pilafìro  che  regge  gli  archi  di' 
quelle .   Et  a  Sanghereto ,  luogo  fopra  Terra  nuoua 
in  Valdarno,  vn'altra  tauola  di  San  Francefco.Ma  ab- 
bandono finalmente  la  pittura  in  vecchiezza;  ÓV  diede 
fi  a  lauorare  Crocifìfsi  grandi  di  legno  tondi  :  &  molti 
ne  fecefinche  giunte  all'età  d'anni .  LXxvii;infaiìidito 
(per  quel  che  fi  diife)d'effer  tanto  virtù  to, vedendo  va 
riato  l'età  &  gli  onori  ne  gli  artefici  nuoui .  Fu  fcpolto 
Margaritone  nel  Duomo  vecchio  Fuori  d'Arezzo  ,. 
in  vna  cafla  di  Treuertino,  Fanno,  mcccx  vi  coi* 
«juefto  epitafio. 

fiic  iacet  Ole  bonus,  pittura  Mdrgaritonus  , 
Cui  retptem  Domimi  tradat  ubiquepius,. 


4» 


PARTE    I. 


GIOTTO    PITTOR 

FIORENTINO- 


Vello  ohligo  ifteflb,  che  hanno  gli  ar- 
tefici pittori  alla  Natura,laquale  con- 
tinuamente per  eiTempio  ferue  a  que- 
gli ,  che  cariando  il  buono  da  le  parti 
di  lei  piu  -mirabili  &  belle,  di  cótrafar 
la  Tempre  s'ingegnano  ;il  medefimo  fi 
deue  auere  aGiotto.  Perche  e  (Tendo 
{lati  fotterrati tanti  anni  dalle  ruine  delle  guerre  i  mo 
di  delle  buone  pitture,  e  i  (fintomi  di  quefie;egli  folo, 
ancoraché  nato  fra  artefici  inetti,con  celefle  dono, 
quella  ch'era  per  mala  via,  refuicitò,  &  redufTe  ad  una 
forma  da  chiamar  buona .  Et  miracolo 'fu  certamente 
grandilsimo  ,  che  quella  età  &grofla&  inetta  aueflc 
forza  d'operare  in  Giotto  fi. dottamente  chel  difègno, 
delquale  poca,o  nell'una  cognizione  aireuano  gli  huo 
mini  di  que'  tempi ,  mediante  fi  buono  artefice,  ritor- 
naffe  del  tutto  in  vita.  Et  nientedimeno  iprincipii  di 
fi  grande  huomo,  furono  nel  Contado  di  Fiorenza  vi 
cino  alla  Citta,  xiiii.  migliai  Era  lanno.MCCLXxvi.nel 
la  villa  di  Vefpigniano  vno  lauoratore  di  terre.,  il  cui 
nomefu  Bondonejilquale  era  tanto  di  buona  Fama 
nella  vita:  E  di  valente  nellartc  della  Agricoltura,  che 
neflbno  che  intorno  a  quelle  ville  abitafìe  era  fìimato 
più  di  lui.  Coftui  nello  aconciare  tutte  le  cofe;  era  tal- 
mente ingegnioiò  c,d'aiTai,che  doue  i  ferri  del  fuo  me 
fliero  adoperaua;  più  torto  che  rufticalmente  adopera 
ri  e  parefsmo;  ma  da  vna  mano  che  gentil  fuisi  dun  va 
lente  Orefice,o  intagliatore  moftrau ano  efferceferci 
tati.  Acoftui  fece  la  natura  dono  d'un  Figliuolo,  il 


GIOTTO  I$9 

quale  egYi  per  fùo  nome  alle  fonti  ùce  nominare  Giot 
to.  Quefto  fanciullo  crefciendo  danni  3  con  bonifìimi 
coftumi  &  documenti  moflrauaintutti  gliatti,  anco- 
ra fanciullefchi,  vna  certa  viuacirà  eprontezza  dinee- 
gnio  ftraordinario,  ad  vna  età  puerile ..    Et  non  folo 

f>er  quefto  inuaghiua  Bondone}ma  i  parenti  etutti  co 
oro  che  nella  villa  &  fuori  lo  cono/ceuano .  Perilche 
fendo  crefciuto  Giotto  in  età  di  x.anni  gli  aueua  Bon 
done  dato  inguardia  alcune  pecore  del  podere  ;lequa- 
li  egli  ogni  giorno,  quando  inun  luogo  &  quando  in 
vnaltro Tanaauapafturando;.  E  venutagli  inclinazio- 
ne da  la  natura  dellarte  del  difegniojlpeiTo  per  Te  laftre 
Et  interra  per  larena,difegniaua  del  continuo  per  fuo 
diletto  alcuna  cola  di  naturale  ;  o  vero  che  gli.  venifsi 
in  fantafia .    Et  coli  Aucnne  che  vn'giorno  Cimabue 
pittore  celebratilsimo  Transferendofì  per  alcune  lue 
occorrenze  da  Fiorenza  doue  egli  era  in  gran  pregio  • 
Trouo  inella,  villa  di  Velpignianc  Giotto  ,  ilquale 
inmentre  chele  lue  pecore  pafceuano  aueua  tolto  vna 
ladra  piana  &  pulita,&  co  vn  fallavo,  poco  apuntato, 
ritraeua  vna  pecora  di  naturale  fenza  e£ferli  infègnia- 
tomodo  nell'uno  altro  che  dallo  eftinto  della  natura. 
Perilche  fermatoECimabuej  e  grandifsimamente  ma 
rauigliatofi,  lo  domando  fé  volelfe  ftarfeco.Rifpofe  il 
fanciullo,  che  fe  il  padre  fuo  ne  foffe  contento  ch'egli 
contentifsimo  nefarebbe..  Laonde  domandatolo  a 
Bandone  con  grandifsima  inftanzia  ,  egli  di  fìngular* 
graziaglielo  Con  celle.  Et  inlìeme  a  Fiorenza  inuiati- 
S3non.  folo  in  poco  tempo  pareggiò  il  fanciullo  la  ma- 
niera di  Cimahue  ;  Maancora  diuenne  tanto  imitato- 
re della  naturatile  ne'tempi  fuoi  sbandi  affatto  quella 
Greca  goffa  maniera  :.&  nfufcito  la  moderna,&  buo 
na  arte  della  pittura;  &introduife  il  ritrar  di  naturale 
le  perfone  viuc  3  che  molte  centinaia  d'anni  non  s'era 

S    a 


I^O  PARTE    l. 

vfato .  Onde  ancor*  oggi  di ,  fi  vede  ritratto  nella  cap 
pella  del  Palagio  del  Podeftà  di  Fiorenza  l'effigie  di 
Dante  Alighieri,coetaneo  &  amico  di  Giotto,&  ama 
to  da  lui  per  le  rare  doticene  la  natura  aueua  nella  bori 
tà  del  gran  pittore  imprefle;  come  tratta  MeiTer'Gio- 
uanni  Boccaccio  in  Tua  lode ,  nel  prologo  della  nouei 
la  di  Mcflere  Forefe  da  Rabatta,  &  di  Giotto. Furono 
le  Tue  prime  pitture  nella  Badia  di  Fiorcnzala  cappella 
dello  Aitar  maggiore  nella  quale  fece  molte  cofe  tenu 
te  belle;  ma  particularmente  in  vna  floria  della  Noftra 
donna,quando  ella  eannuntiata  dal'angelomella  qua- 
le contrafece  lo  fpauentoela  paura  che  nel  {aiutarla 
Gabriello  la  fé  mettere  con  grandifsimo  timore  qua  fi 
in  fuga .  Et  in  Santa  Croce  quattro  cappelle,tre  porte 
frajlaC$agreftia,&  la  cappella  grande  nella  prima  edoue 
fi  fuonono  oggi  le  Campane,ui  e  fatto  di  fìia  mano  la- 
vita  di  San  Francefco  ;  &  laltre  due  vna  e  della  Fami- 
glia de'Peruzzi  &  laltra  de'Giugni,e  vn'altra  dall'altra 
parte  di  eflfa  cappella  grande.NellaCappelIa  ancora  de* 
fearoncelli  e  vnatauola  a  tempera,  co  diligenza  da  lui 
finita,dentroui  l'incoronazione  di  NoftraDonna  con 
grandifsimo  numero  di  figure  picciole,  &  vn  coro  da 
geli  &  di  Santi,  fatta  con  diligenzia  grandifsima:  &  in 
lettere  d'oro  fcrittoui  il  nome  Tuo.  Onde  gli  artefici , 
che  confideraranno  in  che  tempo  quello  marauiglio- 
fo  pittore,  fenza  alcun  lume  della  maniera  diede  prin- 
cipio al  buon  mododi  difegnare ,  &<del  colorire  ;  Sa- 
ranno sforzati  auerlo  in  perpetua  venerazione .  Sono 
anchora  in  detta  Chiefa  altre  tauole,&  infrefeo  molte 
altre  fi^ure,come  fopra  il  fepolcro  di  Marmo  di  Carlo 
Mafurpini  Aretino,vn'CrocifiiTo  co  la  noftra  Donna, 
&  San  Giouanni  &  laMagdalena  a  pie  della  Croce.F.t 
da  l'altra  banda  della  Chiefa  fopra  la  fepcltura  di  Lio- 
nardo  Aretino  vna  Nunziata  verfo  l'altare  maggiore  ; 


Giotto  141 

la  quale  è  ftata  ricolorita  da  altri  pittori  moderni  come 
nel  Refettorio  vno  albero  di  Croce ,  &  ftorie  di  San 
Lodouico,  &  vn'  cenacolo  ;  &  nella  Sagreftia  ne  gli  ar 
marii  ftorie  di  e  H  r  i  s  t  o  e  di  fan  Franceico.Nel  Car- 
mino alla  cappella  duSanGiouanni  Bautta  lauorate  in 
frefeo  tutte  le  ftorie  della  vita  Tua: Et  nella  parte  Guel 
fa  di  Fiorenza  vna  ttoria  della  fede  Chriftiana  in  frefc 
co,  dipinta  perfettifsimamente.Fù  condotto  adAfcefi 
a  finir  l'opera  cominciata  da  Cimabue;  doue  paffando 
da  Arezzo  lauorò  nella  pieue  la  Cappella  di  San  Fran- 
cefilo (òpra  il  battesimo;  &  in  vna  colonna  tonda, vici 
no  a  vn  capitello  Corintio  antico  bellifiimo  ,  dipinte 
vn  San  Francefco  &  San  Domenico.  Al  Duomo  ruor 
d'Arezzo  vnacappelluccia,  dentroui  la  lapidatone  di 
Santo  Stefano  con  bel  componimento  di  figure. Finite 
quefte  opere  fi  conduffe  ad  Aicefi,a  l'opra  cominciata 
aa Cimabue ;  doue  acquiftò  grandifsima  fama ,  per  la 
bontà  delle  figure.che  in  quella  opera  fece;  nelle  quali 
fi  vede  ordine,  proporzione,  viuezza,&  facilità  dona- 
tagli dalla  natura,&  dallo  ftudio  accrefeiuta.  Percio- 
che  era  Giotto  ftudiofifsimo,&  di  continuo  lauoraua, 
Et  allora  dipinfe  nella  Chiefa  di  Santa  Maria  de  gli 
Agnoli,  &  nella  Chiefa  d'Afcefi  de  frati  minori  tutta 
la  Chiefa  dalla  banda  di  {otto.  Senti  tanta  fama,&  gri- 
doni quefto  mirabile  artefice,Papa  Benedetto,  xn.  da 
Tolofà  die  volendo  fare  in  fan  Pietro  di  Roma  molte 
pitture  per  ornamento  di  quella  Chiefa  mandò  in  To 
fcana  vn  fuo  Cortigiano ,  che  vedette  che  huomo  era 
quefto  Giotto,  &  l'opere  fue.  Et  non  {blamente  di  lui, 
ma  ancora  degli  altri  maeftri^  che  fu  fsino  tenuti  eccel- 
lenti nella  pittura  &  nel  Mufaico.  Coftui  auendo  par- 
lato a  molti  Maeftri  in  Siena,&auuti  difegni  da  loro; 
capitò  in  Fiorenza  per  vedere  l'opere  di  Giotto,E  pi- 
gliar' pratica  feco:&  cofi  vna  mattina  arriuato  ì n  Bot- 

S     ili 


PARTI.    I. 


141 

tega  di  Giotto  che  lauoraua  ;  gli  efpofe  la  niente  del 
Papa;  &  in  che  modo  e'fi  voleua  valere  dellopera  Tua. 
Et  invltimo  lorichiefeche  voleua  vn  poco  didifè- 
enio ,  per  mandarlo  a  Già  Santità. Giotto  che  cortefif- 
fimo  era.  Squadrato  il  Cortigiano ,  prefe  vn  foglio  di 
carta:  &  in  quello  con  un  pennello  che  egli  aueua  in 
mano  tinto  di  rofìb;  fermato  il  braccio,  al  fìancho  per 
farne  conpaffo.  Et  girato  la  mano  fece  vntondo  fi  pa- 
ri di  fefto  &  di  profnlo ,  che  fu  a  vederlo  vna  maraui- 
elia  grandifsima.Et  poi  ghigniando,  volto  alCortigia 
no  gli  di{Te;Eccoui  il  difègnio.  Tennefibeffato  il  man 
dato  del  Papa,dicendo;  ho  io  auere  altro  difègnio  che 
quefto.  Rifpofe  Giotto.  Aflai  e  purtroppo,  è  quel  che 
io  ho  fatto  :mandatclo  a  Roma  inficine  con  gli  altri;Et 
vedrete,  fé  farà  conofciuto .    Partifsi  il  Cortigiano  da 
Giotto,&  quanto  e'pigliafle  mal  volentieri  quefto  af. 
funto,dubitando  non  effere  vcellato  a  Roma,  ne  fece 
fegnio-,  co'l  non  cifer  fatisfatto  nel  fuo  partire/,  pure, 
vlcito  di  Bottegav&  mandato  al  Papa. tutti  e  difegni, 
fcriuèdo  in  ciafcunoilnomeiEtdi  chi  mano^egli  erano. 
tanto  fece  nel  tondo  difegniato  da  Giotto;  &  nella  ma 
nierache  egli  l'aueua  girato,fenza  muouere  ilbraccio; 
&  fenza  fefte,fu  conofciuto  dal  Papa,&  da  molti  Cor. 
tigianiintendenti,quanto  egli  auanzafsedi  Eccellen- 
za tutti  glialtri  artefici  de'fuoi  tempi .  E  perciò  diuul 
gatali  quefta  cofa,ne  nacque  quel  prouerbio  familiare 
&  molto  ancora  ne  noftri  tempi  vlàtojTu  fei  più  ton- 
do chel  O.  di  Giotto.  Il  quale  prouerbio  nonfolo  per 
ilcafo  donde  nacque  fi  puodii  bello;  ma  molto  più 
per  il  fuo  fignificato  che  confifte  nella  anbiguita  del  to. 
do,che  oltra  a  la  figura  cir.culare  perfetta^  fignifica  an- 
cora tardità  &  groffezza  dingegnio.  Fecelo  dunque  il 
predetto  Papa  venire  a  Roma,onorandolo  grandeme 
te  &  con  premi  riconofcendolo,  doue  fece  la  Tribuna 


GIOTTO 


«45 


ii  San  Pietro,  &  vno  angelo  di  fette  braccia ,  dipinto 
fopra  l'organo  ;  &molte  altre  pitture,  parte  riftaurate 
da  altri  a  noftri  di;  &  parte  nel  rifondare  le  mura  nuo- 
ue,disfatte,&traportate  da  lo  edificio  delvecchio  San 
Piero  fin  fotto  l'organo  come  vna.Noftra  donna  che 
era  in  funnn  muro ,  il  quale  perche  ella  non  .andaiTe 
per  terra.  Fu  tagliato  attorno,Et  allacciato  co  traui  & 
ferri:  Et  murata  di  poi  per  la  fua  bellezza  dalla  Pietà& 
amore  che  portaua  allarte,  il  Gentilesimo  MeiTer  Nic 
colò  Acciaiuoli  Dottore  Fiorentino,  co  altrereftaura 
ziom.moderne.di  pittura  &  di  iìucchi  per  abellire  que 
ila  opera  di  Giotto.  Fu  di  fua  mano  la  Naucdel  mu- 
faico,fatta  fopra  le  tre  porte  del  portico ,  nel  cortile  di 
San  Pietrodaquale  fu  (ì  marauiglioIa,&  in  quel.tempo 
di  tal  difegno,d'ordine,  &  d  i  perfezzione  ;  che  le  lode 
Tniuerfalmente  datele  da  gli  artefici  ,&  da  altri  interi 
dentiingegniimeritamentefele  conuengono.  Fu  chia 
mato  a  Napoli.dal.ReRuberto,iI  quale  gli  fece  fare  in 
Santa  Chiara,chiefa..realejedificata  da  lui  ,alcune  cap- 
pelle: nelle  quali  molte  ftorie  del  vccchio,&  nuouo  te 
(lamento  fi  veggono. Doue  ancora  in  vna  cappella,  Co 
no  molte  ftorie  deirApocaliiTe,ordinateg!i  (per  quan- 
to fi  dice)  da  Dante,  fuor'ufcito  allora  di  Firenze  & 
condotto  in  Napoli  anch'egli,per  le  parti.  Nel  cartello 
del  ùouo  fece  ancora  molte  opere,  &  particularmente 
la  cappella  di  detto  Calréllo.Et  fu  Ci  da  quel  Re  amato, 
che  oltra  la  pittura  pigliò  grandifsimo  piacere  del  fuo 
ragionamento  :  auendo  egli  alcuni  motti ,  &  alcune  ri 
fpofte  molto  argute.  Come  fu  quando  dicendogli  vn 
giorno  il  Re,che  lo  voleua  fare  il  prim'huomo  di  Na- 
poli;^ per  ciò  gli  rifpofe  Giotto,fon  io  alloggiato  vi- 
cino a  porta  Reale,  per  eiTer'il  primo  di  Napoli.  Et  vn 
altra  volta,dicendogh  il  Re,  Giotto  s'io  fuife  in  te  ora 
che  £ì  caldo3tralafTerei  vn'poco  il  dipignere,riipofe  & 


,44  fARTE.     !. 

io  fé  fufsi  in  voi  Farei  il  mcdcfimo.   Fecegli  dunque  fa 
re  moke  cofe  invna  fala  che  il  Re  Àlfonfo  primo  rumò 
per  fare  il  Cartello;  &  cofi  nella  Incoronata.Dice{l,chc 
gli  fu  fatto  dal  Re  dipignere  per  capriccio  il  Tuo  reami» 
perche  Giotto  gii  dipìnfe  vno  afino  imbaftato,che  te- 
nera a  piedi  vn'altro  bafto  nuouo;  &  fìutandoIo,face- 
na  fegno,  di  desiderarlo:  &  fu  l'vno  &  l'altro  bafto,era 
la  corona  reale,&lo  feettro  della  pode{ta,Domandato 
dunque  Giotto  da'lRe,neI  preferirgli  quella  pitturai 
del  lignificato  di  quella ,  rifpofe  tali  i  fudditi  fuoi  efle 
re,&  tale  il  Tuo  regno;  nel  quale  ogni  giorno  nuouo  fi 
gnoredefiderauano.Ora  partitoli  da Napoh,fù  inter- 
tcnuto  in  Roma  dal  Signor  Malatefta  daRimir.i  ;  che 
condottolo  nella  Tua  Città  molti fsime  cofe  nella  Chic 
fa  di  San  Francefco  gli  fece  dipignere:  le  quali  da  Sigi- 
fmondo  figliuolo  di"Pandolfo,che  rifece  la  chiefa  tut- 
ta di  nuouo,  furono  guafte,&  rouinate  .  Fece  ancora 
nel  chioftro  di  detto  luogo,  a  l'incontro  della  facciata 
della  Chiefa,  la  iftoria  della  beata  Michilina ,  à  frefeo  ;. 
che  fu  vna  delle  più  belle,  &  eccellenti  cofe,  che  Giot- 
to faceffe;per leleggiadrifsime  confiderazioni,  che  eb 
be  quefto  rarifsimo  artefice  nel  dipignerla.  Perche  ol- 
irà la  bellezza  depanni,  &  la  grazia,  &  la  viuezza  del- 
le tefte  de  gli  huomini,e  delle  donne, che  fono  viuifsi 
me,e  miracolofe.  Egli  e  cofa  fmgularifsima  vna  gioua, 
ne  che  ue,bellifsima  quanto  più  efTer  fi  poflfa;  la  quale 
per  librarli  da  la  Calumnia  dello  adulterio  ,  giura  fo- 
pradivn'libro;congliocchi  fifsi  negli  occhi  del  pro- 
prio marito ,  che  giurarla  faceua  per  diffidanza  d'un 
fìohuol  nero  partorito  da  lei,  ilquale  in  niflun  modo, 
che  fuo  fune  poteua  credere.Coitei  (cofi  come  il  ma- 
nto moftra  lo  sdegno  &  la  diffidenza  nel  v.ifo)fa  cono 
fccre  con  la  pietà  della  fronte  &  de  gli  occhi,à  coloro, 
che  mtenr.ifsimam.ente  la  contemplanQjlamnocenzia^ 

&la 


GIOTTO  iqì 

&  la  (implicita Tua ,  &  il  torto  che  fé  le  faceua  in  farla 
giurare;,  enei  publicarla,atorto  per  meretrice;Mede- 
finiamertte  grandifsimo  affetto  fu  quel  ch'efprelTe  cjue 
fto  ingegnofifsimo  artefice,in  vn'infermo  di  certe  pia 
ghe:doue  tutte  le  femmine,che  viiono  dattorno,oifé 
fé  dal  puzzo,fanno  certi  torcimenti  fchifofi,  i  più  gra 
ziati  del  mondo .  Et  in  viValtro  quadro  vi  fi  veggono 
feorti  bellifsimi  fra  Vna  quantità  di  poderi  attratti;  Et 
émarauigliofifsimo  l'atto,  ehefàlafbpradetra  beata  a 
certi  vfurai,che  le  sborfàno  i  danari  della  vendita  delle 
fue  poilèfsioni,per  dargli  a'  poueri:  &  le  pare  che  i  de- 
nari di  coftor  putino  ;  Et  vi  è  vno  7  che  mentre  quegli 
amnouera»,pare  ch'accenna  al  notaio-,  che  fcriua;  &  col 
tenere  le  mani  foprai  denari,  fa  conofeere  con  garba» 
ti-fsima  confiderazione ,  l'afrezzione .  e  l'auarizia  fùa  ; 
Moftrò  Giotto  in  u<e  figure,  che  in  aria  fofteng  ano  l'a 
bito  di  San  Francefeenfigurate  per  i'obedienza,e  la  pa 
fcienzia.,  &  la  pouerti,molta  bella  maniera  di  panni  ;  i 
quali  con  bello  andare  di  pieghe3morbidamente  colo- 
rite fanno  conofeere  a  coloro,  che  le  mirano ,  che  egli 
era  nato,  per  dar  luce  all'arte  della  pittura  .  Ritraile  di 
naturale  il  Signor  Malatefìa  in  vna  naue,  che  pare  ui- 
uifsimoi  &  alcuni  marinai,  &  altre  genti,  che  di  pron 
tezza,&  di  affetto  nelle  attitudini  loro  fanno  conofee 
re  reccellenzia  di  Giotto,  come  fi  vede  in  vna- figura-, 
che  parlando  co  alcuni,  fi  mette  vna  mano  al  vifoi  fpu 
tando  in  mare .  E  certamente  fra  tutte  le  cofe  fatte  da 
Giotto  in  pittura ,  quella  fi  può  dire  effere  una  delle 
migliori  ;  perche  non  vi  é\  figura  in  cofi  gran  numero 
di  figure,che nonabbiain fé,  grandifsimo,è bell'artifi 
ciò:  &  non  fia  porta,  con  capricciofa  attitudine.  Et  pe 
io  non  mancò  il  Signor  Malatefìa,  viftofi  nafeere  nella 
fila  città  vna  delle  più  belle  cofe  del  mondo,premiarlo 
tonagni£camenifiLlodarlq ..  finiti  i  lauori  di  quel  fi* 


J46  PARTE    I. 

gnore  pregato  da  vn'Prior  Fiorentino,  che  allora  nel- 
la Chiefa  eli  San  Cataldo  in  quella  Citta,  era  dafuoi  fu 
periori  mandato;  che  egli  voleflfe.dipignerli  fuor  della 
porta  della  Chiefa,  vn  San  Tomafo  d'Aquino  chea 
fuoi  frati  legge  il e  lalezzione;  Eflo  per  l'amicizia  che 
{èco  aueua  non  mancò  di  fatisfarlo;  faccendoli  vna  pit 
tura  molto  lodeuole.Et  di  quini  partito  andò  aRauen 
na:&  in  fan  Giouanni  Vangelifta  fece  vna  cappella  a 
frefeo  lodatp  molto.  Tornofii poi  con  grandifsimo 
onere,  &  con  grandifsima  faculti  a  Fiorenza;  douein 
fan  Marco  fece  vn  Crocififfo  in  fu'llegnio  grande  lauo 
rato  a  tepera,maggiore  chel  naturaleyin  campo  doro  il 
quale  fu  meilb  a  mano  deftra  inxhieia  ;,&  vn  fimile  ne 
lece  in  Santa  Maria  Nouella ,  fui  quale  Puccio  Ca- 
panna fuo  creato  in  compagnia  diluì  lauorò:&  anco- 
ra oggidi  è  locato  foprala  porta  maggiore  nell'intrata 
della  chiefa.  Dipinfe  in  frefeo  nel  medefimo  luogo  vn 
San  Lodouico,fòpra  altramezzo  della  chiefa  a  man  de 
{tra  fbttola  fepoltura  de  Gaddi;  &  ne  frati  vmiliati  in 
ogni  fanti  vna  cappella:  3c  quattro  tauole.  E  fra  l'altre 
vna,  dentroui  vna  noftra  Donna,  con  molti  angeli  at- 
torno^ il  figliuolo  in  braccio:  &  vn  Crocififto  gran 
de  inlegno ,  dal  quale  Puccio  Capanna  pigliando  il 
difegno,  molti  per  tutta  Italiane  lauorò,auendo  prefà 
molto  la  pratica,  &  la  maniera  di  Giotto  .Nel  tramez- 
zo della  chiefa  in  detto  luogo  è  appoggiata  vna  tauoli 
na  a  Tempera  dipinta  di  mano  di  Giotto  con  infinita 
diligenza,&  con  difegno,  &  viuacità,dentroui  lamor 
te  di  noftra  J)onna,con  gli  Apoftoli,che  fanno  l'eflè- 
quie,  &  e  H  ri  s  t  o,  che  l'anima  in  braccio  tiene  ;  da 
gl'artefici  pittori  molto  lodata,  &  particularm^nte  da 
Michel'Agnolo  Buonarotijattribuendole  la  proprietà 
della  ftoria  eflere  molto  fimile  al  vero.  Oltra  che  le  at- 
titudini nelle  figure  con  grandifsima  grazia  dello  arte 


GIOTTO  I47 

£cc  fono  efprefTe.  Et  vermente  fu  in  que'  tempi  vn  mi 
racolo,il  vedere  in  Giotto  tanta  vaghezza  nel  dipigne 
re:  &  conflderareTcrùgli aueffe apprefò  queflarte3fèn 
za  maeftro.  Auuenne  che  per  atier  Giotto  nel  difegno 
fatto  vna  bellifsima  pratica,  li  fu  fatto  fare  molti  dise- 
gni :  &  non  folamente  per  pitture  ,  ma  per  fare  delle 
(culture  ancora.Come  quando  l'arte  de'Mercatati  voi 
fé  far  gettar  di  bronzo  le  porte  delBatifteo  di  fan  Gio- 
uanni  ;  Egli  difegno  per  Andrea  Pifàno  tutte  le  ftorie 
di  fan  Giouani  batifta;  che  e  quella  porta  che  volta  oe 
gi  verfo  la  Mifericordia*  Ma  quanto  e  valefle  nella  Ar 
chitettura ,  lo  dimoftrò  nel  modello  del  Campanile  di 
Santa  Maria  del  flore  .  che  effendo  mancato  di u ita  Ar 
noifo  Todefco,  capo  di  quella  rabrica y&  deflderando 
gli  operai  di  quella  ChiefàJEt  la Signioria  di  quella  cit 
ta  ;  che  fi  faceffe  il  campanile  ;  Giotto  ne  fece  fare  col 
fuo  difegniovn  modello  di  quella  maniera  Todefca, 
che  in  quel  tenpo  fi  vfaua&  per  auerlo  egli  ben  consi- 
derato inoltre  difegniò  tutte  fé  fiori  e  che  andauano 
perornamentoin  quella  opera. Et  coflfcomparti  di  co 
lori  bianchi  rofsi  &  neri  in  fui  modello  ;;  tutti  que'luo 
ghi  doue  aueuanO' andare  le  pietre,  &i  fregi  con  gran- 
difsima  dilio;enzia.&  ordinò  che'l  circuito  da  bafio  fuf 
fi  in  giro  di  larghezza  de  braccia  100;  ciò  è  braccia.25. 
per  ciafcuna  faccia  &  l'altezza  braccia  144.  nella  quale 
opera  fu  meffo  mano  l'anno,  m  e  e  e  x  x  x  1 1 11.  &  fegui 
tata  del  continuo  :  ma  non  fi  che  Giotto  la  potefsi  ve- 
der finita;  interponendofl  lamorte  fua  .  Mentre  che 
quella  opera  fi  andaua  fabricando.Fece  egli  nelle  mo- 
nache di  fan  Giorgio  ,  vna  tauola ,  &  nella  Badia  di 
Fiorenza  in  vno  arco  {opra  la  porta  di  dentro  alla  chie 
fà,tre  meze  figure:oggi  dalla  ignorantia  d'uno  Abbate 
fatte  inbiancare ,  per  illuminare  la  Chiefa',  Nella  fala 
grande  del  PodefU  di  Fiorenza  per  mettere  paura  ai' 

T    ii 


«4^  PARTE    I. 

popoli  dipinfè  il  Commune,  eh  e  rubato  da  moItr,do- 
uein  forma  di  giudice  con  lo  feettro  in  mano  a  federe 
lo  figura,  &  le  bilancie  pari.fopra  la  tefta,  per  le  giuiìe 
ragioni  miniftrateda  effo,  &  aiutato  da  quattro  figu- 
re.dal!aPortezza3con  l'animo  ;  dalla  Prudentia5conk 
leggi;  dalla  Giuflizia,con  l'armi-^  dalla  Temperanza, 
con  le  parole ,  pittura  bella ,  &  inuenzione  garbata  , 
propria,&  venfimile.  Partifsi  di  Fiorenza  per  fare  nel 
Santo  di  Padova  alcune  cappelle,doue  molto  dimorò  : 
perchefece  ancora  nel  luogo  dell'arena  vna  gloria  mo 
dana,la  quale  gli.diede  molto  onore.  Et  a  Milano  tra- 
sferitoci cjuiui  ancor  lauorò.e  a  Fiorenza  ritornatoli  al 
li  vnr.  di  Genaio  nel  m  e  e  e  x  xx  v  i.refè«l'anima  a  Dio 
onde  da  gli  artefici  pianto.&  a  Cuoi  cittadini  afiai  do- 
luto,non  fenza  portarlo  alla  fepolturaeon  quelle  efe- 
quie  onoreuoli;che  auna  tanta  virtù  com'era  quella  di 
Giotto  Ci  conuenifsi  ;  E  avna  patria  comeFiorenza  , 
degnia  duno  ingegnio  mirabile  come  il  fuo .  Et  cofì 
quel  giorno  nonreftò  huomo  piccolo  ,  o  grande 
che  non  faceffe  fegnio  con  Je  lacrime  oco'l  dolerfi  dei 
la  perdita  di  tanto  huomo..  Ilqualeper  le  rare  virtù 
che  in  luijriplenderono,  meritò,  ancora  che  e'foflfe  na 
to  di  fangue  vile,lode  &fama  certo  chiarifsiraa Jl  cam 
panile  di  Santa  Maria  del  Fiore  fs  fègukat©  &  tirato 
auanti  da  Taddeo  Gaddi  filo  dtfcepolo  in  fu  lo  fteffo 
Modello  ,di  Giotto  :  Et  è  opinione  di  molti ,  &  non 
ifeiocca  ,che  egli  de(fe  opera  alla  fcoltura  ancora,  at- 
tribuendogli ,  che'faceffedue  (toriettc  di  marmo, che 
fono  in  detto  Campanile  doue  fi  figurano.!  modi, e  i 
principii  dell'arti:  Ancora  che  altri  dichino,foLamente 
il  difegno  di  tali  ftorie  eflfere  di  fua  mano.Rjeitò  in  me- 
jnoria  della  fuafepoltura  in  Santa  Maria  del  Fiore  dal 
h  banda  finillra  entrando  in  Chieia ,  vn  mattone  di 
marmo,  doue  e  fepolto  il  corpo  fuo  J  difeepoh  fuoi  fu 
rono tadde.o (òpradetto,& pvccio  capan n-a, 


Giotto  i^ 

cke  in  Rimini  nella  chiefà  di  SanCataldo  de'frati  predi 
catori,dipinfe  vn'uoto  d'una  naue  che  par  che  affoghi 
nel  mare,con  gente  che  gettano  le  robe  nel  mare.  Et 
cuui  Puccio  di  naturale  >  fra  vn'buon  numero  di  mari 
nai.  Fu  ancora  fuodi  (crepolo,  otta  vi  ano  da  fa 
bnz  Arche  in  Sa  Giorgio  di  Ferrara/luogo  de  monaci 
di  Mote  Oliueto  dipinte  molte  coferEt  in  Faenza  fua 

f>atria  doue  egli  vifife  &  mori  dipinfè  nello  arco  Copra. 
a  porta  di  San  Francefco ,  vna  noftra  Donna  con  San 
Piero  &  SanPanlo.Et  g  vg  $  i  e  l  m  o  da  forli,che  fece 
molte  opere ,  &  particularméte  la  cappella  di  San  Do- 
menico nella  fua  città.  Furonofimilméte  creati  diGiot 

tOSlMON    SA  N  E  S  E,  S  T  E  FA  M  O    F  I  O  R  E  N  T  I  N  O,  & 

Pietro  cavallini  Romano;.&  altri  infiniti,!  qua 
li  molto  alla  maniera,  &  alla  imitazione  di  lui  s accorta 
rono.Reftò  nelle  penne  di  chi  fcriflTc  a  fuo  tépo.&  poi, 
tanta  marauigliadel  nomefuo,per  efler  flato  primo  a 
ritrouare  il  modo  di  dipignere,perduto  inanzi  lui  mol- 
ti annirche  dal  MagnificoLorenzo  vecchio  de'Medici 
facendoli  eglidi  quefto  maeitro  ogni  giorno  più  mara 
uiglia ,  meritò  d'auerc  in  Santa  Maria  del  Fiore,  la  efjjST1' 
gie  fua  fcolpita  di  marmo;  &  dal  diuino  huomo  McC 
fèrAngelo  Poliziano  lo  infraferitto  epitaffio  in  fua  lo- 
de:acciò  che  quegli,che  verranno  eccellenti.&  rari  in 
qualfi  voglia  profefsione,  debbino  valorofamcte  efer 
citarfi,per  auer.e  di  fi  fatte  memorie,meritandoIe,in  lo 
de  loro  dopo  la  morte,  come  fé  Giotto. 
llie  ego/mi,per  quem  Pittura  extìnSia  reuixit , 

Cuiquam  retta  mamt4,tamfuit,& facili* , 
Natura  deerat,noftr<ie  quoddefuit  arri  • 

Plus  licuit  nuUt  fingere }ne  e  meiius . 
Miraris  Turrtm  egregiamfacro  $re  fònantem 

Hxc  quoque  de  modulo  creutt  adaftra  meo , 
t>enique/iim  Jottus,quidopusfuit  illa  referre 

Hocmmcnlongicarmitysinjìarerit.  T     ii* 


i5o 


PARTE   I* 


STEFANO   PITTOR 

FIORENTINO. 


Ka  tanta  la  fama  della  nuoua  pittura  5, 
&  tanto  erano  onorati  gli  artefici  di 
quella:  perlemarauiglie,  che  Giotto 
faceuav a  paragone  di  quelli,  che  inan 
zi  a  lui  in  muri  e  in  tauole  aueuano  m 
perato;  che  molti  giouani  proti  &  vo 
lonterofi,  fi  metteuano  ad  imparar  ta- 
le arte;  fcioperandofi  da  tutto  il  refto  de  gli  eflercizii  ; 
&  fentendo  il  bene  che  del  continuo  ne  traeuano,  vo- 
lentieri vi  perfeuerauano.Fra  i  quali  fu  Stefano  pittor 
Fiorentino^  il  quale  con  l'opere  fue  di  gran  lunga  pa£ 
$ò  coloro ,  che  prima  di  lui  s'erano  affaticati  nell'arte  ; 
moftrando  il  valor  fuo  eiTere  di  tanta,  intellìgenzia  in; 
tale  efercizio,quanto  dì  minore  gli  inanzi  a  lui  erano 
itati  •  Imparò  Stefano  l'arte  della  pittura  da  Giotto ,  il 
quale  l'amò  molto  perii  coftumi  buoniy&perl'afsidii 
ità^che'  moftraua  in  ogni  dia  azzione,  che  per  tale  e£ 
fercizio  faceflfe  .La  onde  in  poco  tempo  dopo  la  mor 
te  di  Giotto,  lo  auanzò  di  maniera ,  d'inuenzione ,  & 
di  difegno  talmente,  che  ne  gli  artefici  uecchi  può  ve 
ramente  darfigli.  il  vanto  ;  poi  ch'egli  tolfe  atutti  l'o- 
nore ,  &  il  pregio .  Coftui  dipinte  a  frelco  in  Pila ,  la 
Noftra  Donna  del  campo  fanto:&in  Fiorenza  nel 
chioftro  di  Santo  Spirito  in  tre  archetti,  a  frefeo  lauo 
rò  di  fua  mano;  nell'unode  i  quali,  è  la  trasfigurazione 
di  e  h  R  i  s  t  o  con  Mofe  &  Helia  e  i  tre  difcepoli.Do- 
ue  Stefano  imaginandofi  lo  fplendore  che  abbagliò 
quegli,  figurandogli  in  ftraordmarie  attitudini,  cercò 


STEFANO    FIORENTINO  rjl 

auuiluppargli  di  panni;  &  nuoue  pieghe  facendo ,  ten 
taaa  ricercare  fotto,  lo  ignudo  della  Jigura.Feceui  fòt 
to  la  ftoria,quando  christo  libera  la  indemoniata: 
douetirò  inprofpettiua  vno  edificio  perfettamente, 
di  quella  maniera  allora  poco  nota  :  &  a  delira  forma, 
&  a  miglior  cognizione  la  ridufTe:  quiui  con  giudicio 
ftraordinario  modernamente  operando,  d'arte,d'inue 
Zione,  di  proporzione  &  di  giudizio  nelle  colonne, 
nelle  porte,  nelle  fineftre,  &  nelle  cornici,  fi  dimoerò 
talmente  eccellente,  &  da  gli  altri  maeftri  diuerfo.che 
mi  pare,  che  non  (egli  difconuengail,titolo,d'accorto 
&  di  fauio  inueftigatore  della  nuoua  maniera  moder- 
na. Imaginofsi  coftui  fra  l'altre  cofe  ingegnofe,  vna  fa 
lita  di  fcale  molto  difficili ,  lequali  in  pittura  ,&  di  ri- 
lieuo  muratey&in  ciafcun  modo  fatte, hanno  diiègno 
varietà,  Scmueazione  garhatifsima.  Sotto  quefta  nel- 
l 'altro  archettoe  vna ftoiia di  chrijt o,quando libe 
ra  San  Pietro  da'l  naufragio:  ou  egli  par  che  gridi:  Do 
mine  faluanos:  perimus;  cofà  giudicata  molto  più  bel 
la  dell'altre, e/fendoui  oltra  lamorbidezzade'panni, 
&  la  dolcezza  dell'aria  nelle  tette  delle  figure  ,  lo  fpa- 
uento  dellafortuna  del  mare ,  &  gli  Apertoli  percofsi 
da  diuerfi  moti  &  fantafmi  marini,  &  figurati  con  atti 
tudini  molto  proprie,  &  tutte  bellifsime.Et  benché  il 
tempo  abbia  confumato  le  fatiche  che  fece,  fi  conofee 
abbagliatamente  però,che  fi  difendono  da  la  furia  de' 
uenti,  &  da  l'onde  del  mare;  cofa  che  reftando  a  gli  ar 
tefici  moderni  per  opra  eguale  a  i  meriti  ,,&  degna  di 
fingularifsima  lode,douette  certo  ne'tempi  fuoi, parer 
miracolo  in  tutta  Tofcana .  Dipinfè  nel  primo  chio- 
fìro  di  Santa  Maria  Nouella,  vn  San  Thomafo  d'Aqui 
no  allato  a  vna  porta;  doue  fece  ancora  vn  Croci fiflò  ; 
ìlquale  è  (tato  da  altri  pittori  per  rinouarlo  in  mala  ma 
niera  condotto.Lafciò  fimilmentevna  cappella  in  chic 


IJ2.  PARTE    I, 

fi,  cominciata  Se  non, finita  y8c  molto-confùmata  dal 
tempo:  nellaqitale  fi  vede,quando  gli  Angeli  per  la  fu 
perbia  di  Lucifero,  piouuero  giù  in  forme  diuerfè:nel 
le  quali  con  quella  fatica  che  egli  potè  fece  gli  feortt 
nelle  figure.  Et  egli  fu  il  primo,  che  in  tale  difficultà 
moftiaife  in  parte,  quel  che  oggi  veggiamo  fare  da  gli 
{piriti  egregii  di  tal  meftiero;onde  coloro  lo-chiamaro 
no  per  fbpranome  feimia  della  Natura;contrafacendo 
quella  tanto  propria  &  viuacemente^  che  ancora  oggi 
da  que  che  lo  veggono^  e  tenuto  il  medefimo.  Fu  co- 
fìui  condotto  a  Milano}  douelauorando,a  molte  cofe 
diede  principio;  ma  finir  non  le  potette:  elTendofi  pes 
la  mutazione  dell'aria  ammalato  di  forte,  che  gli  con- 
uenne  tornare  a  Fiorenza.  Doue^,  elfendo  ritornato- 
nella  fua  prima  fanità ,  non  pafsò  molto  tempo  che  fur 
condotto  ad  ACce&>',  8t  quiui  cominciò  vna  ftoria ,  & 
meza  la  fini;  laquale  lauorò  con  fbmma  diligenzia ,  & 
con  (omino  amore.  Indi  ritornato  a  Fiorenza  per  alai 
nefacende,dipinfe  àGianfigliazzi  lungo  Arno  5  fra  la 
cala  loro  e'1  ponte  alla  Carraia  vn  tabernacolino  pic- 
ciolo in  vn  canto  che  v'è*  doue  figurò  con  tal  diligerla 
zia  vna  Noiìra  Donna,allaquale  mentre  ella  cuce,  vn» 
fanciullo  veftito  che  fiede,  porge  vno  vccello;  che  pe& 
picciolo  che  fia  il  lauoro,  non  manco  merita  lode,  cha 
fi  faccino  l'opere,  maggiori ,  &  da  lui  più  maeftreuol- 
mente  lauorate.  Stimafi,.che.  Mafb  detto  dottino  fof 
fé  fuo  figliuolojbenche  molti  per  l'allufione  del  nome» 
&  del  vocab^lo^o  tenghino  figliuol  di  Giotto. Ma  io 
per  alcuni  fìratti  c'hò  vitto;  &  per  certi  ricordi  di  buo 
na  fede,  fcrittLda  Lorenzo  Giberti ,  &  da  Domenico 
del  Gnllandaioj  più  toftoxredo  che'fbfle  figliuolo  di 
Stefano,  che  di  Giotto. Egli  fu  certamente  molto  par- 
co &  coftumato  nel  viuere;&  nella  virilità  fua  refe  l'a- 
nima al  cieloj  auendpfi  acquietato  Cfini'oDere  grandif 

jfin>& 


STEFANO    FIORENTINO  1$ 

/ima  fama. Puofsi  attribuire  a  coflur,che  dopoGiotto 
ponerTcla  pittura-in  grandifsimo  miglioramento:  per 
che  nella  inuenzione  fu  molto  vano  da  lo  ftile,  &  da 
la  maniera  di  Giotto.  Et  fu  più  vrrito  ne'colori,&  pii* 
sfumato ,  che  tutti  gli  altri  ;  &  non  ebbe  paragone  di 
diligenza  ne  tempi  fuoi.  Et  quegli  fcorti,ch'e  fece,  an 
cora  ehe  catti  uà  maniera  in  efsi  per  la  difficultà  del  far 
hi  mofbafte;  nondimeno  chi  éinuefligatore  delle  pri- 
me difficultà  ne  gli  efercizii,  merita  molto  più  nome, 
che  colorerìe'  fèguono  con  qualche  più  ordinato  com 
ponimcnto  .  Certamente  grande  obligo  fi  dee  auere  a 
Stefano,  perche  chi  camma  al  buio ,  &moflra  la  via  , 
&  gli  altri  rincnora;écagione,che  feoprendoi  pafsi  dif 
fìcili  di  quella ,  da'l  cattiuo  camino  con  fpazio  di  tem- 
po, li  pei  uenga  ài  defiderato  fme.La  onde  coloro  ehe 
con  gì udicio  considereranno  l'opere  ch'e  fece  nel  tem 
pò  dellofcuntà  dell'arte ,  aueranno  non  manco  grado 
alle  (ile  fatiche  ;  che  oggi  s'abbia  a  chi  apertamente  di- 
toioftra  i  lumi  delia-facilità  nelle  pitture  eccellenti.  Fu 
rono  l'opere  di  Stefano-lauorate  nel  mcccxxxvii, 
&  vifTe  xxxix  anni  ;  &  in  Santo  Spirito  di  Fiorenza 
fu  nella  fua  fepoltura  ripofìo^  con  quefto  epitaffio . 


STEFANO  FLORENTINO  PlCTORI  FACIVN*- 
DIS  IMAGINIRVS  AC  COLORANDO  FIGVRIS 
NVLLI  VNQJAM  INFERIORI  AFFINES  MO  F 
V* l SS  1 M I,  f.QS.   y IX.    A N.    XXXIX. 


»54 


PARTE.    I. 


VGOLINO   PITTOR 

SA  NE  SE. 


V  Felicifsima  l'età  di  Giotto,pcr  tut 
ti  coloro  che  dipingeuanojperche  in 
quella  i  popoli  tirati  dalla  nouità  ,  & 
dalla  vaghezza  deli*arte,che  già  era  ri 
dotta  da  gli  artefici  in  maggior  gra- 
do; auendo  le  religioni  di  San  Dome 
nico  &  di  San  Francefco  finito  di  fa- 
bricar  le  muraglie  de'conuenti,&  delle  Chiefe  loro;& 
in  quelle  predicando  del  continouo;tirauano  con  le 
predicazioni  ala  Chriftiana  fede,  &  a  la  buona  vita,  i 
cuori  indurati  nelle  male  opere;  &  quegli  efortauano 
ad  onorare  i  Santi  di  g  i  e  s  v  :  di  forte  che  ogni  di  fi  fa- 
bricauano  cappelle,&  da  gli  idioti  fifaceuano  dipigne 
re,  per  defideno  di  giugnere  in  Paradifo .  Et  cod  co- 
Rovo  col  muouere  gl'intelletti  ignoranti  de  gli  huo- 
mini,acomodauano  le  chiefe  loro  con  bellifsimo  orna 
mento.  Per  quefto,  Vgolino  Sanefe  pittore ,  fece  mol 
tifsime  tauole ,  &  infinite  cappelle  per  tutta  Italia;  te- 
nendo ancora  gran'parte  della  maniera  Greca  5  come 
già  vecchio  in  eflfa  ;  &  ancora  che  fofTe  venuto  Giot- 
to, nondimeno  aueua  come  caparbietà  duro ,  la  ma- 
niera di  Cimabue  in  grandifsima  .venerazione  ,  più 
che  quella  che  vsò  Giotto ,  come  nell'opere  di  Vgoli 
no  fanno  fede  in  Siena  le  tauole  laiioratecla  lui  ;  &  fi- 
milmente  in  Fiorenza  la  tauola  di  Santa  Croce  allo  al 
tar  maggi  ore,  in  campo  tutto  d'oro  :  Et  in  Santa  Ma- 
ria nouella  vn'altra  tauola  della  medefima  maniera; 
che  già  molti  anni  flette  a  lo  altare  della  cappella  mag 


VGOLINO 


m 


elore;  &  oggi  e  pofla  nel  capitolo;  &  data  allaNazio- 
nelpagnuola,  perfàr'quiuilafeftadi  Santo  Iacopo. 
Dipinfecoitui  molte  tauol e  grandi  per  la  Italia  ,&  di 
quefte  la  maggior  parte,  a  la  fòggia  medefima:&  mol- 
te ancora  fuori  de  la  Italia,  finite  tutte  con  bella  prati 
ca;  fenza  vfcire  però  punto  de  la  maniera  del  Tuo  Ma- 
eflro.  Et  di  quefte  non  farò  io  memoria  par.ticulare  , 
perefTercoftui,  vno  di  que'maeuri,  che  fttenne  fèm- 
ore al  modo  deuecchi.  Baiti  che  egli  ne  acqualo  buo- 
ne faculti,  &  che  diuenuto  vecchifsimo ,  potette  ben 
foftentarfi&  aiirtarficon  efife ,  ne  gli  incommodi  che 
apporta  feco  il  più  delle  volte  la  età  decrepita.  Et  che 
arriuatoa  quel  termine, fenza  auere  auutidifpiaceri 
di  importanza  nella  fua  profefsione ,  pafsò  finalmente 
di  quella  vita  L'anno .  m  e  ce  x  x  x  i  x.  Et  fu  fepoito  in 
Siena  con  quello  Epitaffio.. 

PiBor  Viuinus  iacet  hocjùb  Sdxo  Vgolinus 
Cui  ~DeM,*tern(tmtribu(tt ,  uitamfuefùpemani 

PIETRO    LAVRATI 

PITTOR.   SANESE, 

Randifsimocontentopruoua  certa- 
mente vn  pittore,  o  qual  fi  voglia  al- 
tro raro  ingegno,  effendo  chiamato 
fuori  della  patria  fua ,  per  onorar  l'ai 
trui  :  Et  fé  per  aduentura ,  quella 
truoua  più  nobile  di  coftumij,&  d'in 
gegni ,  &  di-  facultà  ,  incontinente 
tutto  fi>  ri  empi  e  di  gioia;  in  vederfì  premiare,  accarezz- 
iate, &  largamente,  onorare...  Perchepuò  veramente: 

"  "  V     il 


f$6  parte  r; 

coftui,  felictfsimoriputarfi  ;  confederando  molti  nella 
propria  patria,  per  eccellenti  cke  fiano,  effer  poco  fil- 
mati ;  &  quafi  da  ciafcuno  vilmente  il  più  delle  volte 
negletti;  fènza  riceuere  premio,  9  vedere  alcun  fègna 
d'onore;  Et  per  lor  mala  difgrazia ,  vmili  &  lenza  no- 
me alcuno  abietti  giacerli  Riceuendo  tutto  il  contra 
rio  d'ogni  loro  merito.  Ancora  che  ciò  non  auueniile 
in  maniera  alcuna  a  PietroLaurati  pìttor  Sanefè.Ilqua 
le  mentre  che  ville,  opere  lodeuoli facendo  primteia- 
mente  ornò  &  onore»  Siena  Tua  patriajindi  molte  altre 
città  di  Tofcana.  Et  prima  alia  Scala,  Spedale  di  Sie- 
na dipinfe  in  frefeo  due  iìorie,tmitando  la  maniera  di 
Giotto,  gii  per  tutta  Tofcana  ,  da  infiniti  maeftri 
dmulgata  ;  come  di  quel  Millefimo  oggi  ancora  affai 
numero  in  diuerfi  luoghi  fi  vede.  Dimoiti©  nel  fuo  la 
uorare  in  quelle  due  ftorie ,  vna  pratica  grande,&  ma 
eftreuolmente  rifoluta ,  molto  più  cheCimabue.,& 
Giotto,  &  gli  altri  flati  fino  a  quel  tempo .  Vederi  in 
dette  figure ,  quando  la  Vergine  Maria  faglie  igradt 
del  Tempio  accompagnata  da  Giouacchino,&  da  Ari 
Ra,&i  riceuuta  dai  facerdote.Et  nell'altra  lo  fpofalizio 
di  effa,  con  ornamenti  affai ,  &  le  figure  ben'panneg- 
giate,  ne  fuoi  abiti  fèmplieemente  auuoite.  Dimoitrò 
nelle  cofe  fue  maiefìà,  &  magnifica  maniera  :  effendo 
ilprimo  in  Siena,  chedipigneffe  in  frefeo  in  tauola,  la 
uorando  a'1  modo  migliore  ;  &  fc  conofeere  a  gli  arte- 
fici di  quella,  lui  effere  non  meno  pratico  che  diligen- 
te. A  monte  Oliueto  di  Chiufùri  dipinfe  vna  tauola  a 
tempera  ,pofk  oggi  nel  Paradifo  di  fono  la  chkfàrEt 
aFiorenza  dirimpetto  .alla  porta  finiltra  della  chiefa  di 
Santo  Spirito,  in  ful'eanto,  doue  oggi  uà  il  fxccaio,di 
pinfevn  tabernacolo;  ilquale  per  ìamorbidezza  delle 
tette,  &  per  la  dolcezza,  che  vi  fi  vede, merita  fomma 
mente  da  ogni  artefice  loda  &  onore .  Poco  da  poi  la- 


PIETRO    LAVRATI  I57 

tiorò  in  Cortona;  &  in  Arezzo  fece  nella  Badia  di  San 
ta  Fiora  &  Lucilla,  moniftero  de  Monaci  neri,  in  vna 
cappella,  vn  San  Tomafo,  che  cerca  a    e  h  r  i  s  t  o  la 
piaga;  &  nella  pieue  di  detta  città  la  tavola  dello  aitar 
maggiore  con  affai  figure  ;  nelle  quali  e'  moftrò  efler 
vero  &  buon'  maeftro.  LzCào  Tuo  difcepolo  barto 
lo  meo  bolghini  Sanefe;  ilquale  in  Siena  &pcr 
Italia  molte  tauole  dipinfe;&  lauorò  in  Fiorenza,quel 
la  eh  e  locata  fu  lo  altare  della  cappella  diSan  Salueftro 
nella  chi  e  fa  di  Santa  Croce .    Le  loro  pitture  furono 
nello  anno,  mgccxxxviiu. 


ANDREA    PISANO 

SCVLTORE. 


On  fiori  mai  per  tempo  neffuno  l'at- 
te della  Pittura,  che  gli  Scultori  non 
facefsino  il  loro  efèrcizio  ,  con  eccel 
lenza.  Et  di  ciò  ne  fono  teftimonii 
molte  cofe,a  chi  ben  riguarda  le  ope 
re  di  tutte  le  età:Si  come  ci  dimoftra 
alprefènte  nella  fuaAndrea  Pifàno. 
Il  quale  efercitando  la  fcultura  nel  tempi  di  Giotto,fe 
Ce  tanto  miglioramento  in  tale  arte;  che  &  per  prati- 
ca ,  &  per  iftudio,  fu  Mimato  in  quella  profefsione ,  il 
maggior  huomo  che  auefsino  auuto  infino  a  tempi 
fuoi  iTofcani  .  Per  ìlche  da  chiunque  lo  conob- 
be furono  talmente  onorate  8c  premiate  le  opere 
fue  ,&mafsimo  da'  Fiorentini;  che  non  glimcreb- 
bc  cambiar.  Patria 3  Parenti  facultati  &  Amici  • 

V     iii 


T. 


I5S  PARTE. 

Moftrando  quel  animo  valorofo,che  il  più  delle  volte 
fuoimoftrare  ogni  da  bene  Artefice;  quando  lauoran 
do  continouamenteé,  aiutato  dallaNatura,dagli  huo 
mini,  dalla  Pace  &  dal  premio.  Acoftui  giouò  molto 
quella  difficulta ,  che  aueuano  auuta nella  fcultura ,  i 
maeftri  che  erano  flati  alianti  a  lui .    Perche  aueuano 
vfato  di  fare  le  loro  (culture  fi  ime,  &  fi  dozinah,  che 
chi  le  vedeua  a  paragone  di  quelle  di  quello  huomo; 
allevia  molto  da  lodarlo .  Et  che  quelle  prime  tufferò 
goffe  ne  fanno  fede  alcune  che  fono  foprala  Pòrta  di 
San  Paulo  di  Firenze  ,  nell'arco  della  porta  principale, 
de  la  detta. chiefa  &  nella  chiefa  di  Ognifanti,  douc 
fono  alcune  cofe  lauorate  di  pietra, che fenza dub- 
bio muouono  più  tofto  gl'intelletti  d'altrui  a  riderli  ,. 
&a  farfi  beffe  dellefatiche  loro;  che  ad  alcuna  ma- 
rauiglia  di  tal  opere  .      Et  certamente  l'arte  della 
Scultura  fi  può  molto  meglio  ritrouare ,  quando  fi 
perdefle  lo  effer  delle  ftatue  ,  hauendo  gli  huomi- 
ni  il  viuo,  &  il  Naturale,che  e  tutto  tondo;  come  vuo 
le  ella  :  che  non  può  l'Arte  della  Pittura  ;  non  eflendo 
cofi  prefto,o  facile,  il  ritrouare  i  be'  dintorni>&  la  ma- 
niera buona  per  metterl'inluce.Lequali  cofe,nelle  ope 
re  che  fanno  i  pittori,  arrecano  Maiefta,Bellezza,Gra 
zia ,  &  Ornamento.  Et  ebbe  Andrea  nelle  fatiche  fue 
grandifsimo  vantaggio;  eflendo  ftate  condotte  in  Pi- 
fa  mediante  le  Molte  vittorie,che  per  mare,con  lelor 
Galee  &  legni ,  ebbero  i  Pifani  ;  Molte  Anticaglie  & 
Pili,  che  ancora  fono  intorno  al  Duomo,&  al  Campo 
Santo;che  gli  fecero  tal  lume  certamente:che  tale  non 

lo  potette  aucre  Giotto  da  le  opere  di  Cimabue,  &  de 
eh  altri  Pittori  ;  per  non  fieffer  conferuate  le  pitture 
antiche,  tanto  quanto >h  fcultura.Laquale  ancora  che 
fpeflb  fia  deftrutta  da'fuochi ,  da  le  rouine ,  dal  furor 
delle  guerre^  fotterrata  &  tranfpoi  Utain  diueifllua 


ANDREA   PISANO. 


I59 


ghi;  fpogliate  leppere  d'ogni  bello  artifizio  ;  fi  ricono 
(ce  nondimeno  dachi  intende  la  differenzia  delle  ma- 
niere di  tutti  ipaefi;  come  perefempio,la  Egizziae 
fbttile,  &  lunga  nelle  figure;  la  Greca,  e  artifiziofà,& 
dimolto  fludio  negli  Ignudi  ;&  letefle  hanno  quafi 
vna  aria  medefima.  Et  la  Antichifsima  de'  Tofcani  & 
deRomani3èbella  per  l'arie  per  le  attitudmi&  moti  per 
gli  ignudi,  &  peri  panni;  che  certo  hanno  cauatoil 
bello  di  tutte  quelle  Prouincie,&  raccoltolo  in  vna  Co 
la  maniera  ,  per  farla  apparire  la  più  diuina  di  tutte  le 
altre.  Doue  fpente  quelle  arti  fi  adoperaua  nel  tempo 
di  Andrea  quella,  che  da  Gotti,&da'Greci  goffi  ,  era 
(lata  recata  in  Tofcana .  Et  egli,  considerato  i!  Nuo- 
uo  dilegno  di  Giotto  &  quelle  poche  anticaglie  che 
gli  erano  note,  affottigliò  gran  parte  della  groflezza  , 
di  fi  feiaurata  maniera,  con  il  fuo  giudizio  ;  &  comin- 
ciò adoperare  meglio,  &  a  dare  molto  maggiore  bel- 
lezza, alle  cole  ;  fue;  che  non  aueua  fatto  ancora  nefTu 
no  altro  in  quella  arte,  infino  a  tempi  fuoi.Perilche  vi 
(lo  lo  ingegno ,  la  deilrezza  ,  &  la  Pratica  cominciò 
nella  Paria  fila,  ciò  e  in  Pi(à,ad  e  (fere  aiutato  da  molti; 
&  a  mettere  in  opera .  La  onde  fece  a  Santa  Maria  a 
Ponte  alcune  figurine  di  marmo,  di  fua  mano;  lequa 
li  gli  recarono  tal  Nome,che'  fu  ricerco ,  &  con  gran- 
ditsimain{lanzia,&pernon  piccoli  mezi ,  di  venire  a 
lauorarein  Firenze,per  la  opera  di  San  ta  Maria  del  fio 
re;  La  quale  aueua  all'ora  cominciata  ,la  fabbrica  del 
Campanile  ;  &  aueuano  careflia  di  maeflri,che  facefsi 
no  la  (Ione,  che  Giotto  aueua  difègnate ,  da  metterli 
nel  principio  di  detta  fabbrica.  Et  cofi  Andrea  penfàn 
do  fare  acquifto  nella  Roba,  fi  come  egli  aueua  fatto 
nella  arte;  fi  conduile  a  Firenze;  &  fca:  la  porta  di  dee 
to  campanile,  conquelle  figurette  che  fono  in  cima  di 
quellai&dipoifeguitòleiilonecheci  fono  intorno  j 

V     jiii 


\6o  PARTE   l. 

pero  che  quattro,  che  fono  frali  chiefa ,  Si  la  Torre 
del  campanile,  che  fi  conofeono  che  non  fono  Tue.  Se 
euita  di  fare  di  (bpra  in  certe  mandorleti  fette  pianeti; 
ìe  fette  opere  della  Mifericoi  dia,&  le  fette  feienzie  tut 
te  di  marmo  ,  ciò  e  con  figu  rette  piccole  &  di  baiTo'ri 
lieuo.  Et  acquetato  grandemente  più  fama  &  più  ma 
curia  ,prefeafare  dagli  operai  tre  figure ,  che  fono 
braccia^.che  andauanonel  campanile  nelle  Nicchie 
fbtto  le  fineltre  ;  &  finite  furonmeffe  fu  da  quella  baa 
da,  doue  oggi  ftanno  1  Pupilli;  ciò ,  è  verfb  mezo  gior 
no .  Le  quali  gli  feciono  acquiftare  tanta  grazia  aprefc 
fo  degli  operai ,  che  e'h  diedero  a  fare  due  altr?  figure 
di  marmo,  della  medefima  grandezza  *,  che  furono  il 
Santo  Stefano  &ilfanto  Lorenzo  che  fon  pofti  nel- 
la facciata  di  Santa  Maria  del  Fiore  in  fu  le  vltime  can- 
tonate de  Ila  facciata^  Le  quali  opereciafeuna  diper 
fej  &  tutte  in  fieme  feciono  fiinuaghire  di  quel  fuo  la 
uorare  quegli  che gouernauano  allora  lacirt.b  che  e* 
fu  fatto  ragionamento  fra  i  confoli  dell'arte  de'Merca- 
tanti  ,di  fare  al  Tempio  di  SanGiouanniJePortedi 
Bronzo;  di  vna  dele  quali  Giotto  aueua  fatto  vn'  dife 
cno  belhfsimo.  Et  coli  Andrea  prefo  animo  chiamata 
dalla  Signoria  di  Firenze ,  gli  fu  allogata  detta  porta  : 
per  eifere  egli  fra  tanti  che  aueuano  lauorato  infino  al 
l'ora,  tenuto  di  tutti  il  più  valente  di  giudicio,  di  fpe~ 
rienza,  &  di  pratica  y  non  foladi  quelli  che  fi  ritroua* 
uano  in  'Fofcana  .;  ma  in  tutta  l'Italia .  Laquale  opera 
lo  dtfpofe  totalmente  a  la  fatica ,  per  acquiitar  fama  & 
onore  ;Conofcendo  che  quello  era  il  più  degno  & 
onorato  lauoro,che  Ci  potefsi  mai  allogare adArtefice. 
Et  cofi  gli  fò  la  forte  propizia  nel  Getto,  che  in  termi- 
ne di  xxu.anni  códufie  tale  operatila  perfezzione  che 
fi  vede  .  Et  mentre  lauoraua  quefb  porta,fece  ancora 
il  Tabernacolo  delloAltare  maggiore:  di  San  Giouan-* 

oiicoo 


ANDREA  PISANO 


161 


nijcon  duoi  angeli  che  lo  mettono  in  mezo  ]  che  furo 
no  in  quel  tempo  tenuti  cofa  bellifsima.  Ma  per  torni 
re  onde  mi  fon  partito,dico  che  in  detta  porta  di  bron 
zo  fono  ftoriette  di  ba(To  riIieuo,da  la  nafcita ,  &  del- 
la uita ,  fino  alla  morte  di  S.Giouanni  Batifta .  le  qua 
li  conduffe  egIifelicemente,con  amore,  &  con  diligen 
zia  à  l'ultimo  fine  .  Et  fé  bene  pare  à  molti  che  in  tali 
iftorienon  apparifea  quel  bel difegno&  quella  giade 
arte,che  fi  fuol' porre  nelle  figuremon  merita  però  bia 
{imo  ma  lodegrandisfima,per  efTere  flato  il  primo ,  & 
per  auer  auuto  tale  animo,di  auere  condotta  a  perfez 
zione  quella  opera,  che  fu  poi  cagione  che  gl'altri  che 
uennono  dopo  lui,  hanno  fatto  tutto  quello  di  bello, 
di  difficile,&di  buono,che  nelle  altre  due  porte  ,  & 
negli  ornaméti  di  fuori,al  prefentc  fi  ueggono .  Que 
fta  opera  fu  porta  per  la  fua  fòmma  bellezza,alla  porta 
di  mezo  di  quel  tempio;&  ui  (lette  infino  à  che  Loré- 
zo  Ghiberti,fece  quella  cheui  è  al  prefente  :  Et  alo- 
rafu  leuata  ,&  pofta  di  rincontro  alla  mifericordia, 
cioè  à  mezo  giorno,doue  ancora  Ci  truoua.Meritò  du- 
cile Andrea  perle  onorate  fatiche  di  cotati  anni,  no  fò 
lamentepremiigrandifsimi,ma  &Ia  ciuilità  ancora: 
perche  fatto  dalla  Signoria  Cittadino  Fiorentino  & 
gli  furono  dati  vficii  &  magirtrati  in  quella  citta: Et  le 
opere  fue  furono  molto  pregiate^mentre  che  e'  uifle, 
&  dopo  la  morte  ancora:  non  Ci  trouando  neiTuno  che 
lo  paifafle  nello  operare,finoal  tepo  di  Niccolò  Are- 
tino^ di  Iacobo  da  la  Quercia  Sanefc,&  di  Donatel 
lo,&  di  Filippo  di  fer  Brunellefco,&  di  Lorezo  Ghi 
berti,i  quali  conduflono  le  fculture  che  e'  fecero ,  di 
manieratile  ei  feciono  conofeeee  à  popoli,in  quanto 
errore  egli  erano  ftati  infino  à  quel  tempo:  dimoitran 
dofi  coftoro  nelle  fatiche  loro  più  perfetti,&  rifufeita 
do  quella  uerauirtù  che  era  molti  &  molti  anni  ftata 

X 


%6Z  PARTE.    I. 

nafcofa,&  no  béconofcita  dall'intelletti  degli  huomi 
ni.Et  le  dette  opere  di  Andrea  furono  da  lui  lauorate 
circa  gli  anni  mcccxxxix  Lafciò  ala  morte  fua,di- 
fcepoli  afTai/ra  quali  fu  Giovanni  pisano  ar- 
chitetto5che  fece  il  difegno  &  la  fabbrica  del  capo  fan 
to  di  Pifa,&  il  Campanile  del  Diiomo:Similmente 
niccola  pisano»  che  fece  la  fbnte,&  il  Perga- 
mo di  San  Giouanni,ad  onore  del  quale  Niccola  furo, 
no  intagliati  queftì  uerfi.. 

^Annomtìlenojjis  centumjbisque  trideno 

Hoc  opus  in/igne fiulpfit  Nicola  Pifanus* 
BT  altri  difcepoli  ancora ,  de  quali  non  accade  fare 
memoria  altrimenti ,  fé  non  dire  che  e  condur- 
rò infinite  cofe  goffe  nella  facciata  di  Santa  Maria  del 
Fiore  di  Firenze,&  à  Pifa,à  Yinegia,à  Milano ,  &  per' 
tutta  Italiane  fecero  più  che  molte.Di  Andrea,  rima 
fé  n  i  N  o  fuo  figliuolo  ,  che  attefe  alla  fcultura;Et  in 
Santa  Maria  No u ella  di  Fii  eze  fotta  il  tramezo  fece 
di  marmo  una  noftra  Donna  dentro  à  la  porta  allato 
alìacapellade'Minerbetti.Cofìuifepeli  Andrea  fuo 
padre  in  Santa  Maria  del  Fiore  l'anno.  M  CCCX  L..' 
Et  gli  fece  nel  fepolcro  quefto  epitaffio. 

Inventi  .Andreas  iacet  hac  Pifanus  in  urna  : 
Marmore  quipotuitjpirantes  ducere  unirti*} 
Etfimulacra  Veum  meditò  imponere  templi* 
Ex  &re}ex  auro. candenti^  pulirò  elephanto- 


i*3 

BVONAMICO  BVF 

FALMACCO    PITTOR 

FIORENTINO. 


On  fece  mai  la  natura  un  burleuolc, 
&con  qualche  grazia  garbato,  ch'an 
cora  non  folle  à  cafo,&  da  ftraccura 
taggme  accópagnato  neluiuer  fuo. 
Et  nietedtmeno.fi  truouano  alle  uol 
te  coftoro  fi  diligenti,per  la  dolcezza 
deiramicizia,nelle  comodità  di  colo- 
ro che  amano;che  per  fare  1  fatti  loro,il  più  delle  uolte 
dimenticano  fé medefimi.Onde  fé  cofìoro  ufaffero  la 
aiìuzia  eh  e  lordata  dal  ciclo,fi  leuerebbono  dattorno 
quella  necefsitd,che  nafee nelle  uecchiezze  loro;&  ne 
gli  infortuni,  oue  fi  ueggono  incorrere  il  più  delle 
uolte  :  Et  ferbandofi  il  capitale  di  qua!  cofa  delle  fati- 
chadellagiouanezzaidméterebbeloro  comodità  ini 
li{sima&neceflaria,in  quel  tempo  proprio,oue  fono 
tutte  le  miferie  &  tutte  le  incomodità .  Et  certamente 
chi.c.iofà,j'afsicurabenifsimoperla  uecchiaia,  &  ui- 
ue  con  minor  (bfpetto,&  con  maggior  contentezza. 
Quefto  non  feppe  fare  Buonamico  detto  Buffalmac- 
co pittor  Fiorentino3celebrato  dalla  lingua  di  M.Gio 
uanni  Boccaccio  nclfuo  Decamerone.Fu  colini ,  co- 
me fi  sà,carifsimo  compagno  di  brvno,  &di  ca- 
landrino pittori,&  dotato  nella  pittura  di  buon 
giudicio .  Lauorò  nelle  monache  fuor  della  porta  à. 
Faenza  (  luogo  oggi  rumato  per  farui  il  Caflello)  tue 
ta  la  chiefa  di  fua  mano.Etpcr  efTcre  egli  figura  aftrac 
ta  nelueftire,comenel  uiuere,rare  uolte  portaua  il 
mantello  el  cappuccio. Onde  cominciando  l'opera3& 

x  a 


164  PARTE.    I, 

le  monache  per  la  turata,che  fatto  aueua  Buonamico, 
fpeifoguatando,non  fi  cótentauanodi  uederloin  far 
ietto.  Pure auendo  ilcaftaldo  lor  detto,  che  egli  era 
maeftro  molto  ualente  di  quel  meftiero  ,fène  flette 
ro  tacite  alcuni  di- Ma  di  nuouo  riuedendolo  pare- 
ua  loro  un  garzonaccio  da  peftar  colori.  Perche  fu 
Buonamico  dalla  Badeffa  richiefto ,  che  il  maelìro 
arebbonouoluto  ueder  lauorate,  &non  lui: Onde 
Buonamico  come  huomo  faceto, &  di  piaceuole  pra- 
tica, promife  loro,che  tolto  che  il  maeftro  ci  fofTe  fta- 
to,glie le  arebbe  fatto  intendere,  accorgendoti  della 
difTideza  che  le  monache  aueuano  dell'opera  fua .  Pre 
fo  dunque  un  defco,&  poftouene  fbpra  un'altro,mife 
all'ultimo  in  cima  una  brocca  d'adqua,  che  feruiua  ai 
lauoro  che  faceua;&doue  era  la  bocca  di  ella  pofe  il 
cappuccio  in  fui  manico,&  co'l  mantello  il  mezo  del 
corpo  coperfe,affibbiatolo  intorno  a  i  defehi  :  &  nel 
boccuccio  doue  l'acqua  fi  trae,pofe  un  pennello .  On- 
de da  una  banda  cantando  la  turata  della  telale  mona- 
che uedeuano  il  maeftro  dell'opera,che  pareua  che  di 
pignefle.Ma  eiTendo  elle  uenute  in  defiderio  di  ueder 
l'opera  che'  faceua ,  &  pafTati  più  di  quindici  giorni, 
che  Buonamico  non  c'era  capitato,  elleno  una  notte 
penfando  che  il  maeftro  non  ci  fofie,come  curiofè  ari 
darono  A  uederc  la  pittura  di  Buonamico  ;  &  ritroua- 
rono  la  loro  fempliciti  efler  mutata  in  gotìfezza .  Per- 
che {cornate  dalla burla,fecero  cercare  al  caftaldo  di 
Buonamico,ilquale  con  grandifsime  rifa  fi  riconduf» 
feallauoro;  dichiarando  alle  monache  la  differenza 
ch'era  da  gli  huomini  alle  brocche.  Ora  quiui  in  po- 
chi giorni  lauorando  fini  una  ftoria,di  ch'elle  ueduto 
la  fi  contentaron  molto,à  una  cofa  fola,  apponendoti: 
chele  figure pareuano loro  troppo  fmorticce.  Per  il 
che  BuonamicO)  ìlquale  aueua  incelò  che  la  Badcifa 


BVFFALMACCO  165 

aueua  una  boni/sima  ucrnaccia ,  che  per  lo  fàcrificio 
della  mefiafèrbaua3ledifle  edcrci  rimedio  ad  accon- 
ciarlecheauendo  uernacciajaqual  buona  fuflcjit  ope- 
randola ne'  colori, &  toccandone  le  gote  ci  corpo  del 
le  figure, le  farebbe  tornare  il  colore  più  uiuace,  che 
non  aneuano:di  che  ne  fu  fornito  mentre  che  durò  il 
lauoro.&  egli  fcceìe  figure  più  roiTe  co'i  colori,&  a  fé 
&  a  gli  amici  fuoi  il  colore  medefimamente  mantene. 
Finito  il  lauoro  delie  monache,dipinfe  nella  Badia  di 
Settimo  alcune  iftorie  di  S. Iacopo, a  monaci  di  quel 
luogojà  i  quali  fece  in fmitifsime  burle,  &  molte  piace 
Uolezze. Lauoro  à  frefeo  in  Bologna  in  S.  Petronio  la 
capello  de  Bolognini, con  molte  iìtorie  &  gran  nume- 
ro di  figure:doue  tanto  fatisfece  à  quel  gcntil'huomo 
che  lo  faceua  lauorare,chc  oltre  al  premio  che  non  fu 
piccolome  acquilo  beniuolenzia  &  amore  perpetuo. 
Appretto  fu  da  molti  fignori  per  Italia  chiamato  ,  per 
la  fua  garbata  maniera,  &  per  far  burle  5  &  per  tratte- 
ner cicalando  gli  amici. Fece  ancora  in  San  Paoloà  Ri 
pa  d'Arno  in  Pila  certi  lauori3&  i  n  campo  Santo  alcu- 
ne itorie,doue  comincia  il  principio  del  mondo  .  Fu 
coftui  tèmpre  familiare  &  domeftico  di  Mafo  del  Sag 
gio3&  la  fua  bottega  era  del  continuo  piena  di  cittadi 
nijtirati  dalle  cofluipiaceuolezze^econdo  che  fi  ue- 
de  nella  nouella  di  maelìro  Simone3quando  lo  manda 
rono  in  corfo3&  fimilmentc  nelle  gioftre  fatte  a  Cala- 
drino.Dicefi  che  auendo  egli  promefTo  in  Valdimari 
na  à  un  contadino3lauorare,un  San  Chrifìofàno,ne  fé 
ce  fare  d'accordo  con  effoluiin  Fiorenza  uno  iflru- 
mento  rogato3che  lo  douefìc  fare  per  prezzo  d'otto 
ducati, &  la  figura  doueua  efìere  dodici  braccia.  Arri- 
uato  Buonamico  a  la  chiefà  per  farlo ,  trouò  che  ella 
non  era  più  che  noue  braccia  in  tutta  l'altezza .  Doue 
ne  di  fuori^ne  didentro  potendo  accomodarlo ,  fi  ri- 

X    iii 


l66  PARTE.   I. 

folfe.poi  che  non  ci  poteua  capir  ritto^di  farlo  dentro 
inchiefaà  giacere,&  cofilofece.Onde  il  contadino  (I 
dolfedi  Buonamico  in  giù  dicio  all'arte  de  gli  fpeziali, 
ma  per  lo  cotratto.,che  aueuano  fatto  infieme,fu  giudi 
cato  ch'egli  auelfe  il  torto.  A  Calcinala  ancora  dipin- 
fe  una  Noitra  Donna  a  frefco  co'l  figliolo  in  braccio, 
la  quale  finitamon  potendo  trarre  1  danari  di  mano  al 
contadino/uedendofi  trattenere,&  alla  fine  uccellare 
deliberò  ualerfene.Et  una  mattina  partitoli  da  Fioren 
za,&à  Calcinaia  inuiatofi ,  conuertì  il  fanciullo,  che 
la  Vergine  aueua  in  collo,con  tinta  fenza  colla  ò  tem- 
pera,^ uno  orfacchino.Doue  il  contadino  preffo  che 
difperato, ritornando  per  Buonamico  della  prima  ope 
ia  fatta,&  della  feconda  eh  a  fare  aueua,lo  pagò  intera 
mente.  Et  egli  con  una  /pugna  bagnata  lauòla  tinta, 
che  ui  aueua  mefla  di  fopra,&  allegro  co'  meritati  da 
nari  fé  ne  ritornò  a  Fiorenza.Fece  infinite  altre  burle 
Buonamico,lequali  lungo  farebbe  &  fuor  di  propoli 
to  a  raccontare,bafta  che  le  figure  fue  furono  {limate 
boni(sime,et  da  quegli  che  dopo  lui  fono  (tati,fempre 
auute  in  pregio  grandifsimo.  Fini  il  corfo  della  uita 
fua  nell'età  d'anni  lxv  ni,  &  dalla  mifericordia  fò- 
vienuto,in  Santa  Pvlaria  N  uoua  di  Fiorenza  ordinaria 
mente,fu fepolto  nelle ofla,l'anno mcccx L.Dolfe uè 
ramente  à  molti  la  perdita  di  Buonamico,ilquale  con 
le  piaceuolezze  fue  ti  attenne  del  continuo  i  fuoi  citta 
di  ni, &  gli  artefici,facendofi  conofeere  non  meno  mi- 
rabile neH'arte,che  faceto  ne  i  coftumi.Onde  dopo  la 
fua  morte  fu  alcuno  che  cofi  fcriffe  di  lui. 

Vt  mambus  nemo  mclim formare  figura*  , 
Sicpoterat  mmo  nel melìora  Io^hì, 


167 

AMBRVOGIO  LO 

RENZETTI     PIT- 
TO R     SANESE. 

Randiisima  fenza  dubbio  e  l'obli- 
gazione,che  douerebbono  auerdel 
continuo  alla  natura  &  al  cielo ,  gli 
artefici  di  bellissimo  ingegno .  Ma 
molto  più  grande  douerebbe  efìer 
a  lanoftra  uerSo  loro;ueggendo  ch'e- 
ghno  con  tanta  Sollecitudine ,  riem- 
piono tutte  le  città  di  proporzionatifsimc  febriche,  & 
di  uaghifsimi  componimenti.Et  s'arrecanoil  più  del- 
le uolte  grandissima  fama,  Se  grandissime  ricchezze 
nelle  cafe  loro,non  togliendosi  punto  dall'arte,  laqual 
co  fa  ueramente  mife  in  efecuzione  Ambruogio  Lore 
zetti  pittorSanefè,ilqualefuinuentore  molto  consi- 
derato nel  comporre,&  Situare  in  iftoria  le  Tue  figure. 
Di  che  ne  fa  nero  testimonio  in  Siena  ne'  frati  Minori 
unaiftoria  leggiadrifsimamente  dipinta  da  lui,  che 
tien  tutta  la  facciata  d'un  -chioftro;  figurando  in  quel- 
la,^ che  maniera  ungiouanefif»  frate,&in  che  mo- 
do egli  Se  alcuni  altri  iranno  a'1  Soldano ,  Se  cjuiui  lo-' 
no  battuti, &  fentenziati  alle  forche,  &  impiccati  ad 
uno  albero, Se  finalmente  decapitati, con  la  fbpragiun 
ta  d'una  orrenda  Se  fpauenteuole  tempera.  Nellaqual 
pittura  con  molta  arte  contrafece  deftriSsimamente  il 
rabbarufìamento  deH'aria,&  la  furia  della  pioggia,  Se 
de' uenti,ne  trauagli  delle  figureida  lequali  i  moderni 
maeflri  hanno  imparato  il  modo-&.  il  principio  delta 
inuenzione, per  laquale  come  inufitata,anzi  prima,, 
meritò  egli  comedazione  infinita. Fu  Ambruogio  pra* 


l68  PAfcTE.   I. 

tico  coloritore  a  frefco,&  nel  maneggiare  à  tempera 
icolori,operò  quegli  del  continuo  con  deprezza,  & 
co  facilità  gradejcome  fi  uede  ancora  nelle  tauole  fini- 
te da  lui  in  Siena ,  allo  fpedaletto,per  fopranome  Mo 
na  Agnefa,nelquale  dipinfe  &  finì  una  ftoria  con  nuo 
uà  &  bella  compofizione.  Et  allo  fpedal  gràde,fece  la 
Natiùità  di  Noftra  Donna  in  muro.Et  ne  frati  di  San 
to  Agoftino  di  detta  città  il  capitolo,&  nella  uolta  fi 
ueggono  figurate  di  fua  mano  parte  delle  ftorie  del 
Credo.Indi  nella  facciata  maggiore  fono  tre  ftorie  di 
Santa  Caterina  Martire ,  quando  difputa  col  Tiran- 
no in  untempio,&  nel  mezo  la  pafsion  dicHRiSTO, 
con  i  ladroni  in  croce,&  le  Marie  da  baflb,che  foften 
gono  la  Vergine  Maria  uenutafi  meno  .  Lequali  cole 
furono  finite  da  lui  con  a  (fai  buona  grazia,  &  con  bel 
la  manicra.Fece  ancora  nel  palazzo  della  Signoria  di 
Siena,in  una  fala  grande,la  Guerra,la  Pace,&  gli  acci 
denti  di  quelle,doue  figurò  una  Cofmografia  perfet- 
ta,fecondo  que'  tempi. Et  più  fi  ueggono  nel  medefi- 
mo  palazzo  otto  ftorie  di  uerdeterra,  lauorate  eccel- 
lentemente da  lui.Dicéfi  che  mandò  ancora  à  Volter- 
ra una  tauola  à  tempera, che  fu  lodatifsima  cofa  in 
quella  città. Et  à  Maffa,lauorando  in  compagnia  d'al- 
tri una  capella  in  frefco,&  una  tauola  à  tempera ,  fece 
conofcere  à  coloro,quanto  egli  di  giudicio,  &  d'inge 
gno,nell'arte  della  pittura  ualefìe.  Finita  tale  opera  fi 
partì,  &  a  Fiorenza  capitando,per  tornarfcne  à  Siena, 
defiderofo  uedere  le  lodate  opere  de  gli  artefici  nuoui 
Fiorentini,feceinSanProcolo,nella  detta  città,  una 
tauola,&  una  cappella  dentroui  le  ftorie  di  San  Nicco 
lo  in  figure  piccole  a  contemplazione  de  gli  artefici 
pittori  amici  fuoi,curiofi  di  uedere  il  modo  dell'ope- 
rar fuo,&  in  breue  tepo,come  deftro  et  pratico  di  tale 
arte^ad  ultimo  fine  conduflè  tutto  il  lauoroxhe  gli  co 

fermò 


AMBRVOGIO    LORENZETTI  169 

fermò  il  nome,  &  accrebbe  riputatione  infinita.   Fu 
gravemente  Rimato  Ambruogio  nella  Tua  patria ,  no 
tanto  per  eflerperTona  nella  pittura  irniente,  quanto 
per  aueredato  opera  àgli  ftudi  delle  lettere  umane 
nella  Tua  giouanezza.Lequali  gli  furono  tanto  orna- 
mento nella  uita,in  compagnia  della  pitturarne  prati 
cando  Tempre  con  literati  &  ftudiofi,Tu  da  quegli  con 
titolo  d'ingegnofo  riceuuto,&  del  continuo  ben  ui- 
fto.&Tumefìbin  opera  dalla  Republica  ne'  gouernì 
publici  molte  uolte,&  co  buon  grado  &  co  buona  uè 
nerazione .  Furono  i  coftumi  Tuoi  molto  lodeuoli,  de 
come  di  gran  Filofofo,aueua  Tempre  l'animo  diipofto 
a  contentare  d'ogni  cofà,che  il  mondo  gli  daua,  e'1  be 
ne  e'1  male  fin  ebe  uifTe  fòpportò  con  gradisTima  pazié 
zia.Coilui  co  beila  grazia  nell'ultimo  di  Tua  uita,Tece 
una  tauola  in  monte  Olmeto  di  ChiuTuri.  Furono  du 
que  le  pitture  di  quefto  artefice  nel    mcccxli.    Et 
egli  in  età  d'anni  lxxxiii.  Telicifsimamente  &  chri 
Pianamente  parso  da  quelta^all'altra  uita;  &  Tu  pianto 
da  tutti  quegli  che aueuano  pratica  con  efi"olui,&i 
Tuoi  cittadini  per  l'onore,  ch'egli  nell'una,  &  nell'al- 
tra Tcieza  aueua  Tatto  alla  patria,della  morte  di  lui  infi 
nitamente,&  per  molto  tempo  fi  dolTero,  come  fi  ue- 
deper  la  ini  èrizzione  ch'efsi  gli  Tecero,cio  è. 

lAmbrofii  interìtum^mfcttis  dolatt  ? 
QuiutHOSinobis  long*  <etate  mortuos 
RMtuebat  arte,ac  magno  mgenio, 
Pi£lur*dccu$m(uajìr<idejuper, 


170 

PIETRO     CAVAL 

LINI     ROMANO 

PITTORE 

R  A  già  ftataRoma,annipiu  di  fei- 
cento3nó  {blamente  priua  dele  buo- 
ne lettcre,&  dela  buona  gloria  del- 
l'armi;ma  cziadio  di  tutte  lefcienze, 
&  di  tutte  le  uirtu  ,  &  d'ogni  buono 
artefice:  pure  quado  Dio  uolfè  le  die 
de  uno,che  l'ornò  grandemente.Co- 
fìui  fu  dipintore,&chiamofsi  Pietra  Cauallini  Roma 
no,perfettifsimomaeftrodiMufiiu:o;laquale  arte  in- 
fame con  la  pittura ,  apprefe  da  Giotto ,  nel  lauorare 
che  aueua  fatto  con  elfo  luimella  naue  del  Mufàico  di 
San  Pietro  ;  Et  fu  il  primo ,  che  dopo  lui  illuminale 
quefta  arte.Fu  di  ottima  uita,&  certo  nella  fua  città, 
£u  Tempre  di  grandifsima  utihtà,&  uiflfe  reputatifsima 
mente.CoftuifeceinRomale  Tue  prime  pitture  3& 
dipinfe  in  Araceli  fopra  la  porta  della  fagreftia  florie, 
che  fono  ora  molto  còfumate  dal  tepo;  &  in  Scita  Ma 
ria  di  Trafteuere  fece  moltifsime  cofe,coloi  ite  per  tue 
talachiefainfrefco.Etlauorando  alla  capella  mag- 
giore di  mufaico,in(ìeme  conia  faccia. dinanzi  della 
chiefa5moitrò  nel  principio  di  tale  opera,fenza  l'aiuto 
di  Giotto,faperla  non  meno  efercitare,  &  condurre  à 
fine,che  e  fi  faceffe  là  pittura.Fece  ancora  in  San  Gn- 
fogono  per  la  chiefa  uarie  ftorie  à  frefco,in  più  pareti 
di  muro5&  fi  sforzò  Tempre  di  farfi  conofecre,  per  ot- 
timo difcepolo  di  Giotto,&  per  buono  artefice  .  Co- 
ftui  dipinfe  in  Santa  Cicilia  nel  medefimo  Trafteue- 
yeac.uafi  tuttala  chiefa  di  fua  mano  5  poi  lauorò  nelb 


PIETRO   CAVALLINO  \yt 

eniefà  di  San  Francèfco,appreffo  Ripa  molte  altre  co 
fé .   E  in  San  Paulo  fuor  di  Roma,  fece  la  facciata  del 
Mufàico,che  u'è,&  perla  natie  del  mezo  u'intcrpofè 
molte  ftone  del  Teftamento  uecchio  .  Et  lauorando 
pur  nel  Capitolo,  dentro  nel  primo  chioftro ,  di  fu  a 
mano  in  frefco  con  diligenza,gli  fu  dato  di  quei  clic 
miglior  giudicio  in  tale  effercizio  aueuano  nome  di 
grandifsimo  maeftro.Ma  da' preiati  fu  fauorito  talmc 
te,che  n'ebbe  mfinitifsime  lode ,  et  gradifsima  utilità. 
Perche  e' furono  cagione  di  fargli  fare  la  facciata  di 
San  Pietrosi  détro  fra  le  fìneitre.Tra  lequali  moflrò 
di  grandezza  fìraordinaria,  à  ufo  delle  figure ,  che  in 
quel  tempo  non  s'ufàuano  molto,i  quattro  Euange- 
hftilauoratiàboniisimofrefco,&un  San  Pietro  ,  & 
S.  Paulo,e  in  una  natie  da  lato,buon  numero  di  fìgu- 
remelle  quali  per  molto  piacergli  la  maniera  greca  ,  ef 
fa  mefcolò  fempre  con  quella  di  Giotto. Et  per  dilet- 
tarli di  dar  rilicuo  alle  figure,in  quelle  maitre  il  defl- 
deriojche  fempre  ebbe  in  migliorarci  quello  che  po- 
tè l'arte  della  pittura,permo(trarfi  amator  delle  fati- 
che^ dilettartene  molto. La  bontà  dcllequali  gli  fe- 
ce utile  in  uita,&  diede  fama  &  onore  grandifsi- 
mo al  nome,dopo  la  morte.   Lauorò  colini  in  diueru" 
altri  luoghi  per  Roma,&  fuor  di  efTa,&  condotto  al- 
l'età d'anni  lxxv.   fé  ne  mori  di  mal  di  fianco,  prefb 
nel  lauoro  in  muro, per  la  umidita  di  quello,  &  per  lo 
fìar  continuo  à tale  efercizio.  Furono  le  fue  pitture 
nel  mcccxliiii.  &  effo  fu  fèpoltoin  San  Paulo 
fuor  di  Roma  con  onoratifsimeefèquie,&  con  cota 
le  epitaffio. 

Quantum  Romano  Petrus  decus  addidit  urbi 
Pitturtjmum  dat  decus  tpftpolo, 

Y    u 


*7: 


paKte  V 


SIMON    SANESE 

PITTORE. 


Elicifsimi  fi  poffono  dir  gli  artefici, 
che  oltra  l'eccellenza  dell'arte  ioro,{o 
no  il  più  delle  uolte  accompagnati 
dalla  naturaci  getilezza,  &  di  bonif 
fimicoftumi.Mapiu  felici  ancora  fi 
poflbno  chiamare,  quando  nafcendo 
al  tempo  di  qualche  dotto  ,  o  raro 
poetagli  diuentano  amici:  Perche  oltra  il  dolce,  & 
uirtuofo  trattenimento  della  prafica  loro, nel  fargli 
un  picciol  ritratto,  od'altra  qual  fi  uoglia  cofa  dell'ar- 
te,fpeiTo  poi  ne  ritraggono  fcritti  del  loro  purgato,et 
eterno  inchionro,in  lode  delle  eccelleti  pitture  loro, 
lequalidiuengono  eterne, doue  erano  prima  mortali. 
Laonde  fin  che  durano  gli  fcritti  loro,efsi  medefima- 
mente  in  uen erazione  e  in  pregio  fi  conferuano  .  Per- 
che le  pitture ,  che  fono  in  fuperficie  &  in  campo  di 
colore,nonpo(lonoauere  quella  eternità  che  danno 
ì  getti  di  bronzo,&  le  cofe  di  marmo  allo  fcultore.  Le 
quali  ancora  che  tacciano,recano  per  la  loro  eccelleti 
za,&  marauiglia  &  ftupore,  ad  ogni  perfona  intellige 
te  in  tale  arte.Fu  adunche  quella  di  Simone  grandifsi 
mauentura,oltralafuauirtuuenireal  tempo  di  M. 
Fraccfco  Petrarca,&abbatterfiin  Auignonealla  cor 
te,doue  trouò  quefto  amorofifsimo  poeta,defidero{b 
di  auere  laimaginedi  Madonna  Laura,  ritratta  con 
bella  grazia  dalle  dotte  mani  di  maeftro  Simone.  Per- 
che auendola  poi  come  defideraua,  ne  fece  memoria 
ne  due  fonettijl'uno  de  i  quali  comincia. 


1> 


SIMONE   MEMMJ. 

Ver  mirar  Volkleto  a  proti a  fi/o 

Congli  altroché  ebberfama  diquelfarte, 

Et  l'altro} 
Quando gimfe  a  Simon  Catto  concetto, 
Ch' a  mio  nomeglipofi  in  man  lojìtle-. 


'73 


E  T  in  uero  quelli  fonetti  hanno  dato  più  fama  alla 
poucra  uita  di  Maeftro  Simone,  che  quanti  pagamen 
ti  gli  furono  mai  fitti ,  per  lefue  opere  ,  &  perle  fue 
uirtìi. Perche  quefti  Ci  confumano  tofto,et  quella  men 
tre  gli  fcritti  uiuono,uiue  anch'ellacon  eflb  loro.Era 
maellro  Simon  Memmi  Sanefe  fìngulare  maeftro  ,  & 
bonifsimodipintore,&  molto  ftimato  da  i  prelati  in 
quel  tempo. Et  quefto  nacque,perche  dopo  la  morte 
di  Giotto  maeftro  fuo,auédolo  feguito  a  Roma ,  qua 
do  dipinfe  la  naue  del  Mufàico,&  l'altre  fue  cofe;  Si- 
mone contrafacendo  la  maniera  di  Giotto  y  fece  una 
Vergine  Maria  nel  portico  di  San  Pietro ,  &  un  San 
Pietro  &  San.  Paulo  in  quel  luogo,uicinodou  eia  pi 
na  di  bronzo  in  un  muro  fra  gli  archi  del  portico  da 
h  banda  di  fuori;&  ui  ritrafle  un  Sagreilano  di  San 
Pietro  che  accende  alcune  lampade,  à  dette  fue  fìgu- 
re.Laquale  opera  fu  del  continuo  tenuta  molto  bella 
da  i  cortigiani^  da  chi  conobbe  Simone.Ora  ftando 
la  corte  in  Auignone  per  li  comodi  etperleuogliedi 
Papa  Giouanni    xxu.    Simone  fu  fatto  uenire  in 
quel  luogo,con  grandifsima  inftanza.Doue  lauoran- 
do  molte  pitture  in  frefco3e  in  tauola,ne  riportò  lode 
infinita,iniieme  con  grandifsima  utilità.  Et  ritornato 
in  Sicnafua  patria,ui fu  molto  ftimato,nafcendo  que 
(lo  primieramente  da  l'eccellenti  opere  fue,  &  dal  fa- 
uore,cheaueuariceuuto,appreflb  tanti  (ignori  nella 
corte  del  Papa.Qnde  dalla  Signoria  di  Siena,  gli  fu  da 
to  à  dipignere  nel  palazzo  loro,in  una  fala,una  Vergi 

Y       iii    V 


174  PARTE    f. 

ne  ManajCOn  molte  figure  attornodaquale  finita  che 
fu,uenne  in  grandifsimo  nome  fra  gli  artefici  di  quel- 
la città .  Et  auendola  lauorata  in  frefco,uolfe  ancora 
inoltrare  a  Sanefi,ch'egli  era  ualetifsimo  maeflro  nel- 
la tempera. Et  perciò dipignendo  una  tauola  indetta 
palazzotti  cagione  di  auere  à  fare  nel  Duomo  di  Sie- 
na,duebellifsìmetauole.,&foprala  porta  dell'opera 
del  Duomo,unaNoftra  Donna  co'l  fanciullo  in  col- 
lo,in  attitudine  garbatirsima&  bella.Doueè  uno  fte 
dardo,fo(tenuto  in  ariada  alcuni  angeli  che  uolano, 
&  guardano  allo'ngiu  certi  Santi,i  quali  intorno  alla 
Noftra  Donna  fanno  bellifsimo  componimento  ,8c 
ornamento  grande.Coftui  fu  condotto  dal  Generale 
di  Santo  Agoftino  in  Fiorenza,doue  lauorando  il  ca 
pitolo di  Santo  Spirito,moftrò  inuezione &  giudicio 
mirabile  nelle  figure,&  ne  i  caualli  fatti  da  lui,  come 
in  quel  luo^o  ne  fa  fede  la  iftoria  della  pafsion  di 
christo.  Nellaquale fi  ueggono  ingegnofàmente 
tutte  le  cofe  lauorate  da  lui^fler  lauorate  con  difere- 
2Ìone5&conbellifsimagrazia.Veggonfi  i  ladroni  in 
croce  rendere  il  fiato,&  l'anima  del  buono  efìer  por- 
tata in  Cielo  con  allegrezza  da  gli  Angeli,  &  l'altra  co 
alcuni  diauolicon  rali5irienc  tutta  rabuffata  ala  in- 
giuri tormento  dell'inferno.  Et  Ci  puòdire,chebelhf 
fima  auuertenza  moitraile  Simone  in  queftaopcra,Fi 
curando  il  pianto  degli  Angeli  intorno  al  CrocifiC- 
iojilquale  elprefle  con  attitudini  amarifsime  .  Ma  non 
g  cofa,che  dia  maggior  contentezza 5chel  uedere  que 
gli  fpiriti  che  fendono  l'aria  con  le  (palle  uifibilifsima- 
mente,&"quafi  girando  foftengono  il  moto  del  uolar 
loro.Ma  farebbono  molto  maggior  fede  dela  eccelle 
za  di  Simone,fe  il  tempo  non  auefle  tolto  ina  la  bontà 
di  quella  opera,ueramente  lodatifsima  &  bella .  Co- 
ftm  lauorò  tre  facciate  nel  capitolo  di  Sata  Maria  No 


SIMONE  MEMMI.  I7J 

ueìla.NelIa  p  rimacene  e  fòpra  la  porta  donde  ui  fi  en- 
tra,fcce  la  uita  di  San  Domenico.Et  in  quella  che  fé- 
gue  uerfola  chiefà, figurò  la  Rehgione,di  San  Dome 
nico  pure5còbanente  cetra  gii  erctici3figurati  pcrLu 
picheaiTalgonolepeeore;Mada  molti  cani  pezzati 
di  bianco  Se  di  nero,  fonoributtati3cacciati  &  morti, 
Feceui  ancora  certi  eretici  i  quali  convinti  nelle  di- 
fpute,ftraceianoi  libri,&  pentiti  fi  eonfeflàno,&  cofi 
paffano  le  anime  a  la  porta  del  Paradifò.Nel  quale  fo 
do  molte  figurine  che  fanno  diuerfe  cofe.  In  cielo  fi 
uede  la  gloria de  Santi3&  iesv  christo:  Etnei 
mondo  qua  giù  rimangono  i  piaceri  &  diletti  uamin 
figure  chefeggono,& mafsime donne  .Tra lequali  è 
Madonna  Laura  del  Petrarca3ueftita  di  uerde,cò  una 
piccola  fi  ammetta  di  fuoco  tra  il  petto  &  la  gola.,&  è 
ritratta  di  naturale.  Euui  ancorala  chiefà  di    chri- 
s  t  o,  éV  a  la  guardia  di  quella,il  Papato  Imperadore, 
i-Reyi  Cardinalizi  Vefcoui,&  tutti  1  Principi  Chriftia 
ni;&  tra  cfsi3à  canto  ad  un'  caualiere  di  Rodi3M.Fran 
cefeo  Petrarca,ritratto  pure  di  naturale M  che  fece  Si 
mone,per  rinfrefeare  nelle  opere  fue3la  fama  di  chi  Io 
aueua  fatto  immortale-Per  la  chiefa  uniuerfale  3  ùce 
la  chiefà  di  Santa  Maria  del  Fiore  di  Firenze,non  co- 
me ella  fU  oggi  ,ma  come  fecondo  il  difegno  fiio,  egli 
arebbe  uolutofarla.Nella  terza  facciata  che  è  quella 
dello altare3fccc la pa&one  di    christo    che  efee 
di  Ierufalem,&  con  la  croce  fu. la  fpalla  fé  ne  uà  al  mo 
te  Caluamoi&con  effo  un  popolo  grandifsimo  che  lo 
accopagna. AppreiTo  lo  eflere  leuato  in  croce  nel  me 
zo  de  Ladi  oni,con  tutte  le  altte  appartenenze  di  que 
ila  iftoria.Nella.quale  fono  Caualli  &  diuerfe  cofev 
rogito  confiderate  per  la  intenzione. Euui  ancora  lo- 
fpoghare  il  Limbo  de'  Santi  Padri  ,.con  aduertimenti 
saon  da  maeftro  di  quella  eterna  da  moderno  &  confi 


jytf  PARTE   I. 

derato.Condofia  che  pigliando  tutte  le  facce ,  con  di 
liocntifsimaotferuazione.fain  ciafcunadi  quelle,  di- 
uerfeiftorie,fuperunmonte.Etnondiuide  con  or- 
nameli tra  itoria  &  ftoria,comc  hanno  ufato  di  fare  i 
uecchi,&  co  efsùmoki  modemi,che  fanno  la  terra  fo 
pra  l'aria  quattro,o  cinque  uoke,come  èia  Cappella 
maggior*  di  quefta  medefima  chieià,&  il  campo  Tan- 
to di"Pifa.Lauorò  con  Simone  in  quella  opera  li P- 
po  me  mm  i  fuofratello,ilquale  feben  no  era  in  que 
ftaarte,quale  fu  lo  eccellente  Simone,  feguitò  nondi 
meno  quanto  più  potè  la  maniera  del  fratello;&  tene 
dogli  compagnia  fecero  moke  cofè  a  frefeo  in  Santa 
Croce  in  Fiorenza^  in  Pifa  a  frati  predicatori  di 
Santa  Caterina  la  tauola  dello  aitar  maggiore,  e  in  Sa 
Paulo  à  Ripa  d'Arno  in  frefco,figure,&  fiori  e  bellifsi 
me.Et  àSienatornati  cominciòSimoneunaopera  co 
lolita  grandifsima  {opra il  portone  di  Camollia ,  den- 
troui  la  coronazione  di  Noflra  Donna,co  infinite  Fi 
gure,laquale,foprauenendogli  una  grandifsima  infir 
mità,rimafe  imperfetta,  &  egli  uinto  dalla  grauezza 
di  quella  ,pafsò  di  quefla  uita  l'anno  mcccxlv, 
con  grandifsimo  dolore  di  tutta  la  fua  città,&  da  l  i  p 
PO  fuo  fratello  gli  fu  data  onorata  fepokura  in  San 
Francefco  di  Siena.Coftui  diede  col  tempo  fine  A  par 
te  deH'opere,che  Simone  aueua  lafciate  imperfette,^ 
in  Santa  Croce  di  Fiorenzadipinfe  due  tauole ,  &  al- 
tre in  buon  numero  per  tutta  Italia.Viife  cortili  x  i  r, 
anni  dopo  la  morte  del  fratello .  Et  l'epitaffio  di  Si- 
mone fu  quefto. 


SIMONI   MEMMIOPICTORVM    OMNIVM,    OM 
tflS   AETATIS    CELEBERRIMO.    VIX.    AN.     L  X. 

MEN.   II.    D.    III. 

TADDEO 


*77 

TADDEO    CADDI 

PITTOR     FIO- 
RENTINO. 

Gli  e  veramente  vna  vtile&  bella  co- 
fa  3  quando  Ci  vede  in  qualche  paefe* 
premiata  vna  virtù  largamente:&  o- 
norato  colui  che  l'ha:Perche  infiniti 
ingegnijche  tal  volta  fi  dormirebbo- 
no3eccitati  da  quefto  inulto ,  fi  sfor- 
zano con  ogni  induiìria^non  fòlamé 
te  di  apprendere  quellajmadi  venirui  dentro  eccelle» 
ti;pcr  folleuarfi  a  qualche  buon'gradojO  di  onore  o  di 
facultà.Et  perlaglona^tperlutile^fidifpogono  cer- 
to talmete,che  e  no  Ci  curano  di  que'  difagi,&  di  quel 
le  ratiche,che  fi  patifcono nello  operamAnzi  efercitl 
dofi del  cotinuo  onorano  le  Patrie  loro  &  le  altruisti 
vna  maniera  ^  che  bene  fpeffo  arricchifcono  i  loro  de- 
cedenti; &  dono  principio  alla  nobiltà  delle  loro  fami 
3I1V  :  nella  medefima  guifa  che  Cccc  Taddeo  di  Gaddo 
caddi  pittore  Fioretino.II  quale  dopo  la  morte  di  ciot 
to  fuo  maeftr0;>rimafe  valente  nella  Pittura  &  di  giu- 
dizio &  ding cgno  grdnde,  fopra  ogni  altro  fuo  condì 
fcepolo^comeairaimanifeiìamente  dimoftrano l'ope- 
re. Nelle  quali  Ci  uede  una  certa  fa  cilità,auuta  in  que 
tempi  da  la  natui^molto  più  che  da  lo  ft  lidio  della  ar 
te3come  in  Giotto  ancora  fi  conofce.Sono  in  FiorerH 
za  gran  parte  delle  opere  di  coftui;  &  particularmen- 
te  nella  chiefa  di  Santa  Croce; Doue  ne' fuoi  principii 
lauorò  la  capella  della  Sagreftia,inficmc  co' fuoi  com- 
pagni già  difcepoli  del  morto  Giotto.Et  nella  Cappel 
la  de  Baroncellirdoue  il  predetto  Giotto  auea  fatto  la, 

Z 


J78  PARTE.       I. 

tauola  a  tempera  lauorò  Taddeo  a  frefco  nel  muro  al 
cune  ftorie  di  noftra  Donna,che  fono  iìate  tenute  bel 
le .     Dipinfe  anchora  fopra  la  porta  della  fàgreftia,  la 
ftoria  di  Chrifto  difputantc  co*  dottori  nel  tempio  :  la 
quale  fu  meza  rouinata  più  tempo  fa,per  mettere  una 
cornice  di  Pietra  fopra  la  detta  porta .    Nella  medefì- 
ma  chiefa  dipinfe  a  frefco  la  capella  de  Bellacci  ;  8c 
quella  di  Santo  Andrea,allato  ad  vna  delle  tre  di  Giot 
to:&  in  quella  fece  iesv  christo  quando  chia 
ma  Andrea  &  Pietro ,  da  le  reti  :  &  la  crocifìfsione  di 
effo  Apollolo;cofa  veramente  &  alloro  ch'ella  fu  fini- 
ta^ ne'  giorni  prefenti  ancora  commendata  &  loda- 
ta molto .    Fece  fopra  la  porta  del  fianco ,  fotto  la  fe- 
polturadi  Carlo  Marfupini  Aretino,  vn'  Chrifto  mor 
to,con  le  Marie,lauorato  a  frefco,  che  fu  lodati fsimo. 
Et  fotto  il  tramezo  che  diuide  la  chiefa,a  man  finiftra 
fopra  il  Cruciti  flfo  di  Donato,dipinfe  a  frefco  vna  fto- 
ria  di  Santo  Francefco,dW  miracolo  che  e  fece  cade 
do  vn  fanciullo  da  vn  verone  &  morendo  fubito  :  & 
Santo  Francefco  in  aria  apparendogli,lo  rifucita.  Et 
in  quefta  ftoria  ritrafic  Giotto  fuo  maeftro,'Dante 
Alighieri,  &  Guido  Caualcanti  de  quali  fempre  fu  a- 
micifsimo .     Per  la  detta  chiefa  fece  ancora  in  diuerfì 
luoghi  molte  figure ,  che  Ci  riconofeono  dagli  Artefi- 
ci. Et  alla  compagnia  del  tempio,  il  tabernacolo  in  fui 
canto  della  uia  del  Crocififfo:nel  quale  dipinfe  vn  bel 
lifsimo  deporto  di  Croce .  Nel  chioftro  di  Santo  Spi- 
rito lauorò  due  ftorie  negli  archetti  allato  al  capitolo, 
molto  ben  coloriti.,  nel'uno  de'  quali  fece  quado  Giù 
da  vende  Chrifto;  &  nell'altro  figurò  la  cena  degli 
Apoftoli .  Et  nel  mede/imo  luogo ,  fopra  la  porta  del 
Refettorio,  dipinfe  un  Crocififlb  con  alcuni  fanti,fic 
cendo  conofeere  a  gli  altri  che  quiui  lauorarono  in  ta 
le  arte3fe  ef  fere  de'  veri  &  buoni  imitatori  della  manie 


TÀDDBÓ   CADDI. 


J79 


ira  di  Giotto  auuta  da  lui  in  grandissima  venerazione. 
DipinfeaSanto  Stefano  del  Ponte  vecchio3la  tauola, 
&  la  predelta  dello  altare  maggiore ,  con  grandifsima 
diligenzia:&  nello  Oratorio  de  San  Michele  in  orto, 
lauoiò  molto  benevna  tauola  d'un  Chrifto  morto, 
che  dalle  Marie  è  pianto3&  da  Nicodemo  riporto  nel- 
la fepoltura  molto  deuotamente.  Nella  chiefà  de  fra- 
ti de  Seruidipinfela  capelladi  San  Nicolò  di  quegli 
del  palagio;eoniftorie  di  quel  Santo  :  Doue  con  otti- 
mo giudizio  &  grazia,per  vna  barca  quiui  dipinta3di- 
moftrò  affai  chiaramente3come  egli  aueua  notizia  in- 
teragi tempeftofo  agitar'  del  mare;  &  della  furia  del- 
lafortuna.  Nella  quale  mentre  che  i  marinari  votano 
la  naue,&  in  mare  gettano  le  mercazie;  appare  in  aria 
Santo  Niccolò,&  gli  libera  da  quel  pericofo:opera  cer 
to  molto  lodata .  Fu  condotto  a  Pjfa  dalla  comunità» 
dtrue  nel  Capo  fanto  fece  in  iftorie  tutta  kvita  del  pa- 
tientifsimo  Giobbe  r  &  nella  medefima  citta  nel  Cio- 
ftro  di  San  Fraocefco,  vna  nofìra  donna  co  alcuni  fan 
ti-,  la  quale  è  con  molta  diligenza  lauorata  &  condot- 
ta .  Ritornò  a  Fiorenza  3  &  dipinfeil  tribunale  della 
Mercatantia  Vecchia ,  nella  quale  iftoria,  con  poetica 
imienzione  figurò  il  tribunale  de'  fei  huomini  ;  magi- 
ftrato  di  detta  città  ;  i  quali  ftanno  a  vedere  cauare  la 
lingua  alla  Bugia  dalla  verità;  la  quale  e  veftita  di  velo 
su  lo  ignudo  ;  &  la  Bugia  ammantata  di  nero  3  fcritto- 
fotto  a  quelle  figure  i  verfi  che  feguonoi 
Za  pura  verità  per  ubbidire 
^AUafanta  Giufli%ia3cbe  non  tarda; 
Caua  la  lingua  a  la  falsa  bugiarda . 
Et  fotto  la  ftoria  è  vno  epigramma  in  nome  fuo  ,  cosj, 
ferino . 

Taddeo  dipinfe  queflo  belrìgejìro  ; 
Difcepolfì  di  Giotto  il  buon  maejlro . 

z  a 


l8o  E  ARTE,       I. 

fu  fattogli  allogazione  in  Arezzo ,  di  alcuni  lauori  in 
frefcoi  i  quali  nduffe  Taddeo  con  Giouanni  da  Mila- 
no fuo  difcepolo ,  a  l'ultima  perfezzione  ;  &  di  quefti 
veggiamo  ancora  nella  compagnia  dello  Spinto  fin- 
to, vna  ftoria  nella  faccia  dello  Aitar  maggiore ,  den- 
troui  la  pafsione  dicHRisTOCo  molti  caualli,&  i  la- 
droni in  Croce.cofa  tenuta  belhfsima  per  La  confide- 
razione  che  è  moftrò  nel  metterlo  in  croce.  Doue  fo- 
no alcune  figure ,  che  viuacilsimamente  èipreffe ,  dù 
inoltrano  la  rabbia  di  efsi  Giudei. tirandolo  alcuni  per 
le  gambe  con  vna  fune;altn  porgendo  la  fpugna,&al 
tri  in  varie  attitudinucome  il  Longino  che  gli  palla  il 
coftato;&  i  tre  foldati  che  fi  giuocano  la  velie :Nel  vi- 
fo  de'  quali  fi  fcorge  la  fperanza  &  il  timore  nel  trar- 
re i  dadi  :  Il  primo  di  conoro  armato  ,  fti  in  attitudine 
difagiofa-.aipettando  la  volta  fua:&  Ci  moftra  tanto  bra 
mofo  di  tirare  che  e  non  pare  che  fenta  il  difagio.L'al 
tro  inarcando  le  ciglia  ,  con  la  bocca  Se  con  gli  occhi 
aperti ,  guarda  i  dadi ,  per  io  (petto  quafi  di  fraude  ;  Se 
chiaramente  dimoftra  a  chi  lo  confiderà,  il  bifogno  Se 
la  voglia  che  egli  hi  di  vincere.  Il  terzo  che  tira  i  da- 
di, fatto  piano  de  la  vede  in  terra ,  col  braccio  tremo- 
lante, pare  che  accenni  ghignando ,  volere  piantargli. 
Similmente  per  le  facce,della  chiefa  fi  veggono  flone 
di  Santo  Giouanni  euangelifta,  &  altre  cofe  per  la  eie 
ti  fatte  da  Taddeo,  che  Ci  riconofeono  per  di  fua  ma- 
no da  chi  hi  giudizio  nell'arte.  Veggonfi  ancora  og- 
gi nel  Vefcouado,dietro  allo  altare  maggiOre,alcune 
ftorie  di  Santo  Giouanni  batifta,  le  quali  con  tanto 
marauigliofi  maniera  &  dilegno  fono  lauorate,chelo 
fanno  tenere  mirabile .  In  finto  Agoftino,alla  cappel- 
la di  Santo  Sebaftiano,allato  alla  fagreftia,fcce  ftorie  di 
etto  martire.&  vna  difputa  di  e  h  r  i  s  t  o  co  i  dottori, 
tanto  ben  lauorata  &  finita ,  che  è  miracolo  a  vedere 


TADDEO   GAD^DI  ift 

la  bellezza  ne  cangianti  varii  ,  &  la  grazia  ne  colori  di 
quelle  opere, finite  per  eccellenza.  In  Cafentino,trans 
feritoli  al  fallo  della  Vernia ,  dipinfe  la  cappella  doue 
San  Francefco  riceuette  le  ftimite,&  Iacopo  di  Cafen 
tino  diuenne  fìio  difcepolo  in  quefta  gita .  Finita  tale 
opera  ,  inlìeme  con  Giouanni  Milanelè,  Tene  tornò  a 
Fiorenza,doue  nella  città,&  di  fuori,fecero  tauole  8c 
pitture  alfaiisime,&  di  grande  importanza. Et  in  pro- 
ceffo  di  tempo  lauorò  &  guadagnò  tantoché  faccen- 
do  capitale  delle  facilità  fopraogni  altro  che  in  quel- 
l'arte fi  efercitafìe  ne  tempi  fuoi ,  Diede  principio  alla 
ricchezza  &  alla  nobiltàdella  fua  famiglia.Fu  Taddeo 
tenuto  fauio,  &  molto  difcreto,&  da  fuoi  cittadini 
grandemente  onorato  in  vita .     Co'  difcepoli  fuoi  fu 
piaceuole  &  faceto,&  per  quello  amato  da  loro  tene- 
rifsimamente.  Dipinfe  infanta  Maria  nouella  di  Fio- 
renza il  capitolo  di  quel  conuento  allogatogli  dal  pno 
re  di  quello  ,  con  la  inuenzione  delle  pitture  che  e  ci 
voleua .  Bene  è  vero  che  per  elfere  il  lauoro  grande, 
&  per  elìcili  feoperto  in  quel  tempo  che  e  fi  faceuano 
i  ponti  il  capitolo  di  Santo  Spirito^  con  grandifsima  fa 
ma  di  Simone  Memmi  che  lo  aueua  dipinto,venne  vo 
glia  al  detto  priore,  di  chiamarlo  a  la  meta  di  quefta 
opera;&  Io  conferi  con  Taddeo .  Il  quale  ne  fu  molto 
contento,perche  fòmmamente amaua  Simone ,  come 
compagno  t\  amico  fuo;alleuatolì  con  elio  Jui  fanciul 
lettola  fcruizii  di  Giotto  &  in  oltre  conofceua  &  prc 
giaua  molto  Ja  fua  virtù.  Animi  veramente  gentili  & 
ìpiriti  nobihfsimi,  che  lenza  emulazione ,  o  ambizio- 
ne alcuna3fraternamente  amauano  runl'altro;Goden 
do  dello  onore  &  del  pregio  altrui,  come  del  fuo  pro- 
prio. Fu  adunque  fpartito  il  lauoro,Dandone  tre  fac- 
ciate a  Simone  (  come  io  difsi  nella  fua  vita  )  &  a  Tad 
deo  la  facciata  finiftra ,  &  tutta  la  volta:la  quale  fu  di- 

Z     Hi 


i8i 


FARTB.      r. 


u'iCà  da  lui  in  quattro  {picchi,  o  quarte,fècondo  gli  ari 
dari  di  effa  volta,&  nel  primo  fece  la  refurrefsione  di 
Chrifto,doue  pare  che  e'  voleffe  tentare,chelofplen- 
dore  del  corpo  glorificato,faceffe  lume,che  appanfee 
ancora  in  vna  città  _,  &  in  alcuni  (cogli  di  monti  :  Ma 
non  feguitò  di  farlo  nelle  figure,  &  nel  refto.dubitan 
dofi  forfè  di  non  lo  potere  condurre ,  per  la  difficultà 
che  e'  vi  conofceua .  Nel  fecondo  fpicchio,fece  i  E  s  v 
christo  che  libera  San  Pietro  dal  naufragio,doue 
fono  gli  Apoftoh  che  guidano  la  barca  certamete  mol 
to  begli;&  fra  le  altre  cofe,vi  fece  vno  che  in  su  la  riua 
del  mare,pefca  a  lenza,con  grandifsima  aftczzione,co 
fa  fatta  prima  da  Giotto  in  Roma  ,  nel  mufaico  della 
nauedi  Santo  Pietro.Nel  terzo  dipinfe  la  Afcenfione 
di  Chrifb,  &  nello  vltimola  venuta  dello  Spirito  San 
to  :  doue  fono  i  Giudei  ala  porta  che  cercano  volere 
entrare:&vi  fi  veggono  molto  belle  attitudini  di  figu 
re,Nella  faccia  di  fotto  fono  le  fette  fcienzie>con  i  ca- 
ratteri di  quelle  ,  cioè  la  Gramatka  in  abito  d'una 
Donna,con  vna  porta  che  infegna  ad  vn  putto,  &  fot 
tolei  a  federe  Donato  fcrittore. Di  quella  fegue  la  Ret 
torica,&  a  pie  di  quella,vna  figura  che  ha  due  mani  a 
libri,  &  vna  terza  mano  fi  trae  di  fòtio  il  mantello  ,  & 
fé  la  tiene  appreflb  alla  bocca  La  logica  ha  il  ferpéte  in 
mano  fotto  di  vn  velo}&  a  pie  fuoi  Zenone  Eleate  che 
legge.  La  Aritmetica  tiene  le  tauole  dello  Abbaco,  & 
lotto  lei  fiede  Abramo  inuentor' di  quelle.  LaMufi- 
cahà  gli  inftrumenti  da  fonare ,  &  fotto  lei  fiede  Tu- 
balcaino  che  batte  con  due  martelli,  (opra  vna  Ancu- 
dine,&  ftà  con  gli  orecchi  attenti  a  quel  fuono .  La 
Geometria  ha  h  (quadra  &  le  felìe,  &  a  fuoi  piedi  fie- 
de Euclide .  La  Aerologia  ha  la  sfera  del  cielo  in  ma 
no,&  a'  fuoi  piedi  fiede  Atalante .  Da  l'altra  parte  fe^ 
gono  fette  feienze  Theologiche,  &  ciafeuna  ha  fotto 


TADDEO   G ADDI  tfy 

di  fé  quello  ftato,o  condizione  di  huomini,che  più  fé 
le  conuiene.  Nel  mezo  &  più  alto,è  San  Tomaio  d'A- 
quino che  di  tutte  fu  adornato ,  &  tiene  legati  fotto  i 
fuoi  piedi  gli  Eretici, Ario,Sabellio  ,  &  Atienois ,  & 
intorno  di  lui  fono,Mofe,Paulo,&  Giouanni  cuange 
lifta,&  alcune  altre  figure,  foprale  quali  fono  le  quat- 
tro virtù  cardinali,&  le  tre  Teologiche,  con  altre  inn* 
niteconfiderazioni,efpreiTeda  Taddeo  con  difegno 
&  grazia  non  piccola,  &  puofsi  dire  di  quella  pittura, 
che  ella  è  la  più  confèruata,&  la  più  intefa,di  tutte 
quante  le  colè  Tue.  Nella  medefìma  Santa  Maria  no- 
uclla,fbpra  iltramezo  della  chiefa,  fece  ancora  vn  San 
to  Gieronimo  vefuto  da  Cardinale,  auendo  egli  diuo 
zione  in  quel  Santo,  &  per  protettore  di  fua  cala  eleg- 
gendolo ,  (òtto  il  quale  Agnolo  fuo  figliuolo  dopo  la 
morte  di  Taddco,fecc  fare  vna  lapida  di  marmo ,  con 
l'arme  loro,pcr  fepolturade  difendenti .  A'quali  San 
Gieronimo  Cardmale,per  la  bontà  di  Taddeo,hà  im- 
petrato da  Dio,  la  elezzione  de'Cherici  di  Camera  a- 
poftolica;de'Vefcoui;&invltimodel  Cardinale,  i 
I  quali  tutti  nell'arte  della  pittura  &  della  fcoItura,ha- 
no  fempre  fumato  1  begli  ingegni;  &  quegli  con  ogni 
iforzo  loro  ,  fauorito .  Finalmente  effondo  Taddeo 
venuto  in  età  d'anni  cinquanta,  d'atrocifsima  febbre 
percofTo,  pafsò  di  quefta  vita  l'anno  m  cccl.  La- 
iciando  Agnolo  fuo  figliuolo  &  Giouanni,  che  atten 
defl'ero  alla  pittura,raccomandandoli  a  Iacopo  di  Ca- 
fcntinoperli  coftumi  dclviuere;  &  a  Giouanni  da 
Milano  per  gli  ammaeftramcnti  dell'arte  ,  Per  il  che 
Giovanni  milanesi,  mentre  che  infègnaua 
loro,  fece  vna  tauola,  che  è  ancora  oggi  pofta  in 
Santa  Croce  in  Fiorenza,  che  fu  fatta  allo  altare  di 
San  Gerardo  da  villa  magna. x  1 1 1  i.anni  dopo  la  mor- 
te di  Taddeo  fuo  maeflro .     Ilquale  con  quella  faci- 


1$4  *  A  R  TI      I. 

lità  che  più  poteua  infegno  tempre  i  modi  della  pittu- 
ra a'  difcepoli  di  effo  .  Mantenne  continuamente 
Taddeo  la  maniera  di  Giottomè  però  molto  la  miglio 
rò,ialuo  che  il  colorito  fìjo ,  fu  più  frefeo  &  piti  viua- 
ce  che  quel  di  Giotto ,  auendo  egli  tanto  attefb  a  mi- 
gliorare tutte  le  altre  parti,  &  l'altre  dirficultà  di  que- 
lla arte.Et  ancora  che  a  quefta  badaffe,  non  potè  però 
auer'  grazia  di  farlo .  Laonde  auendo  ueduto  Tad- 
deo ,  quelche  era  facilitato  in  Giotto ,  &  imparatolo 
potè  auer  tempo  di  aggiugnere  facilmente ,  Se  di  mi- 
gliorare quella,nel  colorito .  Fu  egli  con  teneriisimc 
lagrime  da  Agnolo  &  da  Giouanni  fuoi  figliuoli  pian 
tOj&  in  Santa  Croce  nel  primo  chioftro^datogli  fepol 
tura,nonceffando  infiniti  amici  &  artefici  compor'fb 
netti  &  epigrammi  in  fua  lode,lodandolo  ne  coitumi, 
nel  giudicio>&  nell'arte3tanto  quanto  ancora  lo  loda- 
rono nella  efecuzione  buona ,  che'  diede  al  campanile 
di  Santa  Maria  del  Fiore  ,  del  difegno  lafciatogli  da 
Giotto  fuo  maeftro  ,  II  quale  auendo  fatto  la  pianta, 
andò  di  altezza  braccia  e  x  Lini.  &  di  maniera  fi 
murò  5  che  non  può  più  commetterli  pietre  con  tanta 
diligenza,  &  è  (limato  la  più  bella  torre  per  ornamen- 
to &  per  fpefa3del  mondo.  Lo  epitaffio  che  feli  fece 
fu  quefto . 

Hoc  uno  dici  poterti  Florenmfctix 

Viuente-.at  certa  ejl  nonpotuifje  mori* 


ANDREA 


ANDREA  DI  CICX 

NE    ORGAGNA   PIT- 
TORE ET SCVLTORE 

FIORENTINO. 

Are  volte  e  vno  ingegnofo  &  valen- 
te3che  non  fia  ancora  accorto  &  fàga 
ce:  ne  mai  la  natura  partorì  vno  fpir- 
to  in  vna  cofa  eccellente ,  che  ancora 
in  molte  non  operafle  il  medefimojo 
vero  delle  altrui  no  ruffe  almeno  ìn- 
telligentifsimo  :  come  tecc  nell'Or- 
gagna,  ilqualefu  pittore fcultore  architetto  «Spoe- 
ta .  Dimoftrofsi  coftui  molto  valente  nella  Pittura; 
&  di  auere  di  quella  gran'  pratica  :  &  nella  fcultura  fT- 
milmente  ;  come  ancora  le  /culture  fu  e  ne  poflòno  far 

fede;&  nella  Architetturali  tabernacolo  di  Gito  San 
Michelet  nella  poefia  alcuni  fonetiche  di  fuo  fi  le* 
gono  ancora,  feruti  da  lui  già  vecchio  ,  al  Burchiello* 
all'ora  giouanetto  .  Moftrofsi  molto  accorto  nelle 
lue  operazioni^  vedefl  efpreffamente,che  mai  non  fi 
parte  dal  bUOno3chi  nafeendo  con  efTo  y nelle  azzioni 
iue5non  fa  mai  cofa  che  no  fia  con  buon  earbo,  &  con 
bellifsimo  ciifegno .  Il  che  moftrò  lo  fpimo  del  garba- 
ssimo Orgagna3il  quale  ùce  il  principio  delle  pittu- 
re lue  in  liia,chefono  alcune  ftorie  in  Capo  Santoli 
Iato  a  quelle  di  Giob,che  furono  fatte  da  Taddeo  cad 
di.  Fece  in  Fiorenza  la  capella  grande  di  Santa  Maria 
Nouella  de  Tornabuoni.ridipinta  nel  1485.  da  Do- 
menico Ghirlandaci  quale  ne  trafTe  molte  inuezionii 
di  cofe  che  in  detto  operar'  fi  feruì.  Fece  ancora  in  det 
tacine/a  la  capella  degli  Strozzi,  con  Bernardo^ 

Aa 


1*6  PARTE       I. 

fuo fratello,  vicina  alia  porta  della  fagrefìia,  che  fate 
vna  fcala  di  pietra,nella  quale  lauorò  vna  tauola  atem 
pera,doue  pofe  il  nome  fuo .   Et  nelle  facce  di  ella  fc 
guròllnfcrno&icerchi,&lebolgediDante5diIet- 
tandoii,con  ogni  lludio  cercare  di  intender  o.In  San- 
to  Romeo  fece  vna  tauola ,  &  a  Santo  Apollinare  con 
Bernardo  predetto  finì  a  frcfcola  facciata  fuor' della 
chiefa.  In  Santa  Croce  di  Fiorenza,  dipinfc  1  Inferno 
il  Purgatorio  &  il  Paradilo,con  infinite  figure.  Nello 
inferno  della  quale  opera,ritrafle,tirato  da  vn  Diauo- 
io  il  Guardi  meifo  del  comune ,  con  tre  gigli  rofei  to- 
pra  la  berretta,pcrche  lo  pcgnoi  ò,&  il  notaio  &  il  giù 
dice  ancora  che  gli  dette  quella  ientenzia .     Fece  in 
San  Michele  in  orto,la  cappella  della  Madona  lavora- 
ta di  marmo  da  vno  altro  fuo  fratello  che  era  {cultore, 
&  condotta  al  fine  da  lui,nella  fcultura,&  Architetti! 
ra  Nella  quale  opera  dietro  alla  Madonna,fccc  d.  me. 
so  nlieuo  vna  morte  di  noftra  Donna  :&  l'afiunzion 
fua  :  &  appreflb  alla  fine  della  ftoria,a  man  fimftra ,  ri- 
traile fe;Il  quale  è  vno  che  ha  il  vifo  tondo  ,  &  piatto, 
col  cappuccio  auuolto  alla  tetta  :  &  fotto  a  tale  irrora 
mifeilfuonome  Andreas  cloni  pictor  ar- 
chi magister.    Trouafi  quella  opera  efier  colta, 
fra  lo  edifizio  di  fuori ,  i  marmi  della  capclla ,  &  altre 
pietiche  in  ella  fono,&  il  magifterio  lxxxv  i.  mila 
fiorini.  La  onde  per  l'architettura  &fcultura  di  cosi 
fatto  lauoro ,  con  reputazione  &  gloria  non  piccola, 
viue  ancor  oggi  la  fama  fua .  Vfaua  l'Orgagna  ferme- 
re  il  nome  nelle  fue  opere:ma  nelle  pitture,diceua,An 
drea  di  Cione  fcultore ,  &  nelle  fculture ,  Andrea  di 
Cione  pittore ,  volendo  che  la  pittura  fi  fapefle  nella 
fcultura,&  la  fcultura  nella  pittura .     Sono  per  tutta 
Fiorenza  infinite  tauole,fatte  da  lui,  &  parte  da  Ber- 
nardo fuo  fratello,!!  quale  poco  dopo  la  morte  di  An- 


AND  MA  OR.GAGNA  j$y 

drea  ,  chiamato  a  Pifa ,  fece  l'Inferno  di  campo  fanto, 
imitandole  inuenzioni  dello  Orgagna.In  San  Paulo  a* 
ripa  d'Arno  rifece  di  molte  iftorie,'&  tauole  per  mol- 
te chiefe5&  nel  fuo  dimorare  in  Pifa5infegnò  l'arte  del 
JaPitturaaBERNARDO  nello  di  Giouanni  Fai. 
coni  Pifano,iI  quale  lauorò  le  tauole  che  fono  nel  duo 
mo,  della  maniera  vecchia .  Viffe  Andrea  Gregna 
anni  lx.&  nel  m.  ccclxxxix.  fini  il  corfodi  qu« 
fìa  vita .  Le  cafe  fue  erano  in  Fiorenza  nella  via  vec- 
chia de'  Corazzai^  ebbe  in  fu  la  fepolturail  feden- 
te epitaffio.  b 

Hiciacet  ^indrdtcts,  Quo 'non  pr&flantior  filler 

^erefuit:Patrt&maximafctmaJÙ£. 
Rimafedopola  morte  fuavn  fuo  nipote  ,  chiamato 
Mariotto,  ilcjuale  f^ce  in  Fiorenza  di  pittura  a 
f  refco,il  Paradifo  di  Santo  Michele  Berteldi  nella  via 
de  Semi ,  cercando  di  imitare  in  ogni  azzione  l'opere 
lodeuoh  deH'Grgagna.  , 

TOMMASO  Fio- 
rentino PITTORE 

E>ETTO    GIOTTINO. 

Vando  l'arte  della  Pittura ,  è  prefa  m 

gara  ,  &  efercitata  da  gli  cmoli  con 

grandi/simo  fìudio  ;  &  quando  gjj 

artefici  lauorano  a  concorrenza,  ièri 

za  duhhioytruouano  ogni  giorno  gli 

ingegni  buoni  nuoue  vie  ,  &  nuoue 

maniere,  per  fatisfare  a'  gufti  &  alle 

JÌ  vede  gareggiare  nella  arte.     Chi 

*fa  di  porre  in  opera  cofe  ofeure  &  inufitate  5  &irv 

Aa    ii 


volontà  di  chi  g 


3 1 /domini' 


i8ft 


PARTE.       I. 


quelle  moftrando  la  diflficultà  del  fare,nelle  ombre  del 
colore  fa  coiiofcere  la  chiarezza  dell'ingegnoi  &  chi  la 
uora  le  dolci  &  le  dilicate,&  penfando  quelle  renderli 
più  facili  a  gii  occhi  nella  dilettazione,fa  il  medefimo; 
&  tira  ageuolifsimamete  a  se  gli  animi  della  maggior 
parte  de  gli  huomini.  Ma  chi  dipigne  vnitamente,& 
ribatte  vnitamente  a  fuoi  luoghi  i  lumi ,  i  colon  ,  & 
l'ombre  delle  figure.meritagrandifsima  lode,  &mo- 
ftra  la  deftrezza  dell'animo,&  i  difcorfi  dell'intelletto, 
come  con  dolce  maniera  motti  òfempre  nella  pittura 
Tómafo  di  Stefano  detto  dottino,  difcepolo  di  Ste- 
fano fuo  padrej&  prontifsimo  imitatore  di  Giotto,& 
fi  vero;che  ne  cauò  oltra  la  maniera  molto  più  bella  di 
quella  del  fuo  maeftro  j  il  fopranome  da  popoli  :  &  fu 
chiamatoda  tutti  Giottino,mentre  chee'vifle.Et  per 
tal  cagione  era  parer  di  molti,  i quali  furono  però  m 
crror'  grandifsimo;che  fofle  figliuolo  di  Giotto.cflcn 
do  (come  abbiamo  detto)  Tómafo  figliuol di  Stefano 
&  non  di  Giotto.  Fu  codili  nella  pittura  fi  diligente, 
&  di  quella  tanto  amoreuole ,  che  fé  ben  molte  opere 
di  lui  non  fi  ritrouanomon  dimeno  quelle,che  troua- 
te  fi  fono,erano  buone ,  &  di  bella  maniera ,  &  degne 
d'ogni  gran  lode  .     Percioche  i  panni,i  capegli,  &  le 
barbe,&ogni  fuo  lauoro,furono  lauorati  ,&  vniti  co 
tanta  morbidezza,&  con  tanta  diligenza;che  fi  cono- 
fce,ch'  egli  aggiunte  fenza  dubbio  l'unione  a  quefta  ar 
te,molto  più  perfetta,che  non  aueuano  Giotto,  Stefa 
no,  &  gh  altri  pittori  nell'opere  loro  .     Dipinfe  nella 
fua  giouanezza  in  Santo  Stefano  dal  Ponte  vecchio  in 
Fioréza  vna  cappella  a  lato  alla  porta  del  fianco:nella- 
quale  la  vmidità  ha  oggi  guaito  la  maggior  parte  del- 
le fue  fatiche;pur  vi  fi  vede  deftrezza  grande.  Poi  fe- 
ce al  canto  a  la  Macine  ne  Frati  Ermini ,  San  Cofimo 
&Damiano;icruali  fpenti  dal  tempo  ancor  efsi t  oggi 


ANDREA    ORGAGNA  iStj 

poco  fi  veggono.Rifece  vna  cappella  in  Santo  Spinto 
di  detta  città,  inanzi  che  lo  incendio  lo  ftruggeffe  ;  & 
in  frefco  fopra  la  porta  principale  della  chiefa,la  fiorii 
dello  Spirito  Santo:&  fu  la  piazza  di  detta  chiefà ,  per 
ire  al  canto  a  la  Cuculia,ful  cantone  del  conuento  de* 
frati,  quel  tabernacolo  eh'  ancora  vi  fi  vede  con  la  No 
fìra  Donna ,  &  altri  Santi  dattorno,con  alcune  tefte, 
lequali  tirano  forte  a  la  maniera  moderna.      Qujui 
cercò  variare  &  cangiare  le  carnagioni,  &  finalmente 
moftrò  accompagnar  nella  varietà  de  colori,&  ne'  pan 
ni,  &  con  grazia  &  congiudicio  tutte  le  fue  figure . 
Lequali  molto  s'ingegnò  correggere,  &  fuggì  quegli 
errori,che  fpefTe  volte  aH'occhio,dàno  cagione  di  biafi 
mo,al giùdicio  di  molti.   Coftui  medefimamente  la- 
uorò  in  Santa  Croce  la  cappella  di  San  Salueftromella 
quale  fi  veggono  Morie  di  Goftantino,fatte  con  pu- 
litezza ,  Se  con  grandifsima  diligenza.     Fece  ancora 
in  San  Pancrazio  all'entrar  della  porta  alla  capella  del- 
la Madonna  vn  christo,  che  porta  la  croce;&  al- 
cuni altri  Santi  dappreiìbic'hanno  efprefsi /simam ente 
la  maniera  di  Giotto;&  molto  leggiadrifsimamente 
fono  aiutati  dalla  vnione ,  che  diede  fèmpre  alle  cofè, 
che' fece.      ErainSan  Gallo  fuor' della  porta  in  vn* 
chiofìro  de  frati,vna  Pietà  dipinta  a  frefco,  oggi  roui 
nata  &  per  terra,  pur  ne  rimafta  vna  copia  in  San  Pan 
crazio  già  detto  in  vn  pilaftro,accato  alla  capella  mag- 
giore .    Lauorò  a  frefco  in  Santa  Maria  Nouella  alìa 
capella  di  San  Lorenzo,  entrando in;chicfi  perla  por- 
ta a  man'  defìra,nella  facciata  dinanzi,  vn  San  Cofimo 
&  San  Damiano,&  in  ogni  Santi  vn  San  Chriftofano, 
&  vn  San  Giorgio,che  dalla  malignità  del  tempo  fu- 
ron  guafti,&  rifatti  da  altri  pittori,  perignoraza  d'un* 
Propofto  balordo,&poco  di  tal  meftiero  intendente. 
Dipinfe  ancora  nella  torre  del  palagio  del  Pode/tà ,  il 

Aa     iii 


jOÒ  v  PARTE      S 

Duca  d'Atene ,  &  i  fuoi  feguaci  con  l'arme  loro  fot- 
to  a  i  p>edi,&  con  le  mitre  in  tefta,fatti  cofi  dipignerc 
a  Tòmafodal  publico5pcrfegno  della  liberata  patria, 
&  non  per  altro .     ìndi  fece  alle  Campora  fuor  della 
porta  a  San  Pier  Gattolini ,  San  Cofimo  &  Damiano 
nella  chiefa  oggi  guadi  per  imbiancarla  chiefa.  Et  al 
Ponte  a  Romiti  in  Valdarno  il  tabernacolo  >  che  è  in 
fui  mezo  murato,  co  bella  &  frefea  maniera  pur  di  fila 
mano .  Trouafiperl'opemone  di  molti,che  ciò  fcrik 
fero,che  Tomafo  attefe  alla  fcultura ,  &  in  quella  arte 
lauoròvna  figura  di  marmo  nel  Campanile  di  Santa 
Maria  del  Fiore  di  Firenze  di  braccia  quattro,  verfo 
doue  oggi  fonoi  Pupilli.  In  Roma  umilmente  con- 
dulìe a  buon  fine  in  San  Giouanni  Laterano  una  fto- 
ria  ,  doue  figurò  il  Papa  in  più  gradi ,  che  oggi  anco^ 
ra  fi  vede  cofumata  &  rofa  dal  tempo  di  mahisima  for 
te .     Dicono ,  che  Tomafo  fò  perfona  maninconica, 
&  molto  folitaria,ma  nell'arte  amoreuole  &  fUidiofik 
(ìmo,come  apertamente  fi  vede  in  Fiorenza  nella  chic 
fa  di  San'  Romeo,  per  vna  tauola  lauorata  da  lui  a  tem 
pera,con tanta diligenzia  &  amore,  che  difiiononfi 
e  mai  vitto  in  legno,cofa  me'  fatta.      Quefta  tauola  e 
pofta  nel  tramezo  di  detta  chiefa  a  man'  deftra  ?  Et  è 
yuì  dentro  vii'christo  morto,con  le  Marie  intor- 
no^ co'  Niccodemi ,  accompagniati  di  altre  figure, 
le  quali  con  amaritudine  &  atti  dolcifsimi  &  atfettua 
jf],piangono  quella  morte;torcendofi  con  diuerfi  gefts 
di  mani,  &  battendofi  di  manieratile  nella  aria  del  vi- 
fo,fi  dimoftra  aifai  chiaramente  l'afpro  dolore,  del  co- 
ftar  tanto  i  peccati  noftri .     Et  e  cofa  marauigliofa  a 
confiderare,che  e  penetrale  mai  con  io  ingegno,  in  fi 
alta  imaginazione .  Quefta  opera  è  fommamente  de- 
gna di  lode ,  non  tanto  per  il  fuggetto  della  inuenzio- 
ne  y  quanto  per  auere  egiimofttato  in  alcune  teiU  eh* 


TOMMASO   FIORENTINO. 


I9I 


piangono ,  che  ancora  che  il  lineamento  fi  ([orca  nel. 
le  ciglia  negli  occhi5nel  nafo,&  nella  bocca  di  chi  pia- 
gne;e'  non  guafta  però  ,  ne  altera ,  vna  certa  bellezza, 
che  fuor  molto  patire  nel  pianto  ,  da  chi  non  sa  valerfi 
de  l'arte .  Coiìui  non  fi  curò  altrimenti  ,  di  trarre  de 
le  lue  fatiche  quel  premio;che  molti  de  noftn  artefici, 
(limano  oggi  iopra  la  fama .  33ella  quale  veramente 
fu  affai  più  auaro  Tomafo ,  chedelle  ricchezze  &  de  i 
comodi  nella  vita .  Et  del  fuo  viuere  poueramentc 
contentandoti,  cercò  con  ogni  fùa  diligenza  fodisfare 
più  altri,  che  fé  fteffo .  La  onde  venuto  per  la  ftrao> 
curatezza  del  mal  gouernarfì,&  per  la  fatica  dello  fiu- 
mare, nel  mal  del  tifico  ,d'età  d'anni  xxxn.  pafsòdi 
quefta  vita  ;  Et  da' parenti  fuoì  gli  fu  dato  fepoltura 
fuor  di  Santa  Maria  nouella  alla  porta  del  Martello,aI- 
lato  alfepolcro  di  Bontura  :  &  fu  gli  fatto  quefìo  epi~ 
taphio. 

Heu  mortemjnfancLm  mortem,quA  cufpide  acuta 
Corda  Iwminum  laceras,dum  uenis  ante  diem , 
Lafciò  cortili  più  fama,  che  facilità  dopo  la  morte  fùa; 
& rimafero  fuoi  difcepoli  Giovanni  tossica- 

NI,    MICHELINO,    GIOVAN*    DAL    PONTE,  & 

ti  p  p  o;i  quali  furono  affai  ragioneuoli  maiftri  di  que 
ftaarte.     Furono  le  fue  pitture  nel  m  ccc  xlix. 


i9* 

GIOVANNINO  DAL 

PONTE,  PITTORE 
FIORENTINO. 

Ice  vna  antico  noftro  Prouerbio; 

A     GODITORE       NON       MANCO 

mai  roba:  Et  verificai  certamen 
te  nella  azzion  di  molti ,  per  non  di- 
re però  di  infiniti .    I  quali  hanno  il 
cielo  fi  benigno ,  &  tanto  propizio, 
die  e' ne  tiene  cura  particulare  ;  Et 
porge  loro  continouamente  aiuto  &  fufsidio,  fènza 
che  efsi  vi  penfin'  mai;Come  fèmpre  aiutò  Giouanni- 
no  da  Santo  Stefano  a  Ponte ,  di  Fiorenza .   *  Coftui 
eflfendo  naturalmente  inclinato  alle  comodità  &  pia- 
ceri del  Mondo ,  non  fi  curò  molto  di  venir  perfetto 
nella  arte,eome  è  poteua  ;  Anzi  mandando  male  il  fuo 
patrimonio,  &  venendoli  in  mano  alcune  eredita ,  & 
nella  arte  guadagni  continola,  più  per  forte  che  per 
merito;per  attendere  più  allebaie,che  aH'opra3confu- 
mò  il  tempora  roba,  &  fefteflb ..     Doue  il  cielo ,  che 
fauorire  lo  volle ,  nel  tempo  che  egli  eragiàdiuenutp 
vecchio  3  &  delle  fue  fatiche  auea  fatto  poco  auanzo  : 
co'l  dargli  in  cambio  dello  fìento  la  morte,  felicemen- 
te lo  fé  paflàre,a  vita  migliore  .     Lafciò  dell'opre  fue 
in  Sata  Trinità  di  Fioréza  la  cappella  delli  Scali;&  vn 
altra  allato  a  eifa:&  vna  delle  ftorie  di  San  Paulo  alla- 
to alla  capella  maggiore .     In  Santo  Stefano  al  Ponte 
vecchio,fecevnatauola,  &  altre  pitture  atempera  in 
tauola,&  in  frefco,per  Fiorenza  &  di  fuori,che  li  die- 
don  credito  aflài .  Molti  amici  fuoi  contentò  ne  pia- 
ceri, più  che  nell'opre .     Era  amico  delle  perfone  In- 
tente, 


GIOVANNINO    DAL   PONTE 


'93 


terate,  &  amator'  di  tutti  quegli  che  per  ve  nire  eccel- 
lenti Ci  dauano  a  tal  profusione,  &  frequenta  nano  eli 
ftudii  di  quella  Confortando  gli  altri  a  talmente  r- 
fercitarfinell'arte.  chefebene  egli  no  ope  rauain  quel 
modo,aueua  piacere  dell'opra  virtuofa  in  efsi  artefici 
&molto  più,  quando  gli  vedeua  fiorire  nella  pittura! 
Ville  dunque  Giouannino  allcgrifsimamente  ;  in  fin 
che  d- anni  lix.  di  mal  d'i  petto  in  pochi  giorni  perfe 
la  vita3neJla  quale  poco  più  che  durato  aueflè/arebbe 
itato  coftretto  a  patire  incommodi  ;  effendoli  appena 
rimafo  tanto  in  cafa,  cheli  baftafTe  per  darli  oneitafe- 
polturain  Santo  Stefano  del  Ponte  vecchio.      Furo 
no  l'opre  fue  fatte  nel  m.  ccclxv.  EtlifTifatto 
quefto  epitaffio. 

Deditm  iUeccbris;&  prodigi*  ufque  honorum 

Qu<s  linyuit  moriens  mi  Paterjpfefm . 
^rt'ém  infignes  dilexifemper  honed'is  ; 

Pitturapotcram  cUrm  &  effe  uolens . 

AGNOLO 

G   A   D    D    I. 

I  quanta  importanza  fia,  il  moftrare 
di  efìere  eccellente  in  vna  artejmani- 
fefto  fi  vede  nella  virtù  &  nel  gouer- 
no  di  Taddeo  Gaddi.  Uqualeor- 
dinandolecofefue  nella  propria  fa- 
migliale accomodò  ne'  fuoi  tempi  di 
maniera  ;  Iafciando  Agnolo  &  Gio- 
uanmfuoi  figliuoli  :  che  l'uno  &  l'altro  diede  princi- 
pio  alla  ricchezza,&  alla  efaltazione  di'  cafa  fuaf  Auen 
«lo  oggi  veduto  noi,le  fatiche  loro  meritare  il  premio 

Bb 


i^4 


fARTB.      t. 


da  la  Romana  chiefa;  Dipigncndo  Gaddo ,  Taddeo, 
Agnolo,&  Giouanni  mentre  che  videro,  con  la  virtù 
&  con  l'arte  loro-,molte  chiefej&  quelle  ornate  &  ono 
rate.prefaghi  dopo  alcun'  tcmpo,aucre  i  pofìeri  &de- 
fcendenti  loro,ad  efiere  da  quella  ornati  &  onorati  J 
Lafciò Taddeo,  Agnolo  &  Giouanni  in  compagnia 
de  difcepoli  fuoi,&  benché  Agnolo  nell'opre  fue,  no 
fune  eeuale  al  padre:ancora  che  nella  fua  giouanezza 
faticando  moftraffe,  di  gran  lunga  volerlo  fuperare, 
non  dimeno  gli  agi  fono  molte  volte  cagione,  d'impe 
dimento  agli  ftudìi .    Perche  effendo  egli  nmafo  be- 
ne ftante,&  traficando  nelle  mercanzie  danan,indebo 
lì  Tincrcgno,  die  all'arte  da  principio  aueua  volto,  per 

inalzarli  con  la  vinti .  Il  che  non  ci  debbe  parere  (Ira- 
nò  vedendofi  molte  volte,la  auarizia  efìer  cagione  di 
fotterrarc  gli  ingegni,!  quali  illuftri  &  perfetti  fareb- 
bono  diuenuti,fé  il  defidcrio  del  guadagno,negh  anni 
primi  &  migliori,  n6  gli  aueflè leuati  dal  viaggio  del- 
la virtù.Lauorò  Agnolo  nella  giouenezza  Tua  in  Fio- 
renza^ San  Iacopo  tra  fofsi,  di  figure  poco  più  d'un 
braccio,  vna  idoneità  di  christo,  quando  riluta 
ta  Lazero  quatriduano  ,  doue  imanginatofi  di  voler 
contraffare  la  corruzzione  di  quel  corpo  flato  morto 
tre  disfece  le  fafee  chelotcncuanolegato,macchiatc 
dal  fracido  della  carnea  intorno  a  gli  occhi,  certi  hin- 
di &  «allicci  della  carne,tra  la  viua  &  la  morta  ;  Non 
feoza  ftupore  degli  Apoftoli,&  di  altre  figurale  quali 
con  attitudini  varie  &  belle ,  chi  co'  panni ,  &  chi  con 
mano  turandoli  il  nafo,per  il  fetore  di  quel  corpo,di- 
moftrano  nelle  tette  il  timore  &  lo  fpauento  di  tale  no 
uità  ,  non  meno  che  la  fingulare  allegrezza  Maria  & 
Marta,nel  vedere  rinouare  la  vita  nel  morto  corpo  del 
loro  fratello .  La  quale  opera  di  tanta  bontà  fu  {lima- 
ta ,  che  fi  promifero  infiniti ,  che  la  virtù  di  Agnolo,- 


AG  MOLO   CADDI. 


'95 


pofìar'  dcueflc  i  difcepoli  di  Taddeo,  &  ancor' le  cote 
di  quello  .      Q^ierta  opera  fu  cagione  di  farlo  immor- 
tale,*^'diuenirc  in  tal  credi  to,che  li  fu  fatto  allogagio 
ne  de  la  cappella  maggiore  di  Santa  Crocerò  le  rtorie 
di  Gortantino  ,  &  la  inuenzione  della  croce,  la  quale 
con  gran  pratica  m  frefeo  da  lui  fu  condotta.  Lauorò 
per  chiefa  altre  rtorie  di  figure,et  nella  cappella  de'Bar 
di  dipinte  la  vita  di  Santo  ì_odouico,in  diuerfe  rtorie 
Se  fece  di  fua  mano  la  tauola  di  querta  cnppella,'&  an- 
cora altre  tauole  nella  medefima  chiefa,della  maniera 
fua  .In  Prato  cartello  dieci  miglia  lontano  a  Fiorenza, 
dipin/èafrefcola  cappella  della  Pieue  doue  e  riporta 
h  cintola:&  in  altre  chiefe  per  quel  cartello  rifece  mol 
ti  lauori .     In  Fiorenza  nel  fuo  ritorno  dipinfe  l'arco 
fòpra  la  porta  di  Santo  Romeo:&  lauorò  a  tempera  in 
Orto  San  Michele,vna difputa  di  dottori  con  chri- 
sto  nel  tempio.  Veggonfi  in  detta  città  per  le  chie- 
fe,molte  tauole  di  fua  mano:&  Similmente  per  il  domi 
nio  fi  riconofeono  molte  delle  fue  opere.delequali  ac- 
cjuiftò  bene  affai  facultà,  ma  molto  più  nelle  mercazie 
A  le  quali  indirizzò  ben  prertoi  figliuoli;  Perche  efìi, 
n  on  volendo  viuere  da  dipintori,  fi  contetarono  d'ef. 
fer'mercanti,&  cosi  Agnolo  fenza  affaticare  più  oltre 
nella  Pitturala  feguitò  fòlamente,pcr  fuo  piacere  :  & 
fenza  porui  più  diligenzia,o  rtudio ,  quafi  che  pcFvn 
paffa  tempo  fi  coduffe  con  ella  fino  a  lamorte,cheme 
diante  vna  fiera  febbre  l'anno  lxiii.  di  fua  vitato 
menò  a  vita  migliore .     Lafciò  difcepoli  fuoi  mae- 
stro Antonio  da  e e rr a  r a  ,  che  fece  in  San 
prancefeo  a  Vrbino,&  Citta  di  caftello,molte  belle  o- 
pere:  stffano  da  verona,  il  quale  dipinfe  in 
trefeo  perfettifsimamente  come  fi  vede  in  Verona  fua 
patria  in  più  luoghi  Et  in  Matoua  ancora.Coftui  fece 
ccellentememe  bellifsime  arie  di  putti  di  femine  &  di 

Bb  a 


?ARTE.      L 


I96 

vecchi  ;  lequali  furono  imitate  &  ritratte  tutte  da  vti 
Miniatore  chiamato  p  1  e  ro  da  pERVGiAcheMi- 
niò  tutti  i libri  chefono  a  Siena  in  Duomo  nella  libre- 
ria di  Papa  pio,&  colorì  in  frefco  praticamele .  Fu  di- 
fcipolo  di  Agnolo ,    michele  da  Milano,  &. 
Giovanni    gaddi  fuofratcllo  ,  il  quale  nel  chio- 
ftro  di  Santo  Spiritatone  fono  gli  archetti  di  Gaddo, 
&  di  Taddeo,fece  la  difputadi  chriso  Tnel  tcpio  co 
i  dottorila  Purificazione  della  Vergine},  la  Stazione 
nel  diferto  del  Dianolo  a  e  h  R  i  s  t  o,&  il battefìmo  di 
Santo  Giouanni;&  elTendo  in  efpcttaaone  grandifsi- 
ma,poco  tempo  di  poi  lauorando  fi  mori  &  tutti  que-. 
ftidifcepoli  in  tale  arte  gli  fecero  onore .     Fu  Agno- 
lo da  figliuoli  fuoi  con  tenere  lagrime  pianto:  &  con 
onore  crandifsimo  in  Sanla  Maria  Nouella  fcpelhto 
nella  fepoltura  che  egli  medefimoaue.ua  fatta  per  fe.et; 
per idiCc5denti;l'anno  della falute  M.  ccclxxxvi.i. 
Et  gli  fu  fatto  poi  quefto  Epitaffio. 

ANGELO  TADDEI.F.GADDIOiINGENII  ET  PI 
CTVRAE  GLORIA,HONORlBVS,PROBITATIS 
QJVE  EXISTIMATIONE  VERE  MAGNO  FILI! 
MOESTISS.    POSVERE. 

IL      BERNA 

S  A  N  E  S  E. 

E  a  coloro  che  fi  affaticano ,  per  ve-  • 
nire  eccellenti  in  qualche  virtù,  non 
troncale  bene  fpeflb  la  morte  ne  mi 

...    /-1  1      11  •  \1  <     N     J       1 


gliori  anni  il  filo  della  vita.No  è  dub 
bio  che  molti  ingegni ,  peruerrebo- 
no  pure  a  quel  grado  ,  che  da  efsi  più 
fi  defidera .  Ma  il  corto  viuere  de 
gli  huomini,  &  la  acerbità  de  vani  accidenti,  che  d'o-- 


BERNA   SANESE  mj 

gru  banda  danno  lor  fopra;o  gli  impedifce  lo  efercitar 
ft,o  ce  li  toglie  troppo  per  tempo,  come  aperto  potè 
conofcerfi  nel  poueretto  Berna  Sanefe .     Il  quale  an 
cora  che  e  morifTe  giouane  ,  lafciò  non  dimeno  tante 
opcre,che  egli,appare  di  vita  lunghifsima.  Et  lafciollc 
tali  &  fi  fatte,che  ben  fi  può  credere  da  quella  moftra, 
che  e  farebbe  venuto  eccellente  &  raro,fe  e*  non  Rif- 
fe morto  Ci  toflo .    Veggonfi  di  fuo  in  Siena  due  cap- 
pelle in  Santo  Agoftino,  fioriate  di  figure  in  frefeo 
Era  nella  chiefà in  vna  faccia  oggi  per  fami  cappelle 
guaftavnaftoria,dentroui,èvn  giouane  menato  a  la 
<>iu{lizia,impalidito  dal  timore  della  morte,  imitato  fi 
bene,&  fimigliante  cosi  al  vero,  che  ben  meritò  fom- 
ma  lode  ;  era  accanto  a  coftui  vn  frate  che  lo  conforta 
uà  moltobien  e  atteggiato  óVcondotto.Et  ben  pareue    par  un 
in  quella  opera  che  il  Berna  fi  imaginaiTe  quel  cafo  or 
iibile,^)ieno  di  acerbo  &  crudo  fpauento  :  Perche  e  lo 
cipreiTe/ì  vaiamente  col  fuo  pennello,che  la  cofà  ftek 
ù.  apparente  in  atto  ,  non  mouerebbe  maggiore  affet- 
to .  Nella  città  di  Cortona  dipinfe  ancora  molte  coie 
maiparfeindiuerfi  luoghi;&  acquiftouui &  vtile& 
fama.     Ritornò  di  quiui  a  la  Patria  fua;&  in  legno  vi 
fece  alcune  pitture,  di  figure  &  piccole  &  grandi  ;  ma 
non  vi  fece  lunga  dimora,perchc  condotto  in  Fioren- 
£a,ebbe  a  dipignere  in  Santo  Spirito,la  cappella  di  San 
to  Niccolò,opera  grandemente  Iodata  allora  Ma  con- 
fumata &  guafta  di  poi,dal  fuoco  con  tutti  gli  altri  or 
namenti&  pitture,  nel  miserabile  incendio  di  quella 
chiefà .     A  San  Gimigniano  di  Valdelià,lauorò  a  frc~ 
feo  nella  Pieue,ftorie del  tefìamento  vecchio,le  quali 
appreffo  il  fine  auendo  già  condotte,  fìranamente  dal 
ponte  a  terra  cadendo ,  talmente  dentro  Ci  pcftò ,  &  fi 
infrante  fi  feonciamente  :  che  in  fpazio  di  due  giorni, 
con  maggior  danno  dell'arte  che  fuo ,  che  a  miglior 

B  b     iii 


t€)8  PARTE        IV 

luogo  Tene  andaua,  di  qucfta  a  l'altra  vita  pafsò .      E« 
nella  Pieue  predetta  i  San  Gimignanefi  onorandolo 
molto  nelle  efequie ,  diedero  al  corpo  fuo  onorata  fe- 
poltura:Tenendolo  in  quella  riputazione  così  morto, 
che  e  lo  alienano  tenuto  viuo .     Et  non  celiando  per 
molti  mefi,di  appicare  intorno  al  fepolcro  fuo,Epitaf 
fii  Latini  &  vulgari,  per  eficre  naturalmente  gli  huo* 
mini  di  quel  paefe ,  dediti  Tempre  alle  buone  lettere . 
Coli  dunque  alle  onefte  fatiche  del  Berna  ,  refero  il 
premio  conueniente,  celebrando  co'loro  inchioftn, 
chi  gli  aueua  onorati  co'  Tuoi  colon,  &  gli  fu  poi  fatto 
quefto  Epitaffio. 

BERNARDO  SENENSI  PlCTORl IN  PRIMIS 
ILLVSTRi;  QVI  DVM  NATVRAM  DILlGEN- 
TIVS  IMITATVR  OJAMVITAE  S  V  AE  CONSV- 
LIT,DE  TABVLATO  C  O  N  C  I  D  E  N  S,D  IE  M  S  V  V  M 
OBIIT.  GEMINIANENSES  HOMINIS  DE  SE 
OPTIM E  MERITI    VICEM    DOLENTES    P  O  S  S. 

Lafciò  il  Berna  Giovanni  da  Afciano  fuo  creata 
il  quale  conduce  a  perfezzionc  il  rimanente  di  quella 
opera  :  Et  fece  in  Siena  nello  fpedale  della  fcala  alcune 
pitture ,  &  cofi  in  Fiorenza  in  cafa  de  Medici,  che  gì* 
diedero  nome  a(Tai .  Furono  le  opere  del  Berna  Sa- 
nefenel     M.  ccclxxxi. 


. 


»9S 

DVCCIO   PITTOR 

SAN  E  SE. 

■j  Enza  dubbio,coIoro  che  fono  inuc- 
tori  d'alcuna  colà  notabile  ,  hanno 
grandifsima  parte  nelle  penne  di  chi 
fcriue  l'iftorie  ;  Et  ciò  nafee,  perehe 
fono  più  ofleruate,  &jcon  maggior 

marauiglia  tenute  le  prime  inuenzio 
nijper  lo  diletto  che  f eco  porta  la  no 
uità  della  cofa,che  quanti  miglioramenti  fi  fanno  poi, 
da  qualunque  fi  fia  nelle  cofe ,  che  fi  riducono  a  l'ulti- 
ma perfezione.  Attefo  che  Te  mai  a  neffuna  cola  non 
fi  dette  principio,non  crefeerebbono  ài  miglioramen- 
to le  parti  di  mezo,&  non  verrebbe  il  fine  ottimo \  & 
di  bellezza  marauigliofa  .     Meritò  dunque  Duccio 
Sanefe,pittor  molto  tornato ,  portare  il  vanto  di  que- 
gli,che  dopo  lui  fono  fiati  molti  anni ,  auendo  in  Sie- 
na nei  pauimenti  del  Duomo , dato  principio  di  mar- 
mo a  i  rimefsi  delle  figure  di  chiaro  &  fcuro,neIIe  qua 
li  oggi  i  moderni  artefici  hano  fatto  le  marauiglie,che 
in  efsi  fi  veggono.    Attcfe  coli  ui  alla  imitazione  della 
maniera  vecchia,  &  con  giudizio  fanifsimo  diede  one 
fìe  forme  alle  fue  figure,  lequali  cipreiTc  eccellentifsi- 
mamente  nelle  dirficultà  di  tale  arte.     Egli  di  fua  ma 
no  ordinò,&  dileguo  i  principii  del  detto  pauimento, 
&  nel  Duomo  fece  vnatauo!a,chc  a  fuo  tempo  fi  mi- 
fe  allo  aitar  maggiore,  &  poi  ne  fu  leuata  per  metterui 
il  tabernacolo  del  Corpo  di  e  h  r  i  s  t  o,  ch'ai  prefente 
fi  vede.  Fece  ancora  per  Siena,in  campo  d'oro,aflai  ta 
uole,&in  particulare  vna  in  Fioreza  in  Santa  Trinità. 
Dipinfepoirnoltifsime  cofein  Pifa,  in  Lucca  ,&  in 
- 


200  PARTE    I. 

Piftoia  per  diuerfe  cliiefe,che  tutte  furori  lodati  in  det 

.         ,     *  IV      TL «rf^«-«,>,Mn^ 


parcmi  u  iuu.ua  .™«TO . per  auere  egl 

lafciato  erede  l'arte ,  de  la  inuenzione  della  pittura  nel 
marmo  di  chiaro  &  feuro,  merita  per  tal  beneficio  nel 
l'arte  commendazione  &  lode  infinita,  onde  ficurame 
te  fi  può  annouerarlo  fra  i  benefatori ,  ch'alio  eserci- 
zio noftro  aggiungono  grado  &  ornamento .  Atte 
fo  che  coloro,  i  quali  Vanno  inueftigando  le  diflficulta 
delle  rare  inuenzioni ,  hanno  eglino  ancora  le  memo- 
rie ch'elafciano,tra  l'altre  cofemarauigliofe.  Truo- 
uanfi l'opere  di  coftui fatte  nel     M.  cccxlix. 

ANTONIO 

VEN1ZIANO. 

Vanti  fi  flarebbono  nelle  patrie ,  do-» 
uè  nafcono,che  per  gli  ilimoli  dell'in 
uidia  morfi  da  gli  artefici,&  opprefsi 
dalla  tirannia  de  fuoi  cittadini  fi  par- 
tono di  quelle,&  l'altrui  nido  nuoua 
&  vltima  patria  fi  eleggono,&  quiui 
fanno  l'opre  loro?  Moftrando  lo  sfor 
20  di  quel  che  fanno,&  parendoli  nel  far  così,d'ingiu- 
riar  coloro,da  chi  fono  flati  ingiuriati .  De  quali  non 
fi  curano  fentir  memoria  ne  nome,obliadoli  tanto  per 
la  loro  inuidia  &  maledicenza,che  e'  non  vorrebbono 
mai  ncordarfi  del  paefe  che  gli  produfle ..  Il  quale  f  e 
bene  in  quefto  nem  ha  colpa ,  non  può  nientedimeno 
ammortare  con  la  fua  dolcezza  quello  fdegno giuftifsi 
mo ,  che  ne  gli  animi  di  coftoro  causò  la  emulazione 

Sta. 


ANTONIO   VENIZIANO.  201 

&  la  ingratitudine,de'maligni  lor'cittadini.IIche  ma- 
nifeftamente  fi  vide  in  Antonio  Veneziano,  il  quale 
venne  in  Fiorenza  con  Agnol'  Caddi  ad  imparare  la 
Pittura;  Et  apprefela  di  manierarne  non  folamente 
era  (limato  &  ammirato  da'  Fiorentini  ;  ma  carezzato 
ancora  grandemente  per  quefta  virtù,  &  per  l'altre 
buone  qualità  Tue .  La  onde  venutoli  voglia  di  fard 
vedere  nella  Tua  città,  perricoglierein  ella  il  frutto, 
delle  lunghe  fatiche  da  lui  durate  j  fi  torno  a  la  fua  Vi* 
ncgia .  Et  faccendo  quiui  a  frefco  &  a  tempera  molte 
pittureremo  che  da  la  Signoria  gli  fufTe  dato  a  dipi- 


qua- 


gnere  vna  facciata  della  fala  del  configlio .     Il  , 
le  opera  condulTe  egli  fi  eccellentemente,  &  con  tanta 
maeftà;  che  ogni  gran  premio  fé  li  veniua;fe  la  emula- 
zione degli  artefici;&  il  fauore  che  ad  altri  Pittori  fo- 
reftieri  faceuano  alcuni  Gentilhuomini,non  aueffe  ac 
cecati  gli  occhi,di  chi  doueua  vedere  il  vero.  Ma  tan 
ta  fò  la  inuidia,&  Ci  potente  la  ambizione,che  il  poue- 
rello  Antonio,  fi  trouò  fi  percoflb  &  tanto  abbattuto, 
che  per  miglior  partito  a  Fiorenza  fé  ne  ritornò ,  con 
propofito  di  non  volere  a  Vinegia  mai  più  tornare;  8c 
quella  per  fua  nuoua  patria  deliberò  d'eleggerfi.Doue 
nel  chioftro  di  Santo  Spirito  in  vno  archetto  fece 
christo,  che  chiama  Pietro  &  Andrea  da  le  reti,, 
&  Zebedeo  e  i  figliuoli  :&  fotto  i  tre  archetti  di  Stefa 
no  dipinfe  la  (tona  del  miracolo  di  christo  ne'pa 
ni&ne'pefci,  nellaquale  infinita  diligenza  &  amore 
dimoftrò;come  apertamente  fi  vede  nella  figura  ftefìa 
di  e  h  r  i  s  t  o,  che  a  l'aria  del  vifo,moftra  la  cópafsio- 
ne  che  egli  ha  alla  turba;&  Io  ardore  della  carità  con  la 
quale  fa  difpenfare  il  pane.  Vedefi  medefimamente  in 
gefto  bellifsimo  la  affezzione  d'uno  Apoftolo,  che  di- 
senfiando con  vna  celia  grandemente  fi  affatica;  Et 
imparafi  da  chi  è  della  arte  à  dipignere  fempre  le  fu  e  fi 

Ce 


Ì01 


PARTE       I. 


^ure  in  vna  maniera  che  elle  fiiucllino;perche  altrime- 
ti,nonfono  pregiate.Dimoltrò  quefto  medefimo  An 
tonio  nel  frontìfpizio  di  fopra  in  vna  ftor-ietta  picco- 
la della  manna ,  con  tanta  diligenza  lauorata  &  con  fi 
buona  grazia  finita,che  vanto  dar  fi  gli  può  di  veramé 
te  eccellente.   A  Santo  Antonio  al  Ponte  alla  Carraia 
dipinfe  l'arco  fopra  la  porta,  &  a  Pifa  dall'opera  del 
Duomo  fu  condotto;doue  in  Campo  Santo  fece  gran 
parte  delle  norie  di  San  Rinieri ,  &  in  quelle  figurò  la 
nafcita,la  vita,&  la  morte  fua  .  Ritornò  a  Fiorenza,& 
a  Nuouoli  nel  contado  dipinfe  vn  tabernacolo .     Et 
perche  molto  ftudiaua  le  cofe  di  Diofcoride  nelle  er- 
be, piacendogli  intendere  le  proprietà  &  virtù  di  effe, 
abbadonò  la  pittura,&  diedefi  a  ftillar  femplici,&  cer- 
car quegli  con  ogni  ftudio  .      Cosi  di  pittore  medico 
diuenuto ,  molto  tepo  feguitò  quefta  arte  :  fin  che  in- 
fermo di  mal  di  flomaco,  in  breue  tempo  fini  il  corfo 
della  fua  vita  :  dolendo  agli  amici  fuoi  la  morte  di  lui, 
per  eftère  egli  fiato  non  meno  medico  efperto,che  di- 
li  oente  pittore  ;  Auendo  infinite  efperienze  fatto  nel- 
la medicina  a  quegli,  che  di  lui  ne  fuoi  bifogni  s'erano 
fcruiti.  Per  ilchelafciò  al  mondo  di  (ebonifsimafa 
ma  nell'una  &  nell'altra  virtù .     Furono  l'opre  fuc  nel 
MCCCLXXX.  Fu  fijo  difcepolo  Gherardo  Starnmi 
Fiorentino,ilquale  molto  lo  imitò  &  gli  fé  continoua 
mente  onore  eccefsiuo.  Ne  mancò  alla  morte  di  An- 
tonio,chi  lo  onoralTe  con  quefto  Epitaffio . 

*dnrits  qui  fueram  Pi  fior  tuuemiibm  ;  *4rm 
Me  medica  feliquo  tempore  coepit  ^4mor  ♦ 

Natura,  ìnuidit  dum  certo  tolonbw  tilt, 

.Ataue  hominum  multisfata  retardo  medens. 

idpiElw  Paries  Pifis  tejìatun  Et  Oli 
Sape  QUibm  ulta  tempora  rtjìituu 


20$ 

IACOPO  DI  CASEN 

TINO   PITTORE. 

I  A  molti  anni  sera  vdita la  fama 
&  il  romore  delle  pitture  di  Giot- 
to^ de'  difcepoli  lucioperche  mol 
ti  volenterosi  di  arricchire  nella  pò 
uerta  per  mezo  dell'arte  della  pittu 
ra,caminauano  inanimiti  dalle  Spe- 
ranze dello  Studio,  &  dalla  inclina- 
zione della  natura  :  &  Sìpenfauano  quella  efercitan- 
do,  auanzare  di  eccellenza  &  Giotto ,  &  Taddeo  ,  & 
gli  altri  pittori. Et  infra  molti,che  ebbero  cjuefto  pen- 
derò cercò  porlo  ad  efecuzione  Iacopo  di  Cafèntino, 
da  molti  fcritto ,  &  creduto  efìere  flato  de  la  famiglia 
di  M.  ChriStofano  Landino  da  Prato  vecchio. Coftui 
mentre  che  Taddeo  Gaddi,lauoraua  al  (affo  della  Ver 
nia  la  capella  delle  fìimite,da  vn  frate  di  Cafentino  al- 
lora guardiano  in  detto  luogo,  fu  acconcio  con  eflb 
lui  ad  imparare  il  difegno,&  il  colorito  di  quell'arte. 
Per  il  che  in  Fioréza  condottofi,in  compagnia  di  Gio 
uanni  da  Milano  per  li  fèruigi  di  Taddeo  lor  maeftro, 
molte  cofe  lauorando ,  fece  il  tabernacolo  della  Ma- 
donna di  Mercato  vecchio;  Similmente  quello  su'!  can 
to  della  piazza  di  Sa  Niccolò  della  via  del  Cocomero, 
&  a  Tintori  quello  che  è  a  Santo  Nofn  fu'l  canto  del 
le  mura  dell'orto  loro,dinmpetto  a  San  Giufeppo.  Fé 
ce  in  San  Michele  in  orto  alcune  pitture:&  in  Cafenti 
no  in  Prato  vecchio,  e  in  tutte  le  chiefe  molte  cappel- 
le^ figurei  che  feminate  in  diuerfi  luoghi  per  CaSèn 
tino  Sìveggono  ancora. Lauorò  in  Arezzo  nel  duomo 
vecchioiEt  per  il  capitolo  della  Pieue,  nella  chrefàdi 

Ce     ii 


104  PARTE      I. 

San  Bartolomeo  fece  la  facciata  dello  aitar'  maggiore: 
Et  nella  Pieue  fetta.  fotto  l'organo  la  ftoria  di  S.  Mat- 
teo .   Et  in  Santo  Agoftino  due  altre  cappelle  ancora, 
&  in  San  Domenico.  Et  col!  ficcedo  per  tutta  la  citta 
opere  di  fua  mano,  moitr.òS  pi  nello  Aretino  i  princi- 
pii  di  tal  arte  infegnata  interaméte  da  lui  a  B  e  r  n  a  R- 
d  o  G  A  D  d  i  Fiorctino  ilquale  nella  città  fua  molte  co 
fé lauorado  quella  onorò;e  da  cittadini  fuoi,che  di  bo 
nifsimo  gouerno  lo  itimorono,ru  ne'magitìrati  adope 
rato  affai.  Furono  le  pitture  di  Bernardo  molte ,  &  in 
molta  ftima  &  prima  in  Sata  Croce  la  cappella  di  San 
Lorenzo  &  di  Santo  Stefano  de  Pulci  &  Berardi  & 
molte  altre  pitture  in  diuerfi  luoghi  di  detta  chiefa. 
Sopra  le  porte  della  citta  di  Fioreza  da  la  parte  di  den- 
tro quelle  dipinfe;&  d'anni  carico  morendo ,  in  Santa 
Felicita  gli  fu  dato  onorato  fepolcro-J'anno  M .  e  e  e 
lxxx.  &  Iacopo  di  Cafentino  in  vecchiezza  venu- 
to ,  nella  Badia  di  Santo  Angelo  fuor  del  Cartello  di 
Prato  vecchio  in  Cafentino  tu  fepolto  d'ani  l  x  1 1 1 1 1. 
doledo  a  molti  la  morte  fua,&  mafsimamente  a'  paren 
ti,i  quali  da  le  fatiche  di  lui  di  continuo  traeuano  vti- 
leonore,&fama.Etnel  m.   ccclv  ii  i.  gli  fu  datofe 
poltura.Nè  gli  mancò  dopo  la  morte  quello  epitaffio. 

Pino-ere  me  docuitGaddmiComponere plura 
^ptèpin^endo  corpora3do£lus  eram . 

Prompta  marna  fuit^  ptttum  e  fi  inpariete  tantum 
+d  me  feruti  opuó  nulla  Tabella  meum. 


SPINELLO    ARE- 
TINO  PITTORE. 

Vando  vn'  folo  e  cagione  di  illuftra- 
re  vna  virtù,  vfàtafi  rozaméte  in  vna 
patria  già  per  molti  anni;  &  renden- 
dole il  vero  fplendore,  la  fa  conofce 
re  per  lodata  &  ìfpiritofa;  pare  che 
tutti  quegli,che  di  fapere  éV  di  virtù 
operano,  fi  voltino  a  lodarlo  a  fauo- 
rirlo  a  inalzarlo ,  &  ad  onorarlo  ;  di  maniera  che  mol- 
to fi  fente  caricare  il  pelo  delle  fatiche  quel  tale,in  cer 
Care  d'inalzarfi  in  quella  virtù  o  fcienza.  Attefo  che  di 
uentano  obbligati  a  gli  onori  tutti  coIoro,a'  quali  per 
le  virtù  &  per  le  fatiche  fon' fatti  commodi  &  fauori, 
nell'arte  ingegnofe:che  hanno  apprefe  :  come  fu  fatto 
in  Azezzoa  Spinello  di  Luca  Spinelli  pittore  ilquale 
dopo  la  morte  di  Giotto  &  Taddeo  Gaddi,  fuegliato 
dal  bello  ingegno  che  aueua;  imparò  la  bella  arte  della 
pittura:EUendo  già  dimenticata  in  quella  citta  la  ma- 
niera de' Greci  vecchi;  pcrnonauere attefo  Aretino 
alcuno  ,  da  Margheritone  in  fino  a  Spinello ,  a  quello 
efercizio  ;  ancora  che  Giotto  &  Taddeo  &  Iacopo  di 
Cafentino,vi  auefsmo  lauorato  molte  cofe .  Spinello 
adunque  efìendo  chiamato  dal  Cielo  a  fufeitarc  nella 
patria  Tua  vna  arte  tanto  ingegnofa  &  bella;addomefK 
catofi  con  Iacopo  di  Cafentino  ,  imparò  da  lui  il  dife- 
gno,&  il  modo  del  lauorare  :  &  con  buona  pratica  Se 
grazia  fece  poi  infinite  cofe:  Perche  inuagitofi  del  me 
ftiero,  non  refto  mai  infino  ala  morte  ,  di  efercitaruifi 
prontamente .     Fu  condotto  in  Fiorenza,  &  lauorò 
con  Tacopo  di  Cafentino;  la  domefnehezza  del  quale 
.aueua  prefo  in  Arezzo  >  mentre  vi  lauoraua  nella  fua 

C  e     iii 


2o6  PARTE       t. 

^ouanezza  i  &  acquiftò  grandemente  fama  in  quella 
città  per  molte  opere  che  e*  vi  fece.  Infra  l'altre  lauo- 
rò  in  frefeo  la  cappella  maggiore  di  Santa  Maria  mag- 
giore; &  la  fagreftia  di  San  Miniato  in  Monte  fuor  di 
Fiore'zajlaquale  fu  cagione,che  fra  Iacopo  d'Arezzo  al 
lora  generale  della  congregazione  di  Monte  Oliucto, 
vedendo  fi  bello  ingegno  della  patria  fua,lo  ricondu- 
cete ad  Arezzo. Doue  in  San  Bernardo,moniftero  di 
tal  religione  dipinfe  quattro  cappelle,  due  allato  alla 
cappella  maggiore,che  la  mettono  in  mezo,  &  le  altre 
due  al  tramezo  della  chiefa;  Et  fece  a  frefeo  infinite 
fipure  per  la  chiefa,  condotte  da  lui  con  hellifsima  pra 
tica  &  viuezza.      Sopra  ilcoro,dipinfe  pure  a  frefeo, 
vnaNoftra  Donna  con  due  figure,che  a  guardarle  pa 
ionoviuifsime.  Di  maniera  che  trouandofi  ben  ferui 
to  da  lui  fra  Iacopodo  condufTe  a  Monte  oliueto,capo 
della  fua  religione:Doue  alla  cappella  maggioragli  fé 
cefarevna  tauola  a  tempera  in  capo  d'oro  con  infini- 
to numero  di  figure  piccole  &  grandi;  nella  quale  di 
riliuo  nel  ornamento  di  legniame  fon  fatte  di  geflo  di 
mezo  rilieuo  &mezi  d'oro tre  nomi,  simon  ci  ni 
Fioretino,che  ùct  lo  intaglio  &  legname;  Gabriel 
SARACiNi,chelamifed'oro;&  spinello  diLu- 
ca  Aretino,che la  dipinfe.  Laquale  opra  finitaci  che 
fu  l'anno    mccclxxxv.  con  carezze  damona- 
ci  vfategli,fe  ne  tornò  in  Arezzo:Et  per  lo  nome,  che 
aueuaacquiftato,  fece  nella  Pieue  la  cappella  di  San 
Bartolomeo;&  fotto  l'organo  fimilméte  quella  di  San 
Matteo  .   Nellequali  figurò  ftorie  dell'uno  &  dell'al- 
tro apofìolo .  Non  poco  lotano  a  quefto,  fuor  d'Arez 
io  dipinfe  al  Duomo  vecchio  fuor  della  città  la  cap- 
pella, &  la  chiefa  di  Santo  Stefano  nelle  quale  i  colori 
fuoì,'  per  eflfere  lauorati  rifolutamete  &  a  buon  frefeo 
fono'ancoraviuifsimi&accefiiche  paiono  dipinti  ai 


SPINELLO    ARETINO 


207 


prefente.  Et  in  detta  chiefa  fece  di  pittura  vna  Noftra 
donna  ;laquale  oggi  è  tenuta  da  gli  Aretini  in  diuo- 
Zione,&  in  gran  riuerenza  ;  nafcendo  quefto  da  auere 
Spinello  Tempre  dato  alle  figure  che  dipinfè,manfuetu 
dme)modeftia)&  grazia  &  mafsimaméte  nelle  tefte.co 
me  dimoft.ro  ancora  al  cato  delle  Beccherie  in  quella 
citta  m  vna  altra  Noftra  dona  fatta  da  lui  in  frefeo  :  & 
fumimele  in  quella  di  Seteria.  Et  fui  canto  del  canale, 
fece  la  facciata  dello  fpedale  dello  Spirito  fanto,  con 
vna  iftoria,che  gli  apoftoli  lo  riceuono,&  da  baffo  fto 
ne  di  San  Cofano  &  Damiano,  che  tagliano  al  Moro 
morto*,  vna  gamba  fana ,  per  appiccarla  ad  vno  infer- 
mo a  chi  ne  aueuano  tagliato  vna  fracida  .  Nelmezo 
fece  vn  Noli  me  tangere,pittura  certo  bellifsima  &  lo 
data.  Al  canto  alla  Croce  dipinfe  la  facciata  di  San  Lo- 
remino  &Pergentino:&  allo  fpepale  di  San  Marco, 
nel  portico ,  lauorò  molte  figure .     Fece  nella  Com- 
pagnia de'  Puraccioli,  vna  cappella  denti  oui  vna  An- 
nunziata, &nel  chioftro  di  Santo  Agoftino  umil- 
mente lauorò  a  frefeo  vna  Noftradonna  &  molte  altre 
figure  in  compagnia  di  quella ,  &  in  chiefa  la  cappella 
di  San  Lorenzo  &  quella  di  Santo  Antonio  :  e  in  San 
Domenico  nella  medefima  città  entrando  in  chiefa  a 
man  fineftra  fi  vede  la  cappella  di  San  Iacopo  &  Filip- 
po,lauorata  da  lui  a  frefeo  co  bella  &  rifoluta  pratica  : 
Et  cofi  in  San  Giuftino,la  cappella  di  Santo  Antonio, 
&  la  chiefa  di  San  Loreto  doue  e'  dipinfe  détro  le  fio 
rie  della  Noftra  donna,&  fuori  vna  Noftra  donna  bel 
llfsima  a  frefeo.     Ancora  dirimpetto  alle  monache  di 
Santo  Spirito  oggi  fuora;per  riftngner  la  citta  con  le 
mura  nuouc  fatte  dal  dvca    Cosimo,  in  vn  por- 
tico d'uno fpedaletto  lauorò  vn  christo  morto, 
in  grembo  alle  Marie,  nclquale  certamente  fi  vede  l'in 
gegno  di  Spinello  auer  paragonato  Giotto  di  difegno 


2ó8 


PARTE.      T. 


&  di  coloritoci  grandifsima  lunga  &  in  qualche  par- 
tefuDerato,      Nelmedefimo luogo  figurò  vn  e  h ri-' 
STo'a  federe  con  lignificato  teologico,  figurando  la 
Trinità ,  fituata  dentro  a  vn'  Sole,m  vna  maniera  che: 
da  ciafeuna  de  le  tre  figure  pare  che  i  medefimi  raggi 
rifplendino  .  Alla  Compagnia  della  Trinità  fi  vede  vn 
tabernacolo  da  lui  benifsimolauorato  a  frefeo:  Et  in 
oltre  per  quella  città  &  fuori,  none  chieficciuolane 
fpedale  ne  cappella  ne  maeftà ,  che  non  fia  lauorata  da 
lui  a  frefeo.  La  ondeauendo  acquiftato  Spinello  bo- 
BÌfsime  facilita  &  credito,&  eflendo  già  fatto  vecchio 
non  fapendoftarfiin  ripofo ,  prefe  a  fare  alla  Compa- 
gnia di  Santo  Agnolo  in  quella  città,ftorie  di  San  Mi- 
chele 5  lequali  in  fu  lo  intonacato  del  muro  difegno 
egli  di  roffaccio,cosìalla  grotta., come  gli  artefici  vec- 
chi vfauano  di  fare  il  più  delle  volte;Et  in  va  cantone 
per  moftra  ne  lauorò&  colori  interamente  vnaftoria 
folaghe  piacque  aiìai.Conucnutofi  dunque  del  prez- 
zo ,  con  chi  ne  aueua  la  cura  fini  tutta  la  facciata  dello 
altare  maggiore ,  nellaquale  figurò  Lucifero  porre  la 
fedia  fua'in  Aquilone ,  &  vi  fece  la  ruina  de  gli  angeli  - 
i  quali  in  diauoli  fi  tramutono,piouendo  in  ver  la  ter- 
ra:doue  fi  vede  in  aria  vn  San  Michele ,  che  combatte 
con  lo  antico  ferpente  di  fette  tefte,  &  di  dieci  corna: 
Et  da  baflb  nel  centro  vn  Lucifero  già  mutato  in  be~ 
flia  bruttifsima .  Et  dilettofsi  tanto  Spinello,  di  farlo 
orribile  &  contraftatto,che  e'  Ci  dice(tanto  può  la  ima 
ginazione  )  che  la  figura  da  lui  dipinta,  gli  apparue  in 
iò"no,domandandolo  doue  egli  la  auclfe  villa  fi  brut 
tajEt  perche  fattole  tale  feorno  co'fuoi  pennelli.  Egli 
dunche  fnegliatofi  dal  fonnoper  la  paura,  &  non  po- 
tendo gridare,con  tremito  fi  icofTe3talméte  chela  mo- 
glie deitatafi,  lo  foccorfe:&  fu  egli  nientedimanco  a  ri 
ichio,  di  ftringerfigU  il  core  &  morire  di  fubito .  Ben 

che  ad 


SPINELLO   ARETINO  aOQ 

che  ad  ogni  modo  fpiritaticcio,&  con  occhi  tondi,po 
co  tempo  viuendo  poi,fi  condii  (fé  a  la  morte  ;  lafcian- 
do  fama  di  fé  in  quella  città3&  due  figliuoli  picconali 
nodeiqualifu  forzore  orefice,  chea  Fio- 
renza mirabilifsimamente  lauorò di  niello;  &  l'altro 
p  a  r  r  i3  che  imitando  il  padre,  di  continuo  attefe  al- 
la pittura,&  di  dilegno  infinitamente  lo  vinte.  Dolfc 
molto  a  gli  Aretini  così  finiftro  cafò  ;  con  tutto  che 
Spinello  fotte  vecchio;  rimanendo  priuati  d'una  virtù 
&  d'una  bontà ,  quale  era  la  fua .  Mori  d'età  d'anni 
L  x  x  v  1 1.  e  in  Santo  Agofrino  di  detta  città  gli  fu  da- 
to fepolcro  :  doue  ancora  oggi  G  vede  vna  lapida  con 
l'arme  fua,dentroui  vno  Spinofo .  Et  gli  fu  fatto  que- 
llo epitaffio. 

SPINELLO  ARRETINO  PATRI  OPT.  PICTO- 
RIQVE  SVAEAETAT1S  NOBILISS.  CVIVS  O- 
PERA  ET  IPSI  ET  PATRIAE  MAXIMO  ORNA 
MENTO  FVERVNTIPII  FIUI  NON  JINE  LA- 
CRIM1S    POSS. 

Furono  le  pitture  fue  dal     mccclxxx.       fino  al 

wcccc, 


Dd 


210 


GHERARDO  .STAR- 

NINA    PITTORE 

FIORENTINO. 

Eramcnte  chi  camina  lontana  da  la 
Patria  Tua  fermandoli  nelle  altrui  ;  fa 
bene  fpeiTo  nello  animo  vn  tempe- 
ramento di  buono  &  di  garbato  fpi- 
rito  ;  Perche  nel  vedere  i  coftumi 
buoni ,  impara  da  quegli  ad  efiere- 
-  trattabile,  amoreuole,&  paziente. 
Ne  lo  graua  perla  caldezza  del  sagù  e  la  fuperbia:et  na 
fcédo  bifogno  de  fuoi  piaceri,  fi  sforza  ad  altri  far  cor 
tefia,  accio  intrauenendogli  i  fmiflri ,  che  nafeono  da 
Vna  ora  al'altra,  poffa  ancor  egli  da  altri  riceuere  il  me 
defimo.Et  in  vero  chi  difìdera  affinargli  huomini  nel 
viuere  del  Mondo,altro  fuoco,  ne  miglior  cimento  di 
queiìo,non  cèrchi,perche  quegli,  che  fono  rozi  di  na 
tura,  ringentihfcono  ;  e  1  gentili  in  maggior  gentilez- 
za &  grazia  riefeono .  Come  {qcc  Gherardo  di  Iaco- 
po Stamini  pittor  Fiorentino:ilquale  ancora  che  folTe 
di  Sangue,piu  che  di  buona  natura  ;  nondimeno  nelle 
pratiche  era  molto  duro  &  rozojonde  a  fé  più  eh'  a  gli 
amici  faceua  danno .  Per  il  che  trasferitoli  in  Iipagna 
quiui  imparò  ad  efìere  tanto  gcntilc,cortefe  trattabile 
&  benigno,chc  ritornando  a  Fiorenza,infiniti  di  que 
gli ,  i  quali  inanzi  la  fua  partita  a  morte  lo  odiauano, 
con  grandifsima  tenerezza  nel  fuo  ritorno,  lo  amaro- 
no, per  ciTerfì  fatto  fi  gentile  &  fi  cortefe.Gherardo  fu 
dicepolo  d'Antonio  da  Vincgia  :  e  i  fuoi  primi  princi- 
pe furono  in  Santa  Croce  nella  cappella  di  Santo  An- 
tonio de  Cartellarli  oue  fece  in  frefeo  alcune  cofe,  le- 


GHERARDO    STARNINA  in 

qWi  furono  poi  cagione  di  farlo  conofcere  a'mercan 
ti  Spagnuoli:  che  venuti  a  Fiorenza  perlor  bifogni, 
partendo/] ,  in  Ifpagna  apprciTo  il  loro  Re  lo  conduf- 
fero.doue  molti  anni  dimorando  ,  &  grandifsima  co- 
pia de  lauori  fa  ccendo,  &  di  quelli,  premio  onorato 
traendo  ,  ala  fua  patria  defiderofo  di  ùrfi  rmedere& 
conofcere,fece  ritorno.  Nellaquale  con  molte  carez- 
ze da  gli  amici,&  da  cittadini  riccuuto5non  andò  mol 
to  tempo,  che  gli  fu  data  a  douer  dipignere  la  cappella 
di  San  Girolamo  nel  Carmino,  itorie  di  efìb  dipignen 
do;nellequali  figurò  nella  ftoria  di  Paula  et  Eufìochio 
&  di  Girolamo  alcuni  abiti  Spagnuoli  in  quel  tempo 
vfatifi  in  quel  paefedcquali  ilone  furono  da  lui  co  in- 
tenzione molto  propria,intefe;&  condotte  con  abon 
danza  di  modi,  &  di  penfieri ,  nelle  attitudini  delle  fi- 
gure,con  quel  magifterio  &  con  quella  bontà,chegli 
aueua  largito  il  Cielo .  Fece  in  vna  iìoria,quando  San 
Girolamo  impara  le  prime  lcttere,e  il  maeftro ,  che  ha 
fatto  leuare  a  cauallo  vn  fanciullo  addofìb  ad  vn'altro. 
Il  quale  mentre  che  per  il  duolo  della  sferza ,  mena  le 
gambe,  pare  che  gridando  tenti  mordere  l'orecchio  a 
colui  che  lo  ticne:Ilchecon  grazia  molto  leggiadra- 
mente efprefte  Gherardo  ;  comeperfòna  che  andaua 
ghiribizando  le  cofe  della  Natura  .  Similmente  nel  te- 
ttamelo di  San  Girolamo  per  cfler  vicino  a  morte  con 
traftece  alcuni  frati, i  quali  chi  fcriuendo,  &  chi  afcol- 
tando  oflèruano  l'ultime  parole  del  lor  maeftro  con 
grande  affetto.Laquale  opra  gli  acquiftò  apprefto  a^li 
artefici  grado,  &  fama  ;  Et  i  coftumi  con  la  dolcezza 
della  pratica,grandifsima  riputazione.    Fu  fimilmcte 
di  mano  di  Gherardo  il  San  Dionigi  alla  parte  guelfa 
a  fòmmo  della  fcala,nella  faccia  dinanzi,fatto  nella  ri- 
cuperazione di  Pifa  l'anno     mccclxvi.     il  quale 
per  efler  ben  colorito  ?  &  meglio  lauorato  a  frefco,  e 

Dà    ii 


ito* 


PARTE.      I. 


flato  Tempre  tenuto  pittura  degna  di  molta  lode  :  Et 
cofi  fi  tiene  al  prefente;  per  efferfi  mantenuta  frefca  & 
bclla,come  Te  ella  fu  (Te  fatta  pur  ora.  Venuto  dunque 
Gherardo  in  riputazione  &  fama  grandifsima  nella  pa 
tria  &  fuorvia  Morte  inuidiofa,&  nimica  fempre  del- 
le virtuofe  azzioni  in  fu  il  più  bello  dello  operare3Tro 
co  la  infinita  fperaza  di  molto  maggior  colè  che  fi  aue 
uà  promeflb  il  Mondo  di  lui .  Et  così  nella  età  di  an- 
ni x  l  v  1 1 1  i.inafpcttatamente  giunto  al  fuo  fine,con 
efequie  onoratiisime  fìi  fepellito  nella  chielà  di  San  la 
copofopraarno:Etgli  fu  fatto  poi  quefto  epitaffio. 
gherardo  starninae  florentino,  svm 
mae  inventionis  et  elegantiae  picto 
ri.   hvis  pvlcherrimis  operlbvs,  hi- 
spaniae  maxim  v  m  decvs  et  dignità- 
tem  adeptae;  viventem  maximis  hono 
rlbvs  et  ornamenta  avxervntiet  fa 
tis  fvnctvm,  egregi  1s  v  e  r  i  s  qj  e  lavdl 

BVS,  merito'  SEMPER  CONCELEBRARVNT. 
Lafciòfuoidifcepoli  mas  olino  da  Panicele ,& 
pace  da  Faenza,molto  pratico  &  valente  Pittore;  il 
quale dipinfe in  Ferrara,molte  cofc,8c  a  Belfiore  fimil 
mente.Furono  le  Pitture  di  Gherardo  dal  mcccxC, 
al  m  ecce  vili,  uel  circa. 


LIPPO    PITTO  R 

FIORENTINO. 

Empre  fu  tenuta  la  Inuenzione  Ma- 
dre verifsima  della  architettura,  del- 
la pittura,  &  della  poefia,  &  in  tutte 
le  cofe  de  gli  artefici  dotti  giudicata 
fèmpre  marauigliofa  ,  8cdi  grande 
ingegno .  Percioche  ella  gradifce  gli 
artefici  molto,&  di  lor  moftra  i  ghi- 
ribizi  e  capricci  de  fantaftichi  ceruclli  di  quelli /che 
trouano  le  varietà  delle  cofe.le  nouità  delle  quali  efal- 
tano  Tempre  in  marauigliofa  lode  tutti  quegli,  che  tal 
cofa  esercitando  con  garbo  &  con  ftriordinaria  bel- 
lezza,danno  forma,fotto  coperta  &  velata  ombratile 
cofe,che  fanno.Coftoro  lodano  altrui  con  deftrezza, 
&biafimano  coloro  ,  ch'efsi  vogliono  ,  fenza  eflere 
apertamente  intefi .   Di  qucfto  molto  fi  dilettò  Lippa 
pittor  Fiorentino;  &  ancora  che  in  ciò  felicifsimo  fof 
fè;nondimeno  infelici  furono  &  l'opere,che  egli  feccy 
&  la  vita,  che  gh  durò  poco  .  Furono  le  pitture  che  è 
fece  fuor  di  Fiorenza  a  San  Giouàni  fra  Parcora/uori 
della  porta  a  Faenza,  chiefa  rouinata  per  lo  aiTedio  di 
^detta  citta;doue  e'dipinfe  vna  pafsione  di  e  h  r  i  s  t  o, 
con  molte  figure,  &  fra  eiTe  vna  che  fi  foffiaua  il  nafo, 
giudicata  cofa  bellifsima  da  chi  la  vide.Fece  per  Nico 
JodaVzzano  cittadino  allor  grande  in  Fiorenza,  la 
cappella  a  frefeo  di  Santa  Lucia  fopra  Arno:Et  lauorò 
a  frefeo  in  certi  fpedaletti  della  porta  a  Faenza ,  &  in 
Santo  Antonio  dentro  a  detta  porta,  vicino  allo  fpeda 
le  certi  poueri,&  dentro  nel  chioftro  fece  con  bella  & 
nuoua  ìnuezione  vna  vifione,nellaquale  figurò,quan 
do  Santo  Antonio  vede  1  lacci  del  Mondo ,  apprefiò  i 

Dd    in 


.il"4  PARTE.      I. 

quali  erano  le  volontà  &  gli  appetitile  gli  huómmi 
pei  diuerfe  cofe  del  Mondo  inuolti,  &  da  effe  tirati .  " 
Lauorò  dimufaico  in  moki  luoghi  per  Italia  .  Nella 
parte  Guelfa  in  Fiorenza  fece  vna  figura  conia  tetta 
inuetriata;&  in  San  Giouani  raccociò  alcune  ftorie  di 
imifaico .  Et  in  Pifa  fono  ancora  molte  altre  cofe  fue. 
Puofsi  dire  di  lui ,  che  fia  fiato  infelicifsimo ,  da  che  le 
fatiche  fue  oggi  fono  per  terra,&  la  maggior  parte  per 
lerouine  delì'aiTedio  di  Fiorenza  andate  in  perdizio- 
ne. Era  Lippo  perfona,che  volentieri  litigaua,  &  cer- 
cau  a  fempre  più  la  difeordia  che  la  pace .   Al  tribuna- 
le della  Mercatatia  dille  vna  mattina  dibruttifsime  pa 
role  a  vno  aduerfano  fuo  nella  lite  :  onde  gli  auucne, 
che  l'orfefo  fi  fdcgnò,'&  di  malo  animo  cotra  lui  acce- 
fo3vna  fera  lo  apportò  che  a  cafa  fé  ne  tornaua  :  &  con 
vn  coltellerie  aueua,  gli  die  vn  colpo  nel  petto  ;  Del 
quale,dopo  non  molti  giorni3miferamentcfimon\Ec 
lo  Epitaffio  fu  cofi  fatto. 

LIPPI  FLORENTINI  EGREGII  PICT.ORIS  M.O 
N-VMENTVM.  HVIC  ELEGANTI  A  ART1S  I  M- 
MORTALITATEM  PEPERIT:  FORTVNAE  INI 
QVITA  S,    INDIGN1SSIME     VITAM       ADEMITV 

Furono  le  fue  pitture  circa  il     mccccx. 


*1$ 


FRA  LORENZO  DE 

GLI  AGNOLI  PITTOR 
FIORENTINO. 


i  D  vnaperfona  buona  &  religioni, 
credo  io  che  Ha  gran' contento  il  tro 


5,u"  «-«->"  icn  cu  n  tro 
uarfi  alle  mani  qualche  efercizio  o- 
norato,o  di  lettere,o  di  pittura,  o  di 
altre  hberali,o  meccaniche  arti  ,  che 
no  offendmo  i  dio3&  in  qualche  par 
te  giouino  al  profsimo;Perche  dopo 
i  diuini  vfici,fi  paffa  il  tempo  col  diletto  che  e  G  piglia 
per  le  dolci  fatiche,  di  efercizii  tanto  piaccuoli.  Et  ol- 
n-a  che  e*  fi  fa  fumare  da  gli  altri  mentre  che  è  viue,me 
diante  cosi  virtuofe  occupazionijafciabonifsimo'no. 
me  di  fé  in  terra  dopo  la  morte.  Et  certo,  chi  difpcn- 
fa  il  tempo  in  quefta  maniera,  viue  in  vna  quieta  con- 
templazione, &  fènza  moleftia  alcuna  di  quegli  (limo 
li  ambiziofi,  che  negli  feioperati  Tempre  fi  veggono. 
Et  fé  pure  auuiene ,  che  da  qualche  maligno  ìm  talora 
percoilb,può  tanto  il  valor  della  virtù,  che  il  tempo  ri 
cuopre  &  fotterrala  magliniti  di  quegli,&  il  virtuofo 
nel  fecole  che  fuccede,  nman'fempre  chiaro  &  illu- 
vie.    Quarto  auuenne  in  Fra  Lorenzo  de  gli  Arno 
li  Fiorentino ,  ilquale  nella  religion  fua  Camaldotefe 
fece  molte  opere,&  molto  fu  da  efsi  Mimato  in  vita;& 
oggi  dopo  morte  tengono  i  frati  ne  gli  Agnoli  le  ma- 
ni di  cito  come  reliquie  per  memoria  di  lui .     Tenne 
Fra  Lorenzo  la  maniera  di  Taddeo  &  de  <*li  altri  mae 
ftri;&  fu  diligenti fsima  perfòna  ;  come  appare  ancora 
oggidì  nella  infinita  quantità  di  libri  da  efTo  miniati 
nel  monallero  di  detti  Agnoli;&  all'eremo  di  Carnai- 


u6 


PARTE        I. 


doli  ;  Oltra  le  molte  tauole  ancora  che  egli  fece  in 
quel  luogo  colorite  a  tempera  .  Nelli  Agnoli  di  Fio- 
renza (cce  la  tauola  dello  aitar  maggiore  finita  nel 
uccccxiii.Etindufleifrati  Tuoi  ad  efercitarfi nel- 
la pittura,  de  quali  lafciò  alcuni  Tuoi  difcepoli ,  che  di 
molte  pitture  accomodarono  il  moniftero  loro:Et  di 
libri  miniati  e  feritati ,  cofi  come  vi  fu  di  quegli  che  ri- 
camauano  paramenti  &ftorie  di  figure  diuinifsima- 
menti;come  ne  fanno  fede  oggi  in  quel  luogho  le  ope- 
re che  vi  feciono.  Egli  in  Santa  Trinità  di  Fiorenza  di 
pinfe  a  frefeo  la  cappella  &  la  tauola  de  gli  Ardinghel- 
li  laquale  al  fuo  tempo  era  molto  lodatamellaquale  ri- 
traile di  naturale  i  noftri  Dante  ^Petrarca.  Et  anco 
ra  in  detto  luogo  lauorò  la  cappella  de  Bartolini.  A  co 
(lui  noceuano  molto  i  cibi  e  i  digiuni ,  a  i  quali  per  la 
regola  monadica  &  eremitica  era  obligato.  Per  il  che 
da  Papa  Eugenio,  che  dimoraua  allora  in  Fiorenza 
per  lo  Concilio,  &  ebbe  compafsione  a  tanta  virtu,be 
nanamente  fu  difpenfato  ;  Et. egli  per  quefto  fece  vn 
mettale  ,  ilquale  e  ancora  oggidì  nella  cappella  Papale 
di  Roma .  Fece  poi  vna  tauola  in  San  Iacopo  fopr'Ar- 
no,&  vn  altra  in  San  PietroScheraggio:&  in  SantoMi 
chele  di  Pifa  loro  conuento ,  &  in  Camaldoli  di  Fio- 
renza vn  Crocififlb  in  tauola,  &vn'San  Giouanni. 
Finalmente  per  lo  dar  chinato  &  col  petto  appoggia- 
to crii  venne  vna  poftema  crudele,laquale  in  lungo  ter 
mine  lo  condufle  al  fine  di  fua  vita  ,  di  età  d'anni  l  v, 
Infegnò coftui a  Francesco  fiorentinoiuo 
difcepolo,ilquale  dopo  la  morte  fua  fece  il  tabernaco- 
lo che  è  fui  canto  di  Santa  Maria  nouella  nella  piazza 
a  fommo  alla  via  della  Scala ,  per  ire  alla  Sala  del  Papa. 
Fu  pianto  fra  Lorenzo  affai  da'  fuoi  monaci ,  &  nella 
folita  loro  fepultura  pietofamente  riporto ,  giudican- 
done la  maggior  parte  >  perle  buone  qualità  fue, 
*  che 


FRA   LORENZO   DB   GLt   AGNOLI  217 

clic  e  fuiTe  ito  a  vita  migliore,  come  benefattore  del- 
la Tua  religione  ;&  come  perfonache  delcontinouo 
ville  nelle  miferie  dicjuà  con  grandissimo  timore,  di 
non  incorrere  nell'oftefe  di  d  1  o .  Ne  gli  mancò  dopo 
la  morte  chi  lo  onora/Te  con  quefto  Epitaffio. 
Egregie  minio  nouit  Lmrentim  utì, 

Ornau'tt  minibus  qui  locap/urafik 
Nunc  PiBurafaatfama/uper  dtthera.  cLrum , 
*At(]tie  animi  eundcm^jìmphcitafque  boni. 

TADDEO    BAR- 

TOLI  PITTOR 
SANESE. 


Vanti  fono  tra'noftri  artefici  quegli 
che  per  guadagnar/i  nome,  fi  metto- 
no a  molte  fatiche  nella  pittura  ?  Et 
il  più  delle  volte ,  il  malignoinflufTo 
che  gli  p  erfegue  fa  che  le  mirabili  o- 
pere  loro,  fon'  pofìe  in  luogo  ofeurif 


fimo,  o  fi  vile  &  difònorato;  chea 


molti  che  non  conofeono  più  là,  dà  cagione  di  biasi- 
mare &  vituperare  quelle  cofe,  che  per  fé  fteffemeri- 
tan*lode;&  per  la  fatica  de' loro  artefici,che  tanti  gior 
111  infelici,  &  tante  pefsimenotti,fenza  frutto  vi  han- 
no fpefo.  Et  pare  che  fempre  tocchi  queftainuidia 
del  trifto  Fato,a  chi  cerca  più  le  eccellenzia.Tutta  voi 
ta,  aduenga  negli  altri  quello  che  fi  voglia  ;  a  Taddeo 
Bartoh  pittor  Sanefè,non  aduenne  certo  cosi.Perche 
l'opera  publica della  cappella,  chee'fe'nel  palazzo  di 
Siena  alla  Signoria  ;  fu  comune  ad  ogn'vnche  vedere 
la  volfei&  di  lumi ,  &  di  aria ,  fino  a'  di  nofìri ,  fi  vede 

E  e 


iiS 


PARTE.      I. 


ragioneuolmente  accompagnata.     Era  tenuto  Tad- 
deo nella  Patria  fua5eccellentifsimo  maeiìro'Et  meri- 
tamente fu  elletto  ne  Tempi  fuoi  ,  dalla  Signoria  di 
quella  città,  aMipignere  detta  cappella.Ilche  gli  diede 
animo ,  eflendo  il  luogo  molto  onorato ,  &  il  premio 
conueniente,a  dar  fama  alle  fue  pitture;&  ornare  con 
fi  bella  occafione  la  fua  patria,&  la  propria  glofiajPre 
fago  come  fu  il  vero ,  che  quella  doucfte  eifer'  la  vera 
ftrada,da  fare  vtile  &  onore  non  piccolo  &  a  fé  {ìeflo, 
&  a  defcendenti .     Lauorò  Taddeo  per  Siena  molte 
pitture,nelle  quali  fi.  vede  certamente  diligenzia  &flu 
diograndifsimo:Nèreflò  per  lui  che  affaticandoli  dei 
Continouo,non  diueniiTc  più  eccellente  di  quello  che 
egli  era.  Ma  la  indifpofizione  di  vn  male  oppilatiuo, 
lo  alTafsinò  di  maniera  ;  che  ella  gli  impedì  quella  otti- 
ma voglia  j  che  gli  fu  fempre  fiflfa  nello  animo  mentre 
chee'viflfe.  Morì  Taddeo  di  anni  lix.  &  le  pitture 
fue  apparifeono  del     mccccvii.  Et  col  tempo  gli 
fu  poi  fatto  quello  Epitaffio. 

TADDAEVS  BARTOLVS    SENENSIS  HIC   SITVS 

est;cvm    pingendi     artificio  ,  qj  od 

IP  SE  MITISSIMIS  ET  HVMANISS.  MORIBVS; 
TVM  SVAVITATE  I N GÈ N  I  I  ,  QV A M  OPERI- 
BVS   SVMMO    STVDIO    ELABORATIS,    ET    PLA- 

NE    PERFECTIS     VICISSIM     EXORNAVERAT*. 

IMMORTALITATE    DIGNISSIMVS. 

Lafcio  Domenico  Bartolifuo  nipote  &difcepo- 
lo,che  attendendo  alla  arte  della  pittura,  dipinfe  con 
maggior  pratica  le  figure:  Et  nelle  iiìoric  che  e  fece 
"moftrò  molto  più  copiofita,  variandole  in  diuerfe  co- 
fe.  Sono  nel  pellcgnnario  dello  fpedalc  grande  di  Sie 
na  due  Ilorie  grandi  lauorate  m  frefeo  da  Domenico> 
doue  qualche  profpettiua,  &  qualche  ornamento,gar 
latamente  fece  apparire.     Dicefi  effere  (lato  Dome- 


Taddeo  battoli  219 

nìco  molto  modello  &  gctile;&  d'una  fingulare  amo- 
reuolezza  &  liberalifsima  cortefia:La  quale  no  die  ma 
co  nome  alle  buone  qualità  Tue  ;  che  l'arte  fteiTa  della 
Pittura.Furono  l'opere  di  cottili  nel  m  c  ccc  xxx  vi. 
Et  nello  vltimo  dipinfein  Santa  Trinità  di  Fiorenza 
vna  Tauola  d'una  AnnunziatarEt  nella  chiefa  del  Car 
mino  la  Tauola  dello  altare  maggiore. 


LORENZO      DI 

BICCI    PITTORE 
FIORENTINO. 

Randifsima  vetura  hannoquelli  che 
nello  attendere  ad  vna  qualche  bel 
la  profefsione,  o  virtù  3  fiinuaghi- 
fcono  in  quel  diletto  che  di  quetta 
fentono  ogni  ora  :  Perche  mentre 
che  adoperano,  pattano  lo  ozio  del 
13  tempo  in  vno  esercizio  onorato;  la 
ftiano  fama  &  nome  di  loro;guadagnano  lecitamente- 
&  fanno  acquitto  Tempre  di  amici.  La  onde  con  tan- 
ta tenerezza  fono  amati  dagli  huomini;  che  è  fi  puo> 
dire3chee'nefiano  Padroni;  Et  de  le  comodità  di  al- 
trui, acquiftan'fempre  il  comodo  proprio  .     Per  ciò- 
che  a  chi  ferue  altri  bene  &  prettamente ,  non  batta  il 
pagamento  per  fodisfarlo,mai'obligo  entra  poi  di  me- 
zo  fra  chi  fi  operare  &  etto  operante.  Quello  e/pretta 
mente  fi  vide  in  Lorenzo  di  Bicci  pittor  pratico  &  fpe 
ditotilquale  per  dilettarli  del  lauorare,come  e  fecc^c- 
quittò  mezi  tali,  che  da  ogni  fuo  conofeente  era  tenu- 
to di  fi  dolce  praticabile  ogni  perfona  ardeua  di  fargli 

E  e    U 


220 


PARTE       I. 


piacere.Le  figure  Tue  tirano  forte  ala  maniera  di  Tar! 
deo  Gaddi  &  de  gli  altri  maeftri  inanzi;  i  quali  G  dilet 
tò  egli  molto  di  contrafare ,  per  piacergli  quelle  ma- 
niere .   Fece  Lorenzo  in  Santa  Maria  del  Fiore  a  tut- 
te le  cappelle  fotto  le  fincftre  figure,  &  per  la  chiefa  la 
knagkie  de'  x  1 1.  Apoftoli  per  facrare  la  chiefa,&  met- 
tcrui  le  croci.Nella  chiefa  di  Camaldoli  di  Fiorenza, 
per  la  Compagnia  de' Martiri  dipinfe  vna  facciata  del 
la  ftorialoro  con  due  cappelle.Et  nella  chiefa  del  Car- 
mino vn'altra  facciata ,  quando  efsi  martiri  fono  con- 
dannati a  la  morte  ,  &  vanno  al  tormento  ;  &  tutti  i 
crocififsi  che  da  vna  pratica  grande  &  maeft  ria  onefta 
fono  condotti .    Nellcquali  opere  fi  vede  ingcgno,& 
infiniti  fuoi  tratti  in  attitudine,  per  contrafar  la  natu- 
ra.Su  la  piazza  di  Santa  Croce,fece  fuori,  nella  faccia- 
ta del  conuento ,  la  {loria  d'un  S.  Tommafo ,  col  refto 
de  gli  Apoftolijil  quale  cerca  la  piaga  aCHRiST  o;& 
fimiìmente  vna  afiunta  in  cielo  in  campo  d'oro,con  in 
finito  numero  d'angeli  intorno,&  San  Tommafo,che 
la  cintola riceue  frefeamente  &  con  viui  colori  lauo- 
rati;  Et  a  canto  a  quefte  opre  lauorò  vn  San  Chriftofa 
no  ,ilquale  è  di  altezza  di  braccia  xm.  &mezo;nel 
quale  moftrò  grandifsimo  animo,  non  fi  efìcndo  fin 
allora  fatto  le  figure  di  maggior  grandezza,  che  di  cin 
que  braccia  ;  eccetto  però  il  San  Criftofano  di  Buffal- 
macco.    Dentro  il  conuento  lauorò  all'entrata  della 
porta  del  martello  più  di  x  l.  frati ,tutti  vediti  di  bigio 
ne  i  quali  volfe  moftrare  Lorenzo  la  pratica  &  la  fcie- 
za,laquale  aueua  in  lauorarc  in  frefeo  ;  &  a  tutti  variò 
il  colore  del  bigiojckc  chi  pcndeua  più  in  rofsigno,& 
tanc,&  chi  in  azunino,&  gialliccio  per  ciafeuno  ditte 
rente,talmente  eh'  è  cofa  fingulare .     Dipinfe  ancora 
altre  iftorie  per  le  mura  &  per  le  volte,  con  tanta  faci- 
lità &  preiìczzajchc  fi  racconta  di  lui  per  vero,che  aué 


LORENZO    DI    BICCI 


ail 


do  il  Guardiano  del  luogo  che  gli  daualefpefe  fatto- 
lo chiamare  a  Menfa:egfi  che  aueua  fatto  lo  intonaco 
per  vna  figura,  &  cominciatala  apputo  allora  ,  rifpofe 
a  quel  frate  che  lo  chiamaua  ;  fate  le  fcodelle,ch'io  fò 

queAafigura,&  vengo.  Et  pero  dicono,  che  inLoren 
zo  fi  vide  tanta  velocità  &  rifoluzionedi  quella  ma- 
niera ,  quata  non  fu  in  alcuno  altro  giamai.Fii  di  man 
fua  il  tabernacolo  a  frefeo  in  fui  cato  delle  Monache  di 
Fuligno;&fopra  alla  porta  della  chiefa  loro  vna  No- 
(Ira  donna  con  alcuni  Santi  ;  fra  i  quali  Ci  vede  San 
Francefco,ilqualefpofala  pouertà.  Fu  condotto  in 
Arezzo;&  vi  dipinfe  la  cappella  maggioredi  San  Ber 
nardo,cóuento  de  monachi  di  Monte  Oliucto,  con  la 
fìoriadi  San  Bernardo,fatta  fare  da  M.  Carlo  Marfu- 
pini .      Et  in  oltre  cominciò  la  cappella  di  Francefco 
Bacci  vecchio  in  San  Fracefco  d'Arezzo  fimilmente  ; 
a  laquale  finita  la  volta  ammalò  di  mal  di  petto;&  po- 
co andò  che  guarito  fé  ne  tornò  in  Fiorenza;&  fece  la 
fala  vecchia  di  Caia  Medici  nella  via  larga  a  Par  Fran 
cefeo  vecchio.     Ebbe  Lorenzo  due  figliuoli  b  i  c  c  j 
et  neri;  i  quali  furono  ambiduepittorimon  qua- 
li il  Padre  ilqualc  imitarono  il  più  che  poterono  .  Per 
il  che  Bicci  gli  aiutò  finire  la  cappella  de'  Martini  i* 
San  Marcoi&  infinite  opere  in  Fiorenza  &  per  il  con- 
tado lauorarono:&  Neri  dipinfe  a  frefeo  in  ogni  San- 
ti la  cappella  de'  Lenzi  infieme  con  la  tauola ,  doue  ri- 
traile fé  medefimo  vicin  à  Lorenzo  fuo  padre.  Et  allo 
ordine  Camaldolefe  infinite  opere  fece;&  umilmente 
nel  chioftro  di  San  Brancazio ,  &  nella  chiefii,  lauorò 
cofe  che  non  fa  mefuero  raccontarle.  Ma  Lorenzo  di- 
uenuto  già  vecchio,  nella  età  di  lxi.  anni  ammalò 

di  malesi  febbre  ordinario;&  appoco  appoco  fi  cofu- 
mòjdeiiderando  pure  ritornare  ad  Arezzo  a  finire  l'o- 
pra da  lui  cominciata .  Laquale  dopo  la  morte  di  Lo. 

Be     iii 


aii 


PARTE.      I. 


renzofinl  PIETRO  dal  Borgo  a  San  Sepolcro.  Fa 
dopo  che  fpiiò  da  Bicci  &  da  Neri  pianto  3  &  in  fine 
con  infiniti  fofpiri  a  la  fepoltura  accompagnato  ;  E« 
dolse  la  morte  Tua  vniuerfalmente  a  tutti  gli  amici. 
Ne  mancò  di  poi  chi  lo  onoraffe  di  quello  epitaffio. 

IAVR.  BICCIO  PICTORI  ANTIQVOR.  ARTI- 
FICIO ET  ELEGANTIAE  S1M1LL1MO  AC  PRO 
PB  PARI  BICCIVS  ET  NERlVS  FILIIjET  A  R- 
TIS    ET   PIETATIJr  ERGO'   PQSVER. 


Il  fine  della  prima  parte  delle  uite. 


PROEMIO  DELLA 

SECONDA   PARTE 
DELLE    VITE. 

V  >A  NV  O  io  prefi primieramente  Vma 
nifsimo  Lettor  mio  a  defriuere  quejìeui- 
te;  £'  non  fu  mia  intensione  fare  una  nota 
deìli^Artefiajtuno  inuetano  diro  cofidel 
e 'cpere loro i  Ne giudicai  mai degnio fine 
di  quejìe  mie  non  so  come  beile  .certo  lun- 
ghe &fafttdi(fifauche9  ntrouare  il  numero  et  i  nomi  et  lepa 
trie  loro;&  infegniare  in  che  città  &  in  che  luogo  appunto  di 
cjfe/itrouafinoalprefintele  loro pitture  3  o fculture  o fasi- 
che ;  che  quefto  io  lo  arei potuto  fare, con  unaftmplice  tamia, 
fen*4  interporre  in  parte  alcuna  ilgiudizio  mio .  Ma  ueden- 
do che gli fcritton delle iQorie  quegli che per comune confen- 
fo  hanno  nome  di  auere ferino  con  miglior  giudico ,  non  fola 
nonfi fono  contentati  di  narrare  femplicementei  cafife^uiti^ 
ma  con  ogni  dilgen%ia,et  con  maggior  curio/ita  che  hanno  pò 
Wofono  tu  wuedgando  imodi&  i  me%i3&  le  uie,  che  han 
noufatu  ualentihuomini  nel  maneggiare  timprefe  :  & fonfì 
ingegnivi ditoccare gli errori;  <&Tppreffoibet colpi,  <&ri* 
pan,  spartiti  prudentemente  qualche  uoltaprefmcgouer- 
m  delle  faccende;  <&  tutto  quello  infomma  che  fagacemente, 
oftraccuratamcnte3conprudcn%ia3o  con  pietà  fi  fon  marni**, 
nimità  hanno  in  effe  operato .  Come  quelli  che  conofeieuano  la 
ifloria  e/fere  ueramente  lo  ftecchw  della  uit  a  umana;  nonpe* 
narrare  afciuttamcnteicafi  occorfiaun  Principe 3o  dauna 
Republica,mapcrauuertire  igiudi^tj j  configli  i  partiti,  &  t 
maneggi  degli  huomini^cagione poi  dellefelici  &  infelici  a^ 


12a  PROEMIO    DELLA       tt 

Ztoni.  lkh  e  è  proprio  lecnima  della  Moria.  Et  quello  che  in  ue- 
ro  infirma  wuere.  &  fagli  huomini  prudenti-.^  che  appref 
fio  alpiacere  thefi trae  del  vedere  le  cofepa/Jàte  comepreferh 
ti  è  il uerofne  di  quella.  Pcrlaqualcofit  auedo  ioprefio  afinuer 
la  Moria  de  Nobilitimi  artefici  pergiouar  all'arti  quanto  pa- 
ti/cono le  forze  mie;®*  appreffbper  onorarle. ho  tenuto  quan- 
to iopoteua  ad  imitatone  di  cofiualenti  huommiil  medefimò 
modo;®  mi  fono  ingemmato  no  filo  di  dire  quelche  hannofat 
to,ma  diptere  ancora  decorrendo  il  meglio  dal  buono  ;  &* 
Cottimo  dalmgliore;®*  notare  un  poco  diligentemente  t  mo- 
di,le  arieje  maniere  i  tratti  &  lefantafie  de  Pittori  &  degli 
Scultori .  Inuedigando  quanto  più  diligentemente  hofaputo. 
è  far  conofeere  a  quegli  che  quefìo  per  fi  fìt\ìi  non  fanno  fare. 
le  caufe  &  le  radia  delle  maniere  ;  e  del  miglioramelo  &peg 
varamento  delle  arti  .accaduto  in  diuer fi  tempi;®  in  diuerfi 
%erfòne:Etper  che  nel principio  di queft e  uite;  io  parlai  de  la 
nobiltà  ®*  antichità  di  effe  arti,  quanto  a  queilo  profofitofi 
richiedeua  inficiando  a  parte  molte  cofecheio  mi farei  potuta 
fruire  di  Plinio  ®  daltri  autori  fi  io  non  auefii  uolutoycontrd 
la  credenza forfè  dimoiti,  lafciar  libero  a  ciascheduno  iluede- 
re  le  altrui fant  afe. ni  propri] fonti  :  Mi  pare  che  è  fi  cornea 
o-afare  alprefente.queUo  che  fuggendo  il  tedio  ®  la  lunghe^ 
%a3mortal nemica  della  attenzione 7non  mi  fu  lecito fare  ali  o- 
ra,ao  e  aprire  più  diligentemente  lanimo  ®*  intenzione  mia: 
®*  mostrare  a  che  fine  io  abbia  diuifi  quetto  Corpo  delle  uiter 
m  tre  pani .  Bene  è  uero  che  quantunque  lagrandezga  delle 
arti  nafea  in  alcuno  da  la  dilgenzja  ;  in  un  altra  da  lofludto^ 
in  queflo  da  la  imitazione;  in  quello  da  la  cognizione  delle  file 
zie,  che  tutte  porgono  aiuto  a  quefte  >  ®*  in  chi  da  le  predette 
tofe  tutte  mfieme.  o  da  la  parte  maggiore  di  quelle  :  lo  niente- 
dimanco  per  auere  nelle  ulte  de particulari ragionato  a  baflan 
za.de  modi.de  Carie.de  le  maniere j&  de  le  cagioni  del  bene. 

®*  meglio > 


PARTE    DELLE    VITE 


"f 


&  meglio  ,ed  ottimo  operare  di  quelli: Ragionerò  dicjuejìa  co- 
fagenerdmente-,et  più  pr  e  fio  de  la  qualità  de3  tempi,  che  de  le 
pcrfoneiòftinte  &  di  ufi  da  me  ^  per  non  ricercarla  troppo  mi 
nutamentejn  treparti,o  meliamole  chiamare  eta\da  la  rina- 
fiita  di  quefìe  arti,  fino  alfecolo  che  noi  uiuiamo;per  quella  ma 
nifeflifìima  dfferen%a,che  in  ria/cuna  di  loro  fi  cono/ce.  Con- 
ciofia  che  nella  prima  &  più  antica  fi  fa  ueduto  quefie  tre 
arti  ej] ere  fiate  molto  lontane  da  la  loro  perfezione:  et  come 
che  elle  abbino  auuto  qualcofa  di  buono  ,effer  e  fiato  acomba- 
gntato  da  tanta  imperfezione  3  che  e  non  menta  per  certo 
troppagran  lode .  ^Ancora  che  per  auer  dato  principio  &  uia 
e  modo  al  meglio  chefeguitopoife  nonfufjè  altro  non  fi  può  fé 
non  dirne  bene]  &  darle  un  pò  più  gloriale  fé  fi  aueffea 
giudicare  con  la  perfetta  regola  dcllarte  non  hanno  meritato 
lopere  fìeffe.  Nella  feconda  poifiueggono  mamfeflo  effer  le 
cofè  migliorate  affai,  <&  nelle  inuen^ioni,et  nel  condurle  con 
più  difegnioj  &  con  miglior  maniere  &  con  maggior  diliger» 
%ia:  £7*  cofi tolto  uia  quella  ruggine  della  uecchiaia^  quella 
g°jfeK&,&'Jp™p<>r%ioneh  che  lagroffe^^  di  quel  tempo  le 
aueuarcccata  addoffo .  Ma  chi  ardirà  di  dire}in  quel  tempo 
efferfi 'trottato  uno  in  ogni  cq/à  perfetto  ì  Et  che  abbia  ridotto 
le  co/e  al  termine  dioggi}&  dimensione  &  di  dfegnio ,  &* 
di  colorito? Et  che  abbia  offeruato  lo  sfuggire  dolcemente  delle 
figurerò  Lfiurità  del  colore,  che  i  lumi  fiaw  rimaflifoUmen 
te  in  fu  1  rilieui  ;  <&fìmilmente  abbia  offeruato  gli  flr afri  <& 
certe  fini flraordmarie  nelle fatue  di  marmo  come  in  quelle  fi 
ttedeì  Qucfta  lode  certo  è  tocca  alla  ter^a  etàjnella  quale  mi 
par  potere  dir fìcur  amente ,  che  l'arte  abbia  fatto  quello  che 
aduna  imitatrice  della  naturaj  lecito  poter  fare  :  &  che  ella 
fiafalita  tato  alto,che  più  prcfìo fi  abbia  a  temere  del  calare  a 
ba[foichefj)erare oggimaipiu augumeto.  Queile  cofe cofide- 
y  andò  io  meco  mede  fimo  att  et  ama  e  giudico  chefia  ma  prò- 


125  PROEMIO   DELLA    XI. 

prieta3<&  maparticulare  natura  di  quefle  arti;  le  quali  da  uno 
umile  principio  3uadino  appoco  appoco  miglior  ado.  et  fnalmen 
te  peruewhino  al  colmo  della  perfezione .  Et  quefto  me  lo 
fa  credere  jluedere  effere  interuenuto  quafì  questo  mede/imo 
in  altre  facèta  ;  che  per  effere  fra  tutte  le  arti  liberali  un  certo 
clw  di  parentado  è  non  piccolo  argumento  che  è  fa  uero.Ma 
nella  pittura  e /cultura  in  altri  tepidebbe  e/Jere  accaduto  que* 
fio  tanto fimile  che  fé  efifcxmbiafmo  wfieme  i  nomi  far  ebbo 
no  apputo  i  me  definii  ca fi.  Imperoche  è  fi  uè  de  (fé  e' fi  ha  a  dar 
fede  a  coloro  che  furono  uicini  a  que  temtoi.etpotettono  ucdere 
&o-iudicare  dele fatiche  degli  antichi)  le  fatue  di  Canaco 
effer  molto  dure ,  &finza  uiuacita3o  moto  alcuno ,  <&*pero 
affai  lontane  daluero;  &  di  quelle  di  Calami  de  fi  dice  il  mede 
fimo  ben  chefuffero  alquanto  più  dolci  che  le  predette.  Venne 
poi  Mirone ,  che  non  imito  affatto  affatto  la  uerita  della  natu 
ra  i  ma  dette  allefie  opere  tanta  proporzione  & grazia  }  che 
ellefipoteuono  ragioneuolmete  chiamar  belle.  Succeffe  nel  ter 
%o  o-rado  Policleto  &  glialtrt  tanto  celebrati,  i  quali  come  fi 
dice  &  credere  fi  debbetinteramete  le f ecero  perf ette. Qtieflo 
nie de/Imo  progreffo  douette  accadere  nelle  pitture  ancora  per 
chee  fidice&uenfimilmentefihà  apenfire  che  fufìi  cofi, 
neUopere  di  quelli  che  con  un  foto  colore  dipinfero&perofu- 
ron  chiamati  Monocromati  .non  effer  e  fiata  unagranperfez^ 
Xione .  Dipoi  nelle  opere  diZeufi  3  <&  diPolignioto  ,  &  dì 
Timate3o  degli  altri  che  filo  ne  mefjono  in  opera  quatro  Si  lau 
da  in  tutto  i  lineamenti ,  &*  i  dintorni &  le  forme  :  &fen%$ 
dubbio  uifidoueuapure  defiderare  qualcoft.  Ma  poi  in  Erio- 
ne,Mcomaco3  Protogene  J&  >Apelle  J  ogni  cofaperfetta, 
&  bellifima.   Et  non  fi  può  imaginar  meg/iojauendo  efi  di- 
pìnto non  filo  le  forme  3&gH  atti  de' Corpi  ecceller  ifìmamen-^ 
te;ma  ancoragli  affetti 3&  lepafioni  delì^nimo.Ma  lafcia 
do  ire  quefti  che  bifigma  referirfene  ad  altri  &  molte  mite 


PARTE    DELLE    VITI 


11? 


non  tormentano  i  gìudizjj  &  eh  e  è  peggio  ne  tempi  san  co- 
ro, che  io  m  cibfeguitii  migliori  autori  $  Vegmamo  a  tempi  no. 
firi,  doue  abbiamo  /occhio ,  ajfaimiglwrgutda  &  giudice  che 
w  è  Corecchio.Nonfiuede  egli  chiaro,  quanto  miglioramento 
e  aquifìo fece,  per  cominciar  fi  da  un  capo,  L'architettura ,  da 
Bufchetto  Greco }ad  Arnolfo  Tede/co  &  a  GiottoìVe*Àm~ 
filefabriche  di  que  tempi, ipilaflrije  colonne,  le  bafe ,  i capi- 
tegli 3  &  tutte  le  cornici  con  i  membri  difformi,  come  né  m 
Fiorerà  in  Santa  Maria  del  Fiore ,et  nella  incroflatura  dtfuo 
ri  di  San  Giouam;a  San  Miniato  al  Monte;  nel  Vefcouado  à 
Fiefole, al  Duomo  di  Milano, a  San  Vitale  diRauenna,  a  San 
t  a  Maria  Maggiore  di  Roma,  &  al  Duomo  uecchìo fuor  e 
d'^trez£p-3doue  ecettuato  quel  poco  di  buono  ,rimaf\o  de  fra- 
nteti antichi,  non  ut  è  cofa  che  abbia  ordine  of attera  buona. 
Ma  quelli  certo  la  migliorarono  affai  ;  frfece  non  poco  aquL 
fio  fitto  di  loro;perche  e'  la  riduffero  a  migliore  proporzione  : 
&  fecero  le  lor fabbriche  nonfolamenteftabili&gagliarde\ 
ma  ancora  in  qualche  parte  ornate  ;  certo  è  nientedimeno  che 
gli  ornamenti  loro  furono  con) cufi,  &  molto  imperfetti  5  £7» 
per  dirla  cofinon  congrande  ornamento.  Perche  nelle  coione 
non  offruarono  quella  mifura  &  proporzione,  cherichiedeua 
larteiNe  difiinfero  ordine  chefujfepiu  Domo  che  Corinto  ,  0 
Ionico  ,  0  Tofano;  ma  alla  mefcolata  con  una  loro  r  egola  fin- 
%a  regoUfaccendolegroffe graffe ,  0 fittili  fittili, come  torna- 
va lor  meglio.  Et  le  inuenz^onifurono  tutte  parte  dì  lor  ceruel 
locane  delrejìo  delle  anticaglie  uè  dot  e  da  loro.Efaceuano 
le  piane  parte  canate  dal  buono  parte  agiuntoui  lor f ant afte  y 
che  rizzate  con  le  muraglie  aueuano  unaltra forma .  Niente- 
dimeno chi  comparerà  le  co/è  loro  a  quelle  dinari;  uiuedra  m% 
gliore  ogni  cofa- et  ucdra  delle  cofe  che  dano  dijpiaeere  in  qual 
che  parte  a  tempi  no/in' ;  come  fino  alcuni  tempietti  di  matto 
mlauoratidtjluahì  a  Santo  Ianni  Laterano  di  Roma.^ue/lo- 

Ff    ij 


228 


PROEMIO    DELLA       II. 


mede  fimo  dico  de  la  Sculturajaquale  in  quella  prima  età  della 
fua  r •ina/cita  ebbe  affai  del  buono  :  perde  fuggita  la  maniera 
o-offa  Grecatile  era  tanto  ro*a  che  teneua  ancora  più  della  ca 
uà  che  dello  tngegnio  dc*li  artefici ,  e/fendo  quelle  lorofìarue 
intere  intere fen-^a  pieghe  o  attitudine  o  mouen^a  ale  una& 
proprio  da  chiamar  fi  ftatue.  Doue  effendopoi  migliorato  il  di 
feo-nioper  Giotto,molti  migliorarono  anthora  le  figure  d'Mar 
mi  &  delle  pietre:  Come  fece  Andrea  Ptfano&  Nmofuofi- 
gliuolo}etglialtrifuoi  difcepoli-,cheferon  molto  meglio  che  ipri 
mr.&ftorfònopiu  le  lorftatue&  dettono  loro  migliore  attttu 
dine  affai  :  come  que  due  Sanefi      AGOSTINO  & 
AGNOLO,  chefeciono  lafepoltura  di  Guido  Vefiouo  di 
*Arczzoi&  meTodefcln  chefeciono  la  facciata  d'Oruieto . 
Vede  fi  adunque  in  quedo  tempo  la  fcultwa  tfferfi  un  poco 
m'Miorata&dato  qualche  forma  migliore  atte  figure  3con  pm 
bello  andar  di  pieghe  di  panni  &  qualche  teda  con  migliore 
aria,certe  attitudini  non  tanto  intere  ,•  &  infine  cominciato  a 
tentare  il  buono.  Ma  auere  tutta  uolta  mancato  di  infinite  par 
ti  per  non  effer  in  quel  tempo  ingran  perfezione  il  dfgnw^ 
ne  uederfì  troppe  cofe  ài  buono  da  potere  imitare.  Laonde  que 
maedri  che furono  in  quefto  tempo  <&  dame  fon  fiatimeli 
netta  prima  parte,  meriteranno  quella  lode  jet  d'efjer  tenuti  in 
quel  contoiche  meritano  le  cofe  fatte  da  loro,  pur  che  fi  e  onfide 
ri  come  anche  quelle  detti  architetti  &  de  pittori  di  que'  tem 
pi,no  ebbono  innari  aiuto j  <&  aueuano  a  trouare  la  wa  da  per 
loro  :  &  il  principio  ancora  che  piccolo ,  e  degniofempre  di  lo- 
de non  piccola  «  Non  cor/e  troppo  miglior  fortuna  la  pittura  in 
que  fti  tempi,  fé  non  che  e/fendo  allora  più  in  ufo  per  la  diuo^io 
ne  de  popoli, ebbe  più  artefici  >  <&per  quedo  fece  più  euidente 
proo-reffo  che  quelle  due  .   Cofifìuede  che  la  maniera  Greca, 
prima  co 7 principio  di  Cimabue ,  poi  con  l'aiuto  di  Giotto,  fi 
fbenfe  m  tutto  :  &  ne  nacque  una  nuoua  la  quale  io  uolenticri 


PARTE    DELLE    VITE  220 

homo  maniera  di  Giotto  ,•  perche  fu  trottata  da  lui  &*  dafuoi 


dificepoli^e  poi  umucrfalmente  da  tutti uenerat a  et  imitata.  Et 
fiuede  in  quejìa  leuato  uia  ilprojfdo  che  ricignieua  per  tufo  le 
figure, &  quegli  occhi Jfi'iritati,  &  piedi  ritti  in  punta  3  &  le 
maniaguzze,&  il  non  auere  ombre ,  &*  altre  mofìruofirà  di 
que  Grea:&  dato  una  buonagrazia  nelle  tefle ,  £?•  morbi- 
de*ga  nel  colorito .   Et  Giotto  in  partìcularefece  migliori  at- 
titudini alle  file  figure  ;  &  moftrò  qualche  principio  di  dare 
una  uiue^a  alle  tefle  3  &  piego  i panni  che  traeuanopiu  alla 
naturale  non  quegli  innanzi  :  é^fioperfiimpartequalcofà 
de  lo  sfuggire  &  fiottare  le  figure .   Oltre  a  quetto  egli  diede 
principio  agli  affetti  che  fi  conofeeffe  in  parte  il  timore, la  fpe- 
ran^aj'ira }  <&  lo  amore .    Et  rtduffe  a  una  morbidezza  la 
fua  manierale  prima  era  &  ruuida  <&fcabrofa  :  &fe  non 
fece  gli  occhi  con  quel  belgirare,  che  fa  iluiuo;  <&  con  la  fine 
defuoi  lagrimatoi;  £7*  icapegli  morbidi^  le  barbe  piumofe; 
£7*  le  mani  con  quelle fue  nodature  &  mufioli;  etgli  imniudi 
come  il  uerofcufilo  la  dijficulrà  della  arte&  il  non  auer  uiflo 
pittori  migliori  di  lui.   Et  pigli  ogn'tuno  in  quella  pouertà  del- 
l'arte  &  de'  tempi }  la  bontà  del  giudico  nilkfue  iftorie;lof- 
feruanzia  dell'arie,  elobedien^fa  di  un  naturale  molto facile -, 
perche  pur  fiuede ;cbe le figure  obbediuano,a  quel  che  tlleaue 
uano  a  far  e.  Et  perciò  fi  mo/ìra  che  egli  ebbe  un  giudico  mol- 
to  buono  fenon  perfette  &  jueflo  me  de  fimo  fi  ucdt  poi  neo-li 
altri ,  come  in  Taddeo  Gaddinel  colorito  il  quale  è  più  dolce, 
&  ha  più  for^a  ;  &  dette  migliori  incarnazioni  e  colore  ne* 
pannn&  più  gagliardezza  ne  moti  alle  fue  figure  .In  Simon 
Sane/è  fiuede  il decoro  nel compor  lejtorie  ;  in  Stefano  Scim- 
mia, &  in  Tommafiofuo figliolo  che  arecaronogrande  utile  et 
perfezione  neldfigmo  &  muenzione  della  profpettiua,  <& 
nello  sfumare  <&  unire  de'  color r}rtferuando firn pr e  la  manie- 
ra di  Giotto .   Talefeciono  nella  pratica  e  dtflrczzy  Spinello 

Ff    lij 


230 


PROEMIO    DELLA    it. 

^retmo.Parrifito  figliuolo,  Iacopo  di  Cafentino  Antonio  Ve 
mziano7Lìppo,et  Gherardo  Starnimi glialtn pittori chela 
dorarono  doto  Giotto/eruttando  lafua  aria  lìneamento  colon 
to,&  maniera  :  &  ancora  migliorandola  qualche  pocho  :  ma 
non  tanto  pero  che  e  pare/fi  che  la  uolefono  tirare  ad  altro/è- 
vnio .  La  onde  chi  confiderera  queilo  mio  difeorfò^uedrà  que- 
Jìe  tre  arti  fino  a  qui  e/fere Jìate  come  dire  abbozzate;  & 
mancar  loro  affai  di  quella  perfezione  che  elle  meritauano, 
&  certo fi  non  ueniua  meglio ,  pocogiouaua  quefto  migliora- 
mento c^1  non  era  da  tenerne  troppo  conto.  Ne  uoglio  the  al- 
cuno creda  ..che  iofiafigroffo  ;  ne  di  fi  pocho  giudizio  y  che  io 
non  conofea  che  le  cefi  di  Giotto,  e  di  Andrea  Pifano  et  Nino 
&*  degli  altri  tuniche  per  la  fimilitudine  delle  maniere  hi 
mejìiinfieme  nella  prima  parte  fé  elle  fi  compareranno  a  quel 
le ,  di  coloro  e  he  dopo  loro  hanno  operato ;no  meriteranno  lode 
flraordinariayne  anche  mediocre  >  Ne  era  che  io  non  lo  uedefii 
auando  iogliho  laudati^Ma  chi  confiderera  la  qualità  di  que 
tempi  fa  caredia  degli  artefici,  la  difficuha  de  buoni  aiuti)  le 
terrà  non  belle  come  ho  detto  io}ma  miracolo/è:^*  ara  piacere 
infinito  di  uederet primi  principi/ &  quelle fcintiUe  di  buono; 
che  nelle  pitture  e /culture  cominciauono  a  rifùfeitare .  Non  fa 
certo  la  uittoria  di  L .  Marzio  in  Spagnia  tantogrande  j  che 
molte  non  auefino  i  Romani  delle  maggiori .   Ma  auendo  ri» 
fletto  al  te  mpo,al  luogo ,al  cafo, alla  per  fona,  &al  numeroiella 
fu  tenuta fupenda ,  £7"  ancor  oggi  pur  degnta  delle  lode ,  che 
infinite  &grandifiime  le  fon  date  da  gli/crittort .   Co  fi  a  me 
per  tutti  i/opy 'adetti  rifletti  e  parfi  che  e*  meritino  non  filarne 
te  ife/fir  e  fritti  da  me  con  diligenza ,  ma  laudati  con  quello 
amore  eficurtà  che  io  ho  fatto .  Etpenfò  che  non  far  a  fiato  fa- 
flidiofo  a  miei  .Artifici \  tauer  udite  quefte  lor  uite7e  confide- 
rato  le  lor  maniere^'  lor  modi:  &  ne  ritrarr  ano  forfè  non  pò- 
iho utileilUhe mifia  carifiimo  gfc  lo  reputerò  a.huon premio 


PARTE   DELLE    VITE  m 

Memìe  fatiche;  ncllequah  nonhb  cerco  altro ,  chefarloro 
mquantoioho potuto  utile®  diletto.  Orapoi  che  noi  abbia* 
mo  Iettate  da  Balia ,  per  un  modo  di  dir  co/i  fatto  quelle  tre 
^trtii  ®  cauatele  ancora  de  la  fanciullezza  :  Ne  uiene  la  fe- 
conda età,  doue  fi  uè dr a  infinitamente  migliorato  oo-meofi' 

^Uimen^onepiucopiofadifigure^iuriccad'ornamenti; 
<&  il  difetto  più fondato,®*  più  naturale  uerfo  iluiuo  :  ®  i„ 
oltre  una  fine  neUopre  condotte  con  manco  pratica,  ma  ben  fa- 
tornente  con  diligenza  maniera  più  leggiadra  fi colon >p'm 
vaghi;  in  modo  che  poco  civetterà  a  ridurre  ogni  cofa  alperfet 
tocche  elle  imitino  appuro  la  uerità  della  natura.Perche  pri- 
tna  colofludio  et  con  la  diligeva  del gr a  Filippo  Brunelle/eh 
la  ^rchitettura  ritrouo  le  mifure  ®  le  proporzioni  deo-lim_ 
Uch;cofi  nelle  colonne  tonde,come  ne  pilaflrì  quadri,®  nelle 
cantonate  ru{liche<&  pulite;  ®  allora  fi  dfim/e ordine per 
ordine,®  ficifi  uedere  la  deferenza  che  era  tra  loro .  Ordi- 
nofi  che  le  cofe  andafinoper  r  egola feguit  afino  con  pm  ordi- 
ne,efufmo  ftanite  con  mi fuv  a. Crebbe  fi la  firzj  ®  rifonda 
mento  aldifegno;  e  dette  fi  alle  cofe  una  buonagrazia,  &  fi- 
cefi  conofeere  Cecellen^ia  di  quella  ^rte.Bitrwofi  tabelle*- 
y&Harìetade  capitelli  e  delle  cornici,  in  tal  modo  che  fui 
de  le  piante  de  tempi/  &  de  gltaltri  fuoi  edifici effir bcniEi 

^ntefe}®lefMricheornate,magnifiche,etpropor^ona. 
tifime.Comefi  uede  nella fìupendif ima  machina  della  Cupola 
di  Santa  Maria  del  Fiore  di  Fiorenza  ;  nella  belletta  et  o-ra- 
zja  della f uà  lanterna,  nel  ornata  uaria  & graffi  chtPa  di 
Santo  Spirito;®  nel  non  manco  bello  di  quel/a  edifico  di  San 
Lorenzomella  bizarifima  inuen^pne  delTempioin  ottofac 
ce  degli  angioli,  ®  nella  ariefifima  chiefa  ®  conuento  del 
laBadiadiFiefole®  nel  magnifico  ®  grandinio  princi- 
pio del  palazzo  de  Pitti.  Oltra  il  comodo  egrade  edifico  che 
Zrancefio  di  Giorgiofice  nel  Palazzo  ®  chtefi  dei  Duomo 


„«  PROEMIO    DEL  LA    II. 

di  Vrbino,  &  il  forti  fimo  &  ricco  Cafìello  di  Napoli  ;  &  lo 
impugnabile  Cafìello  di  Milano:  fienai  moke  altre  fabbriche 
notabili  di  queltcmpo,&  ancora  che  e  non  àfufò  la  finezza, 
et  ma  certagra^a  efqutfita  &*  appunto  nelle  cornici  &  cer 
te  pulitele  &  leggiadrie  nello  intaccar  le  foglie  3  e  far  arti 
fircmi  ne  fogliami,  et  altre  perfezioni  chefuron  di  poi, come 
fi  uedra  neha  ter^a  parte,  douefeguiteranno  quegli  che  far  an 
no  tutto  quel  di  perfetto  nettagli  nella  fine,  &  nella  co- 
tta &  nella  prederà  ,•  che  non  f eceno  gli  altri  architet- 
ti uec  chi  :  Nondimeno  elle  fi  poffono  foratamente  chiamar 
belle  &  buone. Non  le  chiamo  già  perfette ,  perche  uedutopoi 
meo-lio  in  qucfla  arte,  mi  par  potere  ragioneuolmente  afferma 
re%e  le  mancaua  qualcofa.Efe  bene  eui  è  qualche  parte  mira, 
colofa  0*  de  la  quale  ne  tempi  noflriper  ancora  non  fi  è  fatto 
meo-lioine  per  auueiura  fi  farà  in  que  che  uerranno,  come  uer 
birraria  fa  lanterna  della  Cupola  di  Santa  Maria  del  Fiore} 
etper graderà  effa  Cupola;  doue  nonfilo  Filippo  ebbe  animo 
di  paragonargli  antichi  ne' corpi  delle  fabbriche ,  mauincer 
il  nella  altezza  delle  muraglie;  Pur  fi  parla  uniuerfiilmente  m 
venere;  &  nonfidebbe  da  le  perfezione  e  bontà  duna  cofà 
Jola,aro-umentare  la  eceUenzja  del  tutto .  //  che  della  pittura 
ancort dico  ,  &  de  lafiultura  ,  nellequali  fi  uede  ancora  oggi 
cofe  rarifiime  de3  maeflri  di  quetta feconda  et  adorne  quelle  di 
Mafaccio  nel  Carmino  che  fece  uno  ignudo  che  triema  del^ 
freddo, et  in  altre  pitture  utuezs  et  ffmtv.ma  in  genere  e  no 
ao-o-mnfono  ala  perfezione  de  ter^t  ;  De  quali  parleremo  al 
fino tempo;  B •fognandoci  qui  ragionare  de' fecondi  :  I  quali  per 
dire  prima  deo-lifiulton  molto  fi  allontanarono  da  la  maniera 
deprimi:^  tanto  la  migliorarono,  che  lafaorono  poco  aiter- 
ZÌ.Et  ebbono  una  lor  maniera  tanto  più  gra^w^a,  più  natura 
le, più  ordinataci  più  difigmo  &  proporzione  }che  le  lorofìa- 
tue  cominciarono  a  parere  prefjo  che  perfine  wue  ;  CÈ7*  non  piti 

Jìatut 


£ 


PARTE    DELLE    VITE  2'J 

Jìatue  come  le  prime .   Come  ne  fanno  fede  quelle  opere  che  in 
quella  ruotiamone  della  maniera  fi  tauorarono;  comefiuedrà 
in  quefl  a  feconda  parte  doue  le  figure  di  Iacopo  della  Quercia 
Sunefè  hanno  più  moto  &*piugra%ia  et  più  difegnio  et  dilio-en 
^aiquelle  di  Filippo  più  bel  ricercare  di  mufeoli,  et  miglior  prò 
portone \&  più giudizio  jet  cofi  quelle  de  loro  difcepoli.  Ma 
più  ut  (tggiunfè  Lorenzo  Ghiberti  nellopera  delle  porte  t  doue 
moflrb  muen%ione}  ordine, manier a }  &  difegnio 3che  par  che 
le fue  figure  fi  muouino ,  &  abbino  lanìma .  Ma  non  mirifoU 
uo  intutto>ancora  chefufònelor  tempi  Donato/e  io  me  lo  uo- 
glia  metter  fra  iterar  e  fi  andò  loprefua  aparagone  deo-H  an- 
tichi buoni,  diro  bene  che  in  quefla parte fi pub  chiamar  luire 
gola  degli  altri ,  per  auer  infefoìo  le  parti  tutte  che  auna  au  - 
no,  erano ff  art  e  in  molti:  poi  che  è  reduffe  in  moto  lefùefo-ure 
dando  loro  una  certa  uiuacita e  prontezza ,  che  poffon fare  e 
con  le  cofe  moderne ,&*  come  w  difi  con  le  antiche  medefima- 
mente.  Et  ilmedefimo  augumentofece  in  quefto  tempo  la  pit- 
tura, dala  quale  l'Ecellantiftmo  Ma/àccio  leuò  in  tutto  la  ma- 
niera di  Giotto /ielle  tefle^nc pannane* cafametijiegliingnm 
di  ,nei colorito  }  negli 'forti  ,  che  egli rinoub&  meffe  in  luce 
quella  maniera  moderna  quale  fu  in  que *  tempi ,  e  fino  a  oggi 
da  tutti  i  noftrt  artefici feguitata  ;  e  di  tempo  in  tempo  con  mi- 
gliorgrazia*  inuen^wne, ornamenti,  arricchita  &  abbellita-, 
come  particular mente fi  uedra  nelle  utte  di  ciafcuno,  &fico- 
nofcera  una  nuoua  maniera  di  colorito, di  fcorcij 'attitudini  na 
turali  )  &  molto  più  efprefi  i  moti  dello  animo,  &>  igefli  del 
corpojcon  cercare  di  apprcffarfi  più  aluero  delle  cof enaturali 
nel  difegnio  5  &  le  arie  del  ufo  che ' /ornigli afino  interamente 
gli  huomini  fi  che  fucino  conofciutipcr  che  glieron  fatti  co- 
fi cercar on far  quel  che  uedeuononel  naturale  &*  nonpm  &* 
cofiuennono  adefferpiu  cofiderate  &  meglio  intefe  le  cofe  lo 
ro  0*  quefìo  diede  loro  ardimento  di  metter  regola  alleprojfiet 

G£ 


*34 


PROEMIO    DELLA   li  PARTE   DELLE    VITI. 


\w\e  farle fonar  appunto7come faccettano  dirilieuo^naturalt 
e  in  propria forma:&  co/ì  andarono  offeruando  lombre,e  i  fa- 
migli sbattimenti  &  le  altre  cofe  diffìcili  &  le  compofeont 
delle  ftorie  con  più  propria  fimilttudine  tetaronfare  t  pacfip'm 
Cimili  altiero  et  li albori  l 'erbe  t  fori  l 'arie  ìnuuoli  et  altre  cofe 
della  Natura  tanto  chef  potrà  dire  arditamente  che  quejìe  ar 
ti  fieno  non  filo  alleuate  ma  ancora,  ridotte nel  fiore  delia  lor 
giouentù  et  da  (per  are  quel  frutto  che  interuenne  di  poùet  che 
in  breue  elle  auefino  auenire ala  loro  perfetta  et  a. Daremo 
adunque  conio  aiuto  di  Dio  principio  alla  uh  a  di  Iacopo  della. 
Quercia  Sanefe  &  poi  agli  altri  architetti  &  [cultori fino  che 
peruerremo  a  Mafaccio;  ilqualeper  effere  flato  primo  a  miglio 
rare  il  difegmo  nella  pittura  j  mojlerrà  quanto  obligo figli 
deueper  lafua  nuoua  rinafàta.  Et  poi  che  ho  eletto  Ia- 
copofopy -adetto  per  onorato  principio  di  quefta 
feconda  parte  figuitando  t  ordine  delle 
maniere  uerrp  aprendo  fempre 
colle  uite  mede/ime 3  la  difi- 
cultà  di  fi  belle  dificih 
0*  onoratifiime 
*Aru> 


IL     FINE. 


IACOPO  DELLA 

QVERCIA    SANESE 
SCVLTORE. 

Nfinitamente  è  da  credere,  che  nella 
vita  Tua  pi  uoui  grandi/sima  conren 
teza  colui  che  per  mezo  delle  fatiche 
fatte  con  la  virtù  fua  fifenta  o  nella 
patria  o  fuori  ,  onorare  di  dignità  o 
guiderdonare  di  premio  fra  gli  altri 
huomini  credendone  perle  lode& 
per  gli  onori  in  infinito  la  virtù  fua.  Ciòinteruenneà 
Iacopo  di  Maeftro  Piero  di  Filippo  dellaQuercia  feul 
tor  Sanefe  :  il  quale  per  le  fue  ranfsime  donneila  bori 
ta,  nella  modeflia  &  nel  garbo  meritò  degnamente  di 
eflèr  fatto  caualiere .  11  qual  titolo,  onoratifsimamcn- 
te  ritenne  viuendo:  onorando  del  continouo  k  patria 
&  fé  medefimo .  Penlche  quegli,che  dalla  natura  do- 
tati fono  di  egregia ,  &  eccellente  virtù  ,  quando  ac- 
compagnano conia  modeftia  de  cofìumi  onorati  il 
grado,  nel  quale fi  trouano:  fonoteitimoni,i  quali  al 
mondo  mofìrano  d'effere  affanti  al  colmo  di  quella  di 
gnità  che  fi  riceue  da'l  merito,  &non  da  la  forte,come 
neramente  &degnifsimamentemoftrò  Iacopo  :ilqua 
le  alla  (cultura  attendendo  di  quella  perfettifsimo  di- 
uenne&  con  eccellenza  dimoitrò  del  continouo  l'o- 
pere fue.Le  quali  in  Siena  furono  prima  due  tauole  m 
legname  di  figure  tonde,cógrazia  di  difegno  &  d'ima 
glio  affaticate  da  lui.  In  Lucca  fece  per  la  Moglie  a  Pa 
oloGuinigi  Signor  di  quella  Cittadella  chiefadiSan 
Martino,  vna  fepoltura  la  quale  alla  cappella  della  Co 
munita  è  rollata  3  &  in  quelluogo  alcuni  fanciulli  in 

Gg     ii 


2?6  PARTE.       II. 

vn  fregio  con  fedoni  di  marmo,&  la  caflfa  &  la  figura 
morta  all'entrata  della  fagreftia:  La  quale  con  diligen- 
za lauorando,a  piedi  di  effa  fece  nel  medefimo  fallo  vn 
cane  di  tondo  nlieuo  per  la  fede  portata  al  manto,  tra 
sferifsi  poi  a  Bolognia  doue  gli  fu  allogato  da  gli  opc 
rai  di  San  Petronio,  la  porta  principale  di  quel  Tem- 
pio.di  marmo  a  figure  &ftone  &  fogliami  lauorata. 
nella  quale  nepilaftri  che  reggono  la  cornice  ebr- 
eo ,  fono  cinque  ftorie  per  pilaìtro ,  le  quali  condiuTc 
di  baflb  nlieuo. Et  nello  Achitrauene  fece  altre  cin- 
que le  quali  furono  &  fono  tenute  cofa  lodeuole  . 
Et  dentro  a  quelle  intagliò  da  la  Creazione  del  mon- 
do fino  a  Noe.     Etneìlarcofece  tre  figure  di  tondo 
nlieuo  la  Noftra  donna,&  il  putto,con  due  Santi  da- 
tato.Laquale  opera  fu  dalui  lauorata  con  grande  amo 
re  6t  con  fomma  di!igenzia:&  fu  cagione  dicatiare  d'u 
no  errore  i  Bologniefi  che  non  penìàuano  che  fi  potef 
(1  far  meglio  che  vna  Tauola  fatta  da'Maeftri  vecchi , 
quale  e  in  fan  Francefco  allaltar  maggiore  nella  citta 
loro  qual  fu  di  mano  di  Alcuni  Todefchi  che  doppo 
iGotti  lauororono  della  maniera  uecchia  più  che  altri 
che  facelfero  inque  tempi .    De'  quali  fi  uede  ancora 
opere  affai  per  Italia  fitte  da  loro ,  come  la  facciata  di 
Oruieto:Et  la  tauola  di  marmo  delvefcouado  diArez 
20:  &  in  Pifa  nel  Duomo:&  a  Milano  nel  Duomo,& 
per  la  citta  in  diuerfi  luoghi .  Ora  mentre  che  la  fama 
di  Iacopo,  fi  andaua  cofi  dilatando,  egli  venne  in  Fio 
renza  &  fopra  la  porta  del  fianco  di  Santa  Maria  del 
fìore,che  va  a  la  Nunziata  fece  di  marmo  vna  aiTunta: 
la  quale  con  tanta  grazia  &  con  tanta  bontà  a  fine  con 
duìfe;  che  oggi  quella  opera  è  guardata  da  gli  artefici 
noftri  per  cofa  marauigliofa  :  &  in  ogni  età,  il  medefi 
mo  fempre  e  fiata,  tenuta. Veggonfi  le  mouenzie  delle 
fue  figure  con  vna  grazia  &  con  vna  bontà  efprefse; 


IACOPO    DELLA    QVERCIA  227 

&  le  pieghe  de  panni  fùoi  con  bellifsimo  andare  di  fai 
de ,  &  maeftreuole  circondar  d'ignudo  a  perfetta  fine 
mirabilifsimamente  condotte .  Figurò  in  tale  opra  la 
copo  un  San  Tornata ,  che  la  cintola  piglia  :  &  dall'ai 
tra  banda  fece  vno  Orfb,  che  monta  fu'vn  pero  del  fi- 
gnificato  del  quale  perche  variamente  fentono  gli 
huomini,  dirò  ficuramente  io  ancora  vna  mia  opinfo- 
ne  :  Lafciandone  tutta  volta  il  giudizio  libero  a  chi  sa 
trarne  miglior  coftrutto  .  Pare  a  me,  che  e*  voleffe  in 
tendere,  che  il  Diauolo  fignificato  per  l'Orlò  ancora 
che  egli  fàlga  nelle  cime  degli  alberi,  ciò  è  a  la  altezza 
di  qual  fi  voglia  Santo,  perche  in  ciafcuno  truoua 
qualche  cofà  del  fuo  :  Non  riconofee  nientedimanco 
in  quelU Vergine  gloriofifsima  ne  veftigio  ne  fegno  ai 
cuno,  doue  egli  abbia  punto  che  fare:  Et  però  ancora 
che  in  alberato ,  fi  rimane  giù  baffo;  doue  ella  afeende 
(opra le  ftelle.Et  chi  di  quefto  non  fi  contenta,conten 
tifi  al  meno  de  la  rifpofta  che  a  Luciano  già  fece  Ome 
ro  del  principio  del  fuo  Poema ,  ciò  è ,  che  gli  venne 
all'ora  a  propofito ,  di  fare  cofi .  Ecci  opinione  di  mol 
ti ,  che  quefta  opera  fuffe  di  mano  di  Nanni  d'Anto- 
nio di  Banco  Fiorentino  la  qual  cofà  non  può  efiere  : 
prima ,  perche  Nanni  non  lauorò  le  cofe  fue  in  tanta 
perfezzione   l'altra  la  maniera  è  da  la  fua  differente  : 
&  alle  cofe  di  Iacopo  molto  più  fomiglia  .    Trouafi 
nella  allogazione  delle  porte  di  San  Giouanni,Iacopo 
effere  (tato  di  quelle  in  concorrenza  fra  i  maeftri,  ch'a 
tal'lauoro  furono  eletti  •.  in  far  faggio  d'vna  ftoria  :  & 
era  egli  flato  in  Fiorenza  quattro  anni,  innanzi  che  ta 
le  opera  s  alloga  fi  e.  Do  uè  non  fi  vedendo  altra  opra  di 
fuo,  fé  non  quefta,  e  sforzato  ogniuno  a  credere ,  che 
ella  fia  più  condotta;  da  Iacopo  che  da  Nanni.Torna- 
tofene  poi  a  Siena,  e  in  quella  dimorando ,  dalla  figno 
ria  di  detta  città  gli  fu  fatta  allogazione  della  fuperba 

Gg    iii 


>38 


PARTE      XI. 


fonte  di  marmo  fatta  fu  la  piazza  publica  dirimpetto 
al  palazzo  loro;  lagnale  opra  fu  di  prezzo  di  ducati 
duo  milia  &  dugento;&  in  quella  vsò  artificio  &  bon 
tà,  che  gli  diede  tanto  nome;  che  (èmpie  fu  nominato 
Se  viuo,  &  morto  Iacopo  de  la  Fonte  Sanefè.Intaglio 
in  detta  opera  le  virtù  theologiche  con  dolce  &delica 
ta  maniera  nelle  arie  lóro;  con  iftorie  del  Tefìamento 
vecchio  :  ciò  èia  creazione  d'Adamo  &d'Eua;illor 
peccar  nel  pomo  ;Doue  egli  fece  alla  Femmina  vna 
aria  nel  vifo  fi  bella  &  di  tanta  benigna  grazia  :  Et  vna 
attitudine  della  perfbna  tanto  dolce  verfo  di  Adamo 
nel  porgergli  il  pomo  ;  che  e'  pare  al  tutto  imponibile 
che  e  lo  poffa  mai  recufàre.  Senza  che  tutta  l'opera  e 
piena  di  bellifsime  confiderazioni,con  infiniti  altri  or 
namenti  tutti  dalla  dilicata  mano  di  Iacopo  con  amo- 
re &  con  grandifsima  pratica,  condotti  a  perfezzione» 
La  quale  opera  fu  cagione,  che  dalla  Signoria  della  cit 
ta  predetta  fu  fatto  caualierejEtin  breue  fpazio  diuen 
ne  operaio  publico  del  Duomo  di  Siena  &  fopra  tutte 
le  cofe  della  fpeG  di  quella  fabbrica .  Et  con*  in  quello 
vfficio  tre  anni  viffe,co  molta  grazia  di  quella  citti:& 
fuvtilifsimo  per  quel  tempio  &  per  quella  fabbricala 
quale  non  fu  mai  prima ,  coi!  ben  maneggiata  da  alcu- 
no; eflèndo  egli  molto  gentil  perfona .  Ora  perle  fati 
che  già  fatte,n\anco  &  vecchio  diuenuto;di  quella  vi- 
ta affai  tra  parso  ;  &  in  Siena  da'fuoi  cittadini  con  ama 
re  lagrime  onorato,  meritò  fepolcro  nel  Duomo;non/ 
celiando  eglino  con  epigrammi  Latini,  &  rime  volga 
ri  inalzare  con  debite  lode  le  bellifsime  opere ,  la  vita, 

&gli  oneitifsimi  coftumifuoi, l'anno mccccx vili. 
Ilche  hanno  fatto  ancora  gli  ftrani,  come  fi  vede  per 

crucilo  epitaffio . 

1ACOBO     QJERCIO     SENENSI,EQVITlCLA- 
RISSIMO^STATVARIAEQJE   ARTIS  PERITISI 


IACOPO  DELLA   QUERCIA 


239 


AMANTISSIMOQVE  J    VTPOTE    C^V  I      ILLAM 
fRlMVS      ILLVSTRAVERIT  :      TENEBRlSCvyg 
ANTEA     IMMERSAM,     IN    LVCEM     ERVERIT 
AMICI      PIETATIS     ERGO,     NON     SINE     LA- 

CHRYMIS     P. 

Aggiunfe  Iacopo  all'arte  della  fcultura  vn  modo  mol- 
to di  bella  maniera  ;&leuò  gran  parte  di  quella  vec- 
chia ,  che  aueuano  vfata  gli  fcultori  inanzi  a  etto ,  nel 
lare  le  figure  in  maeftà  fenza  torcerli  &  fuoltare  le  at- 
titudini :  &  morbidamente  s'ingegnò  gli  ignudi  di 
mafehi  &  difemine  far  parere  carno/ì,&  di  lecca- 
tezza  pulitamente  il  marmo  cercò  finire  con  diligen- 
za infinita. 

NICCOLO    D'AREZ- 
zo   SCVLTORE. 

On  è  fempre  veroilProuerbio  antico 
dinoiTofcani,  tristo  a  quel- 
lo vccello,  che  NASCE. IH 
cattiva  valle,  Perchè feberie 
la  maggior  parte  degli  huomini  ,  ([ 
ftanno  ordinariamente  più  che  voleri 
.tieri,nelpaefe  doue  e'  fon  nati  ;  E'fi 
vede  pur  bene  fpeiìb,  che  molti  ancora  fé  ne  vanno  al 
troue;  A  cagione  di  imparare  &  di  apprendere  fuori 

quello  chea  cafa.nonfipuò  fare,  Eflcndocomuneml 
te  (  eccetto  le  Città  grandi,  che  non  fono  però  molte) 
ogni  luogo  particulare,mal  fornito  dc'fuoi  bifo^ni; 
&  mafsimamente  de  le  feienzie ,  &  di  quelle  arti  chia 
le  &  egregie,  che  danno  vtile  &  fama  infieme  a  chi 
vuol'durarui  fatica .  Se  già  non  Volefsimo  noi  dire: 
che  quelli  tali3non  dalla  Naturala  da  quello  influirò 


240 


PARTE.       II. 


celeftc  che  gli  vuol'  conducere  a'1  fommo,  fono  caua- 
ti  de  gli  infelici  paefi  loro:  Et  condotti  ancora  in  que* 
luoghi,  doue  e  pofsino  comodamente  farfi  immorta- 
li, ìlche  volendo  condurre  il  Cielo,adopera  fi  diuer- 
fe  vie,  che  e'non  fi  può  aflegnarne  regola  :  Inducendò 
alcuni ,  pervia  di  amicizie,  odi  Parentadi;altriper  eiì 
lii,  o  per  villanie  fatteli  da' fuoimedefimi;  altri  perla 
pouerta,&per  infinite  cagioni  fìrane,ad  aifentarii 
da  la  Patria.  Et  certo,che  fé  da  quelli  fcherzi  del  Mon 
do  non  fofie  ftato  più  che  oppreiTato  Niccolò  di  Pie- 
tro Aretino  ;  e'  non  farehhe  già  mai  vfcito  di  Arezzo; 
ne  mai  aiterebbe  acquiftato  gloria  né  fama ,  Anzi  co- 
me vn'Cartoccio  di  qualche  eccellente  feme ,  tenuto 
dalla  Dimenticanza,  dentro  a  la  apertura  d'vn  muro  , 
farebbe  fempre  ftato  perduto.    Ma  il  Cielo  &  quella 
buona  fortuna  fua  ,  che  lo  voleua  al  tutto  far  grande  ; 
non  eflfendo  atta  la  città  doue  egli  era  nato,penion  vi 
effere  maeftri  che  gli  infegnalfero  a  condurlo  al  termi 
ne  fuo  ;  oltra  lo  auerlo  fatto  pouero ,  lo  fece  talmente 
ancora  ingiuriar'  da'Parenti  fuoi;  che  e'fu  forzato  an- 
datene altroue .    La  onde  arriuando  in  Fiorenza  & 
Multando  lo inftinto della  Natura, fi pofe  alla  arte 
dello  fruitore:  Doue  efercitandofi  del  continouo,con 
fatiche  non  mediocri;  fi  perla  pouertà  che  lo aflafsi- 
nauaj&fiper  gliftimoli  delle concorrenzie  di  altri 
<riouani  fuoi  equali;  Venne  finalmente  tanto  eccellen 
fé,  che  onorò  la  patria  &  fé  fletto.  &  fece  Vtile  grandif 
fimo  a  fé  &  afuoi.  Furono  l'opere  fue  prime  ;  in  Fio- 
renza nella  Opera  di  Santa  Maria  del  Fiore;  &  mafsi- 
mamente  vna  ftatua  di  marmo  di  braccia  quattro,po- 
fta  allato  alla  porta  principale  di  detta  chiefa  a  manina 
ca  entrando  in  effa;  che  è  vno  Euangelifta  a  federerò 
u e  Niccolò  dimoftrò  certamente  quanto  e*  valefTe.Et 
tanto  più  ne  fu  egli  lodato;  quanto  di  tondo  rilieuo 

non  li 


NICCOLO    D'AREZZO  2^1 

non  fi  era  ancora  villo  meglio;  come  /Ivide  poi  per 
que'  maeitri  che  feguitorono  la  maniera  moderna;  & 
per  lui  ancora,  che  la  mutò  del  tutto.  Lauorò  ezian- 
dio in  compagnia  di  Iacopo  della  Fonte  in  molte  ope 
re  di  quello.  In  Arezzo  fece  di  terra  cotta  fopra la 
porta  del  veicouado  del  fianco,tre  flgure,e  vn  San  Lu 
ca  di  Macigno  nella  facciata  in  vna  nicchia  che  vi  e . 
Alla  Fraternità  di  Santa  Maria  dellaMifencordia  lauo 
rò  di  fua  mano  di  pietra  forte  tutta  la  facciata  &  vna 
Noftra  donna,  che  tiene'l  popolo  fòtto  il  manto ,  con 
due  figure  nelle  nicchie  tonde  che  la  mettano  in  mez- 
zo, Tvna  fu  San  Gregorio  Papa,&  l'altra  San  Donato 
Vefcouo,  protettore  di  quella  città  con  buona  grazia 
&  co  buona  maniera.  In  Pieue  alla  cappella  di  San  Bia 
gio  fece  di  terra  vna  figura  belhfsima  di  detto  Santo. 
&  a  Santo  Antonio  nella  medefìma  citta  fece  vn  taber 
nacolo  con  fanto  Antonio  di  terra  tondo ,  &  vn'altro 
a  federe  fbpra  la  porta  dello  (pedale  di  detto  luo»o.  Ri 
tornò  a  Fiorenza  &  fopra  la  ftatua  del  fan  Matteo  di 
bronzo  a  San  Michele  in  orto,fece  alcune  fTgurette  di 
marmo  nella  nicchia  di  fopra;  che  fono  cofa  lodatifsi- 
ma  ;  &  che  gli  dette  allora  tanto  credito  &  nome,  che 
auendofl  ad  allogar  le  porte  di  San  Giouanni  di  bron 
ZO  ;  e  fu  eletto  fra  que*  maeftri ,  che  in  tale  opra  furo- 
no concorrenti .  Ma  rimanendo  a  dietro  in  tale  opra 
fé  ne  patti  ;&  a  Milano  trasferitoli,  nel  Duomo  fece 
di  marmi  alcune  cofe  bellifsime.  Eflendo  poi  diuenu- 
to  vecchio ,  volterò  gli  Aretini  fare  allogazione  de  la 
fepolturadi  Guido  Pietramalefcho  Signore  &  Vefco 
uo  loro,  già  morto;  &  per  Niccolo  mandarono .  Per- 
che da  Milano  a  Bologna  condottoti ,  quiui  mori  in 
pochi  giorni,&  cfsi  de  la  fepoltura  fecero  allogazione 
a  maeftro  a  g  o  s  t?i  n  q  et  ad  agnolo  sa  ne  si: 
x  quali  la  finirono3&  pofero  nel  Vefcouadb  alla  cappel 

Hh 


142,  PARTE      ti. 

la  del  Corpus  Domini,  la  quale  fepoltura  per  le  guer- 
re, &  per  vendette  fatte  contra  quel  Vefcouo  ,  fi  truo 
uà  oggi  rotta'in  più  pezzi .  Viffc  Niccolò  anni  lxvi. 
&furono  l'opere  fue  nel  M  e  e  C  C  x  1  x.  Et  ebbe  dopo 
morte  quello  epitaffio. 

NICOLAVS    ARETINVS    SCVLPTOR. 

Ntlficis  impia,  Mors  cum  perdio  corpora  mille  , 
Simmbm  uiuuntfacla  refetta  mas 

DELLO  PITTOR 

FIORENTINO. 

Ran  cofa  è,  che  Tempre  la  maladiz- 
zione  della  inuidia,  in  ogni  tempo 
abbia  potuto  macchiare  la  virtù  de 
begli  animi,  che  ci  fono,  nel  bia  fi- 
mar  l'opere  ;ma  molto  più  che'nc 
offenda  il  veder  quegli,  che  fi  inge 
Sanano,  rileuandofi  con  la  virtù,da 
la  battezza  venire  in  alto  :  e  che  i  popoli,  che  in  vilifsi 
mo  grado  quegli  hanno  conofeiuti,  non  pofsino  fop- 
portare  gli  onori  &  le  dignità  date  in  premio  alle  ono 
rate  fatiche  loro .  Anzi  continuo  con  villania  beffino 
altrui  ;o  con  grida,  o  con  fonctti  fempre  detraendo 
all'opere  loro ,  gli  fchernifchino  fenza  fine  5  cercando 
far  fcemareco'lbiafimo  tutto  quellojchec'doucrreb- 
bano  tentare  di  accrefeere  con  le  lodi.llche  nafceil  più 
delle  volte,  non  tanto  da  la  natura  del  popolo;  quanto 
da  la  falfa  calunnia  di  alcuni  artefici:che  efercitando  il, 
meftier  medefimo,  per  la  poca  virtù  che  egli  hanno,*! 
ntruouano  rimafi  in  dietro  ;  Et  come  fé  il  biafimo  di 
colui  accrcfcefle  la  gloria  loro  3  attendono  in  detti  & 


DELLO   FIORENTINO; 


Hi 


infatti  a  vituperarlo ,  ancora  che  a  torto .  Quefto  fi  vi 
deinDellopittor  Fiorentino; il  quale  eflendo  dalla 
natura  dotato  d'ingegno  ,  &  d'accorgimento:  lo  mo- 
ftrò  molto  bene  nello  efìere  iìato  fchernito  &  prouer- 
biato, quando  e'fu  fatto  caualiere:onde  fi  vendicò,mo 
ftrando  il  mezzo  dell' vgna:  &  con  effe  quietò  il  grido 
di  colui  3  che  lo  aucua  fchernito  &  vituperato .  Et  in 
oltre  con  lo  auerfi  alcuna  cofa  de  le  fue  fatiche  acqui* 
flato  in  contanti ,  fuggi  il  bifogno  delle  mercè ,  di  al- 
trui. Perche  Dello  fuor  d'ogni  bifogno  in  grado  &  in 
conuenneuolc  onore  trouofsi  :&  da  coloro  cheferui 
ti  fé  n'erano,  fui  ftraboccheuolmente  remunerato.  On 
de  coloro  che  più  erano  ricchi  d'inuidia  &  di  mal' ani 
mo,da  l'muidia  &  da  la  mifera  vita,che  di  cótinuo  me 
nauano ,  furono  tormentati  &  afflitti .  Jequali  coiè ,  i 
fuperbi  &  gli  arroganti  gaftigano  fpeflo  col  bailone 
della  pouertà  •■    Dicono  molti ,  che  Dello  attefe  alla 
fculiura,  &  alla  pittura:  perche  nel  primo  chioftrodi 
Santa  Maria  Nouella,  in  vn  cantone  fecedi  verde  ter- 
ra la  ftoria  d'Ifaac,  quando  da  la  benedizzione  adEfaù. 
Et  poco  dopo  quefta  opera  fu  condotto  in  Ifpagna  : 
oue  poftofi  al  feruigio  del  Re,  venne  in  tanto  credito* 
che  molto  più  defiderare  da  artefice  non  fi  farebbe  po- 
tuto .  Di  maniera  che  auendo  fatto  opere  dell'una 8$ 
dell'altra  arte,  al  Re  pareua  efTergli  debitore.  Venen- 
do adunque  dopo  qualche  anno  capriccio  a  Dello  di 
tornare  a  Fiorenza ,  folo  per  fàvCi  vedere  a  gli  amici; 
come  da  la  tanta  pouertà,  che  prima  il  tormentaua ,  à 
cofigran  ricchezze  foiTe  falitodlRe  permoftrargli  gra 
titudine  de'fuoi  feruigi ,  lo  fece  caualiere  à  fpron  d'o- 
ro.Perche  tornando  a  Fiorenza,per  auere  le  bandiere 
&  la  Confermazione  de'priuilepi,gli  furono  denegate 
ad  inftanzia  di  Filippo  Spano  de  gli  Scolari,che  torna 
uà  vittoriofo  contra  de  Turchi  :  &  fu  fatto  forza  che 

Hh    ii 


244  PARTE.       II. 

c  non  le  aueffe  altrimenti .  Ma  Dello  fcrifle  Ambita- 
mente in  Ifpagna  a'1  Re,  dolendoli  di  quella  ingiuria: 
Et  il  Re  fenile  alla  Signoria  in  fauore  di  lui  fi  caldamc 
te:che  gli  fu  conceduto  fenza  contrallo,ciò  che  e'ehie 
deua.    Dicono  che  tornando  a  cafa  a  cauallo  con  le 
bandiere,vellito  di  broccato ,  &  dalla  Signoria  onora 
to,paflandoper  Vacchereccia  ,  douc  allora  erano  in 
finite  botteghe  d'orefici;  da  molti  fuoi  domellici  ami- 
cai quali  in  giouentuH'aueuano  conofciuto,fu  nel  paf 
fare  prouerbiato,  o  per  ifcherno,  o  per  piaceuolezza  . 
Per  ìlche  riuolto  doue  vdiua  la  voce, fece  con  ambe  le 
manilefiche:&  fenza  alcuna  cofadire  patio  via  fi,che 
quali  nelfuno  fé  n'accorfe,  fé  non  fé  alcuni,che  lo  aue 
uano  vccellato .  La  onde  fendo  egli  ftato  morfb  da  gli 
artefici  per  la  inuidia,  a'cjuali  pareua  che  più  la  forte 
chela  virtù  lo  auefìe  aiutato;Rifcri(fe  al' Re  che  volen 
tieri  farebbe  tornato  al feruigio  fuo,  quando piaceUe 
afua MaelU.Et auuto  rifpolìa fra breue tempo,che e* 
tornalfe  quando  e'uoleua;  perche  fempre  farebbe  ve- 
duto molto  volentieri:  fé  ne  palio  in  Ifpagna  la  fecon 
da  volta;  Et  riceuuto  con  fauor'grande,efercitò  l'arte 
fua  onoratamente  ;  lauorando  fempre  da  indi  innanzi 
co'l  grembiule  del  broccato .  Cofi  dunque  dette  luo- 
go Dello  alla  inuidia  :  &  appretto  di  quel  Re ,  onora- 
tamente vilfe  &  mori .     Furono  le  fue  pitture  nel 
mccccxxi:&  eflb  di  anni  xl  v  i  i  i  i,pafiò  di  quella 
vita.  Ne  celiarono  per  quello  i  fauon  del  Re  :  Perche 
(ì  come  onoratamente  lo  aueua  tenuto  mentre  che  e' 
vilTe,cofi, morto  ancora, funtuofamente  lo  kce  accó 
pagnare  ala  fepoltura ,  Doue  fu  dedicato  quello  Epi- 
taffio . 

Ve Uhs  eques  Fiorentina ,  PiElur&  arte  percclebris-.  Regttfy 
ttijpamarum  hber alitate  et  ornamenti*  amplifèmttt. 

H.    S.    E.  $.   T.  T.    L. 


NANNI  DI  ANTO- 
NIO  DI  BANCO. 

Pare  vniuerfalmente  ne*  delicati/si 
mi  tempi  noftri  vno  inconuenientc 
certo  non  piccolo,fe  una  perfòna  he 
neagiata,&chepuò  viuerefenza  fu 
don,fi  efercita,o  nelle  feienzie ,  o  in 
quelle  arti  ingegnofe ,  &  belle  ,  che 
recan'  fama  al  viuo  Se  al  morto  :  co- 
me la  virtù  non  conuenga  forfè  fé  non  a  poueri ,  od  a 
coloro  almeno,che  non  fon' nati  di  (àngui  chiari. Opi 
nione  veramente  erronea ,  &  che  merita  giufìamente 
di  effere  abominata  da  ciafeheduno  :  EfTendo  fempre 
molto  più  onorata  &  più  bella  cofà  la  virtù  nella  nobi 
liti  &  nelle  ricchezze  5  che  nella  gente  pouera  &  vile, 
lidie  apertifsimamente  fi  vide  in  que'  felicitimi  Tem 
pi  fanti;quando  1  Re  &  i  Principi  dottamente  filofofi 
uanojEt  nel  fecolo  quafi  noftro,lo  dimoftrò  affai  chia 
ro  Nanni  di  Antonio  di  Banco  Fiorentino .  Il  quale 
ricco  di  patrimonioj&non  baffo  al  tutto  di  fàngue,di 
Iettandoli  de  la  (cultura;  non  (blamente  non  fi  vergo- 
gnò di  impararla,&  di  efercitarla;ma  fé  lo  tenne  agio 
ria  non  piccola; Et  vi  fece  dentro  tal  frutto,  che  la  fua 
fama  durerà  fèmpre.Et  tanto  più  farà  celebrata,quan- 
to  fifàperra  che  egli  attefe  a  cofi  bella  arte,non  per  bi- 
fògno;ma  per  vero  amore  di  effa  virtù .  Coftui  fu  vno 
de'difcepoli  di  Donato;  &è  damepofto  innanzi  al 
maeftro,per  che  e'  morfè  molti  anni  5  alianti  di  quello. 
Fu  perfona  alquanto  tardetta ,  ma  modefta,  ymile,  & 
benigna  nella  fua  conuerfazione.Veggonfi  de  le  ope- 
re fue  in  Fiorenza3il  San  Filippo  dijmarmo  in  vn'pila 

Hh    ni 


I46  PARTE.      II. 

fìro  a  San  Michele  in  orto,  allogato  dall'arterie  tavo- 
lai a  Donato;  &  per  difcordia  fra  loro  del  prezzo  rial- 
lobato  di  poi  aNann^perfardifpettoa  Donato;pro- 
mettendo  Nanni  pigliar  tutto  quel  pagamento,  che 
detti  confoli  gli  darebbono .  Fini  la  ftatua,&  condot- 
tola al  fuo  luogo  domandaua  il  premio  delle  fatiche 
fue,prezzo  maggiore,che  Donato  non  aueua  chiedo, 
Rimifcrolaftima  della  figura  in  Donato  per  compra 
meflb;crcdedofialrermoiconfoli,cheperinuidia,n6 
Tallendo  egli  fattala  fìimaffe  meno  dell'opera  fua;  Ma 
egli  molto  più  la  ftimò,  che  Nanni  non  chiefe;  &  che 
1  Confoli  nò  credettero  pagarli.  Per  il  che  gra  romore 
nacque  fra  i  confoh  ;  i  quali  gridando  di  celiano  a  Do- 
nato ;  tu  adunque  la  faceui  per  minor  prezzo  ;  &  ora 
giudichi  quefta  opera  molto  più  della  tua  &  che  egli 
non  chiede?  &  pur  fai,  ch'ella  è  manco  buona  delle  fa- 
tichete in  ella  arefti  fatto  tu.  Rifpofe  Donato  riden 
do;quefto  pouero  huomo  non  è  tale  nell'artejquale  fò 
no  io  :  &  dura  nel  lauorare  affai  più  fatica  di  me  :  fètè 
forzati  volendo  fodisfarlo ,  come  huomini  giudi  che 
mi  parete;pagarlo  del  tempo,che  v'ha  fpefo.  Et  fu  per 
Donato  il  lodo  della  figura  finito  con  danno  loro.  Soc 
to  a  quefta  nicchia  fono  quattro  Santi  di  marmo  fatti 
per  l'arte  de  fabbri  legnaiuoli  &  muratori,  &  lauorati 
da  Nanni  d'Antonio .  Diccfi,che  auendoli  finiti  tutti 
tondi ,  &  fpiccati  l'un  dal'altro ,  &  murata  la  nicchia, 
che  a  mala  fatica  non  vene  entrauano  dentro  fé  non 
tre ,  auendo  egli  nelle  attitudini  loro  ad  alcuni  aperte 
le  braccia:  perche  difperato  &  mal  contento  andò  à 
trouar  Donato;e  colandoli  la  disgrazia  &  pocha  acor 
tezza  fua  ;  'ri  fé  Donato  di  quello  cafb,e  dine  ;  fé  tu  mi 
paghi  vna  cena  con  tutti  i  miei  giouai  di  bottegha  mi 
da^l  core  di  farli  entrar  nella  nicchia  fenza  faftidio  nef 
funo:&  cofì  conuenutoii  lo  mandò  a  Pwtaa  pigliare' 


KAKKI  DI    ANTONIO  247 

alcune mìfure5doue  aueua  d'andare  eflb  Donato.  Et 
cofì  Nanni  partito ,  &  Donato  prete  i  diteepoli  anda- 
totene al  lauoro,  fcantonò  a  quelle  ftatue  a  chi  le  fpal- 
le3&  a  chi  le  bracciaualmentc  che  facendo  luogo  luna 
ali'altraje  accodò  infiemc;faccndo  apparire  vna  mano 
fòpra le  fpalle  di  vna  di  loro .  Et  le  cómefie  con*  vnite, 
che  co'lfauio  giudizio  fuo3ricoperfe  lo  errore  di  Nan 
ni  di  maniera  che  murate  ancora  in  quel  luogo  mo- 
ftrano  indizii  manife{tifsimi,di  concordia  &  di  fìatel- 
lanza:Et  chi  non  sa  la  cofàDnon  fi  accorge  di  quello  er 
rore.Nanni  trouato  nel  Tuo  ritorno5che  Donato  aue- 
ua corretto  il  tutto,&  rimediato  ad  ogni  difordncjgli 
rendette  grazie  infinite-.&alui  infieme  con  Tuoi  crea- 
ti pagò  la  cenarla  quale  lietamente  &  con  grandiisime 
rifa  hi  da  loro  finita .    Nella  faccia  di  Santa  Maria  del 
Fiore  e  di  Tua  mano  vno  Euangchfta  da  la  banda  (mi- 
ma entrando  in  chicfa,a  la  porta  del  mezzo.Et  fìima/I 
che  il  Santo  Lo  intorno  ad  Orfan  Michele  che  e  della 
arte  de  Manifcalchi,fia  medefimamente  Tuo  .  Arebbe 
coftui  fatti  molti  lauori ,  te  e  non  fufTe  morto  fi  tofto. 
Fu  niente  di  manco  per  quefti  pochi  tenuto  tempre 
ragioncuole  &  valente  artefice  :  Et  perche  era  cittadi 
no  attefe  a  gli  vffici ,  della  città  di  Fiorenza  a  lui  con- 
feriti per  efler  buono  &  giudo .  Patiua  molto  di  ma- 
le di  fianco ,  il  quale  lo  fìnnte  pu  re  vna  notte  Ci  afpra-- 
mentCjChc  e'  pafsò di  quefta  vita  l'anno  xlvii.   del- 
la fua  vita  &  mccccxxx.  della  fallite:  Et  onorata- 
mente fu  fepellito  nella  chiefà  di  Santa  Croce-Dicono 
alcuni  che  il  Frontifpizio  fbpra  la  porta  di  Santa  Ma-- 
ria  del  Fiore  che  va  a'  Serui,ru  di  fuamano,il  che  mol- 
to più  lo  farebbe  degno  di  lode,te  fólte  cosi,per  eftere 
tal  cofà  certo  rarifsima .  Ma  gli  altri  lo  attribuiteono 
a  Iacopo  della  Fonte ,  per  la  maniera  che  vi  fi  vede;  la 
quale  molto  più  è  di  Iacopo ,  che  di  Nanni .  Al  quale  ' 


II. 


248  PARTE. 

dopo  la  morte  fu  fatto  poi  il  feguente  Epitaffio. 
Sculptor  eram  excellensjlaris  ncttalibm  ortm  : 
Meprohibet  de  me  dicere  plw  a  pud  or. 

LVCA DELLA 

ROBIA   SCVL. 

Vanti  fcultori  fi  fono  affaticati  lauo- 
rando,  i  quali  hanno  nel  loro  eferci- 
zio,fatto  di  marmo  &  di  bronzo  co- 
fe  lodatifsime,  poi  ti  ouatofi  per  la  fa 
tica dell'arte  da  i  difagi  fianchi  ,& 
mal  condotti,  ogni  altra  cofa  hanno 
fatto  più  volcntieri,che  la  propria  ar 
te.Ilche  adui  ene  il  più  delle  volte,  perche  quando  nel- 
lo ftare  fciop  erati  cominciano  a  indurar'  l'ofTa  nella  in 
fin2;ardaggine,per  non  chiamar  la  poltroneria^  intrat 
tendono  più  volentieri,cicalando  &  beendo  al  fuoco, 
che'ìntorno  ad  vn  marmo,  perduto  in  tutto  il  vigore 
dello  animo:&  polipolio  il  nome'&  la  fama  che  erano 
per  cofe"uire,a  gli  agi  &a  diletti  folli  del  modo.Laquai 
cofa  manifeftamente  fi  è  vifta  già  molte  volte  ne  cer- 
uellrfofifticidi  alcuni  artefici,che  ghinbizando  conti 
nouamente  hanno  trouato  cofe  bellifsime ,  &  muen- 
zioni  aftrattifsime  folamente  per  guadagnare.Ma  non 
cosi  Luca  della  Robbia  fcultor  Fioretino,ilquale  s'af- 
faticò ne  i  marmi  lauorando  molti  anni;  Et  auendo 
una  marauigliofa  pratica  nella  terra,laquale  diligenti! 
fimamentelauoraua,trouQÌlmodo  ,di  inuetnare  cfla. 
terra  co'l  fuoco ,  in  vna  maniera  che  e  noa  la  potette 
offendere  ne  acqua,nevento.Etriufcitolitaleinuen- 
zione  lafciò  dopo  fé  eredi  i  figliuoli^  tal  fecreto.  Et 


LVCA    DELLA    ROBIA  249 

cofT  fino  al  tempo  noftro ,  i  Tuoi  defcendenti  hanno  la 
uorato  di  tal  meftiero  :  Et  non  folo  ripiena  di  ciò  tut- 
ta la  Italia  ,  ma  &  mandatone  ancora  in  diuerfe  parti 
del  mondo.  Et  di  quefta  inuenzione  merita  egli  certo 
non  manco  lode  che  e  fi  meritaffe  nella  fcultura  nella 
quale  grandemente  fu  celebrato .  Dicono  molti,  che 
Luca  della  Rohia  era  concorrente  di  Donatello  ,  & 
tenuto  di  grande  ingegno  ne'  tempi  Tuoi .  Onde  per 
virtù  di  quefto,mentò,chegli  Operai  di  Santa  Maria 
del  Fiore  gli  allogaffero  alcune  ftoriette  di  marmo,  le 
quali  furono  porte  nel  Campanile  doue  fono  i  princi- 
pii  della  Mufica,  della  Filofofia  &  dell'arti  liberali,  nel 
le  quali  iftoriette  acquiftò  grandemente  ,  perche  die 
materia  di  difporre  gli  Operai  fbpradetti  ad  allogarli 
l'ornamento  di  marmo  dell'organo ,  fopra  la  fagreftia 
nuoua  di  Santa  Maria  del  Fiore  :  nel  quale  fece  egli  i 
cori  della  mufica  co  diligenza  Se  con  fbttil  magifterio 
lauorati ,  doue  fono  alcune  figure  che  cantano,&  an- 
cora che  elle  fianoaIte,vi  fi  conofceil  gonfiare  della 
gola  per  lo  alito;Et  le  battute  in  fu  le  fpalle,  da  chi  reg 
gè  la  mufica.  Et  inqueftemedefimeiftorie,  andò  imi- 
tando Se  fuoni  Se  balli,con  tutti  gli  affetti  fimili,in  co 
fa  per  cofà,  finendo  il  tutto  molto  più  pulitaméte,  che 
nò  fece  Donato  fteflb.  Perche  fi  vede  in  quel  di  Dona 
topiu  rifoluta  pratica  Se  più  maeftreuole  viuezza, 
che  no  fa  perfezzione;&  finita  bontà  in  quel  di  Luca. 
Et  vedefi  negli  artefici  egregi  auer'femprele  bozze 
più  forze  Se  viuacità,che  non  ha  la  fine  nelle  opere  lo- 
ro. Perche  il  furore  dell'arte  in  vn  fubito  efprime  il 
concetto  dell'animo:ilche  non  può  fare  la  diligenza  & 
la  fatica  nelle  cofe  pulite .  Et  di  maniera  acquiftò  Lu- 
ca in  quefta  opera  di  efTer  tenuto  valente,che  ottenne 
il  lauoro  della  porta  di  bronzo  che  a  effa  fagreftia  fi  co 
ueniuadaquale  per  getto  per  bontà  &  per  magifterio 

I  i 


250  PARTE         II. 

merita  gran  lode.Et  ghiribizando  alle  cole  di  terra  del 
lauorar  quello  inuetriato,  del  quale  difopra  dicemmo 
fece  alle  due  porte  (opra  ne  mezi  tondi  ,  vna  refurref. 
{ione  &  vna  afcenfione  di  e  h  r  i  s  t  o  con  gli  Apofìo- 
li.La  onde  efTendo  cofa  nuoua  piacque  a  popoli  fòm- 
maméte  per  la  vaghezza  di  quella. Lauorò  ancora  alla 
chiefa  di  San  Piero  Buonconfìglio  fono  Mercato  vec 
chiofopra  la  porta  vno  archetto  dcntrouivna  noftra 
Donna  con  Angeli  intorno;&  fopra  la  porta  pure  d'u 
na  chiefina  vicina  a  San  Piero  maggiore  ,  in  vn  mezo 
tondo  (qcq  de'  medefimi  inuetriati, vna  noftra  Donna 
umilmente ,  con  alcun  angeli  intorno  di  quella  ;  cofe 
che  di  quella  materia  fono  tenute  mplto  belle  dagli 
artefici .  Similmcte  nel  capitolo  de  Pazzi  in  Santa  Ciò 
ce,per  ordine  di  Pippo  di  Serbruncllefco  fece  tutti  gli 
inuetriati  fi  di  figure  come  di  altre  cofe,  che  fi  veggo- 
no &  dentro  &  fuori  in  detto  edifizio.Et  cofi  alla  cap 
nella  di  San  Iacopo  in  San  Miniato  fuori  di  Fioreza  in 
fui  monte  per  la  fepoltura  del  Cardinale  di  Portogal- 
lo ,  fece  la  volta  de  medefimi  inuetriati  di  terra  cotta 
dentroui  figure  :&  alile  d'Ifpagna  mandò  opere  di 
quella  miiìura,  &  figure  di  todo  rilieuo  &  altri  lauori 
di  marmo.  A  Napoli  fece  la  fepoltura  dello  Infante 
fratello  del  Re  Alfonfo,&  Duca  di  Calati  riajdella  qua 
le  <n-andiisima  parte  ne  lauorò  in  Fiorenza.  Dicono, 
che  Luca  fu  molto  coilumata  &  fàuia  perfona,  &  alla 
religione  Chriftiana  mirabilmente  deuoto  .     Lafciò 
Andrea  fuo  nipote  che  ne  i  lauori  di  terra  fu  molto 
pratico5&  valente;&  fempre  lauorò  inuetriati  mentre 
che  ville .  Fece  vna  cappella  di  marmo  fuor  d'Arezzo 
a  Santa  Maria  delle  Grazie,  per  ornamento  di  quella 
decozione.  Ville  Andrea  Anni  lxxxiii.  &  lafciò 
molti  figliuoli ,  i  quali  a  gli  inuetriati  attendeuano  Ci- 
milmente  come  efTo.  Dei  quali  il  minore  chiamato 


LVCA   DELLA    RORIA 


W 


GIEROLAMO  fece  opre  di  marmo  lodate:et  flette  per 
lungo  tempo  in  Francia;&  anco  Luca  fuo  fratello  ui 
condufle.Etper  tornare  a  Luca  vecchio,effendo  egli 
d'anni  lxxv.  &  fieramente  di  mal  di  renella  aggra- 
uato,non  potendo  refiftere  al  dolore ,  che  tale  malat- 
tia gli  dauajpafsò  di  quefta  a  miglior  vita:&in  San  Pie 
ro  maggiore  da'  mefhfsimi  figliuoli  fu  fòtterrato ,  l'an 
no  mc  e  ce  xxx.  Et  col  tempo  fu  onorato  con  que- 
lli verfi. 

Terra  uiuipcr  me  cara  ft*  tradita 

Che  alle  acque  e*  a  ghiacci  come  il  marmo  induri 

Perche  quanto  men  cedilo  timamri 

Tanto  più  la  mia  fama  tn  terra  ha  uita. 
Ancora  che  gli  inuetriati  nelle  figure  di  terra  cotta  no 
fìano  m  iftima  gradifsima ,  fon  molto  vtili  &  perpetui 
&  neceflarii  :  attefò  che  doue  non  poflbno  reggere  le 
pitture  o  per  gli  ghiacci  opergli  vmidi,o  peri  luoghi 
acquidofi,  cjiiefta  fpecie  di  figure  feruo  come  s'è  villo 
al  faflb  della  Vernia  in  Cafentino,che  prr  tal  colpa  al- 
tro che  gli  inuetriati  non  reflano  ;  onde  Luca  della 
Robia  merita  fbmma  lode  ,auendo  alla /cultura  que- 
lla parte  aggiunta,potcndofi  con  bellezza  &  con  non 
molta  fpeia  ogni  luogo  aquatico  &  umido  abbellire . 


li 


il 


25Z 


PAVLO  VCELLO 

PITTOR   FIOREN. 


Are  volte  nafce  vno  ingegno  bello, 
che  nelle  intenzioni  delle  opere  Tue, 
fìranamente  non  fia  bizarro  &  capric 
ciofo:Et  molto  dirado  fa  la  natura 
perfona  alcuna  affaticate  l'anima  con 
lo  intelletto;  che  ella  per  cótrappefò, 
J  non  vi  accompagni  la  ritrofia  .  Anzi 
tanto  può  in  quefti  fi  fatti  la  folitudine,  e'1  poco  dilet- 
tarti di  feruire  altrui, &  fare  piaceri  nell'opre  loro;  che 
fpciìo  la  pouertà  li  tiene  di  maniera  impcditi,che  non 
poifono  fé  ben  vogliono  alzarfi  da  terra.  Et  pare  loro 
chel'arfaticarfi di  continuo  ;  &  fempre  la  notte  per  gli 
fcrittoi  difcgnare;(ìa  la  buona  via  &  la  vera  virtù.  Ne 
s'accorgono  che  l'ingegno  vuole  cflère  aflfaticato,qua 
do  la  volotà  pregna  d'amore^nella  voglia  del  fare  efpri 
me  certe  cofe  diuine;&  non  quando  iìanca  &  afìatica 
ta3fteribfsime  &  fecche  cofe  viene  generado,  con  Cora 
mo  fuo  dolore,&  con  faflidio  di  chi  la  sforza.Quefto 
manifeftamete  fi  vide  in  Paulo  Vccello,  eccellente  pie 
tor'  Fiorentino;  il  quale  perche  era  dotato  di  fbfifhco 
ingegno;  fi  dilettò  fèmpre  di  inueftigare  faticofe& 
Arane  opere  nell'arte  della  profpettiua;&  dentro  tan- 
to tempo  vi  confumò3che  fé  nelle  figure  auefTe  fatto 
il  medefimo  ancora  che  molto  buone  le  faceiTe,piu  ra 
ro,  &  più  mirabile  farebbe  diuenuto  .Oue  altrimenti 
faccédo,fe  la  pafsò  in  ghiribizi,  mentre  che  viiTe;&  fu. 
nò  manco  pouero5che  famofb.  Perii  che  Donato  che 
lo  conobbe,fpeflb  gli  diceua  5  eflendo  fìio  caro  &  do- 
meftico  amico,eh  Paulo  cotefìa  tua  profpettiua ,  ti  fa 


PAVLOVCELLO  lft 

Iafciare  il  certo,per  l'incerto .  Et  quefìo  auueniua,per 
che  Paulo  ogni  giorno  mofìraua  a  Donato,mazzocchi 
a  facce  tirati  in  profpcttiua,  &  di  quegli  a  punte  di  dia 
mati  con  fomma  diligenza,  &  bizarre  vedute  per  efsi. 
Conduceua  bruccioli  in  fu  i  baftoni ,  che  fcortaiTero 
perche  fi  vedefsi  il  di  drento  el  di  fuori  eie  grofTezze 
di  quelli  &  palle  a  Tettata  due  facce  molto  difficili. La- 
uoraua  nientedimeno  ancora  di  pittura;Et  le  prime  fi 
gure  file  furono  nello  fpedaledi  Lelmo  in  Fiorenza 
infra  le  donne,  vn  Santo  Antonio,&  vnSan  Cofimo, 
&  Damiano  in  frefeo  :  &  in  Annalena  ,  moniftero  di 
donne,due  figure;Et  in  Santa  Trinità  fopra  la  porta  fi 
niftra  dentro  alla  chiefà  alcune  ftorie  di  San  Fràcefco. 
Lauorò  ancora  in  Santa  Maria  Maggiore  in  vna  cap- 
pella allato  alla  porta  del  fianco,  che  va  a  San  Giouan 
ni,doue  è  la  tauola  &  la  predella  di  Mafaccio ,  vna  an- 
nunziata ,  nellaqual  figura  volle  inoltrare  alcune  co- 
lonne,che  feortano  per  via  di  profpettiua,lequali  rom 
pono  il  dito  vino  della  volta,&  in  eflà  i  quattro  Euan 
gelifli ,  cofa  tenuta  bella  &  difficile  .Perche  Paulo  in 
quella  profefsione  fu  ftimato  ingcniofb  &  valente.  La 
uoròin  San  Miniato  in  monte  fuor  di  Fiorenza  vn 
chiofì:ro,di  verde  terra  &  parte  colorito  con  la  vita  de 
Santi  Padri :&  in  quegli  non  ofTeruò  molta  vnione  di 
far  d'un  folo  colore,comc  fi  debbono  fare  le  ftone,del 
lequali  fecei  campi  azurri ,  le  città  di  color  roflo ,  Se 
gli  edifici  mefcolò  fecondo  che  gli  parue:perche  le  co 
fé,  che  fi  contrafanno  di  pietra  non  poffono  ne  debbo 
no  effere  tinte  d'altro  colore.  Dicefi,che  mentre  Pau- 
lo lauoraua  quefta  opra ,  vno  abbate ,  eh'  era  allora  in 
quel  luogo,gli  faceua  mangiar  molto  formaggio .  Per 
il  che  eflendogli  venuto  a  noia  ,  deliberò  Paulo  come 
timido  eh'  egli  era ,  di  non  venire  a  l'opera  per  lauorar 
ci  più.La  onde  fatto  cercare  dallo  abbate,  quando  fen 

li     ìii 


254  PARTE.       I!. 

tuia  domandarli  da  frati,  non  voleua  mai  efìere  in  ca- 
fà;  &  fé  per  auuentura  alcune  coppie  di  quello  ordine 
feontraua  per  Fiorenza ,  (ì  daua  a  correre  quanto  più 
poteua,da  cfsi  fuggendo.  Perilche  due  di  loro  più  cu- 
riofi,  &  più  giouani  di  lui ,  lo  raggiunfero  vn  giorno 
&  gli  domandorono,  per  qual  cagione  egli  non  torna 
uà  a  finire  l'opra  al  moniilero  :  &  perche  veggendo 
frati  fi  fuggiffe  da  quegli .  Paulo  rifpofe  loro;  voi  ma 
uete  minato  :  che  non  folo  fuggo  da  voi;ma  non  pof- 
fò  ancora  praticare,  ne  panare,  doue  fiano  legnaiuoli; 
&  di  tutto  è  flato  cagione  la  poca  diferczione  dello  a 
bate  voft.ro  5  ilquale  fra  torte  &  mineflre  mi  ha  fat- 
to mettere  in  corpo  tanto   formaggio  ,  che  io  ho 
paura  grrandifsima ,  eflendo  già  tutto  cacio ,  di  non 
effer  meno  in  opra  per  maftice  .       Et  fé  più  oltre 
continuafsi  non  farei  più  forfè  Paulo ,  ma  Cacio .  I  fra 
ti  fi  partirono  da  lui  con  rifa  grandifsimc:  Et  conferi- 
to ogni  cofa  allo  Abate ,  per  farlo  tornare  al  lauoro  , 
gli  ordinarono  altra  vita  che  di  formaggio.    Dipinte 
nel  Carmine  alla  cappella  di  San  Girolamo,  il  Doffale 
del  fan  Cofìmo  &  Damiano  ;  Et  in?cafa  de  Medici  fu 
le  tele  alcune  bellifsime  iftorie  di  cauagli ,  &  di  altri 
animali .  Poi  gli  fu  fatto  allogazione  nel  chioftro  di 
Santa  Maria  Nouella ,  d'alcune  ftoriele  prime  delle 
quali5quando  s'entra  di  chiefà  nel  chioftro  fono  la  ere 
azion  de  gli  animali  con  vario  &  infinito  numero  di 
quegli,aquatici,&  terreftri,&  volatili:Doue  egli  che 
era  capricciofifsimo,&fi  dilettaua  grandemente  di 
far  bene  gli  animali  :  moflrò  in  certi  Lioni  che  fi  vo- 
glion'mordere ,  quanto  fia  di  fuperbo  in  quelli  ;  &  in 
alcuni  Cerui  &  Danii ,  la  velocità  &  il  timore  ;  oltra 
che  viui  fono  gli  vccelli,&  i  Pefci  con  le  fquame  viuif 
fimi .  Fece  la  creazione  dell'huomo  &  della  femmina  » 
e'1  peccato  loro  ;  opera  con  bella  maniera  affaticata  & 


PAVLO   VCELLO 


2tf 


ben  condotta .  Et  in  quefta  opera  fi  dilettò  fargli  albe 
ri  di  colore ,  i  quali  allora  non  era  coftume  di  fare  mol 
to bene;  cofi nepaefi egli  fu'lprimo  che  guadagnante 
nome  fra  i  vecchi  moderni  di  lauorarc,  &  quegli  ben 
condurre .  Sotto  quelle  due  ftorie  di  mano  d'altri  più 
baffo  vi  fece  il  diluuio  con  l'arca  di  Noe;  nelquale  con 
tanta  fatica ,  e  con  tant'arte,  &  diligenza  lauorò  i  mor 
ti ,  la  tempefta,  il  furore  de  venti,  1  lampi  delle  faette, 
il  troncar  degli  alberi  ,  &  la  paura  de  gli  huomini ,  & 
in  ìfcorti  le  figure  in  profpettiua  come  vnaMorta,chc 
il  Corbo  le  caua  gli  occhi  :  &  vn'Putto  annegatole 
per  auere  il  corpo  pieno  d'acqua ,  fa  di  quello  vno  ar- 
co grandifsimo.  Dimoftrouui  ancora  varii  effctti,co- 
me  il  poco  timore  de  l'acqua,in  due  che  a  cauallo  com 
battono  :  &  la  fomma  paura  del  morire  in  vna  femmi- 
na &  in  vn'mafchio  che  fono  a  cauallo  in  fu  vna  bufo 
la ,  la  quale  per  le  parti  di  dietro  empiendoti  di  acqua  , 
fa  difperarein  tutto  coloro  di  poter  faluarfi  più  oltre. 
Opera  tutta  di  bontà  &  d'eccellenza  infinità  che  gli  ac 
quiftò  grandifsima  fama  .    Diminuì  le  figure  ancora 
per  via  di  linee  in  profpettiua  ,  &  fece  mazzocchi  ;  & 
altre  cofe  in  tale  opra  ccrtobellifsime.Sotto  cjuefta  do 
ria  dipinfe  ancora  la  inebnazione  di  Noe  co'l  difpre- 
gio  di  Cam  fuo  figliuolo  ;  &  con  la  Pietà  di  Sem  &  di 
Iafetche  Io ricuoprono, inoltrando  eifo  le  fue  ver- 
gogne .  Quiui  fece  egli  in  profpettiua  vna  botte,  che 
gira  per  ogni  lato;cofà  tenuta  molto  bdlafece  il  facnfi 
ciò  co  l'arca  aperta,&  infiniti  animali;  &  tanta  morbi 
dezza  donò  a  quefta  operarla  quale  fenza  comparalo 
ne  fu  fuperiore  a  tutte  l'altre  fue,chc  ne'fuoi  tempi  eb 
bc  gradifsimogridoj&nenoftri  parimele  lodegrandif 
(ima. Fece  in  Santa  Maria  del  Fiore  per  la  memoria  di 
Giouanni  aucuto  Inglefe  Capitano  de' Fiorcntmi,vn 
cauallo  di  terra  verde3tenuto  belhfsimo  di  grandezza 


256  PARTE.       II. 

ftraordinarìa  :  doue  mife  il  Tuo  nome  di  lettere  gran- 
difsime> p a v  1 1  v celli  o  pvs.lauoronelchioflro 
dell'orto  de  gli  Angeli  ;  &  molte  profpettiue  &  qua- 
dri nelle  cafe^  de'cittadini  fi  veggono  di  fuo  tra  quali 
ne  fono  quattro  con  iftorie  di  chiaro  {curo  afilli  gran 
di  ;  dentroui  molte  figure ,  cauagli ,  animali  &  paefi  ; 
oggi  nello  Orto  de'Bartolini  ;  Auuenga  che  lo  auerle 
voluto  raccendere  di  colori  che  erano  mezi  fpenti,  ab 
bia  più  tofto  nociuto  loro  che  giouato .    Dicefi ,  che 
gli  fu  allogato  fopra  la  porta  di  San  Tommafo  di  Mer 
cato  vecchio  vn San  Tommafo,  che  a  Chrifìo  cerca 
la  piaga  •,&  quiui  ogni  fuo  ftudio  mife  in  fare  opra, 
che  pervltima  dcfiefine  allafua  vecchiaia.      Htm 
quefto  termine  vfò  dire:che  voleua  moftrar  allora  tut 
to  quello  chevaleua&  fapeua.      Et  cofì  fece  fare 
vna  ferrata  di  tauole  ,  che  nefluno  potelTe  vedere  l'o- 
pera fua  fé  non  quando  foife  finita  .     La  onde  yn 
giorno  a  cafo  fcontrandolo  folo  Donato",  gli  di  (Te  ; 
&  che  opra  fia  quefta  tua ,  che  cofi  ferrata  la  tieni  ? 
Et  Paulo  gli  nfpofe  :  tu  vedrai  ;  bafta  .      Non  lo 
volfe  aftringere  Donato  penfando  (  come  era  folito  ) 
vedere  a  tempo  qualche  miracolo.  Accadde  poi  che  ef 
fendo  vna  mattina  venuto  Donato  in  Mercato  per  co. 
perare  frutte  per  definare,  vide  Paulo,  che  fcopnua 
l'opera  fua .  Penlche  accoftatofi  a  lui ,  &  falutatolo 
cortefemente,  fu  dimandato  da  efib ,  che  curiofamen 
te  defideraua  vdirne  il  giudizio  fuo ,  quello  che  gli  pa 
reffe  di  quefta  pittura.  Donato  guardato  che  ebbe  l'o 
pera  bene  gli  rifpofe,eh  Pandora  che  farebbe  tempo 
di  coprire,  &  tu  fcuopri .  Allora  s'attriftò  Paulo  gran 
demente,  &  fentendofi  auere  di  quefta  vltima  fua  fati 
ca ,  molto  più  biafimo >  che  e'non  afpettaua  di  auerne 
lode,fi rinchiufe  in  cafamon  auendo  ardire  come  auui 
lato  vfcire  più  fuora;Et  attefe  alla  profpettiua;la^uale 

lo  tenne 


P  AVLO    VCCELLO.  257 

Jo  tenne  pouero  &  intenebrato  lino  a  Ja  morte.  Diuc 
rimo  adunque  vecchifsimo,  &  poca  contentezza  fen- 
tendo  nella  Tua  uecchiaiafi  mon  l'anno  l  x  xx  1 1 1  della 
fua  vita,nel  mccccxxxi  u&  fu  fepoko  in  Santa  Ma 
ria  Nouella.  Nella  morte  di  coftui  furono  fatti  molti 
epigrammi  &  Latini  &  Vulgari  ;  De'quali  mi  bafta 
porre  folamente  quefto . 
Zeuft,  &  P arra/io  ceda ,  &  PolignotOì 
Chiofè  Carte  una  tacita  Naturai 
Diei  affetto  &forzg  ad  ogni  mia  figura 
Volo  agli  uccelli  3  a  Ve  fa  il  Cor/o  èl  nuoto . 
Lafciòdi  fé  vna  figliuola  che  fapeua  difegnare ,  &  la 
moglie ,  la  quale  foleua  dire;  che  tutta  la  notte  Paulo 
fìaua  nello  fcrittoio ,  per  trottarci  termini  della  pro- 
fpettiua  ,  &  mentre  ch'ella  a  dormire  lo  inuitaua  ,  & 
egli  le  diceua  :  o  che  dolce  cofa  è  quella  profpettiua; 
la  quale  egli  veramente  a  buono  ordine  mife  in  vfo  : 
come  ancora  ne  fanno  piena  fede  l'opere  fue. 

LORENZO    GHI- 

BERTI   PITTOR 
F    ORENTINO. 


On  è  dubbio  che  in  tutte  le  città,  co 
loro  che  con  qualche  rara  virtù5ven 
gonoin  qualche  fama  fralihuomi- 
nimon  fiano  il  più  delle  volte  vn  fan 
tifsimolume  d'efempio  à  molti  che 
dopo  lor'nafcono5&  inquella  mede 
fima  età  viuono,  oltra  le  lodi  infini- 
te, &  lo  ftraordinario  premio  ch'efsi  viuendo  ne  rap- 
portano. Ne  fi  vede  cofà3che  più  defti  gli  animi  delle 

Kk 


15$  PARTE.       II. 

genti  ;  &  faccia  parere  loro  meri'  faticofa  la  difciplina 
de  gli  (ludi -.che  l'onore  &  l'utilità  che  fi  caua  poi  d'ai 
fudore  delle  virtù:percio  che  elle  rendono  facile  a  cia- 
fcheduno  ogni  imprefa  difficile  ;  &  con  maggiore  im 
peto  fanno  accrefcere  la  virtù  loro,  quando  con  le  lo- 
de del  mondo  s'inalzano .  Perche  infiniti ,  che  ciò  fen 
tono  Se  veggono  ,  imparando  da'lbuono ,  fi  mettono 
alle  faticherei*  venire  ingrado  di  meritare,quelloche 
veggono  auerfi  meritato  vn  fuo  compatriota .    Et  da 
quefto  nafceua  ne  gli  antichi  che  le  citta  in  bellezza  fi 
manteneuano,per  guittamente  guiderdonare  coloro, 
che  fé  medefimi  Se  le  loro  patrie  onorauano  j  Se  però 
tutti  gli  artefici  che  per  quefta  via  caminarono ,  ò  tar 
di  ò  per  tempo  fono  flati  riconofeiuti:  come  fu  Loren 
zo  di  Cione  Ghibcrti  altrimenti  diBartoluccio.il  qua 
le  per  moftrar'ramorc,cheprima  a  fé  fì.eHb,poi  alla  fua 
patria  portaua,  meritò  da  Donato  fcultore  Se  Filippo 
Brunellefchi  architetto  Se  fcultore,cccellenti  artefici, 
elTere  polio  nel  luogo  loro;conofcendo  cfsi  in  verità, 
ancora  che  il  fenfo  gli  iìringeiTe  forfè  a  fare  il  contra- 
rio ;  che  Lorenzo  era  migliore  macflro  di  loro  nel  get 
to.  Fu  veramente  ciò  gloria  di  quegli ,  Se  confufione 
di  molthi  quali  prefumendo  di  fé  fi  mettono  in  opera; 
Se  occupano  il  luogo  delle  altrui  virtiunon  pero  facen 
do  eglino  frutto  alcuno:  ma  penandomele  anni  nel 
fare  vna  lor  cofa  ,  {turbano  Se  opprimono  la  feienzia 
de  gli  altri ,  con  malignità  Se  con  inuidia  grandifsima. 
Fu  adunque  auuenturato  Lorenzo  a  ritrouarfi  auere 
in  cafa  fua  huomini ,  i  quali  ebbero  animo  di  conofee 
re  il  valore  della  fua  virtù  ;  &  di  dare  con  gratitudine 
&  premio,  alle  fatiche  fuequergradoche  meritamen 
te  fé  gli  contienne  ;  felicifsimo  fu  nel  trouar  gli  artefi- 
ci fenza  inuidia,  e  i  popoli  che  fi  dilettafsino  delle  vir 
tu,  perche  lafciò  la  fua  patria  erede  della  più  bella  opc 


LORENZO    GHIBERTI  Ift 

n  del  mondo. Fu  dunque  Lorenzo  figliuolo  di  Bario 
luccio  Ghiberti  ,  &  da  i  Tuoi  primi  anni  imparò  l'arte 
dcllorefice  col  padre;  ìlquale  v'era  eccellente  maeflro, 
egl'infcgnò  quel  mefuero;ilquale  daLorenzo  fu  prefò 
talmente  ch'egli  lo  faceua  affai  meglio  chel  padre  fuo: 
Et  dilettandoli  molto  più  de  l'arte  della  fcultura&  del 
dileguo,  manegiaua  qualche  volta  colori  ;  &  alcun  al- 
tra gettaua  fìgurette  piccole  di  bronzo;&  le  finiua  co 
molta  grazia .  Dilettofsi  molto  ,  contraffare  i ,  conii 
delle  medaglie;  antiche:  &di  naturale  nel  fuo  tem- 
po ritraile  molti  fuoi  amici. Et  mentre  egli  con  Barto 
luccio  lauorando  cercaua  aquiftare  inquclìe  profefsio 
ne;  vene  in  Fiorenza  lanno  mcccc alcuna  corruzzio 
ne  d'aria  peftilenziale,  per  laqual  cola  no  potendo  far* 
facende  alla  bottega,  fi  conuenne  con  vnpittore  ilqua 
le  aueua  prefb  in  Romagna  ope re  per  Pandolfo  Mala 
tefta  allora  Signore  d'Arimino  &  di  Pefero,  di  andar- 
fene  fèco,  &  cofì  gli  aiutò  Lorenzo  a  dipignere  vna  ca 
mera ,  &  molti  altri  lauori ,  che  con  dihgenzia  furon' 
da  loro  finiti.  De'quali  ne  acquiftò  in  quella  età  coli 
giouinile  quello  onore  che  più  fi  poteua  .  Ne  anche 
perqueflo  refìò  per  ogni  forte  di  fatica  che  fìpotefsi 
far'  per  lui3  ch'egli  non  continuaffe  lo  fìudio  del'dife- 
gno,&il  lauorare  dirilieuo,  cere&  fìucchi  dicofè 
piccole .  Ne  ftè  molto  tempo  lontano  da  la  Patria  fua, 
che  cefi  ita  la  peftilenzia.la  Signoria  di  Fiorenza  &  l'ar 
tede  mercatanti  deliberorno(auendo  inquel'tempo 
la  fcultura-  gli  artefici  fuoi  in  cccellcnzia  cofi  foreftie- 
ri  come  Fiorentini)  che  Ci  douefsi  come  Ci  era  già  mol- 
te volte  ragionato  finire  laltre  due  porte  di  San'Gio- 
tianni  :  Tempio  antichissimo  &  principale  di  quella 
città .  Ei  ordinato  fra  di  loro  che  fi  facefsi  intendere  a 
tutti  e  maefìri  che  erano  tenuti  migliori  in  Italia,  che 
comparifsino  in  Fiorenza,  per  fare  efperimento  di  lo» 

Kk    ii 


2Ó0  PARTE       II. 

10,  in  vna  moftra  duna  ftoria  di  bronzo ,  fìmile  à  vn 
di  quelle  che  già  Andrea  Piiano  aueua  fatto  nella  pri- 
ma porta:Fu  icritto  qucfta  deliberazione  da  Bartoluc 
ciò  ,  a  Lorenzo  ch'era  a  Pelerò,  che  lauoraua  :  confor 
tandolo  à tornare  a  Fiorenza  a  dar'fàggio  di  fé;  che 
quefta  era  vna  occafìone  da  farfi  conoicere,&  da  mo- 
ftrare  l'ingegno  fuo  .  Old  a  che  e'netrarrebbe  quel'vti 
le,che  né  luno  ne  laltro arebbono  mai  pivi  bilogno  do 

f>ere .  MofTero  l'animo  di  Lorenzo  le  parole  di  Barto- 
uccio  ;  &  quantunque  il  fìgnor  Pandolfo ,  &  il  pitto 
re,  &  tutta  la  Tua  coitegli  facefsmo  carezze  grandini 
me:  prefe  Lorenzo  da  quel  Signore  licenza  &  dal  pit- 
tore: iqualipur'con  fatica  &  difpiacer  loro  lo  lafcio- 
ron'  partire  ;  non  giouando  ne  promette  ne  ricrefcer 
prouifione:  parendo à  Lorenzo  ognora  mille  anni, di 
tornare  a  Fiorenza;  Et  inuiatofi  felicemente  a  la  fua 
patria  fi  ridufle  .  Erano  già  comparfi  molti  foreftieri , 
&  fattifi  conofcere  a Confbli  dell'arte  ;Da'quali  furo- 
no eletti  di  tutto  il  numero  ,  fétte  maeftri,  tre  Fioren 
tini  &  glialtri  Tofcani  ;  &  fu  ordinato  loro  vna  pro- 
uifione di  danari  &  che  fra  vn  anno  eglino  douefsino 
auer  finito  vna  ftoria  di  bronzo ,  della  medefimagran 
dezza ,  ch'erano  quelle  della  prima  porta ,  per  fag- 
gio .    Et  eleffero  che  dentro  fi  facefsi  la  ftoria  quan 
do  Abraham  facrifica  Ifach  fuo  figliuolo  .      Nella 
quale  penfbrono  douere  auere  eglino  che  moftrare  , 
quato  a  le  difficulta  dellarte  ;  per  effere  ftoria  che  ci  va 
detro  paefi,ignudi,veftiti,  animali :Et  fi  poteuono  far 
le  prime  figure  di  relieuo,&  le  feconde  di  mezo  ;  &  le 
terze  di  baffo.   Furono  i  concorrenti  di  quefta  opera 
Filippo  di  Brunellefco,Donato;&Lorenzo  di  Barto- 
luccio  Fiorentini  ;  &  Iacopo  della  Quercia  Saneie,  & 
Niccolò  d'Arezzo  fuo  creato; Francefco  di  Vandabri- 
naj&  Simone  da  Colle  detto  de'bronzui  quali  dinanzi 


LORENZO    GHIBERTL  l6l 

a*  Confoli  promettono  dare  condotta  la  itoria  nel  tem 
pò  detto,&  ciaicuno  alla  (uà  dato  principio,  con  ogni 
{l udio  Se  diligenzia  operauano  ogni  lor'  forza  per  paf 
fared'eccellenzialun'laltro;tenendo  nafcofo  quel  che 
faceuano  fecretiisimamcnte ,  per  non  raffrontare  elle 
cole  medefime.Solo  Lorenzo  che  aueua  Bartoluccio 
che  lo  guidaua,&  li  faceua  far  fatiche,  &  molti  model 
li  ,innanzi  che  fi  riioluefsino  di  mettere  inopera  neiìii 
no,di  continuo  menaua  i  Cittadini  a  vedere ,  Se  tal'o- 
ra  i  foreftieri  che  pafTauano,fe  intendeuano  del  meftie 
ro,  perientire  lanimoloro;i  quali  pareri  furon'cagio 
ne  eh"  egli  conduffe  vn'modello  eh' era  molto  ben  la- 
uorato,  &  fenza  ne  flun' difetto  .  Et  con"  fatto  le  for- 
me fòpra,&gittatolo  di  bronzo,vennebenifsimo;  & 
egli  con  Bartoluccio  flio  padre  cominciorno  a  rinet- 
tailo,con  vn'amore  &  pazienzia  tale,  che  non  fi  pote- 
ua  condurre  ne'  finire  meglio .  Et  continouando  fino 
al  fine  nel  tempo  che  fi  aueua  a  vedere  a  paragone  ,  tu 
la  fua  &  le  altre  di  que  maeftri  finite  del  tutto .  Et  ve- 
nuto a  giudizio  dellaite  de  mercatanti,  Se  viftedai 
Confbh,  &  da  molti  altri  Cittadmijfuronodiuerfit 
pareri,ch*  ognuno  faceua  fòpra  di  ciò. Erano  concorft 
in  Fiorenza  molti  foreftieri,parte  pittori,&  parte  feul 
tori,el  refto  orefici ,  i  quali  furono  chiamati  da  i  Cori 
foli  a  douer  dar' giudizio  di  quefte  opere  infieme  con 
glialtri  di  quel  meftiero  che  abitauano  in  Fiorenza. 
Il  qual' numero  furono  xxxuii.  &  ciafeuno  della 
fua  arte  era  peritifsimo  .  Equantunque  fu/sino  infra 
di  loro  differenti  di  parere,piacendo  a  chi  la  maniera 
di  vno,&  chi  quella  di  vnaltro,fi  accordauano  non  di 
meno  che  Filippo  di  Serbrunellefco,&  Lorezo  di  Bar 
toluccioauefsino&  meglio  &  più  copioia  di  figure 
migliori,compofta  Se  finita  la  itoria  loro;che  non  auc 
ua  fatto  Donato  la  fua  3  ancora  che  ci  fuffe  gran  difè- 

Kk     in 


2Ó1 


PARTE.       II. 


gno,&  Iacopo  della  Quercia,  che  no  era  fimile  a  quel 
lo,cofi  le  altre  tre  di  Francefcodi  Valdanbrina,  Sedi 
Simone  daColle  &Niccolò  d'Arezzo  ch'erano  le  man 
co  buone.  Donato  &  Filippo  vitto  la  diligenzia  &  lo 
amore,  che  Lorenzo  aueuavfata  nell'opra  fua,  fi  tiro- 
ron  da  vn  canto. Et  parlando  fra  loro,rifoluerono  che 
l'opera  doueffe  darfi  a  Lorenzo,  parendo  loro,  che  il 
publico  &  il  prillato  farebbe  meglio  feruito.Et  Lorcn 
2.0  eiTendo  giouanetto,che  non  paflaua  x  x  anni  areb- 
be  nello  efercitarfi  a  fare  inquella  professione  que'frut 
ti  maggiori  che  prometteua  la  bella  ftoria ,  che  egli  a 
giudizio  loro  aueua  più  deglialtri  eccellentemete  cor* 
dotta.Dicendo  che  farebbe  itato  più  torto  opera  inui- 
diofa,a  leuarglielarche  non  era  virtuofa  a  fargliela  aue 
re.&  coli  entrati  Filippo  &  Donato  nella  vdienza  do- 
ue  fedeuano  i  Confoli ,  parlò  Filippo  in  quefta  forma 
Lo  {perimento  che  auete  fatto  di  tanti  eccellenti  mae- 
ftri  Signori  con{bli,è  flato  molto  appropofito,auendo 
noi  veduto  la  differenza  delle  maniere;&  colui  che  fia 
più  atto  a  fare  onore  alla  noftra  città  .  Et  poi  eh'  egli  ci 
è  venuto  per  forte  che  neftauamoDonato  &  io  indub 
bio,che  quefti  foreftieri  non  auefsino  a  paiTarc  i  mae- 
ftri  della  citta  noftra,anzi  abbiamo  vifto  che  l'opere  lo 
ro  reftano  inferiori  di  inuenzioni,di  difegno,&  di  ge- 
tto^ finite  fono  maco  che  le  noftre,abbiamo  giudica 
to  infra  di  noi,che  prima  Lorenzo  Ghiberti  fia  quello 
a  cui  fi  debba  dare  il  pregio  di  quello  onore,&  pofeia 
jllauoro  delle  porte.  Perche  egli  eflendo  giouane  & 
volentorofo  dello  acquiftar'  fama,farà  feguitando  ope 
ra  tale,che  non  folo  come  ha  panato  ora  tutti  quefti  ar 
tefici ,  vincerà  ogni  giorno  fé  medefimo .  Et  fé  bene 
egli  è  parere  di  quefti  che  hanno  a  giudicai  e,di  volere 
darli  me  per  compagno;  io  renunzio  quefta  compa- 
gnia,perche  o  io  aucuo  a  effere  principale  &  far  dam* 


LORENZO   GHIBERTI  2<% 

o  io  aueuo  a  edere  efclufb  de  l'opra  come  al  preferite 
mi  efcludo. Perche  fé  io  no  ho  potuto  apparire  eccel- 
lente in  quefta  opera,che  è  mio  difetto;cercherò  forfè 
emendarm^per  venire  principale  in  vnaltra.Conchiu 
do  adiique  che  per  noftro  parere3Iopera  fi  dia  refolutif 
/imamente  a  Lorenzo.  Aueuano  già  1  Confoh  intefo, 
da  chi  aucuaa  giudicare  _,  &reftaua  a  paragone  con 
Lorenzo,la  ftonadi  Filippor&arebbon'  voluto  vnir- 
ghinfiemei&facefsinoquefta  opera  a  mezo  Mane 
per  prieghi ,  ne  per  cofa  eh'  e  potefsino  vfare  inuerfò 
Filippo,  non  lo  fuoltorono  da  la  Tua  fantasìa  :  auendo 
deliberato;,  o  che  fé  voleuano  che'  la  faceffe  gli  deffe- 
ro  tutta  lopera  3  o  non  auere  a  diuidere  la  gloria  delle 
Tue  fatiche  a  mezo.Laonde  i  Confoh  non  potédo  più 
vinti  dalle  ragioni  che  allegaua  Filippo;  &  da  quelle 
che  diceuaDonato,allognrono  finalmente  quefta  ope 
ra a  Lorenzo.  Fu  veramente  vn'atto  molto  onorato 
quefto  di  Filippo  &  di  Donato ,  &  vno  animo  molto 
netto  di  pafsione ,  &  vn'  giudizio  fano  nel'  conofeere 
fé  medefìmi  ;  efcmplo  certo  grandifsimo  di  amore  che 
all'arte  aueuanojftimado  più  le  virtuofe fatiche  d'altri 
che  lo  intcreflo  &  l'vtile  proprio .  Laqual  e  generofìta 
d'animo  non  accrebbe  minore  fama  alle  virtuofe  az- 
zioni  loro3che  fi  faceffe  a  Lorenzo  Io  auere  confeguì 
to  la  vittoria,d'auere  auuto  Ci  grande  opera ,  nella  pa- 
tria fua ,  &  in  vna  età  fi  giouinile  -  Fu  cominciata  da 
Lorenzo  quefta  opera  con  grandi fsima  diligenzia,  & 
fuqueftala  porta  che  è  volta  dirimpetto  all'opera  di 
San  Giouannimclla  quale  fece  dentro  lo  /paramento,- 
fimil'  a  quello  che  aueua  già  fatto  Andrea  Pifàno  nel- 
la prima  porta  che  gli  difègnò  Giotto:faccndoui  ven- 
ti fiori  e  del  Teftamento  nuouo .  Et  in  otto  vani  fimi- 
li  a  quelli  feguitauon'  le  dette  (rorie.Da  pie  fece  i  quat 
tro  Euangelifìi  due  per  portai  &  cofi  i  quattro  dotto- 


2^4  PARTE      I!. 

ri  della  chiefa  nel*  medefimo  modo  ;  i  quali  fono  diffe- 
renti fra  loro  di  attitudini  &  di  panni.  Chi  ferme  chi 
les;ge;altn  penfa ,  &  variati  lun"  da  laltro  fi  inoltrano 
nella  lor  prontezza  molto  bene  condotti.  Oltrachc 
nel' telaio  dell'ornamento  riquadrato  a  quadri  intor- 
no alle  ftorie  v'è  vna  fregiatura  di  foglie,  d'ellera  &  dal 
tre  ragioni  3  tramezate  poi  da  cornici  ;  &  in  su  ogni 
càtonata  vna  tefta  dhuomo  o  di  femmina  tutta  tonda; 
auendo  figurato  profeti  &  fibille  che  fon' molto  bel- 
le, le  quali  nelle  loro  varietà  moftrano  la  bontà  del'in- 
cegno  di  Lorenzo  nella  varietà  delle  effigie  .  Et  ordi- 
nò che  i  componimenti  delle  ftorie  eh'  egli  vi  fece^  fe- 
guitafsino  la  vita  di  e  H  risto  dal'fuonafcere,per 
infino  a  la  morte  &  reiurrefsione  fua,che  quefto  fi  ve- 
de quando  è  ferrata  la  porta  ;  Perche  quando  è  aperta 
]e  ftorie  non  feguitano  per  rimanerne  vna  parte  per  la 
to  di  quelle.Seguiterò  come  ftanno  adunque  le  ftorie 
quando  e  ferrata ,  accio  feguitino  per  non  fare  confu- 
(ìone.Soprai  dottori  &  gli  Euangelifti  già  detti  ne 
quattro  quadri  dappiè  feguita  da  la  banda  di  verfò 
Santa  Maria  del  Fiore  il  principio;doue  nel  primo  qua 
dro  è  la  annunziazione  della  Noftra  donna  ;  doue  egli 
fìnfe  nell'attitudine  di  effa  vergme,vno  fpauéto3&  vn 
fubito  timore;  ftorcendofi  con  grazia  per  la  venuta  de 
TAngelo-.Et  allato  a  quefta  fece  il  nafeer  dicHRiSTO 
doue  e  la  noftra  Donna  che  auédo  partorito3fta  a  ghia 
cere  ripofandofi  :  euui  Giufeppo  che  contempla  i  pa- 
ftori5&  gli  angeli  che  cantano.  Nell'altra  allato  a  que- 
fìe  eh'  è  laltra  parte  della  portala  vn  medefimo  pari  fe- 
guita la  ftona  della  venuta  de  i  Magi,&  il  loro  adorar 
C  H  R  i  s  t  o  dandoli  i  tributiedoue  e  la  corte  che  gli  fc 
guita,con  cauagli  &  altri  arnefi,fatta  con  grande  inge 
gno.  Et  cofi  allato  a  quefta  è  il  fuo  disputare  nel'  tem- 
pio fra  i  dottori,  nella  quale  è  non  meno  efprefia  l'am- 
mirazione 


LORENZO   GHIBERTI  26$ 

miratone  &  l'udienzia  che  danno  a  chrijtoì  dot 
torijche  l'allegrezza  di  maria  &  Giufeppo  ,  ritro- 
uandolo.  Seguita  fbpra  a  quefte,ricominciando  (opra 
lanunziazione,  JafWiadel  battemmo  di  christo 
nel  gior  dano  da  Giouann i,conofcendofi  ne  gli  atti  lo 
ro,la  riuerenzia  delluno ,  &  la  fede  dellaltro .  Allato  a 
queftafeguita  il  Diauolo  che  tenta  christo;  che 
fpauentatoperle  parole  di  giesv  fa  vn'attitudine 
fpauentofà  ;  moftrado  per  quella,il  conofeere  che  egli 
è  figliuolo  di  dio.  Allato  a  quella  nel'altra  banda 
v'e  quando  egli  caccia  d'el  Tempio  i  venditori;metten 
òo  loro  fotto  fbpra  gli  argentile  vittime,  le  colombe, 
&le  altre  mercanziemellaquale  fono  le  figure  che  ca- 
fcano  luna  fbpra  laltra  :  che  hanno  vna  grazia  nella  fu 
ga  del  cadere  molto  bella  &  confederata.  Seguitò  Lo- 
renzo allato  a  quefta  ,  il  naufragio  de  gli  Apoftoli ,  & 
San  Pietro  vfeire  de  la  naue ,  che  affondando  nellaac- 
qua^c  H  r  i  s  t  o  lo  follieua,ftoria  co  piofa  di  varii  gefti 
nelh  Apoftoli ,  che  aiutano  la  naue,&  fimile  la  fede  di 
San  Piero  fi  conofee  nel' fuo  venire  a  christo.  Ri- 
comincia fopra  la  ftoria  del'  battefimo  da  laltra  parte, 
la  fua  transfigurazione  nel  monte  Tabor,doue  egli  e- 
ipreffe  nelle  attitudini  de' tre  Apoftoli  lo  abbagliare 
che  fanno  le  cofe  cclefti,Ievifte  de  i  mortalijcome  fi  co 
nofee  ancora  christo  nella f uà  diuinita,  col' te- 
nere la  Tefla  alta,  &  le  braccia  aperta ,  in  mezo  d'Elia 
&  di  Mofe ..     Et  allato  a  qu  erta  è  la  refurrefsione  del 
morto  Lazzaro;ilqual'vfcito  de'l  fepolchro  legatoi  pie 
di  &  le  mani,ftà  ritto;  con  marauiglia  de  circuniìanti. 
Euui  Marta  &  Maria  Magdalena  che  bacia  i  piedi 
del'  Signore  co  vmiltà  et  reucreziagrandifsima.Segui 
ta  allato  a  quella  nel'altra  parte  della  porta,quado  egli 
va  in  fu  l'almo  in  Gierufàlem  ;  doue  i  figliuoli  de  gli 
Ebrei  che  co  varie  attitudini  gettanole  vefìeperter- 

LI 


ì66  PARTE       IT. 

ra;&  gli  vliul  &  le  palme  ;  oltra  a  gli  Apoftoli ,  che  fe- 
guitano  il  Saluatore.Et  allato  a  quefta,  è  la  cena  de  gli 
Apoftoli ,  bellifsima  &  bene  fpartita  fingendoli  a  vna 
tauola  lunga  mezi  dentro  &  mezi  fuori .  Sopra  la  fìo- 
ria  della  trasfigurazione  ricomincia  la  adorazione  nel 
l'orto;  doue  fi  conofceilfbnno  in  tre  varie  attitudini 
de  gli  Apoftoli.  Et  allato  a  quefta  feguita  quando  egli 
è  prefo  ;  &  che  Giuda  lo  bacia  ;  doue  fono  molte  cofe 
da  cófiderare  per  eflerui  &  gli  Apoftoli  che  fuggono, 
et  i  Giudei  che  ncl'pigliar  christo  fanno  atti  &  for 
ze  gaghardifsime  .  Et  è  nell'altra  porta  allato  a  quefta, 
quando  egli  è  legato  alla  colonna  :  doue  è  la  figura  di 
giesv  christo,  che  nel'  duolo  delle  battiture,  fi 
ftorce  alquanto,  con  vna  attitudine  compafsioneuole 
oltra  che  fivcdc  in  que'  Giudei  che  lo  flagellano ,  vna 
rabbia,&  vendetta  molto  tcrnbile,per  i  getti  che  fan- 
no .  Seguita  allato  a  quefta,quando  lo  menano  a  Pila- 
to ,  &  che  e  fi  laua  le  mani ,  &  lo  fentenzia  a  la  croce; 
Sopra  l'adorazione  dell'orto  nel'altra  banda  l'vltima  fi 
la  delle  ftorie  comincia  doue  e  porta  la  croce ,  &  va  a 
la  morte,menato  da  vna  furia  di  foldati ,  i  quali  con  le 
attitudini,  in  modo  par  che  lo  tirono  per  forza;  Oltra 
il  dolore  &  piato  che  fanno  co'  gefti  quelle  Marie  che 
n6  le  vide  meglio  chi  fu  prefente.  Allato  a  quefto  fece 
christo  crocififìb;  &  in  terra  a  federe  con  atti  do- 
lenti &  pien  di  fdegno  la  Noftra  donna  &  fan  Gioua- 
nivangelifta.  Seguita  allato  a  quefta  nellaltra  pancia 
fua  refurrefsioneioue  addormctate  le  guardie  dal  tuo- 
no ftanno  come  morti;  mentre  christo  va  in  alto 
con  vna  attitudine,  che  ben'  pare  glonficato,nella  per 
fezzione  delle  belle  membra;  fatte  dalla  ingegnofifsi- 
ma indù ftria  di  Lorenzo.  Nello  vltimo  vano  èia  ve- 
nuta dello  Spinto  Santo ,doue  fono  attenzioni  &  atti- 
tudini dolcifsime  in  coloro  che  lo  nceuono.Et  fu  con 


LORENZO    GHIBERTI.  1&J 

dotto  quefto  lauoro  a  quella'fine  &  perfezzionejfènza 
rifpiarmo  di  fatiche  &  di  tempo ,  che  può  darfi  a  opera 
di  metallo:con(iderando  che  le  membra  degli  ingnudi 
hanno  tutte  le  parti  belhfsime ,  &  i  panni ,  ancora  che 
tenefsino  vn  poco  dello  andare  vecchio  di  verfbGiot 
to,vi  è  dentro  vn'  tutto,  che  va  in  verlb  la  maniera  de* 
moderni,  &  fi  reca  in  quella  grandezza  di  figure  vna 
certa  grazia  molto  leggiadra .  &  nel'  vero  i  componi- 
menti di  ciafchuna  ftoria  fono  tanto  ordinati ,  &  bene 
{partitiche  meritò  confeguire  quella  lode,  &  maggio 
re,che  da  principio  gli  aueua data  Filippo.  Eteofifu 
onoratici  maméte  fra  i  fuoi  Cittadini  riconofciuto:& 
da  loro  &  da  gli  artefici  terrazzani  &  foreftieri  fòm- 
mamente  lodato. Coftò  quefta  opera  fra  gli  ornamen- 
ti di  fuori, che  fon  pur  di  metallo,&  intagliatoui  fefto 
ni  di  frutti  &  animali ,  x  x  1 1.  mila  fiorini  i  Se  pesò  la 
porta  di  metallo  xxxmi.  migliaia  di  libbre.  Finita 
quefta  opera  parue  a  confoli  dellarte  de'  mercatanti  ef 
fere  feruiti  molto  bene ,  &  per  le  lode  dateli  da  ognu- 
no deliberarono  che  facefTe  Lorezo  in  vn  pilaftro  fua 
ridi  Or  San  Michele  in,  vna  di  quelle  nicchie,ch'é 
quella  che  volta  fra  i  cimatori, vna  ftatua  di  bronzo  di 
quattro  braccia  Se  mezzo,  in  memoria  di  San  Gioua- 
ne  Batiftadaquale  egli  principiò ,  ne  la  fiaccò  mai,  che 
egli  la  refe  finita;che  fu,&  e  opera  molto  lodata ,  Se  in 
quella  nel' manto  fece  vn  fregio  di  lettere,icriuendoui 
il  fuo  nome .  Et  nel  frontefpizio  di  quel'  tabernacolo, 
(ì  prouò  a  far  di  mufàico,  faccédoui  dentro  vn  mezzo 
profèta.  Era  già  creiciuta  la  fama  di  Lorenzo  per  tut- 
ta Italia,&  fuor^dcl'artifitioiiisimo  magiftero nel' gei 
to,  di  maniera  che  auendo  Iacopo  della  fon- 
te, &  il  vecchietto  Sanefè,  Se  d  o  n  at  o  fat- 
to per  la  Signoria  di  Siena  per  il  loro  San  Giouanni  al 
cuno  (Ione  Si  figure  di  bronzo3che  doueuano  ornane 

LI     ii 


l6*8  PARTE         II. 

il  battemmo  di  quel  Tempio  ;  &  auendo  vifìo  l'opere 
di  Lorenzo  in  Fiorenza,  fi  conucnnono  con  feco  &  li 
feciono  fare  due  ftorie  della  vita  di  San'Giouanni  Ba- 
tifta.ln  vna  fece  quando  è  batezò  e  hri  st  o.accom- 
pagnandola  con  moire  figure  &  ignude  &  veftite  mol 
to  riccamente:  &  nellaltra,  quando  San' Giouanni  è 
prefo&  menato  à  Erode;  con  1  equali  ftorie  fuperò  & 
vinte  glialtri  che  aueuano  fatto  le  altre  :  onde  ne  fu 
lommaméte  lodato  da  i  Sanefi,&  da  glialtri  che  le  veg 
gono. Aueuano  in  Fiorenza  a  far  vna  {tatua  1  maeftri 
della  zecca  in  vna  di  quelle  nicchie  che  fono  intorno  a 
or  San'  Michele,dirimpetto  a  l'arte  della  lana  &  aueua 
a  effer  San  Matteo, d'altezza  del'  San*  Giouanni  fòpra- 
detto  .  Laquale  figura  allogorono  a  Lorenzo, che  la 
condulìe  a  perfezzione ,  &fu  lodata  molto  più  che  il 
San  Giouanni, auendoui  viato  la  maniera  più  moder- 
na.    Laquale  (Tatua  fu  cagione  che  i  Confòli  dellarte 
della  lana  fi  dehberorono  nel'medefimo  luogo  che  è 
facefsi  nellaltra  nicchia  allato  a  quella,  vna  ftatuadi 
metallo  medefimamente,  che  fufTe  alta  allamedefima 
proporzione  de  laltre  due,in  periona  di  Santo  Stefano 
loroauuocato.  EteglilacondufTeafine;  &  diede  vna 
vernice  al  bronzo  molto  bella .    La  quale  (tatua  non 
manco  fatisfece ,  che  fi  facefsino  laltre  opere  già  lauo- 
ratedalui.   Era  generale  de* frati  predicatori  inquel' 
tempo  M.Lionardo  Dati  il  quale  per  lalTare  memoria 
in  Santa  maria  nouelladoue  egli  aueua  fatto  profefc 
fìone,  &  alla  fua  patria  ,  fece  fabricareà  Lorenzo 
vna  fepoltura  di  bronzo  {opraci  luiaghiacere  mor- 
to, ritratto  di  naturale; che  da  quella  che  piacque 
&  fu  lodata  nenacque  vna  che  fecionfare  in  Santa 
Croce  di  Lodouico  de gl'Albizi  &  di  Niccolo  Valori 
Erano  onorati  nel  conuentoda  gli  Angeli  i  corpi  di 
tre  martiri  Proto;  Iacinto  &  Nemefio  :  Ma  perche  è  fi 


LORENZO    GH1BEHTI.  l6<) 

onorafsino  molto  più  fu  allogato  à  Lorenzo  vna  caf. 
fa  di  metallo  :  doue  fece  certi  Angeli  di  Baffo  rilicuo 
che  tengono  vna  ghirlanda  d'vliuo ,  fcrittouitdcnto  i 
nomi  loro .  Et  da  quella  che  riufci  molto  onoreuole  , 
venne  voluti tà.  alli^Operai  di  Santa  Maria  del  Fiore,di 
farfare  la  cafìa  &  fepoltura  di  metallo ,  per  metterui  il 
corpo  di  San'Zanobi  Vefcouo  di  Firenze,  la  quale  fu 
di  grandezza  di  braccia  tre  &  mczo  ;  &  alta  due.Nella 
quale  fece  oltra  il  garbo  della  Gaffa  con  diuerfi  &  va- 
ni ornamenti ,  nel  corpo  di  effa  Cafìa  dinanzi  vna  fio 
ria  quando  effo  san'Zanobi  rifufcita  il  fanciullo ,  fa- 
lciatoli incuflodia  dalla  madre  ;  morendo  egli  mentre 
ch'ella  era  inperigrinaggio .  Tn  vnaltra  uè  quando 
vnaltro  è  morto  dal  carro;  &  limile  quando  e'rifufciu 
luno  dedite  famigli  mandatoli  da  Santo  Ambruogio 
che  rimafe  morto  vno  in  fu  le  Alpi jlaltro  ve  che  fé  ne 
duole  alla  prefènza  di  San'Zanobi:  che  venutoli  com- 
palsione  diffe  va  che  è  dorme ,  tu  lo  trouerrai  viuo. 
Et  nella  parte  di  dietro  fono  fci  Angioletti  che  tengo 
novna  ghirlanda  di  foglie  d'olmomella  quale  fon'lettc 
re  intagliate,  in  memoria  &  lode  di  quel'Santo .  Que- 
fla  opera  conduffe  egli  &  finì,con  ogni  ingegnofa  fa- 
tica &arte,  fiche  ella  fìi lodata  flraordinariamente 
per  cofà  bella.  Mentre  che  l'opere  di  Lorenzo  oeni 
giorno  accrefceuon'  fama  al  nome  fuo ,  lauorando  8c 
ieruendo  infinite  perfòne  cofi  lauori  di  metallo  come 
di  argeto  &d'oro;capitò  nelle  maniàGiouanni  figliuo 
lo  di  Cosimo  de"  Medici  vna  cormuola  affai  grande 
dentrouilauoratodintaglioin  cauo,  quando  Apollo 
fa  (corticate  Marfia;  laquale  fecondo  che  fi  dice,ferui- 
ua  già  a  Nerone  Imperatore  per  fuggello .  Et  effendo 
per  il  pezzo  della  pietra  ch'era  pur  grande  ,&per  la 
marauiglia  dello  intaglio  in  cauo ,  cofà  rara  :  Giouan 
ci  la  diede  àLorenzo  chegli  faceffe  intorno  d'oro  vno 

LI    ili 


1-J0  PARTE      ti. 

ornamento  intagliato  &  eflo  penatemi  molti  mcfi  Io  fi 
ni  del  tutto  :  facendo  vna  opera  non  men  bella  d'inta- 
glio a  torno  a  quella;  che  fi  fufsi  la  bontà  &  perfezzio 
ne  del  cauoin  quella  pietra.  La  quale  oper a[fu  cagio- 
ne ch'egli  d'oro  &  dargento  lauorafsi  molte  altre  co~ 
fé, che  oggi  non  firitruouano  (limando  efTerejftate 
diftrutte  per  l'auarizia  ò  bifogno  di  qu e  metalli .  Fece 
doro  medefimamente  a  PapaMartinovn  bottone-jCh'e 
gli  teneua  nel  piuiale ,  con  figure  tonde  di  rilieuo  i  8c 
fra  effe  gioie  di  grandissimo  prezzo  :  cola  molto  eccei 
lente .  Et  cofi  vna  mitera  marauigliofifsima  di  foglia- 
mi doro  ftraforati  :  &  fra  efsi  molte  figure  piccole  tue 
te  tonde,che  furon  tenute  hellifsime .  Et  né  aquiftò, 
oltra  al  nome  vna  vtilità  grande  da  la  liberalità  di  quel 
Pontefice.  Venne  in  Fiorenza  l'anno  mccccxxxix 
Papa  Eugenio,per  vnire  la  difeordia  fra  laChiefa  Gre 
ca  &  la  Romana,  doue  fi  fece  il  Concilio  ;  Et  villo  lo 
pere  di  Lorenzo  ,  &  piaciutogli  non  manco  la  preferì 
Zia  fu  a ,  che  fi  facefsino  quelle  :  gli  fcct:  fare  vna  mite- 
ra doro  di  pelo  di  libre  quindici, &  le  perle  di  libre  cir* 
que  &  mezzo  ;  le  quali  erano  ftimate  con  le  gioie  in  ef 
fa  ligate ,  trenta  mila  ducati  doro.  Dicono  che  indet- 
ta opera  erano  fei  perle  comenocciuole  auellane;& 
non  Ci  può  imaginare  fecondo  che  s'è  villo  poi ,  vndi- 
fegno  di  quella  le  più  belle  bizarrie  di  legami  nelle 
gioie  &  nella  varietà  di  molti  putti  8c  altre  figure,  che 
feruiuano  à  molti  varii  &  graziati  ornamenti.  De  la 
quale  riceuè  infinite  grazie.  &  per  fé  &  per  gli  amici 
da  quel'  Pontefice ,  oltra  il  primo  pagamento.  Aueua 
Fiorenza  riceuute  tante  lode  per  le  opere  eccellenti  di 
quefto  ingegnofifsimo  artefice;  che  è  fu  deliberato  da 
jconfbli  dellarte  de  mercatanti,  di' farli  allogazione 
della  terza  porta  di  San  Giouannidi  metallo  medefi- 
mamente .Et  quantunque  quella  che  prima  aueua  fai 


LORENZO  GHIBERTI  271 

ta3  l'auefsi  per  ordinelorofeguitata&  coudottacon 
rornaméto  che  fegue  intorno  alle  figure  ,  &  che  faCcia 
irtelaio  di  tutte  le  porte.  Simile  à  quello  di  Andrea  Pi 
fano,  viflo quanto  Lorenzo  l'aueua auanzato,rifoIue 
ronoiConiòli  à  mutare  la  porta  dimezo,doue  era 
quella  di  Andrea,&  metterla  a  laltra  porta  che  è  dirim 
petto  alla  Mifericordia .  Et  che  Lorenzo  facefsi  quel- 
la di  nuouo,perporfi  nel mezo,  giudicando  ch'egli 
auefle  a  fare,  tutto  quello  sforzo, che  egli  poteua 
maggiore  inquella  arte.  Et  fé  gli  rimefìbno  nelle  brac 
eia,  dicédo  che  gli  dauonjicenzia  che  e  facefsi  ìnquel* 
modo  che'  voleua,o  che  penfàfsi  chella  tornarsi  più  or 
nata ,  più  riccha  più  perfetta,  &  più  bella  che  e  potefsi 
ò  (apersi  imaginarfi .  Ne  guardafsi  à  tempo  ne  a  fpefà , 
accioche  cofi  come  egli  aueua  fuperato  ghaltri  iìatua 
rii  perinfinoalIora,fuperafsi&  vinccfsi  tutte  lopere 
fuc.  Cominciò  Lorenzo  detta  opera,  mettendoui  tue 
to  qucl'fapere  maggiore  ch'egli  poteua  :  Et  cofi  fcom 
parti  detta  portain  x  quadri,cinque  perpartc,che  rima 
ieno  i  vani  delle  itorie  vn  braccio  &  vn  terzo,  &  a  tor 
no  per  ornamento  del  telaio  che  ricigne  Te  ftorie  fono 
nicchie  in  quella  parte  ritte,&  piene  di  figure  quafi  to 
de ,  il  numero  delle  quali  è  x  x,  &  tutte  bellifsime^co 
me  vno  Sanlbne  ignudo  che  abbracciato  vna  Colon- 
na, con  vna  mafcella  in  mano,moftra  quella perfezzio 
ne  che  maggior'può  moftrare  cola  fatta  nel' Tempo 
de  gli  antichi  ne  loro  Ercoli  o  di  bronzi  o  di  marmi: 
Et  come  fa  teftimouiovn  Iofuè  il  quale  in  atto  di  locu 
zione  par  che  parli  allo  exercito-.oltra  molti  profeti  Se 
Sibille  :  adorni  luno  &  laltro  in  varie  maniere  di  pan- 
ni per  il  dolio  ;  &  di  acconciature  di  capo,  di  capeglì 
&  altri  ornamenti;  oltra  dodici  figure  che* fono  a  ghia 
cere  nelle  nicchie,  che  ricingono  l'ornamento  delle 
iìorieper  il  trauerfo  >  faccendo  in  fuile  crociere  delle 


2JÌ  fARTB       II. 

cantonate  in  certi  tondi,tefìe  di  fcmmine,&  di  gioua 
ni  3  &  di  vecchi  il  numero  x  x  x  1 1 1 1.  Fra  le  quali  nel' 
mezo  di  detta  porta  vicino  al  nome  Tuo  intagliato  in 
ella ,  è  ritratto  Bartoluccio  Tuo  padre,  ch'e  quel'piu 
vecchio  :  Se  ilpiu  giouane  è  Lorenzo  fuo  figliuolo 
maeftro  di-tutta  l'opera;  oltra  a  infiniti  fogliami  &  cor 
nici  &  altri  ornamenti  fatti  con  grandifsima  maeflria. 
Le  iìorie  che  fono  in  detta  porta,  fono  del'teftamento 
vecchio;  &  nella  prima  èia  creazione  di  Adamo  &  di 
Eua  fua  donna;quali  fono  pcrfettifsimamentc  condot 
ti.Vedendofi  che  Lorenzo  ha  imitato,  che  fieno  di 
membra  più  begli  che  egli  ha  poffuto;  volcdo  offerua 
re  che  [fendo  quelli  di  mano  di  dio  e  non  fufsino 
mai  fatto  le  più  belle  figure;  &  co  fi  quelli  di  fuo  auef 
fino  a  paffare  tutte  l'altre  ch'erano  fiate  fatte  da  lui  ne 
laltre  opere  fue  :  auuertenzia  certo  grandifsima .  Et 
cofi  fece  nella  medefma  quando  e' mangiano  il  pomo 
&  infieme  quando  e'fon  cacciati  di  Paradifo,  lequal'fì 
gure  inquegliatti  rifpondonoa  l^ffetto,primadel  pec 
cato  conofeendo  la  loro  vergogna,  coprendola  con  le 
mani ,  &  nellaltro  la  penitenzia  nello  effere  dal  Ange- 
lo fatti  vfeir  fuori  di  Paradifò  .  Nel  fecondo  quadro  è 
fatto  Adamo  &  Euaauendo  Cairn  &Abel  piccoli  fan 
ciulli  creati  da  loro  ;  &  cofi  vi  fono  quando  de  le  pri- 
mizie Abel  fa  facrifizio  &  Cairn  de  le  men'buone,  do 
\iefifcorge  negli  atti  di  XTaim  l'inuidia  contrailprof 
fimo  3&in Abell'amore  inuerfb  idio.  Etquello 
che  è  di  fingular'  bellezza  e  il  veder'  Cairn  arare  la  ter- 
ra con  vn  par'  di  buoi*  1  quali  nella  fatica  del  tirare  al 
giogo  l'aratro  paiono  veri  &  naturali:  cofi  come  è  il 
medefimo  Abel  che  guardando  il  beftiame  Cairn  li  da 
la  morte .  Doue  Ci  vede  quello  con  attitudine  impieto 
fifsima&  crudele  con  vn'baftone  ammazare  il  fratel- 
lesche il  bronzo  medefmo  moftra la  languidezza  delle 

membra 


LORENZO   GHIBERTI  273 

membra  morte  nella  bellilsima  perfona  di  Abel .  &  co 
fi  di  bailo  rclieuo  da  lontano  è  1  d  d  i  o  cbe  domanda  4 
Cairn  quel  che  ha  fatto  di  Abel  contenendo/!  in  ogni 
quadro  gli  effetti  di  quattro  ftorie .  Figurò  Lorenzo 
nel  terzo  quadro  comeNoe  efce  de  l'arca  fa  moglie  co 
i  fuoi  figliuoli  &  figliuole  &  nuore,&infiemc  tutti  gli 
animali  ,  cofi  volatili  come  terreftri  ;  i  quali  ciafcuno 
nel  fuo  genere  fono  intagliati  dalle  eccellentifsime  ma 
ni  di  Lorenzo  con  quella  perfezzione  che  può  l'arte 
imitarla  natura .  Vedendoli  l'Arca  aperta,  &  le  ftagge 
in  profp.ettiua  di  bafsifsimo  rilieuo,chenon  fi  può 
eiprimere  la  grazia  loro. Oltre  che  le  figure  di  Noe  & 
delli  altri  fuoi  faccio  Sacrifizio  fi  vede  l'Arco  baleno 
fegno  di  pace  fi-aiDDio&  Noe,  ma  molto  più,  eccel- 
lente di  tutte  le  figure  quando  egli  ha  piantato  la  vi- 
gna; &  che  inebriato  del  vino  mondando  la  vergogna 
Can  fuo  figliuolo  lo  fchernifee:  che  vno  nel'fonno  no 
pUo  imitarficon  piti  afpetto  vedendoli. lo  abandona- 
mento  delle  membra  ebbre  :  &  la  confiderazione  & 
amore  de  glialtri  due  figliuoli,  che  lo  ricuoprono  con 
bellifsime  attitudini.  Oltre  che  ve  &  la  botte  &  i  pam 
pani&  gli  altri  ordigni  della  vendemmia,fatti  con  vna 
auuertenza,  accomodandoli  in  certi  luoghi  che  non 
impediscono  l'aftoria,anzi  le  fanno  vn'ornamentobcl 
lifsimo.  Piacque  molto  h  Lorenzo  fare  nella  quarta 
{lo  ri  a  ,  inqucl'quadro  lo  apparire  de  tre  angeli  nella 
valle  Mambre  ,faccendo  quegli  fimili  luno  a  laltro  fi 
vede  quel'làntirsimo  vecchio  a  dorarli  con  vna  attitu- 
dine di  mani  &  di  volto  molto  proprio  &  viuace  ;  ol-r 
tre  ch'egli  ;con  vno  affetto  molto  bello  intagliò  i  fuoi 
ferui  che  a  pie  del  monte  co  vno  afino  Spettano  Abraa 
che  facrificaua  il  Figliuolo.il  quale  ignudo  in  fu  l'alta 
re  il  padre  co  il  braccio  inalto  cerca  far  l'obbedienzia  ; 
£  impedito  dal'angelo;  che  con  vna  mano  lo  rkiene;& 

Mm 


274  PARTE»      I!. 

con  l'altra  accenna  doue  è  il  monte  da  far  Sacrifizio  8c 
libera  Iiàc  da  la  morte ,  ftoria  veramente  viua  perle 
bellifsime  parti,ciafcheduna  per  fe;vedendo  tanta  per 
fezzione  nelle  membra  ruftiche  de  (èrui ,  a  compara- 
zione delle  delicate  d'Ifac ,  doue  non  pare  che  fia  col- 
po che  non  fia  convna  diferezione  &  arte  grandissima 
Moftrò  auanzar  fempre  femedefinoLorenzo  d:mano 
in  mano  inqueft'opcra;  &  mafsime  nelle  difficultà  do- 
ue erano  cafamenti ,  come  m  quella  ,  quando  nafee 
Ilàac  Iacob  &  Efàu  ,  o  doue  Efiiu  che  caccia  per  far 
la  volunta  del  padre  ;  &  Iacob  amaeftrato  da  Re  becca 
porge  il  Cauretto  cotto  auendo  la  pelle  intorno  a!  col 
lo  5  e  cercato  da  Mac  ilquale  gli  dà  la  benedizzione . 
Nella  quale  ftoria  fono  cani  bellissimi  c&  naturali  ol- 
tra  le  figure  che  fanno  quello  effetto  ili eflb  che  Ia- 
cob &  Ifac  &  Rebecca  nelli  lor'faiti  quado  eron'uiui. 
Inanimito  Lorenzo  per  lo  ftudio  dell'arte  che  di  con- 
tinuo la faceua più  facile,  tentaua  lo  ingegno  fuoin 
cofe  più  artifizioie  &  difficili;  faccédo  in  quello  fefto 
quadro  come  Iofef  è  meflo  da'fuoi  fratelli  nella  cifter- 
na&  quando  lo  vendono  àque' mercanti;  &  da  loro 
e  donato  a  Faraone  al  quale  interpetrail  fogno  della 
fame;&  laprouifione  per  rimedio  :&gh  onori  fatti 
a  Iofef  da  Faraone.  Et  è  vi  qnando  Iacob  manda  i  fuoi 
figliuoli  per  il  grano  in  Egitto ,  &  che  nconofeiuti  da 
lui  gli  fa  ritornare  per  il  Padre;  nella  quale  ftoria  Lo- 
renzo fece  vn  tempio  tondo  girato  in  profpettiua  con 
vna  difficultà grande  :  nel  quale  è  dentro  figure  in  di- 
uerfimodi,  checarricanograno,&  farine;&  afini  ftra 
ordinarii  ;  &  certamente  nella  bellezza  loro,  oltra  che 
vi  è  il  conuito  che'fa  loro,  il  nafeondere  la  coppa  doro 
nel  facco  a  Beniamin  ,  &  lo  eifergli  trouata ,  &  come 
egli  abbraccia  Sdriconofce  i  fratellr.la  quale  iftoria  per 
tanti  affetti  &  varietà  di  cole  è  tenuta  fra  tutte  l'opera 


LORENZO   GHIBERTI  2;j 

la  più  degna,&  la  più  difficile  &  la  più  bella.  Certame 
te  che  Lorenzo  nonpoteuaauendo  fi  bello  ingegno 
&  fi  buona  grazia  in  quefta  maniera  di  ftatue,jfare  che 
quando  gli  veniuano  i  componimenti  delle  iìorie  bel- 
le e'non  facefsi  bellifsime  le  figure:come  apparein  que 
fìo  fettimo  quadro;doue  egli  figli  rado  il  monte  Sinai, 
&  nella  fommita  Moyfe  che  da  1  d  i  o  ha  le  leggi:doue 
con  attitudine  riuerenteingenocchioni  le  piglia:  &  a 
mezo  il  monte  Iofue  che  i'afpetta;  &  tutto  il  popolo  ì 
piedi  quello  impaurito ,  peri  tuoni  faette  &  tremuo- 
ti:  che  in  attitudini  diuerfe  moftrano  gli  animi  loro  , 
co  vna  prontezza  gradifsi ma. Operò  diligenzia  &  gra 
de  amore  nello  ottauo  quadro  doue  egli  fece  quando 
Iofue  andò  a  Ierico,  &  volfe  il  Giordano,&  pofe  i  do 
dici  padiglioni  pieni  delle  dodici  tribù  figure  molto 
pronte;  ma  molto  belle  fono  alcune  di  baffo  rilieuo 
quando  girando  con  l'arca  intorno  alle  mura  della  cit- 
ta predettaceli  fuono  di  trombe  rouinano  le  mura  & 
gli  Ebrei  pigliano  Ierico;  nelia  quale  è  diminuito  il  pa 
efe  &  abbaffato  Tempre  con  oiferuanzia  da  le  prime  fi 
gure  a  i  monti  ;  &  da  i  monti  a  la  città;&  da  la  città  ad 
allontano  delpaefe,di  balsifsimo  relieuo:  condotta 
tutta  con  vna  gran'perfezzione.  Veramente  che  Lo- 
renzo di  giorno  in  giorno  fi  fece  più  pratico  in  quel- 
l'arte, come  egli  fi  vide  poi  nel  nono  quadro ,  quando 
nella  occifione  di  Golia  gigante  al  quale  Dauit  taglia 
la  tetta,  con  vna  fanciullefca  &  fiera  attitudine^  vede 
rompere  lo  efercito  de  i  Filiftei  da  quello  de  i  dio: 
doue  Lorenzo  fece caualli  cani  &  altre  cofeda  guer 
sa  con  diligenzia .  Et  cofifece  Dauit  che  tornan- 
do coniatela  di  Golia  in  mano,  il  popolo  lo  incon- 
tra ,  fonando  &  cantando  .  I  quali  affetti  fono  tutti 
proprii&viuaci.  Retto, a  far  tutto  quel'che  poieua 
Lorenzo  nella  decima  &  vltima  ftoria  la  Regina  Sab- 

Mm     il 


:*J&  '"         PARTE.       II. 

ba  quando  vifita  Salemonc, con  grandifsima cortcrdo 
uè  egli  fece  vn  cafamento  tirato  in  profpettiua  molto 
bello;&  cofi  tutte  le  altre  figure  fimih  alle  predette  fio 
rie  ;oltra  gli  ornamenti  degli  architraui  cheli  vanno 
intorno  a  dette  porte  doue  fon  frutti  &  fettoni  fatti 
de  la  folita  bontà .  Nella  quale  opera  da  per  fé,  &  tut- 
ta infieme,  fi  conofee  quanto  il  valore  &  lo  isibrzo  di 
vno  artefice  {tatuano  poiìa  nelle  figure  quafi  tonde  , 
inquelle  meze ,  nelle  baffe ,  &  nelle  bafsifsime  oprare 
d'  inuenzione,ne'componimenti  delle  figure;&  di  ftra 
uaganzia  di  attitudini,  nelle  femmine  &  nelli  mafehi  ; 
&  di  varietà  di  cafamenti  nelle  profpettiue:  &  oltre  al 
le  graziofe  arie  di  tutti  i  fefsi  parimente  oiTeruato  il  de 
coro,in  tutta  lopera  ne  ueccki  la grauità,&  ne  gioua- 
ni  la  legiadria  &  la  grazia,Etinuero  che  Ci  può  attribu 
ire  perla  perfezzionedi  tutte  le  cofe  :  &  per  la  faldez- 
za  del'getto,  venendo  netta  nel  buttarla;  ella  fia  la  piti 
bella  opera  del  mondo,  &  che  fi  fia  vifta  mai  fra  gli  an 
tichi  &  moderni .  Et  ben'debbe  effere  veramente  loda 
to  Lorenzo  3  da  che  vn  giorno  Micheragniolo  Buo- 
narroti fermatofi  à  veder  quefto  lauoro,fopraggiunto 
lo  vno  amico  fuo,li  dimandò  quel  che  gniene  pareua, 
&  fé  quefte  porti  eron*  belle  .  Rifpofe  Michel'agniolo 
elle  fon  tante  belle,  che  elle  ftarebbon  bene  'alle  porte 
del  Paradifo,  lode  veramente  propria  ,  &  detta  da  chi 
poteua  giudicarla:  Et  ben  le  potè  egli  condurre  che 
mentre  lavorandole  a  -fine  da  la  età  fua  di  xx  anni  che 
le  comintio,vidurò  fu  40.anni  a  lauorarkeò  fatiche 
via  più  che  eltreme .  Lequali  furon'  cagione  che  i  Si 
gnori  di  quella  città ,  oltra  il  pagamento  fatto  da  Con 
foli;gli  donafsino  vn  podereul  quale  è  porto  vicino  al 
laBadiaaSettimo.Oitrachefu  fatto  de  Signori  rico 
riofeendo  la  fua  virtù  co  tutte  quelle  forti  di  onori  che 
più  potcrono.Seguitò dirimpetto  alla  Mifèricordia  l'or 


LORENZO    GHIBERTI. 


277 


"nameto  di  bronzo  con  quei  fogliami  Itupcndifsimi,  i 
quali  no  finì,  per  l'amore  della  morte  ;  inlìeme  con  vn 
modello  che  egli  lafciò  imperfetto  dellaltra  porta,  do- 
ue  e  quella  d'Andrea  Pifano  che  la  volcua  rifare  il  qua 
ro^gièitomale.EtcofilafciÒBvoN  accorso  luo 
figliuolo  che  finì  di  fiumano  queiomameto,con  vna 
dììigenzia  grandifsima;Ne  fece  poi  molte  opere,more 
dogiouanejrimafili  tutti  i  fegreti  del  gittare  che  venif 
fino  le  cofe  lottili;  che  la  lungha  fperiezia  aueua  info- 
gnati a  ^artoluccio ,  &  a  Lorenzo ,  &  quel  modo  di 
(traforare  il  metallo,come  fiveggono  le  cofe  capate  da 
lui  oltra  che  gli  lafciò  molte  anticaglie  di  marmo,et  di 
bronzo ,  come  il  letto  di  Polideto  ch'era  cofa  rarifsi- 
ma ,  &  vna  gamba  anticha  di  bronzo,  &  altre  tefte  di 
femmine,&  vali  condotti  di  Grecia  fenza  Iparagno  di 
fpefe.  Oltre  a  torli  di  figure  &  altre  coiè  rare  delequa 
li  egli  li  diletto  auere;&  ftudiadone,imitar  quelle  nel- 
le opere  fuedequali  furon  infieme  con  gran  parte  del- 
le facultà  nudate  in  mal'  ora&  vna  parte  ne  vede  aM 
Giouani  Gaddi  cherico  di  Camera  Apoltolica;che  fu 
1  il  letto  di  Policleto  &  laltre  migliori.  Attelè  Lorenzo 
mentre  vilfe  a  più  colè,  &  dilettoli  di  pittura,  &  di  la- 
uorare  fineftre  di  vetro,come  appare  in  Santa  maria 
del  Fiore  gli  occhi  della  chielà  quelli  che  lono  intor- 
no alla  Cupola^da  quel  che  fé  Donato  in  fuora  douc  e 
christo  che  incorona  la  Noftra  donna,  fece  quel- 
lo chelbpra  la  porta  principale  di  effa  Santa  Maria  del 
Fiore  doue  è  il  luo  irlène  in  cielo  &  cofi  quello  che  è 
(opra  la  porta  di  Santa  Croce ,  che  ne  fece  vn  bcllifsi- 
mo  cartone  che  ve  dentro  chruto  quando  e  dipo- 
{lo  di  Croce  ;  Fu  nel  principio  della  allogazione  della 
Cnpola,eletto  per  compagno  &  coaiutoredi  Filippo 
di  Serbrunellelco,ancor  che  poi  ne  fulfe  lcuato,come 
«'è  detto  nella  vita  di  Filippo^  &  cofi  feguitado  la  fua 

Mm     iii 


2/8 


PARTE.       IT. 


arte  vifTe  onoratìfsimamente:&  lafciòfaculta  3  laonde 
già  pcruenuto  a  gli  anni  della  fua  vita  lxiiii.  d'vn 
mal'  di  febbre  continoua'pafsò  a  laltravita;  lafciando 
fama  immortale  del  Tuo  nomea  chi  vede  lopere&o 
de  le  Tue  azzioni  ;  &  da  è  Tuoi  gli  fu  in  Santa  Croce  ài 
Fiorenza  data  onoratifsima  fepoltura  non  reftando 
fargli  verfi  Latini  &  Volgari  in  fu  e  lode  quali  fi  fono 
{marriti  làluo  che  quefti  fono  fcrittu 

Vum  cernii  Valute  aurato  ex  we  rtitentes 
In  Tempio  Michael  ~4n*  eliti  ob/ìupuiu 

lAttonitufque  diu3fic  alt  a  piemia  rupit 
ODiuinum  opmjOIanua  dtgna  Polo  « 

Lorenzo  tace  <jut,quelhuorì  Ghiberto 

Ói  a  configli  del  Padre 3<&*  dello  mimico  j 
Fuor  de  tufo  moderno,  &  forfè  antico  ; 
Ciouinettomoflro  (juanthuomo  efyerto^ 

M   A   S   O    L   I   N   O 

PITTORE. 


Randifsima  certamente  fidebbe  cre- 
dere la  fatisfazzione  di  quegli  animi 
che  fi  accoftano  al  fommo  grado  del 
lefcienzie  oue  e*  fi  affaticano:  Et  di 
coloro  che  tirati  dal  diletto  &  dalla 
dolcezza  delle  virtù ,  fentendofi  trai? 
buon  frutto  de  le  fatiche  ;  viuono 
vna  vita  molto  più  &  dolce  &  beataj  che  non  è  amara 
&  mefehina  quella  altra  di  colui  che  quanto  pai  Ci  a£- 
fatica  per  apprefiàrfi  a  la  perfezione;  tanto  piagli  in» 


MASOLIN©.  279 

groflà  Io  ingegno:&  riefce  di  manco  pregio.  Et  certo 
quando  il  Ciclo  forma  que'  primi3forma  vn  vafò  capa 
ce  di  moke  cole  ;  vna  memoria  che  le  ritenga ,  &  vna 
mano  che  graziatamente  &  con  buon' giudizio  le  fap 
pia  esprimere  ;  come  bene  efprimere  le  Teppe  ne  tempi 
Tuoi  Mafolino  da  Panicaledi  Valdclfa3ilqualefu  difce 
polo  di  Lorenzo  di  Bartoluccio  Ghiberti,&  nella  fua 
fanciullezza  bonifsimo  orefice,&  nel  lauoro  Tuo  delle 
porte  il  miglior  rinettatore  che  Lorenzo  auefTe.  Ne* 
panni  delle  figure  era  molto  deliro  &  valente  5  &  nel 
rinettare  aueua  molto  buona  maniera  &  intelligenza; 
perii  che  nel  cefellare  faceua  con  più  deprezza  alcune 
ammaccature  morbidamente  cofi  nelle  membra  vma- 
ne  comete  pani.Diedefi  alla  pittura  d'età  d'anni  x  1  x. 
&  quella  per  Tua  arte  efercitò  poi  fèmpre  3  imparando 
il  colonie  da  Gherardo  dello  Stamina.  Et  andato- 
iène  a  Roma  per  ftudiare  mentre  che  vi  dimoro  fece 
la  fala  di  cafa  Orfina  Vecchia  in  monte  Giordano  :  & 
per  vn  male,  che  l'aria  gli  faceua  alla  tefta  tornatola 
Fioreza  fece  nel  Carmino  allato  della  cappella  delCro 
cififlb  la  figura  del  S.  Pietro,che  fi  vede  ancora.Laqua 
le  efìendo  da  gli  artefici  lodata,fu  cagione  che  gli  allo 
garono  in  detta  chiela  la  cappella  de*  Brancacci  con  le 
ftorie  di  San  Pietro;che  dato  opera  con  ogni  ftudio  ne 
condulTe  a  fine  vna  parte.  Come  nella  volta  douefb 
noi  un.  Vangelifti.  Et  quando  chris  to  toglie 
da  le  reti  Andrea  &Piero:feccui  il  fuo  piagerc  il  pec- 
cato quando  egli  nego  christo  &  dopo  la  fua  prc 
dicazione  per  couertirci  popoli.  Feceui  il  tempefloib 
naufragio  degli  Apolidi ,  e  quando  San  picro  libera 
da'l  male  Petronella  fiia  figliuola .  Et  nella  medefima 
ftoria  quado  egli  &  Giouani  vanno  al  Tempio ,  doue 
innanzi  al  portico  è  quel  pouero  infermo  che  gli  chie- 
de la  limofinajalquale  non  potendo  dare  ne  Oro  ne  Ar 


Z%Q  PARTE      II.;; 

gento  col  fegnio  della  cróce  lo  libera  ;  fatte  le  figure 
per  tutta  quellopera  con  molta  buona  grazia  &  dato* 
li  grandezza  nella  maniera:morbidezza&vnione.,nel 
colorire;&  rilieuo  &  forza  nel  difegnio.Lacjualc  ope-* 
ra  fu  ftimata  molto  per  la  nouità  fua  &  per  lofteruàzia 
di  molti  parti  che  erono  totalméte  fuori  della  maniera 
di  Giotto.  Lequali  florie  fopraggiunto  dalla  mortela 
fciò  imperfette .  Fu  perfona  Mafolino  di  bonifsimo  in 
gegno,&  molto  vnito  &  facile  nelle  fue  pitturedequa 
li  con  diligcnzia  &  con  grand'amore  a  fine  fi  veggono 
condotte.  Quefto  ftudio  &  quefta  volontà  d'arfati- 
carfi,  ch'era  in  lui  del  continouogli  generò  vna  catti- 
ua  complefsione  di  corpo  ;  laquale  inanzi  al  tempo  gli 
terminò  la.  vita  ;  &  troppo  acerbo  lo  tolfe  al  Mondo 
Mori  Mafolino  giouane  di  età  d'anni  x  x  x  v  1 1.  tron- 
cando là  aipettazione,  cheipopol  aueuano  concetta 
di  lui.  Et  ad  memoria  di  cofi  acerbifsima  morte  gli  fu 
fatto  poi  quefto  Diftico. 

Hmcpuerwn  rapttft  Hoy$  improba  ifed  tamen  omnes 
Fingendo  jenes  uicerat  iUepriut, 
Furono  le  pitture fue  circa  Tanno  mccccxl.  Et 
pavlo  schiavo  che  in  Fio  renza  in  fui  canto  de* 
Gori  fece  la  Noftra  donna,  con  le  figure  che  fcortano 
i  piedi  in  fu  la  cornice  3  fi  ingegno  molto  di  feguire  la 
maniera  fua3&  di  Mafaccio  parimente . 


PARRI 


28l 

PARRT  SPINELLI 

ARETINO. 

—,  Ncora  che  molte  prouincie  del  mon 
do  abbino  le  perfone  eccellenti  ere- 
ditarie in  qualche  arte,  od  in  qual- 
che virtù;la  natura  pure  alleuolte  co 
me  benigna  madre  fa  naicere  in  vna 
patria  vno  ingegno  (traordinario,il 
a  quale  la  onorala  illuftra,&  la  fino- 
minore  per  fama  da  quegli,  1  quali  non  ne  arebbono  ri 
cordo  alcuno.  Laonde  fpeiTe  volte  fi  vede  gli  (piriti  e- 
gregi,et  gli  onorati  ingegni,dar  nome  alle  patrie  loro: 
come  veraméte  fece  Pam  di  Spinello  pittore  Aretino: 
il  quale  pafsò  di  difegno  talmente  Spinello;che  la  fama 
&  il  grido,che  dato  gli  fu,  veraméte  fé  gli  couéne.Imi 
tò  Parri  alquatola  maniera  di  Mafolino;ma  tenne  più 
fottili&piu  fueltele  fu  e  figure.  Fece  le  fuc  pitture  in' 
Arezzo;ne  di  quiui  partire  li  volle  giamai,  perii  figli- 
uoli &  per  ramore,che  portaua  al  paefe.Fece  nello  fpe 
dale della  Nunziata,  la  cappella  di  San  Chriftofano, 
&  di  San  Iacopo  con  altre  figure;  &  in  San  Bernardo, 
moniftero  di  Monte  Oliueto ,  due  cappelle  all'entrata 
della  chiefa ,  vna  de  Magi,&  l'altra  della  Trinità ,  con 
altre  (ione  &  figure.Al  Duomo  vecchio  fuor  d'Arez- 
zo e  vna  cappellina  altrimenti  vna  macfià,con  vna  An 
nunziata  laquale  per  lo  (pauento  dello  Angelo  ,  tutta 
fi  torce,  quafi  a  fuggire  .  Et  nel  Cielo  della  volta  vna 
mufica  d'Angeli  che  fuonano  &  Catario  con  tanta  effi 
cacia,che  e'  pare  quafi  fentire  la  voce.  In  oltre  vi  è  vna 
carità, che  arfettuofifsimaméte  ftruggendofi  verfo  tre 
fìgliolini,  vno  ne  al  latta3  alaltro  fa  fe(ta,&  il  terzo  pi- 

Nn 


II. 


iSl  PARTE 

glia  per  mano.  Et  in  vna  fede  che  eui  dipinfè  oltralor, 
dinario  della  croce  &  del  calice,  ha  indotto  nuoua  at- 
titudine,faccendole  battezzare  di  Tua  mano,vn'  putto 
dentro  ad  vna  conca  ,  col  verfàrgliin  cepola  tazza 
della  acqua .  Dipinfe  in  Santo  Agoftino  nel  coro  de' 
frati  alcune  figure:&  in  San  Giufhno  ,  vn'  San  Marti- 
no nel  tramezzo  della  chiefà.  Nel  vefcouado  di  Arez- 
zo,fottola  fincfìradiSanGiouanni  chebateza  chri 
sto  dipinfe  vna  Nunziata  oggi  mezza  guafta. et  nella 
Picue  dipinfe  vna  cappella  alla  porta  vicino  alla  Manza 
dellopera;&  in  vna  colonna  vn  San  Vincenzio  bellifsi 
mOj&  in  San  Francefco  la  cappella  de'Viuiani,&  quel 
la  de  quattro  incoronati ,  con  molte  ftorie,purea  fre- 
feo .  Dipinfè  in  quello  medefimo  modo  nella  vdien- 
za  della  Fraternità  di  Santa  Maria  della  Mifericordia, 
vna  Noflra  donna3e  vn'  popolo,  con  San  Gregorio  Pa 
pa,&  San  Donato  vefcouo  :  Et  a'  detti  rettori  lauorò 
vna  tauola  a  tempera  per  San  Laurentino  &  Pergenti 
no  lodatifsima  &  bellifsima.  In  San  Domenico  {ece 
vna  cappella  all'entrar  della  porta  di  chiefà  nellaquale 
molto  bene  fi  portò.  Fu  affaltato  vn'  giorno  mentre  fa 
ceua  queiìa  opera  da'  nimici  &  da  parenti  fuoi,che  co 
fèco  piatiuano  non  Co  che  dote,  con  armi  per  ifpauen- 
tarlo  :ma  da  gente  che  vi  fbppragiunfe  fubito  fu  foc- 
Corfo:Ma  pure  la  paura  che  egli  ebbe  di  tale  addito, fu 
cagione  che  da  indi  innanzi,fempre  dipinfe  le  fue  figu 
re  torte  in  fu  vno  lato.  Coftui  per  efeufizione  delle 
tante  opere  fatte,  &  peri  morfi  datili  dalle  lingue  di 
quelli  genti  vi  fece  vna  ftoria  di  lingue ,  che  abbrucia- 
no,da  e  h  R  i  s  t  o  in  aria  maledette,  e  fcrittoui  fotto; 
A  lingva  dolosa.  Era  Pani  foIitario&  manin- 
conico,&  perch'  era  ftudiofifsimo ,  s'accorto  molto  la 
vita  nelle  fatiche  dell'arte.  Mori  d'anni  l  vi.  &in  San- 
to Agoflino,nel  fepolcro  di  Spinello  fuo  padre  fu  ripo 


PARRI    SPINELLI   ARETINO.  283 

fto:&a  quegli  che  lo  conofceuano  molto  increbbe 
della  Tua  morte.  Et  perche  egli  era  fempre  viuuto  con 
virtù  &  con  fama  bonifstma,  con  ella  buona  fama  do- 
po la  morte  rimafèin  vita.  Furono  le  pitture  fu  e  cir- 
cail  mccccxl.  Et  ebbe  ap  predo,  quello  epitaffio. 

Progenuit  ParidempiSior  Spinelli**:  &  artem 

Settari  patriam/naxima  cura futt. 
Vt  Patrem  ingerito  <&  manibwsfùperarit^b  ilio 

Extant  qua  mire  plurima  piti:  a  docent. 

MASACCIO, 

PITTORE      FIO- 
RENTINO. 

Oiìumala  benigna  madre  Natura, 
quando  ella  fa  vna  perfona  molto 
eccellente  in  alcuna  profefsione ,  co 
munemente  non  la  far  fola;  Ma  in 
quel  tempo  medefimo3&  vicino  a 
quella,  farne  vn'altra  a  fua  concor- 
réza;  A  cagione  che  elle  polsino  gio 
uare  l'una  alaltra  nella  virtù,  &  nella  emulazione  ,  fpi- 
gnere  auanti  con  eccellenzia  quelle  flelTe  arti  doue  el 
le  adoprano,a  benifìzio  dello  Vniuerfo .  La  qua!  cola 
oltra  il  fìngular  giouamento  di  quegli  ftefsi  che  in  ciò 
concorrono  ;  accende  ancora  oltra  modo  gli  animi  di 
chi  viene  dopo  quella  età ,  ad  sforzarli  co  ogni  ftudio, 
&  con  ogni  induflria,  di  guadagnare  quello  onore,& 
quella  gloriofa  reputazione  che  ne'palTati  ,  tutto  il 
giorno  altamente  fente  lodare.  Et  che  quello  (la  il  ve- 
ro, loauer  Fiorenza  prodotto  in  vna  medeflma  età, 

N  n     ii 


284  PARTE       II. 

Filippo,  Donato,Lorenzo ,  Paulo  Vccello  &  Malac- 
cio eccellentifsimi  ciafcuno  nel  genere  Ilio  ,  non  fola- 
mente  leuò  via  le  roze&goffe  maniere  mantenutali 
fino  a  quel  tempo:Ma  perle  belle  opere  di  coitoro  in- 
citò &  accefe  tanto  gli  animi  di  chi  venne  poi  ,  che  lo 
operare  in  quelli  meilienfiè  ridotto  in  quella  gran- 
dezza ,  &  in  quella  "pcrfezzione  che  (1  vede  ne'tempi 
noftri.Di  che  abbiamo  noi  per  il  vero  vno  obhgo  (in- 
culare a  que'  primi,  che  mediate  le  loro  fatiche,  ci  mo 
itrarono  la  vera  via, da  cammarc  a'1  grado  fupremoiEt 
quanto  ala  maniera  buona  delle  punire,  a  Malaccio 
mafsimamente:  per  auer  egli  prima  di  ogni  altro  fatto 
fcortarei  piedi  nel  piano,  &  coli*  leuato  quella  gotìfez 
za  del  fare  le  figure  in  punta  di  piedi ,  vfata  vniucrfal- 
mente  da  tutti  i  pittori  infino  a  quel  tempo  .  Et  in  ol- 
tre ,  per  auer  dato  tanta  viuezza  &  tanto  nlieuo  alle 
fue  pitture;  che  e'  merita  certamente  non  eOcrne  man 
co  riconofciuto,  che  fé  è  fu  Ile  filato  inuentore  della  ar 
te.  Concio  fi  a  che  le  cofe  fatte  innanzi  a  lui,erano  ve- 
ramente dipinte  &  dipinture  ;  Oue  le  fue, a  compara- 
zione de  fuoi  concorrenti, &  di  chi  lo  ha  voluto  imi- 
tare ,  molto  più  fi  dimottrano  vitie  &  vere ,  che  con- 
traffatte. La  Origine  di  coftuifu  da  Cartello  San  G10- 
uanni  di  Valdarno  :  Et  dicono  cheuquiui  fi  veggono 
ancora  alcune  figure  fatte  da  lui  nella  fanciullezza. Fu 
pcrfona  aftrattifsima,&  molto  a  cafo:come  quello  che 
auendo  fiflb  tutto  l'animo  &  la  volontà  alle  cofe  della 
arte  fola,  Ci  curaua  poco  di  fé ,  &  manco  di  altrui .  Et 
perche  e'  non  volle  penfar  già  mai  in  maniera  alcuna 
alle  cure,  o  cofe  del  Mondo ,  &  non  che  altro,  al  ve- 
fìire  itelfo,  non  consumando  nfcuotere  i  danari  da' 
fuoi  debitori,  fé  non  quando  era  in  bifògno  eftre- 
mo,  per  Tommafb  che  era  il  fuo  nome,fu  da  tutti  det 
to  Mafaccio .  Non  già  perche  e'fuffe  viziofo5  effendo 


MASACCIO  285 

egli  la  bontà  naturale,  Ma  perla  tanta  ftraccurataggi- 
ne.  Con  ia  quale  niente  dimanco  era  egli  tanto  amore 
uolc  nel  fare  altrui  feruizio  &  piacere,  che  più  oltre 
non  può  bramarli .  Cominciò  l'arte  nel  tempo  che  Ma 
(olino  da  Panicale  lauoraua  nel  Carmino  di  Fiorenza 
la  Cappella  de'Brancacci ,  feguitando  Tempre  quanto 
è  poteua  le  velìigie  di  Filippo  &  di  Donato  ,  ancora 
che  l'arte  filile  diuerfà;  Et  cercando  continuamente 
nello  operare, di  fare  le  figure  viuifsimc  &  con  bella 
prontezza  a  la  fimilitudine  del  vero  .  Et  tanto  moder 
namente  traile  fuori  de  gli  altri  i  fuoi  lineamenti,  &  il 
ilio  dipignere,  che  le  opere  fue  ficuramete  poffono  {la 
re  al  paragonerò  ogni  difegno  &  colorito  moderno . 
Fu  ftudiofifsimo  nello  operare,&nelle  diffìculta  deila 
profpettiua,  artificiofo  &  molto  mirabile,  come  fi  ve- 
de in  vna  fua  ifloria  di  figure  piccole,che  og^i  è  in  ca- 
fa  Ridolfo  del  Ghirlandaio,nella  quale  oltra  il  e  H  R  1- 
s  t  o  che  libera  lo  indemoniato,  fono  cafamenti  bellif 
{imi  in  profpettiua ,  tirati  in  vna  maniera  che  e  dimo- 
ftrano  in  vn  tempo  medefimo  il  di  dentro  &  il  difuo- 
ri :  per  aueee  egli  prefa  la  loro  veduta  ,  non  in  faccia  , 
ma  in  fu  le  cantonate  per  maggior  di  triedra  . 
Cercò  più  de  gli  altri  Maeflri,  di  fare  gli  ignudi,  &  eli 
feorti  nelle  figure,  poco  vfati  auanti  di  lui.  Fu  facilnfi 
fno  nel  far  fuo,  &  molto  fèmplice  nel  panneggiare.  So 
no  le  opere  fue  in  Fiorenza,  in  Santa  Malia  Nouella , 
vna  Trinità  con  figure  da  lato  fopra  la  cappella  di  San 
to  Ignazio,  Et  vna  predella  d'una  tauola  in  Santa  Ma- 
ria maggiore  accanto  alla  porta  del  fianco  per  anda- 
re a  San'Giouanni,  con  figurine  piccole  de  la  ilio- 
ria  di  Santa  Caterina ,  &  di  San  Giuliano,  &  vna  nati 
uita  di  christo  condotta  con  diligenzia.  A  Pi- 
la fece  nella  chiefà  del  Carmino  in  vna  cappella  del 
tramezo,vna  tauola  con  infinito  numero  di  figure 

Nn     ili 


2%  PARTE         II. 

piccole  &  grandi,tanto  accomodate  &fi  bene  condor 
te;  che  alcune  ne  ne  fono,che  apparirono  modernifsi 
me  .  Nel  medefimo  luogo  in  vna  parete  di  Muro,vno 
Apoftolo  molto  lodato.Nel  ritorno  da  Pifa,lauoi  ò  in 
Fiorenza  vna  tauola,dentroui  vn  mafchio  &  vna  fem 
mina  ignudi,  quanto  il  viuo  ila  quale  fi  truoua  oggi 
incafa  Palla  Rucellai.  Appreflb  non  fentendofi  in 
Fiorenza  a  Tuo  modo  ,  &  {limolato  dalla  afFezzione 
&  amore  della  arte  ;  deliberò  per  imparare,&  fuperar 
gli  altri, andarfene  aRomaj&cofi  fece.  Quiui  acqui 
fiata  fama  grandifsima,lauorò  alCardinaledi  San  Cle- 
mente nella  Chiefa  di  San  Clemente,vna  cappellaio 
uè  a frefeo' fece  la  Pafsione  di  chris  to  co'ladroni 
in  Croce:  &  le  ftorie  di  Santa  Caterina  martire .  Fece 
ancora  a  tempera  molte  tauole ,  che  ne" trattagli  di  Ro 
ma  fi  fon  tutte  o  perfe,  ofmarrite.  Succefle  in  tanto  la 
morte  di  Mafolino;  per  la  quale  reftando  imperfetta  la 
cappella  de'Brancacci,fu  richiamato  Malaccio  a  Fio- 
renza da  Filippo  di  Ser  JBrunellefco  fuo  amicifiimo  ; 
Et  per  mezzo  di  quello  gli  fu  allogata  a  finire  la  detta 
cappella.  Et  allora  fece  Mafaccio  per  pruoua  il  San  Pa 
ulo  preflb  alle  corde  delle  campane;  {blamente  per  mo 
ftrare  il  miglioramento ,  che  egli  aueua  fatto  nella  ar- 
te. Et  dimoftrò  veramente  infinita  bontà  in  quefta  pit 
tura;  Conofcendofi  nella  tefta  di  quel  Santo,  ìlquale  è 
Bartolo  di  Angiolino  Angiolini  ritratto  di  naturale  , 
vna  terribilità  tanto  grande  :  che  e'pare  che  la  {bla  pa 
rola  manchi  a  quefta  figura .  £t  chi  non  conobbe  San 
Paulo ,  guardando  quefto ,  vedrà  quel  dabbene  della 
ciuilità  Romana  :infieme  con  la  inuitta  fortezza  di 
quello  animo  diuinifsimo  tutto  intento  alle  cure  del- 
la fede  .  Moftrò  ancora  in  quefta  pittura  medefimala 
jntelligenzia  di  feortare  le  uedute  di  {otto  in  ru:che  fu 
veramente  marauigliofa  ;  come  apparifee  ancor  oggi 


MA  S  AC  CIO  287 

ne  piedi  ftefi:  di  detto  Apoftolotper  vna  difficultà  faci 
lxtata  m  tutto  da  lui,Refpetto  a  quella  Goffa  maniera 
vecchia,  che  faceua(come  io  diisi  poco  di  fopra)tutte 
le  figure  in  punta  di  piedi.La  qual'  maniera  durò  fino 
a  lui  fenza  che  altri  la  correggente  5  Et  egli  folo  &  pri- 
ma di  ogni  alto  la  riduffe  a'1  buono  del  di  d'oggi.  Ac- 
cadde mentre  che  e'  lauoraua  in  quefta  opera,che  e  fu 
confagrata  la  detta  chiefa  delCarmino  da  tre  Vefcoui: 
Et  Mafaccio  in  memoria  di  ciò,  di  verde  terra  dipinfe 
di  chiaro  &  fcuro,  fopra  la  porta  che  va  in  conuento 
dentro  nel  chioftro ,  tutta  la  fagra  come  ella  fu .  Et  vi 
ritraffe  infinito  numero  di  Cittadini  in  mantello  e  iu 
cappuccio^he  vanno  dietro  a  la  Procefsione,fra  i  qua 
li  fece  Filippo  di  fer  Brurìellefco  in  zcccoli,con  Dona 
to  fruitore,  &  altri  fuoi  amici  domefìici .  Dopo  que- 
llo ritornato  a'Hauoro  della  cappella  Seguitando  le 
iftoriediSan  Piero  cominciate  da  Mafolino,ne  fini 
vna  parte,  ciò  è  le  iftoria  della  Cattedra,  il  liberare  eli 
infermi,  fu  fei  tare  i  Morti,  &  il  fanare  gli  attratti  con 
l'ombra  nello  andare  a'1  tempio  con  SanGiouanni.Ma 
tra  l'altre, notabilifsima  apearifee  quella,  doue  San 
Piero  per  pagare  il  tributo ,  caua  per  commifsione  di 
e  h  R 1  s  t  o  1  danari  de'l  ventre  del  Pefce;  Perche  oltra 
ilvedcrfiquiuiinvnoApoftoIo  che  e  nello  vltimoil 
ritratto  fteffodi  Mafaccio,  fatto  da  lui  medefimo  a  Io 
fpecchio,  che  pa'r  viuo  viuo,  e'  vi  Ci  conofee  lo  ardire 
di  SanPiero  nella  dimanda,^  la  attenzione  de  gli  Apo 
ftoli,  nelle  vane  attitudini  in  torno  a  e  h  r  i  s  t  o;afpet 
tando  la  refoluzione  con  getti  Ci  pronti ,  che  veramen 
te  appanfeon'  vini  :  Et  il  San  Piero  mafsimamente  ,  il 
quale  nello  affaticarli  a  cauarei  danari  del'ventre  del 
Pefce  ,  hi  la  teda  focofa  per  lo  ftare  chinato  ;  Et  mol- 
to più  quando  e'paga  il  tnbutordoue  fi  vede  lo  affetto 
del  contarej  &  h  fete  di  colui  che  rifquote,che  fi  guai- 


288  PARTE       II. 

da  i  danari  in  mano  con  grandifsimo  piacere. Dipinfe 

ui  ancora  la  refurreéiane  del  figliuolo  del  Re,  fatta  da 

San  Piero  &  San  Paulo  :  ancora  che  per  la  morte  di  ef 

fo  Mafaccio,reitaire  imperfetta  I'opera,che  fu  poi  fini 

ta  da  Filippino.Nella  iftoria  doue  San  Piero  Battezza 

fi  iìima  grandemente  vno  ignudo  che  triema  tra  gli  al 

tri  battezati  afsiderando  di  freddo,  condotto  con  bel- 

lifsimo  rilieuo ,  &  dolce  maniera-,  il  cjuale  da  gli  artefì 

ci  &  vecchi  &  moderni  è  flato  fempre  tenuto  in  riue- 

renza  &  ammirazione  :  Pcrilchc  da  infiniti  difegnato 

ri  &  maeftri ,  continuamente  fino  a'idi  d'oggi  è  (tata 

frequentata  quefta  cappella  .Nella  quale  fono  ancora 

alcune  tette  viuifsime ,  &  tanto  belle  ,  che  ben  fi  può 

dire,che  nefiuno  maeftro  di  quella  età  fi  accoftafle  tan 

to  a  moderni  quanto  coitili .    La  onde  le  fue  fatiche 

meritano  infinitiisime  lodi  :  &  mafsimamcnteperaue 

re  egli  dato  ordine  nel  fuo  magifterio,  alla  bella  manie 

ra  de  tempi  notòri. Et  che  quello  fia  il  vero,tutti  i  più 

celebrati  (cultori  &  pittori  che  fono  ftati  da  lui  in  qua 

efercitandofi  &  ftudiando  in  quefta  cappella,  fono  di- 

uenuti  eccellenti  &  chiari,  cioè  fra  Giouanni  da  Fie- 

fole;  fra  Filippo:  Filippino  che  la  fini;  Alefib  Baldoui 

netti;  Andrea  dal  Caftagno;  Andrea  del  Verrocchio  : 

Domenico  del  Grillandaio;  Sandro  di  Botticello >  Li- 

onardo  da  Vinci,  Pietro  Perugino,  fra  Bartolomeo 

di  San  Marco,  Mariotto  Albcrtinelli  ,&il  diuinifsi- 

moMichelagnolo  Buonarroti.  Raffaello  ancora  da 

vrbino ,  che  di  quiui  traffe  il  principio  della  bella  ma 

nicra  fu.i  ?  il  Granaccio,  Lorenzo  di  Credi ,  Ridolfo 

del  Grillandaio,  Andrea  del  Sarto,  il  Roifo-.il  Francia 

Bigio;  Baccio  Bandinelli;  Alonfo  Spagnuolo,  Iacopo 

da  Pont'ormo,  Pierino  del  Vaga,  &Toto  del  Nunzia 

ta  Et  infomma  tutti  coloro  che  hanno  cercato  impa- 

rar'quella  arte  ;  fono  andati  a  imparar  fempre  a  quefta 

cappella 


MASACCIO  289 

cappella:&  apredere  i  precetti  &  le  regole  del  far'bene, 
da  lefigure  di  Mafaccio. Et  fé  io  no  ho  nominati  molti 
foreftieri  &  molti  Fiorentini,  che  fono  iti  a  ftudiare  a 
detta  cappclla:balìi  che  doue  corrono  i  capi  della  arte; 
cjuìliì  ancora  concorrono  le  membra.    Macon  tutto 
che  le  cofe  di  Malàccio  ,  fiano  ftate  Tempre  in  cotanta 
riputazione:  egli  è  non  dimeno  opinione  5anzi  pur* 
credenza  ferma  di  molti  che  egli  arebbe  fatto  ancora 
molto  maggior  frutro  nella  arte  ;  fé  la  Morte  che  di 
xxvi.  anni  ce  lo  rapi  ;  non  ce  lo  aueffe  tolto  cofi  per 
Tempo.  Ma,  o  fufTe  la  inuidia:  o  fufTe  pure  che  le  cofè 
buone  comunemente  non  durano  molto  ,  e  fi  mori 
nel  bel  del  fiorire:  Et  andoflene  fi  di  fubito;  che  e'non 
mancò  chi  dubita  (Te  in  lui  di  veleno,afTai  più  che  di  al 
tro  accidente .  Dicefi  che  fentendo  la  morte  fua  Fi- 
lippo di  Ser  Brunellefco,difTe ,  Noi  abbiamo  fatto  in 
Malàccio  vna  grandifsima  perdita  ;  Et  gli  dolfe  infìni 
tamente  :  effendofi  affaticato  gran  pezzo  in  inoltrar- 
gli molti  termini  di  profpettiua  &  di  architettura.  Fu 
iepolto  nella  medefima  chiefa  del  Carmino  l'anno 
Mccccx-Liii.  Et  fé  bene  allora  non  gli  fu  pofto  fé 
polcro  aleuno:per  effere  ftato  poco  lìimato  viuo:Non 
gli  è  però  mancato  dopo  la  morte  chi  lo  abbia  onora 
to  di  cjuefti  Epitaffi . 


MASACCIO   NEL    CARMINE 

S  alcun  cercajfe  il  Marmo }  olNome  mw, 

La  Chiejà  e  il  Marmo ,  una  cappella  è  il  nome  : 
Morii  j  che  natura  ebbe  tnuidia  5  come 
Larte9del  mio  Pennello ,  uopo  &*  de/io , 

Oo 


90 


PRTE.      ir. 
MASACCIO 


VÌnfi  3  &  la  mia  pittura  al  iter  fu  pari; 
JL3atte?o-iai}  Fauuiuai.  le  diedi  il  moto , 
Le  diedi  affetto  ;  Inferni  il  Buonarroto 
»A  tutti  gli  altri  ;  &  da  mefolo  impari , 

MASACCII  FLORENTINI  OSSA}  TOTO  HOC 
TEGVNTVR  TEMPLO;  Q^V  EM  NATVRAjFOR- 
TASSIS  INVIDIA  MOTA,  NE  Q^V  ANDO  QJ'  E 
SVPERARETVR  AB  ARTE::  ANNO  AETATIS 
SVAE  XXVI.  PROH  DOLOR,  INIBISSI  ME 
RAPVIT.  Q^VOD  INOPIA  FACTVM  FORTE  FV 
it;    ID   HONORI   SIBI   vertit    VIRTVS. 

Inuida  cur  Lachefìs  primo fuh flore  Iuuenta 

Pollice  difcindisfl  amina funereo  ? 
Hoc  uno  occifo  innumeros  occidis  ^ipelìes  « 

PìSlur&omntó  obit  hoc  obeunte  lepos . 
Hoc  Sole  extincio  extinguunturfydera  cunSia . 

Heu  decm  omneperitj  hoc  pereunte fimul . 

Et  gli  artefici  più  eccellenti,  conofeendo  benissimo  la 
fua  virtù,  gli  hanno  dato  vanto  di  auere  aggiunto  nel 
la 'pittura  viuacità  Decolori;  terribilità  nel  difegno: 
rilieuo  grandifsimo  nehVfigure;|&  ordine  nelle  vedit 
te  degli  feorti;  Affermando  vniuerfalmente  che  da 
Giotto  in  qua  di  tutti  i  vecchi  maeiìri  :  Malaccio  e  il 
più  moderno  che  fi  fia  vifto;  Et  che  e'  molilo  co'l  giu- 
dizio Tuo  quafi  che  pervn'teftamentoin  cinque  teiìe 
fatte  da  lui,  a  chi  per  lo  augumento  fatto  nelle  arti ,  fi 
aueffe  ad  auere  il  grado  di  quelle:  Lafciar.docertc  in 
vna  tauola  di  fua  mano,  oggi  m  cafa  Giuliano  da  San 


MASACCIO 


29I 


Gallo  in  Fiorenza,  i  ritratti  quali  viuifsimi  ,  clic  fono 
quelli:  ciotto  per  il  principio  della  pittura:  dona 
Toperla  fcultura;  fi  li  pp  oBruncllefco  per  la  archi 
lettura  :&pavlo  vccello,  per  gli  animali ,  & 
per  la  Prolpettiua  .  Et  tra  quelli ,  Antonio  Manet 
ti,  per  cccellentifsimo  Matematico  de'  tempi  fuoi. 

FILIPPO     BRV- 

NELLE5CHI   SCVL 

TORE  ET  ARCHI 
TETTO. 

Ohi  forma  la  natura  diminuiti  di 
perfona  &  di  fattezze  nel  nafeere  lo- 
ro^ a  quegli  fa  in  corpo  l'animo  pie 
no  di  tanta  gradezza;  &  il  cuore  di  (ì 
fmifurata  terribilità ,  che  fé  non  co- 
minciano cofe  diffìcili  &  in  pofsibili 
Se  quelle  non  rendono  finite  al  mon 
do  con  marauigliadichile  vede;  mai  non  danno  re- 
quie alla  vita  loro .  Et  tante  cofe ,  quante  Toccatone 
mette  nelle  mani  di  quelli ,  per  vili  &  balle  che  elle  fi 
fìano ,  le  fanno  efsi  diuenire  in  pregio  &  altezza .  La 
onde  mai  non  fi  douerrebbe  torcere  il  ni  ufo ,  quando 
s'incontra  in  perfòne ,  che  in  alpetto  non  hanno  quel 
la  prima  grazialo  venuila  che  dourebbe  dare  la-natura 
nel  venire  al  mondo,  a  chi  opera  in  qualche  virtiuper- 
che  non  è  dubbio  che  lotto  le  Zolle  della  terra  fi  afeom 
dono  le  vene  dell'oro.  E  molte  volte  nafee  in  quelli 
che  fono  di  fparutilsime  forme,  tanta  generofità  d'ani 
nx>  3  &  tanta  finccrità  di  cuore  ;  che  fendo  mefcolata 

Oo    i^ 


292  PARTE.       II. 

la  nobiltà  con  effe,  non  puòfpcrarfi  da  loro  fé  non 

frandifsime  maraviglie;  perei  oche  e'fi  sforzano  di  ab 
ellire  la  brente  za  del  corpo  ,  con  la  virtù  dell'  inde- 
gno come  apertamente  fi  vide  in  Filippo  di  Ser  Bru- 
nelleico,fparutifsimo  de  la  perfona  ;  ma  di  ingegno 
tanto  eleuatoche  ben'li  può  dire  che  e' ci  fu  donato 
dal  Cielo  per  dar  nuoua  forma  alla  Architettura  ,  già 
per  centinaia  d'anni  fmarrita  ;  nella  quale  gl'huomini 
di  quel  tempo,  in  mala  parte  molti  tefori  aucuano  fpe 
fi,  facendo  fibriche  fenza  ordine  con  mal  modo,  con 
trifto  difegno,  con  ftranifsime  inuenzioni,con  difgra 
ziatifsima  grazia ,  &  con  peggior'ornamento  ■  Et  voi 
fé  il  cielo  fendo  (tata  la  terra  tanti  anni  fenza  vno  ani- 
mo egregio ,  Se  vno  fpirito  diuino;  che  Filippo  lafciaf 
fi  al  mondo  di  fé  la  maggiore ,  Se  la  più  alta  fabrica  di 
tutte  l'altre  fatte  nel  tempo  de'  moderni,  Se  ancora  in 
quello  degli  antichi  ;  moiìrando  che  il  valore  ne  gli  ar 
tefici  Tofani  ancora  che  perduto  fu{fe,  non  per  ciò 
era  morto  .  Adornollo  altrefi  di  ottime  virtù,  fra  le 
quali  ebbe  quella  dell'amicizia  fi:  che  non  fu  mai  alcu- 
no più  benigno,  ne  più  amoreuole  di  lui .  Nel  giudi- 
ciò  era  netto  dipafsione;&  doue  è  vedeuail  valore 
de  gli  altrui  meriti ,  deponeua  i'util  fuo ,  Se  1'intereiìb 
de  gli  amici .  Conobbe  fé  fteflb  -?  Se  il  grado  della  fua 
virtù  comunicò  a  molti  :Se  il  prófsimo  nelle  necefsità 
fempre  fouuenne .  Dichiarofsi  nimico  capitale  de'vi- 
zii ,  Se  ottimo  Se  feruido  onorator'di  coloro  che  efìèr 
citauono  le  virtù.Non  fpefe  mai  il  tempo  in  vano,che 
o  per  fé  o  peri  opere  d'altri,  nelle  altrui  necefsità  non 
s'affaticalìej&caminando  gli  «mici  vi/ìtafle ,  Se  fem- 
pre fouueniffe . 

Dicefi  che  in  Fiorenza  fu  vno  huomo  di  bonifsima 
fama  &  di  molti  lodeuoli  cofìumi.  Se  fattiuo  nelle  fac 
cende  fue;il  cui  nome  era  Ser  Brunellefco  di  LippoLa 


Pippo.  295 

pi,aueuaautorauoloiuocheera  chiamato  Cambio 
chefulitterataperfona  anch' egli;  il  quale  nacque  di 
vn  fifico  in  que' tempi  molto  famofo,  nominato  Mae- 
flro  Ventura  Bacherini;  le  virtù  de'  quali  aueuon  non 
meno  arricchito  l'ingegno  di  Ser  Bruncllefco  nel  efer 
cizio  del  notaio,quanto  fi  auefsino  loro,nelle  altre  cu 
re  maggiori  acrefciuto,di  facilità  &  di  grado .  Crebbe 
SerBrunellcfco  incredito  per  le  buone  parti  che  del 
fuofiiper'effere  fi  era  procacciato  co' cittadini  gran- 
difsima  bemuolenzia;&  non  andò  molto,  che  fu  fatto 
prouueditore  de  i  dicci  della  guerra ,  i  quali  allora  per 
le  cofe  dello  flato  in  quella  città,  tencuano  molti  con- 
dottieri Se  Capitani  di  caualli  &  fanterie.  De  principa 
li  de  quali  diuétò  Ser  Brunellefco  proc  curatore  di  rif 
quotere  1  quartieri ,  Se  tutte  le  paghe  Se  flantiamenti, 
che  eglino  auefsino  auere  da  quello  flato  per  lor  ferui 
to:  Se  in  oltre  con  fomma  diligenzia  fpendeua  per  lo- 
ro,m  drappi,panni,  armadure ,  caualli  Se  fornimenti, 
Se  tutto  il  loro  bifogno  ;  per  auer'  egli  intelligenzia  & 
gran  pratica  in  quefle  cofe,&  con  fede  da  intera  perfo 
na  diede  fempre  onoratamente  faggio  di  sè.Tolfè  co- 
ftui  per  donna  vna  giouane  coftumatifsima ,  dela  no- 
bil  famiglia  delli  Spini;dc  la  quale  per  parte  della  dote 
ebbe  in  pagamento  vna  cafa;doue  egli,e  i  fuoi  figliuo- 
li abitarono  fino  a'ia  morte .  La  quale  cafà  pofìa  dirim 
petto  a  San  Michele  Berteldi  per  fianco ,  in  vn  bifeàto 
paffato  la  piazza  degli  Agli.  Óra  metre  che  egli  Ci  efer 
citaua  cofi ,  Se  viueuafi  lietamente ,  gli  nacque  l'anno 
mccclxxvii.  vn  figliuolo ,  alquale  pofe  nome  Fi- 
lippo, per  il  padre  fuo  già  morto  della  qual  nafeita  fe- 
ce quella  allegrezza  che  maggior  poteua-  La  onde  co 
ogni  accuratezza  gl'infegnò  nella  fua  puerizia  i  primi 
principii  delle  lettere  ;  nellequali  fi  moflraua  tanto  in- 
gegniofò  Se  di  fpirito  eleuato,che  teneua  fpeiTò  fofpc 

O  o     iii 


294  PARTE      II. 

Co  il  ceruello;  quafi  che  in  quelle  no  curaflfe  venir  mol 
to  perfetto.  Anzi  pareua  che  egli  andante  co'l  penfiero 
acofe  di  maggior'  vtilità;  per  il  cheSer  Bruncllefco, 
che  defidcraua  che  egli  faceffe  il  meftier  iuo  del  nota- 
io,o  quel  del  Tritauolo,ne  prefe  difpiacere  grandifsi- 
mo.Pure  veegedolo  cotinouamcte,eiTer  dietro  a  cole 
jn^egniofe  d'arte  di  mano ,  gli  fece  imparare  l'abbaco, 
&  fcriuere  ;  &  di  poi  lo  pofe  all'arte  dell'orefice ,  acciò 
imparafìeadifcgnare,con  vno amico fuo.  Etfu  que- 
i\o  con  molta  fatisfazionc  di  Filippo  ;  il  quale  comin- 
ciato a  imparare ,  &  mettere  in  opera  le  cofe  di  quella 
artemon  pafsò  molti  anni ,  che  egli  legaua  le  pietre  fi- 
ni, meglio  che  artefice  vecchio  di  quel  mcftiero.Efer- 
citò  il  niello,  &il  lauorarc  groffcrie;come  alcune  figu 
re  d'argento,  che  erano  nello  altare  di  Santo  Iacopo  di 
Pi(toia,tenutebcllifsime, fatte  da  lui  all'opera  di  quel- 
la città:&  opere  di  bafsi  rilieui,  doue  moftrò  intender 
f\  tanto  di  quel  meftiero ,  che  era  forza  chc'I  fuo  inge- 
go  paffaiTe  1  termini  di  quella  arte.  Laonde  auedo pie 
fb  pratica  con  certe  perfone  fludiofe ,  cominciò  a  en- 
trarli fantafia  nelle  cofe  de  tepi ,  &  de'  moti,de  pefi  & 
delle  ruote ,  come  Ci  poflon'far  girarc,&  da  che  fi  muo 
uono  ;  &  cofi  lauorò  di  fua  mano  alcuni  oriuoli  bo- 
nifsimi  &  bellifsimi.Nè  fu  contento  a  quefto,che  nel- 
l'animo fé  li  deftò  vna  voglia,delIa  fcultura  :&  tutto 
venne  che  effendo  Donatello  giouane,  tenuto  valen- 
te in  queila;&  in  efpettazione  grande  ,"cominciò  Filip 
pò  a  praticare  feco  del  continuo; &  infieme  per  le  vir- 
tù l'un  dell'altro  Ci  pofono  tanto  amore,  che  l'uno  non 
pareua  che  fapeffe  viuere  lenza  l'altro. Laonde  Filippo 
elicerà  capacifsimo di  più  cofe,  dauaoperaa  molte 
profefsioni  ;  ne  molto  fi  efèrcitò  in  quelle,che  egli  fu 
tenuto  fra  le  perfone  intendenti  ,  bonifsimo  Archi- 
tetto ;  come  moftrò  in  molte  cofe  che  bruirono  per 


PIPPO.  2^ 

accScìml  di  cafe:come  al  canto  di  Gai  Verfb  Mercato 
vecchio,la  cafa  di  Apollonio  Lapi  Tuo  parcnte,che  in 
quella  (mentre  egli  la  faceua  mutare  )  fi  adoperò  gran 
demente .  Et  il  fimile  fece  fuor  di  Fiorenza  Ja  torre  & 
la  cafa  della  Petraia  a  Caftello.Nel  palazzo  doue  abita 
uà  la  Signoria  3  ordinò  &  fparti  doue  era  l'ufizio  delti 
vfiziali  di  mote,tutte  quelle  fhnze  :&  vi  fece  &  porte 
&  fmeftre.,nella  maniera  cauata  da  Io  antico;alIora  no 
vfatefi  molto,per  cflcre  l'architettura  rozifsima  in  To 
fcana.x\uenne  che  in  Fiorenza  voleuon*  far  fare  i  fra- 
ti di  Santo  Spinto ,  vna  lìatuadi  Santa  Maria  Madale- 
lena  in  penitenzia  di  legname  di  Tiglio;  per  porre  a 
vna  cappella;&  Filippo  che  aueua  fatto  molte  cofette 
piccole  di  fcultura3defidcrofb  mofìrare  che  ancora  nel 
lecofe  grandi  varrebbe  fimilmente,prefea  far'detta 
figura  :  laqual  finita  &  meda  in  opera ,  fu  tenuta  cofà 
molto  bella:Ma  nell'incedio  poi  di  quel  tempio  l'anno 
%6  c  c  c  c  l  x  x  i .  abruciò,in  fieme  con  altre  pitture  no 
tabili.     Attefe  molto  alla  profpettiua  allora  molto  in 
male  vfò  adoperata ,  per  molte  fallita  che  vi  fi  faceua- 
no .  Nellaquale  perfe  molto  tempo ,  perfino  che  eoli 
trouò  da  fé ,  vn  modo,che  ella  potefìe  venir  giufta  & 
perfetta  che  fu  il  leuarla  conia  piantai  proffi!o,& 
per  via  della  interfegazione,  colà  veramente  ingegno- 
jiisima  &  vtile  all'arte  del  di  Pegno.  Di  quella  prefe  tan 
ta  vaghezza,  che  di  fua  mano  ritraile  la  piazza  di  San- 
to Giouanni,con  tutti  quegli  fpartimenti  della  incro- 
fì atura  murati  di  marmi  neri  &  bianchi, che  diminui- 
uano  con  vna  grazia  fingulare .   Et  fiinilmente  fece  la 
cafa  della  mifencordia  ,  con  le  botteghe  de  Cialdonai; 
&  la  volta  de  Pecori   &  dal'altra  banda  la  Colonna  di 
Santo  Zanobi.  La  qual  opera  eflendoli  lodata  dalli  Ar 
tefici3&  da  chi  aueua  giudizio  in  quell'arte  ;  e,li  diede 
animo  che  no  Uè  molto  3  che  egli  mille  mano  a  vna  al- 


296  PARTE       II. 

tra  •  &  rltrafìc  il  Palazzo,la  piazza  ,  &  la  loggia  de'  Si- 
gnori,in  ficme  col  tetto  de'Pifànijet  tutto  quel  che  in- 
torno fi  vede  murato.  Lequali  opere  furon  cag  ione  di 
dettare  l'animo  a  e;li  altri  artefici,  che  vi  attefeno  di 
poi  con  grande  ftudio.  Egli  particularméte  la  infegnò 
a  Malàccio  pittore  allor'  giouane,  molto  Tuo  amico  ;  il 
quale  gli  fece  onore  in  quello  che  gli  moftrò;  come 
appare  negli  cdifizii  dell'opere  fue.  Ne  reftò  di  mottia 
rea  quelli  che  lauorauono  le  tarde,  che  e  vn'arte  di 
commettere  legni  di  colori  ;  &  tanto  gli  ftimolò ,  che 
fu  cagione  di  metterla  in  buono  vfo:che  fi  fece  di  quel 
Itìa^ifterio ,  &  allora  &  di  poi  molte  cofe  eccellenti; 
che  hanno  recato  &  fama  &  vtile  a  Fiorenza  per  mol- 
ti anni.  Auuenne  che  tornò  da  ftudioM. Paulo  dalPoz 
ZO  Tofcanelli,  &  vna  fera  trouandofi  in  vno  orto  a  ce 
na  con  certi  fuoi  amici,per  farli  onore  inuitarono  Fi- 
lippo ;ilqualevditolo  ragionare  del'arti  Mathemati- 
che ,  prefe  tal  familiarità  con  feco  ;  che  egli  imparò  la 
Geometria  da  lui.  Et  fé  bene  Filippo  non  aueua  Iette- 
resti redeua  fi  ragione  delle  cofe,con  il  naturale  della 
pratica  &  fperieza,  che  molte  volte  lo  confondeua.Et 
cofi  feguitando  i  daua  opera  alle  coie  della  fcrittura 
Ghriftìana,ne  reftaua  continuo  di  interuenire  alle  di- 
fpute  &  alle  prediche  delle  perfone  dotte:  dellequali 
faceua  tanto  capitale  per  la  mirabil  memoria  fua,  che 
M.Paulo  predetto  celebratolo,  vfaua  dire,che  nel  fen 
tir  arguir  Filippo  gli  pareua  vnnuouo  Santo  Paulo. 
Diede  ancora  molto  opera  in  quefto  tempo  alle  cofe 
di  Dante ,  le  quali  furon  da  lui  bene  intefe  circa  i  fiti, 
&lemifure,&  fpefìb  nelle  comparazioni  allegandolo, 
fene  fcruiua  ne  fuoi  ragionamenti .  Ne  mai  co'l  penfie 
ro  faceua  altro,che  machinare,&  immaginarfi  cofe  in 
gegnofe  &  difficili.  Ne  potè  trouar*  mai  ingegno,che 
più  lo  fatisfacefsi  che  Donato3con  il  quale  domeftica- 

mente 


Pippo.  297 

mente  confabulando,  pigliauano  piacere  l'uno  dell'ai- 
tro;&  le  difficultà  del  meftiero.conferiuano  in  (icme. 
Auuenneche  Donato  in  que' giorni  aueua  finito  vn 
croci  fifìb  di  legnosi  qual  fu  pollo  in  S. Croce  di  Fio- 
renza, folto  la  itoria  del  fanciullo  che  nfucita  S.  Fran- 
cefco  ,  dipinto  da  Taddeo  Gaddi  :  del  quale  crocififfo 
pigliandone  Donato  parere  co  Filippo,gIi  rifpofe,che 
egli  aueua  rncffo  vn  contadino  in  croce.onde  ne  nac- 
que il  detto  datogli  del  legno,  &  fanne  vno  tu  ;  come 
largamente  fi  ragiona  nella  vita  di  Donato .  Perilche 
Filippo  ilquale  ancor  che  fufle  prouocato  à  ira,  mai  fi 
adira  uà  ,  per  cofà  che  li  fufle  detta  ;  flette  cheto  molti 
mefi  ;  tanto  che'  condufìe  di  legno  vn  crocififìb ,  della 
medefima  grandezza,di  tal  hontà ,  &  Ci  con  arte,  dile- 
gno &  diligenza  lauorato ,  che  nel  mandar  Donato  a 
cafà  innanzi  a  lui,quafi  ad  inganno  (perche  non  fape- 
ua  che  Filippo  auefsi  fatto  tale  opera)  vn  grébiule  che 
egli  aueua  pieno  di  huoua,  &  di  cofe  per  definarle  in- 
fieme,gli  cafeò  mentre  lo  guardaua  vfeito  di  fé ,  per  la 
marauiglia  &  per  la  ingegnofa&artifiziofa  maniera 
che  aueua  vfato  Filippo  nelle  gambe,nel  torfo,&  nel- 
le braccia  di  detta  figura,difpolt.a  &  vnita  talmente  in- 
fieme  ;  che  Donato  oltra  il  chiamarli  vinto,lo  predica 
uà  per  miracolo .  La  qual  opera  è  oggi  polla  in  Santa 
Maria  nouella,fra  la  cappella  degli  StrozziyetdeBardi 
daVernia;Iodata  ancora  dai  moderni  per  il  medefimo 
infinitamente .  La  onde  viflofi  la  virtù  di  quelli  mae- 
fìri  veramente  eccellenti ,  fu  lor  fatto  allogazione  dal- 
l'arte de'  Beccai,&  dall'arte  de' Linaiuoli,di  due  figu- 
re di  marmo,da  farfi  nelle  lor  nicchie,  che  fono  intor- 
no^ Ort  San  Micheledequali  Filippo  lafciò  fare  a  Do 
nato  da  fé  folo,auendo  prefò  altre  cure ,  &  Donato  le 
condufìe aperfezzione.Era  l'anno m  ecce  i.  che  s'era 
delibcratOj  vedendo  la  fcultura  effere  falita  in  tanta  al 

pP 


I90  PARTE.      IT. 

tezza  di  rifare  le  due  porte  di  Bronzo  del  Tempio  & 
Batiftco  di  Santo  Giouannupcrche  da  la  morte  di  An 
circa  Pifano  in  qua  non  aueuono  auuti  maeftri  che  l'a 
uefsino  fapute  códurre.  Et  cofi  fatto  intendere  a  quel 
li  fcultori  che  erano  allora  in  Tofcana  l'animo  loro,fu 
mandato  perefsi:&  dato  loro  prouifìonc ,  &  vn'anno 
di  tempo, a  fiire  vna  ftoria  per  ciafeuno  ;  fra  i  quali  fu- 
rono 1  ichiefti  Filippo  &  Donato  ,  di  douere  ciafeuno 
di  efsi  da  perfe  fare  vna  ftoria ,  a  concorrenzia  di  Lo- 
renzo Ghiberti&  Iacopo  della  Fonte  &  Simone  da 
Colle  Francefco  di  Valdambrina&  Niccolo  d'Arez- 
zo .  Lequali  itone  furono  finite  l'anno  medefimo  ,  & 
venute  a  moftra  in  paragone  ,  furon'  tutte  bellifsime, 
&  intra  fé  differenti ;chi  era  ben  difegnata  &  mal  lauo 
rata^come  quella  di  Donato  ;  &  chi  aueua  bonifsimo 
difegno  &  lauorata  diligente,  ma  non  (partito  bene  la 
fiona,  col  diminuire  le  figure,  come  aueua  fatto  Ia- 
copo della  Quercia;&  chi  fatto  inuenzione  pouera,& 
figure  minute,  nel  modo  che  aueua  la  fua  condotto 
Francefco  di  Valdambrina;&  le  peggio  di  tutte  era- 
no quelle  di  Niccolo  d'Arezzo  &  d:  Simone  da  Colle. 
Ma  la  migliore ,  era  quella  di  Lorenzo  di  Cione  Ghi- 
berti.Laquale  aueua  m  se  difegno, diligenzia  ,  inuen- 
zione  arte,&  le  figure  molto  ben  lati  orate  ;  Ne  gli  era 
pero  molto  inferior',  La  ftoria  di  Filippo,  ncl'a  quale 
aueua  figurato  vno  Abraam  che-fàcrifica  Ifaac.  Nella 
quale  ftoria  fece  vn  femo,che  méne  afpctta  Abraam, 
ik  che  l'afino  pafee  ,  Ci  caua  vna  fpina  di  vn'  piede  che 
merita  lode  aliai .  Venute  dunchele  iftone  a  mofl ra 
non  C\  fàtisfàccndo  Filippo  &  Donato  fé  non  di  quel- 
la di  Lorézo  lo  giudicarono  più  a'1  propofìto  di  quel- 
l'opera che  non  erano  cfsi,  &  glialtn  che  aueuano  fat- 
to le  altre  florie .  Et  cofi  a'  confòli  con  buone  ragioni 
pcrfuaferojche  a  Lorenzo  l'opera  allogaflcro.moP.rari 


Pippo.  299 

do  che  il  publico  &  il  priuato  ne  farebbe  feruito  me- 
glio &  fu  veramente  quello ,  vna  bontà  vera  damici; 
&vna  virtù  fenza  inuidia,&  vn  giudizio  fano  nel  co- 
nofcere  fé  ftefsnOnde  più  lode  meritorono  che  fé  l'o- 
pera auefsino  codotta  a  perfezzione.  Felici  {piriti  che 
mentre  giouauano  l'uno  al'altro,godeuano  nel  lodare 
le  fatiche  altrui  ;  Quanto  infelici  fono  ora  i  noftri,che 
metre  che  nuocono,no  sfogati,crepano  di  inuidia  nel 
mordere  altrui?Fù  da'  confoli  pregato  Filippo,che'  do 
uefsi  far  l'opera  infieme  con  Lorenzo,  la  qual  non  voi 
fé  fire:  auendo  animo  di  venire  a  vn  fcgno  ,  di  volere 
effere  più  torto  primo  in  vna  fola  arte ,  che  pari  o  fe- 
condo in  quell'opera.  Per  il  che  la  ftoria  che  aueua  la- 
uorata  di  bronzo,  donò  a  Cofimo  de*  Medici  ;  la  qual 
egli  col  tempo  fece  mettere  nella  fagreftia  vecchia  di 
Santo  Lorenzo, nel  doffal  dello  altare;  &  quiui  fi  truo 
«a  al  prefente,&  quella  di  Donato  fu  meffa  nell'arte 
del  cambio.  Fatta  laallogagionea  Lorenzo  GhibertiJ 
furono  infieme  Filippo  &  Donato:  Se  rifbluerono  in- 
terne partirli  di  Fiorenza ,  &  a  Roma  ftar  qualche  an- 
no,per  attender  Filippo  alla  Architettura,  &  Donato 
alla  Scultura.Ilche  fece  Filippo  per  voler'  effer  fuperio 
re  Se  a  Lorenzo  Se  a  Donato,tanto  quanto  fanno  l'ar- 
chitettura più  nobile  de  la  Scultura  &  de  la  pittura.  Et 
venduto  vn  poderetto  che  egli  aueua  a  Settignano,  di 
Fiorenza  partiti,  a  Roma  ìrcondufTero:  nella  quale  ve 
dendo  la  grandeza  degli  edifìzii  &  la  perfezzione  de  i 
corpi ,  de' tempii .  ftaua  attratto  che  pareua  fuor  di  fé. 
Et  cofi  dato  ordine  a  mifurare  le  cornici ,  &  leuar'  le 
piante  di  quegli  edifìzii, egli  Se  Donato  continuameli 
te  fèguitando,non  perdonarono  ne  a  tempo,  ne  a  {pe- 
la. Ne  lafciarono  doue  eglino  ,  Se  in  Roma  &  fuori  in 
campagnia,  non  vedefsino  Se  non  mifurafsino ,  tutto- 
quello  chepoteuano  auerecheiuffe  buono,  EraFilip 

P  p     ii 


$00  PARTE       II. 

pofcioltoda  le  cure  familiari  ,  &  datofi  inpreda  agli 
ftudii ,  non  fi  curaua  di  Tuo  mangiare  o  dormire  :  folo 
l'intento  Tuo  era  l'Architettura, che  già  era  fpcnta,  di- 
co gli  ordini  antichi  buoni ,  &  non  la  Todefca  &  har- 
bara,qualc  molto  Ci  vfàua  nel  Tuo  tempo.   Etaueua  in 
fé  duoi  cocctti  grandifsimi,  l'uno  era  il  tornare  a  luce 
la  buona  architettura, credendo  egli  ntrouandola,  no 
lafciare  manco  memoria  di  fé, che  fitto  fi  aueua  Cima 
bue  &  Giotto  :  l'altro  di  trouar'  modo  fé  e  fi  potefìc  a 
voltare  la  Cupola  di  Santa  Maria  del  Fiore  di  Fioren 
za.  Le  dificultà  delle  quale  aueuano  fatto  fi, che  dopo 
la  morte  di  Arnolfo  Todefco,non  ci  era  fiato  mai  nef> 
funOjChelibalkfsi  l'animo ,  fenza  grandifsima  fpefa, 
cTarmadure  di  legname, potere  volgere  quella  .   Non 
conferi  però  mai  qneflafua  immaginazione  a  Dona- 
tole ad  anima  viua-.né  reftò  che  in  Roma  tutte  le  dif- 
ficulta  che  fono  nella  Ritonda  egli  non  confideraffe, fi 
come  fi  poteua  voltare .  Tutte  le  volte  nello  antico  a- 
ueua  notatO)&  difegnato,  &  fopra  ciò  del  còtinuo  fìu 
diaua.  Et  feperauuentura  eglino  auefsino  trouatofot 
terrati  pezzi  di  capitelli  colonne,  cornici,  &bafàmen 
ti  di  edifizii,cglino  metteuano  opere,&  faceuano  ca- 
uarc,per  toccare  il  fondo.  Perii  che  fi  era  fpariavna 
voce  per  Roma,quando  eglino  paffauano  perle  fìra- 
de,che  andauano  vediti  a  calo,  gli  chiamauano, quelli 
del  teioro:  credendo  i  popoli  che'  fufsino  perfbne,  che 
attendemmo  alla  Geomanzia  per  ritrouare  tefbri.   Et 
di  ciò  fu  cagionc,che  trouorono  vn  giorno,  vna  broc 
ca  antica  di  terra  piena  dimedaglie.  Venero  manco  a 
Filippo  i  denari ,  &  fi  andaua  riparando  con  il  legare 
gioie,a  orefici  fuoi  amici  che  erano  di  prezzo;&  cofi  fi 
rimafè  folo  in  Roma ,  che  Donato  a  Fiorenza  fène  tor 
nò,  &  con  maggiore  ftudio&  fatica  di  prima  dietro 
alle  rouine  di  quelle  fabriche;  di  continuo  fi  efercita- 


PIPPO. 


301 


UÀ .  Ne  reftò  che*  non  fuflc  difcgnata  da  lui  ogni  for- 
te di  fabbrica  Tempii  tondi ,  &  quadri ,  a  otto  facce  , 
Bafihche  ,  aqui  dotti ,  Bagni ,  Archi,  colifei ,  Anfite- 
atri, &  ogni  Tempio  di  mattoni ,  da  quali  cauò  leci- 
gnature,  &  incatenature,  &  cofi  il  girarli  nelle  volte  . 
tolfe  tutte  le  collegazioni  &di  pietre  ,  &  di  inperna- 
ture,  &  di  morfe;&inueftigando  a  tutte  le  pietregrof 
fé  vna  buca  nel  mezo  per  ciafcuna  in  fottofquadra;tro 
uò  efler'qu elio  ferro  che  e  da  noi  chiamato  la  vliuella, 
con  che  fi  tira  fu  le  pietre:  &  egli  lo  rinouò,&  meffelo 
in  vfo  di  poi. Fu  adunque  da  lui  meflo  da  partejOrdine 
per  ordine,  )3orico,Ionico,  &  Corinto;&fùtalequc 
fìo  fludio ,  che  rimafe  il  fuo  ingegno  capacifsimo ,  di 
potere  vedere  nella  imaginazione,  Roma  come  ella 
ftaua  ,  quando  non  era  rouinata .  Fece  l'aria  di  quella 
Città  vn  poco  di  nouità  l'anno  14073  Filippo  onde 
egli  configliato  da'fuoi  amici  a  mutar'  aria,  lene  tornò 
a  Fiorenza  .  Nella  quale  per  l'abfenzia  fua ,  fi  era  pati- 
to in  molte  muraglie  perle  quali  diede  egli  a  la  fua  ve- 
nuta molti  difegni  &  molti  configli .  Fu  fatto  il  mede 
fimo  anno  vna  ragunata  d'architettori  &  di  ingegneri 
delpaefe,  fbpra  il  modo  del  voltarla  Cupola, dagli 
operai  di  Santa  Maria  del  Fiore,  &  da  i  con  foli  dell'ai- 
te della  Lana:  Intra  quali  interuenne  Filippo:  &  dette 
configlio ,  che  era  necefiario  cauare  lo  edifìzio  fuori 
del  tetto  :  &  non  fare  fecondo  il  difegno  d'Arnolfo , 
Ma  fare  vn  fregio  di  braccia  quindici  d'altezza  ;  &  in 
mezo  a  ogni  faccia  fare  vno  occhio  grande.  Perche  ol 
tra  che'leuerebbe  il  pefo  fuor  de  le  fpalle  delle  tribune 
verrebbe  la  Cupola  a  voltarfi  più  facilmente  .  Et  cefi 
fène  fece  modelli  &  fi  mefTe  in  efècuzione.Filippo  do 
pò  al  quanti  mefi  riauuto ,  cflendo  vna  mattina  in  fv- 
la  piaza  di  Santa  Maria  del  Fiore,con  Donato  &  altri 
Artefici  :fi  ragionauadele  antichità  nelle  cofe  della 

P  p     iii 


>01 


PARTE.       II. 


fcoltura:&  raccontando  Donato,  che  quando  e  torna 
uà  da  Roma  aueua  fatto  la  ftrada  da  Oruicto  ,  per  ve- 
der'qu  ella  facciata  del  Duomo  di  marmo ,  tanta  cele- 
brata, lauorata  di  mano  di  diuerfi  maeftn,tenuta  cofa 
notabile  in  quc  tempii  &  che  nel  pattar'  poi  da  Corto- 
na, entrò  in  pieue  &  vedde  vn  Pilo  antico  bellifsimo  : 
doue  era  vna  ftoria  di  marmo,  cofa  allora  rara;non  e£ 
fendofi  difotterati  quella  abbondanza  che  ha  fatto  ne 
tempi  noftri.E  cofi  feguendoDonato  il  modo  cheaue 
uà  vfato  quel  maeflro  a  condurre  quella  opera  ,&  la 
fine  che  vi  era  dentro  infieme  conia  perfezione  & 
bontà  del  magiftero:  Accefe  fi  Filippo  di  vna  ardente 
volontà  di  vederlo;  che  cofi  come  egliera,inmantel 
lo,  &  in  cappuccioain  zoccoli,  fenza  dir  doue  andaffe 
fi  parti  da  loro,  a  pitdi  ;  &  fi lafciò  portare  a  Cortona 
dalla  volontà  &  amore ,  che'portaua  all'arte.  Et  veda 
to  &  piaciutoli  il  Pilo,  lo  ritraile  con  la  pennain  dife- 
enoi  &  con  quello  tornò  a  Eiorenza,  fenza  che  Dona 
to,o  altra  perfona,  fi  accorgete  che'fufsi  partito  ;  pen 
fando  che  e  douefsi  difegnare,o  fantafticare  qualcofa» 
Cofi  tornato  inFiorenza  li  moftrò  il  difegno  del  Piloj 
da  lui  con  patienza  ritratto;  per  il  che  Donato  fi  mara 
uioliò  affai  -.vedendo  quanto  amore  Filippo  portaua 
all'arte.  Stette  molti  mefi  in  Fiorenza,  doue  egli  face- 
ua  fegretamente  modelli  &  ingegni ,  tutti  per  l'opera 
della  Cupola  :  ftando  tutta  via  con  gli  Artefici  in  fu  le 
baie  :  che  all'ora  fece  egli  quella  burla  del  Graffo  &  di 
Matteo  &  andado  bene  fpeffo  per  fuo  di  porto  ad  aiu 
tare  a  Lorenzo  Ghiberti  a  rinettar'qual  cofa  in  fu  le 
porte.Ma  toccoli  vna  mattina  la  fantafia  fentédoche  fi 
ragionaua  del  far  prouifione  di  ingegneri  che  voltaci 
no  la  Cupola,  fi  ritornò  a  Roma  peritando  con  più  ri- 
putazione auere  a  eiTer'ricerco  di  fuora  ;  che  non  areb 
be  fatto  in  Fiorenza  fé  lo  aueftino  richiedo.  La  onde 


PIPPO  201 

trouandofi  in  Roma  &  venuto  in  confiderazione  l'o- 
pera &  l'ingegno  fuo  acutifsimo  perauer  moftro  ne 
ragionamenti  Tuoi  quella  ficurtà,&  quello  animo,che 
non  aueuan  trouato  ne  egli  altri  maeftri:  i  quali  ftauo 
no  fmarriti  infieme  coi  muratori  perdute  le  forze  8c 
non  penfàndo  poter  mai  trouar'modo  da  voltarla  ;  ne 
legni  da  fare  vna  trauata  che  fufle  fi  forte  che  reggefsi 
l'armadura ,  &  il  pelo  di  fi  grande  edilìzio;  Deliberati 
vederne  il  fine ,  lcrifìbno  a  Filippo  a  Roma  con  pre- 
garlo che'  veniffc  a  Fiorenza .  Et  egli  che  non  aueua 
altra  voglia,  molto cortefemente  tornò.Etragunato- 
fi  a  fua  venuta  lo  vfizio  delli  Operai  di  Santa  Maria  del 
Fiore  3  &  1  confòli  dell'arte  della  Lana,dillòno  a  Fili» 
pò  tutte  le  difficultà  da  la  maggiore  a  la  minore,che  fa 
ceuano  i  maeftri ,  i  quali  erano  in  fua  prefenzia  nella 
vdienza  infieme  con  loro  ;  per  il  che  Filippo  difle  que 
fte  parole .  Signori  Operai  e'  non  è  dubbio,  che  le  co- 
fe  grande  abbino  mie  delle  dubitazioni  nel  dar  lor  fi- 
ne ;  &  ancorché  io  conolca  quella  opera  cflèr  fàtico- 
fa  &  difficile  a  condurli:  attefò  che  maggior'difficulta. 
ci  conofeo  io  5  che  non  fanno  i  muratori ,  ne  le  S.  V. 
in  lìcme ,  &  quelìi  eccellenti  ingegnicri  Se  architetti  : 
&  ancora  che  mai  ne  efsi ,  ne  io ,  ne  forfè  ^Ii  antichi 
voltafìcro  vna  volta  fi  terribile  quanto  quella,  ho  pur 
penfàto  molte  volte  alle  armadure,di  fuori ,  &  di  den 
tro,&  come  Ci  polsi  trouar'modo,chc  gli  huomini  con 
(ìcurtà  ci  lauorino,  conofecndo  vno  efprcfìò  pericolo 
dimorte  fenza  rimedio,  negli  sbigottiti  dalla  altcza 
dello  edilìzio  più  che  dalia  larghezza  deila  volta  ,per 
Che  fé  ella  fi  potefle  girar  tonda ,  fi  potrebbe  tenere  il 
modo  che  tennero  i  Romani  nel  voltare  il  Patcon  di 
Roma  ciò  e  la  Ritonda  ma  quibifogna  lèguitarc  l'otto 
facce,  &  entrare  in  catene ,  &  in  morfe  di  pietre,  che 
£uà  colà  molto  difficile.  Ma  ricordandomi  che  quello 


504  PARTE       II. 

e  tempio  Sacrato  a  d  1  o  mi  confido  che  faccendofi  in 
memoria  fua,  non  mancherà  di  infondere  il  fàpere  do 
ue'non  fia,  &  agiugnere  le  forze  &  la  fapienza  &  l'in- 
de -^no  a  chi  farà  autore  di  tal  cofa.  Ma  che  polio  io  in 
quello  cafo  giouarui,  non  eflendo  mia  l'opera .  Bene 
vidico,che  fé  ellatoccafleameVifolutifsimamentemi 
batterebbe  l'animo,  di  trouare  il  modo,  che  ella  fi  vol- 
terebbe fenza  tante  difrìcultà ,  Ne  ci  ho  penfato  su  an- 
cor'niente,  Se  volete  che  io  vi  dica  il  modo^Ma  quan- 
do pure  le  S.  V.  delibereranno  che  ella  fi  volti ,  farete 
forzati ,  non  fblo  a  fare  efperimento  di  me  ,  che  non 
penfo  badare  a  configliare  fi  gran  cofa  ,  ma  a  fpendere 
&  ordinare  che  fra  vno  annodi  tempora  vndi  determi 
nato  venghmo  in  Fiorenza  architettori, nófblo  Tofca 
ni  Se  Italiani,  ma  Todefchi,  &  Franzefi,  &  d'ogni  na- 
zione ,  Se  proporre  loro  quello  lauoro,che  difputato 
&  rifòluto  fra  tanti  maefìri  ;  fi  cominci ,  &  fi  dia  a  co- 
lui che  più  dirittamente  darà  nel  fegno ,  o  ara  miglior 
modo  Se  giudizio,  per  fare  tale  opera  .  Ne  ui  fapei  rei 
dare  io  altro  configlio, né  migliore  ordine  di  que- 
llo .  Piacque  a  i  Confoli  &  a  gli  Operai  l'ordi- 
ne Se  il  configlio  di  Filippo  ;  ma  arebbono'  voluto 
che  in  queftomentreegliauefsi  fatto  vn  modello ,  & 
che]  ci  aueflfe  penfato  fu  5  Et  egli  mofìraua  di  non 
curarfene  y  anzi  prefb  licenzia  da  loro ,  dille  effer  *  fòl» 
lecitato  con  lettere  ,&  era  neceflario  che  egli  tor- 
naci a  Roma .  Auuedutofi  dunque  i  confoli  che 
1  pneghi  loro  Se  degli  operai  non  erano  ballanti  a 
fermarlo  ,  lo  feciono  pregare  da  molti  amici  fu  oi  & 
non  fi  piegando,  vna  mattina  che  fu  addi  26  di  Mag- 
gio 1417  gli  fecero  gli  operai  vno  ftanziamento  di  vna 
mancia  di  danari  i  quali  fi  truouano  avfcita  a  Filippo, 
ne  libri  dell'opera,&  tutto  era  perageuolarlo  Ma  egli 
faldo  nel  fuo  propofito  3  partitoli  pure  di  Fiorenza,  fé 

ne  tornò 


pippo.  505 

ne  tornò  a  Roma  nella  quale  fece  molte  fìrette  efàmi- 
ne ,  &  fopra  tal  lauoro  di  continuo  ftudiò;ordinando 
&  preparando^  per  il  fine  di  tale  opera;  Penfando,co- 
me  era  certamente,  che  altro  che  egli  non  poteffe  con 
durre  tale  opera.  Et  il  configlio  dato,del  codurre  nuo- 
ui  Architettori,  non  l'aueua  Filippo  meiìo  inanzi  per 
a!tro,fe  non  per  che  eglino  fuisino  teftimoni,del  gran 
difsimo  ingegno  Tuo  :  più  che  perche  e'  penfàfle ,  che 
eglino  auefsino  ad  auer  ordine  di  voltar  quella  tribu- 
na;&  di  pigliare  tal  carico,che  era  troppo  difficile .  Et 
cofi  fi  confumò  molto  tempo  inanzi  che  fufsino  venu 
ti  quegli  architetti  de'  lor  paefi,che  eglino  aueuano  di 
lontano  fatti  chiamare,  con  ordine  dato  a  Mercanti 
Fiorentini,  che  dimorauano  in  Francia ,  nella  Magna 
in  Inghilterra  ,  &  in  Ifpagna  ;  i  quali  aueuano  com- 
mifsione  di  fpendere  ogni  fomma  di  danari,  per  man- 
dare,&  ottenere  da  que  Principi  ,i  più  cfperimentati 
&  valenti  ingegni, che  flirterò  in  quelle  Regioni.Ven 
ne  l'anno  mccccxx.  che  furono  ragunati  in  Fioren 
za  tutti  quefti  maeflri  oltra  montani;  &  cofi  quelli  del 
la  Tofcana  :  &  tutti  gli  ingegnofi  Artefici  di  difegno 
Fiorentini,&  cofi  Filippo  tornò  da  Roma .  Raguna- 
ronfi  dunqu  e  tutti  nella  opera  di  Santa  Maria  del  Fio- 
re,prefenti  i  confoli,&  gli  operai;infieme  con  vna  fcel 
ta  di  Cittadini,i  più  ingegnofi,che  vdifsino  (opra  que 
fto  calo  l'animo  di  ciafcuno  ;  &  fi  douefii  nfoluere  il 
modo  di  voltare  quefta  tribunajcomineiarono  a  chia- 
marli nella  vdienza  :  &  vdirono  a  vno  a  vno ,  l'animo 
che  aueuano ,  &  l'ordine  che  ogni  architetto  fopra  di 
cioaueuapenfàto.  Etfùcofabellailfentirle  ftrane& 
diuerfè  opinioni  fopra  di  tal  materia;Percioche  chi  di 
ceua  di  far  pilaiìri  murati  da'l  piano  della  terra,per  voi 
gerui  fu  gli  archi;&  tenere  le  trauate,per  reggere  il  pe 
ìò;altri  voltarla  di  fpugne,acciò  fulsi  più  leggieri  il  pe 


PARTE 


II. 


306 

fb  ;  Et  molti  fi  accordauano,  fare  vn  pilaftro  in  mezo, 
&  códurla  a  padiglione  come  quella  di  Santo  Giouan 
ni  di  Fiorenza .  Et  ci  fu  vno  chi  propofe  empierla  di 
terra  ;  &  mefcolare  quattrini  fra  effa  ;  acciò  che  volta, 
defsino  licézia,  che  chi  voleua  di  quel  terreno, potefsi 
andare  per  eflo;&  cofi  in  vn  fubito,il  popolo  lo  portaf 
fi  via  fenza  fpefa.  Solo  Filippo  diffe,  che  fi  potcua  vol- 
tarla fenza  tati  legni,&  fenza  pilaftn,o  terra  ,  con  affai 
minore  fpefa  di  tanti  archi;  &  facilifsimamete  fenza  ar 
madura.  Parue  a  cófoli  che  ftauano  ad  affettare  qual- 
che bel  modo,&agli  operai,  &  a  tutti  que' Cittadini, 
che  Filippo  anefsi  detto,  vna  cofà  da  fciocchi  :  &  fene 
feciono  beffe, ridendofi  di  lui;&  fi  volfono  &  li  diffo- 
no,che'  ragionafsi  d'altro,  che  quello  era  vn  modo  da 
pazzi  come  era  egli. Delche  parendo  a  Filippo  di  effe- 
re  offefò.,diffe,Signori  confiderate  che  non  è  pofsibile 
volgerla  in  altra  maniera,che  in  quefta  :  &  ancora  che 
voi  vi  ridiate  di  me,conofcerete  (fé  non  volete  effere 
oftinati)no  douerfi,ne  poterfi  fare  in  altro  modo.Et  è 
neceffario,  chi  la  vorrà  condurre  nel  modo  ch'io  ho 
penfàto,ella  fi  giri  col  fefto  di  quarto  acuto;&  facciafi 
doppia, l'una  volta  di  dentro,&  l'altra  di  fuori;  in  mo- 
do che  fra  l'una  &  l'altra  fi  cammini .  Et  in  su  le  canto- 
nate de  gli  angoli  delle  otto  facce  co  le  morie  di  pietra 
s'incateni  la  fabbrica  per  la  groifezza&  fimilméte  con 
catene  di  legnami  di  quercia,fi  giri  perle  facce  di  quel 
la.  Et  e  neceffario  pefàre  a  lumi,alle  fcale,&  a  1  códot- 
ti,doue  l'acque  nel  piouere  polsino  vfcire.Et  nefìiino 
divoihàpenfato  ,  che'bifogna  auuertire,  chefipofla 
fare  i  ponti  di  dentro, per  fare  i  mufaici;&  vna  infinità 
di  cofe  difficili:ma  io  che  la  veggo  volta;conofco3che" 
no  ci  è  altro  modo,ne  altra  via  da  potere  volgerla,  che 
quefta  ch'io  ragiono.Et  rifcaldato  nel  dire,tanto  quan 
to  e'  cercaua  facilitare  il  concetto  fuo ,  che  eglinOjlo 


PIPP  0. 


307 


credefsino,  venitia  proponendo  più  dubbii,  che  gli  fa- 
ceua  meno  credere,&  tenerlo  vna  beftia,&  vna  cicala. 
Laonde  licenziatolo  parecchi  volte  ,  &  alla  fine  non 
volendo  partire  ;  fu  portato  di  pefo  da  i  donzelli  loro, 
fuori  deli'audiéza,  tenendolo  del  tutto  pazzo.  Il  quale 
feorno  fu  cagione,che  Filippo  ebbe  a  dire  poi,  che  no 
ardiua  parlare  per  luogo  alcuno  della  città,  temendo 
non  fufsi  detto,Vedi  colà  quel  pazzo.  Rettati  i  Confo 
li  nella  audienza  confufi;&  da  i  modi  de  primi  maeflri 
dirTicilii&  da  l'ultimo  di  Filippo,a  loro  feiocco,  pareri 
doli  che  e  confondefsi  quell'opera  con  duecofed'una 
era  il  farla  doppia,  che  farebbe  ftato  pur  grandifsimo 
&  fcócio  pefo,  l'altra  il  farla  fenza  armadura.Da  l'altra 
parte,  Filippo  che  tanti  anni  aueuafpefo  nelliftudii, 
per  auere  quefta  opera,  no  fapeua  che  fi  fare,  &  fu  tea 
tato  partirfi  di  Fioreza  più  volte.  Pure  volendo  vince 
re,gli  bifognaua  armarfi  di  pazienza,auendo  egli  tan- 
to di  vedere ,  che'  conofceuai  ceruellidi  quella  città, 
non  ftarc  molto  fermi  in  vno  propofito.  Et  comincia- 
to in  difparte  a  fauellare  ora  a  quefto  Confolo  ora  a 
quello  operaio,  &  fimilmente  a  molti  Cittadini ,  mo- 
fìrando  parte  del  fuo  difegno,gli  ridufTe,che  fi  dilibe- 
rarono a  fare  allogazione  di  quefta  opera  ,0  a  lui ,  o  a 
vnodi  que'foreftieri.Perla  qual  cofa  inanimiti  i  con- 
foli &  gì*  operai  &  quei  Cittadini,  fi  ragunarono  tut- 
ti in(iemc.&  gli  Architetti  difputarono  di  quefta  ma- 
teriata furon  con  ragioni  aliai  tutti  abbattuti  &  vin 
ti  da  Filippo  :doue  fi  dice  che  nacque  la  difputa  del- 
Thuouo  in  quefta  forma.Egli  arebbono  voluto  che  Fi 
lippoaueffe detto  l'animo  fuo  minutamente,  &  mo- 
ftro  il  fuo  modello,come  aueuano  moftri  efsi,  model- 
li &  difegni  loro  ihche  no  volfe  fare,ma  propofe  que- , 
fto  a  maeftri  &  foreftien  &  terrazzamene  chi  fermaf 
fé  in  fur'  vn'  marmo  piano,  vn'  huouo  ritto  ,  quello  fa 


$08  P  RTE.        II. 

cefle  la  Cupola,che  quiui  fi  vedrebbe  Io  ingegno  loro.' 
Fu  tolto  vno  huouo,  &  da  tutti  que'  maeftri  prouato 
a  farlo  ftar  ritto ,  nefluno  fapeua  il  modo .  Fu  da  loro 
detto  a  Filippo ,  che  lo  fermane  &  egli  con  grazia  lo 
prefe ,  &  datoli  vn  colpo  del  culo  in  fui  piano  del  mar 
mo,lo  fece  ftar'  ritto .  Romoreggiando  gl'artefini  che 
fimilmente  arebbono,fatto  efsi,npofè  loro  Filippo  ri- 
dendo che  egli  auerebbono  ancora  faputo  voltare ,  la 
Cupola,vedendo  il  modello5o  il  difègno.Et  cofi  fu  ri- 
foluto  che  egli  auefsi  carico  di  quefta  opera ,  &  ne  in- 
-  formate  meglio  i  Confoli,&  gli  operai.  Andatofene 
dunque  a  cafa,fi  mefle  a  fcriuere  :  &  in  fur'  vn'  foglio 
fcrifle  l'animo  filo  più  apertamente  che  poteua,  per 
darlo  al  magiftrato  in  quefta  forma.Cófiderato  le  diffi 
culti  di  quefta  fabbrica  Magnifici  Signori  operai  truo 
uo  che' non  fi  può  per  nefìun  modo  volgerla  tonda 
perfctta;atte(b  che  farebbe  tanto  grande  il  piano  di  (b 
pra3doue  vàlalanterna3chemcttendoui  pefò,  rouine^ 
rebbe  prefto.  Et  mi  pare  che  quegli  architetti  che  mà- 
cano  del  considerare  più  che  poftono,  a  la  eternità  del 
la  fabrica ,  non  abbino  amore  alle  memorie  3  per  quel 
che  elle  fi  fanno.  Et  però  rifoluo ,  girar  di  dentro  que- 
fta volta  afpicchi,come  ftanno  le  facce;&  darle  la  mifu 
ra  &  il  fefto  del  quarto  acuto  ;  Per  ciò  che  quefto  è  vn 
fefto,che  girato  fempre  pigne  a  lo  in  fu  ;  &  caricatolo 
con  la  lanterna  3  l'uno  con  l'altro  la  farà  durabile .  Ec 
vuole  eflcre  groflTa  nella  motta  da  pie  braccia  g  ì  &  va- 
da piramidalmente  ftrignendofi  di  fuora,  perfino  do- 
ue  ella  Ci  ferra,&  doue  ha  a  eflfere  la  lanterna.  Et  la  voi 
ta  fia  congiunta  in  fieme,alla  groffezza  di  braccia  i  '  fa 
rafsi  da'l  lato  di  fuora  vn'altra  volta, che  da  pie  fia  grof 
fa  braccia  i  [  per  cóferuare  quella  di  dentro  da  l'acqua 
&  piramidalmente  diminuifea  a  proporzione,  che  fi 
congiunga  al  principio  della  lanterna  come  l'altra,  tan 


pippo.  309 

to  che  fia  incima  la  Tua  groiTezza  duoi  terzi.Sia  per  o- 
gni  angolo ,  vno  fprone  ;  che  fono  orto  intut:o;&  in 
ogni  faccia,due  nel  mezo  di  quella- che  vengono  a  eC- 
fere  fedici;&  da  la  parte  di  dentro  ,  &  di  fuori  nel  me- 
zo di  detti  angoli  ,  in  ciafcheduna  faccia ,  fiano  due 
fproni;ciafcuno  grolTo  da  pie  braccia  4.  Et  lunghe  va- 
dino  infieme  le  dette  due  volte ,  piramidalmente  mu- 
rate,infino  a  la  fbmmità  dell'occhio  chiufb  dalla  lanter 
na  3  per  equale  proporzione.Facciafì  24.  fproni,con  le 
dette  volte  murati  intorno;  &  fei  archi  di  macigni, 
forti,&  lunghi,bene  fprangati  di  ferrai  quali  fieno  fta 
gniati,&  fopra  detti  macigni,  catene  di  ferro  che  cin- 
ghino la  detta  volta, con  loro  fproni .  Afsi  amurare  di 
fodo  lenza  vano ,  nel  principio  a  l'altezza  di  braccia  5. 
&  vn  quarto,&  di  poi  feguitar  gli  fproni ,  &  fi  diuidi- 
no  le  volte.il  primo  &  fecondo  cerchio  da  pie,fia  rin- 
forzato per  tutto, co  macigni  lunghi,  per  il  trauerfò;fì 
che  l'una  volta  &  l'altra  della  cupola,  fi  pofi  in  fu  detti 
macigni. Facciafi  nella  altezza  d'ogni  braccia  ix.  delle 
dette  volte  fiano  volticciuole  tra  l'uno  fprone  et  l'altro 
fiano  catene  di  legno  di  quercia  groiTeche  leghino  i 
detti  fpro  li  che  reggono  la  volta  di  dentro:et  fiano  co 
perte  poi  dette  catene  di  quercia ,  con  piaflre  di  ferro, 
per  lam or' delle  falite.Gli  fproni  murati  tutti,di  maci- 
gni &  di  pietra  forte;  &  fimilmente  le  facce  della  Cu- 
pola tutte  di  pietra  forte,  legate  con  gli  fproni  fino  al- 
la altezza  di  braccia  24  &  da  indi  in  sii  Ci  muri  di  mar- 
toni,©  vero  di  fpngna ,  fecondo  che  fi  delibererà  per 
chi  l'ara  a  fare,piu  leggieri  che  egli  potrà .  Debbafi  far 
di  fuori  vn'andito  fòpra  gli  occht>che  fia  di  fotto  balla 
toio  con  parapetti  {traforati  di  altezza  di  braccia  due 
all'auenante  di  quelli  delle  tnbunette  di  fbtto;o  vera- 
mente due  anditi  l'un  fopra  l'altro ,  in  fur  vna  cornice 
bene  ornata;&  l'andito  di  fopra  fia  fcopei  to.  L'acque 

CLq    iii 


}I0  PARTE      II. 

della  Cupola  terminino  in  su  vna  ratta  di  marmo  lar- 
ga vn  terzo,&  getti  l'acqua;doue  di  pietra  forte  mu- 
rato lotto  la  ratta  facciafi  otto  cofìe  di  marmo  a  gli  an 
goli  nella  fuperficie  della  cupola  di  fuori,  grofsi  come 
fi  richiede  a  lei,&  alti  vn  braccio  fòpra  la  Cupola,fcor 
niciato,  a  tetto,  largo  braccia  due  che  vi  fìa  del  colmo 
&della  gì  oda  da  ogni  parte  ;  muouafi  piramidali  da  la 
molla  loro,per  infino  a  la  fine.  Murinfi  le  Cupole  nel 
modo  di  fopra,fenza  armadure,per  fino  a  braccia  xxx. 
&  da  indi  in  su,  in  quel  modo  che  farà  configliato,  per 
que'  maeftri,  che  Faranno  a  murare  :  per  che  la  pratica 
infegna  quel  che  fi  hi  a  feguire. Finito  che  ebbe  Filip- 
po di  fenuere  le  fopradette  parti ,  andò  la  mattina  a'1 
magilì.rato;&  dato  loro  quefto  foglio  _,  fu  conhderato 
da  loro:&  ancora  che  eglino  non  ne  fufsino  capaci,  ve 
dendo  la  prontezza  dell'animo  di  Filippo,&  che  nefìu 
no  degli  altri  Architetti  non  andaua  con  miglior  gam 
be,per  moftrare  egli  vnaficurtà  tanta  manifefla  nel 
fuo  dire,replicando  di  continuo  ilmedefimo ,  che  pa- 
reua  certamente  che  egli  ne  auefsi  volte  dieci,non  che 
ne(Tuna:tiratifi  da  parte  i  Confoli,cofuhorono  di  dar- 
gliene ,  ma  che  arebbono  voluto  vedere  ,  vn  poco  di 
fperienza,  comefipoteua  volger'  quefta  volta  fenza 
armadura,tutte  l'altre  cofe  aprouauono .  Auuéne  che 
Bartolomeo  Barbadori  voleua  far  fare  vna  cappella 
in  Santa  Filicita ,  &  già  ne  aueua  parlato  con  Filippo, 
&  egli  vi  mefle  mano,  &  la  fece  voltar'  fenza  armatu- 
ra che  e  quella  cappella  nello  entrare  in  chiefàaman 
ritta  doife  è  la  pila  dell'acqua  Santa  ,  pur  di  fua  manOj 
&  Umilmente  in  que'  di  ne  fece  voltare  vn  altra,in  San 
to  Iacopo  fopr'Arno ,  per  fìiatta  Ridolfi  allato  alla  cap 
pelja  dello  aitar  maggiore.Lcquali  furon  cagione  che 
gli  fu  datto  più  credito,che  alle  parole.  Et  cofi  accu- 
rati i  Confoli  &  gli  operai. per  lo  fcritto3&  per  l'opera 


PIPPO.  $n 

che  auemno  vedutagli  allogorono  la  Cupola,facen- 
dolo  capo  maeitro  principale  per  partito  di  fàue  Ma 
non  gliene  obligarono  fenó  braccia  dodici  d'altezza; 
dicendoli  che  voleuono  vedere ,  come  riufciua  l'ope- 
ra;che  riufeendo  come  egli  diceua  loro,non  manche- 
rebbono  fargli  allogagione  del  refto  .  Pam  e  cofa  ftra- 
na  a  Filippo  il  vedere  tanta  durezza  ,  &  diffidenza  ne 
Confoli  &  operai;  &  fé*  no  fufle  (lato  che'fapeua  che 
egli  era  folo  per  condurla  ;  non  ci  arebbe  meflb  mano; 
Pur  come  fitibondo  di  cófeguire  quella  gloriala  pre- 
fe;&  di  condurla  a  fine  perfettamente,fi  obligò.Fu  fat 
to  copiare  il  fuo  foglio,in  fu  vn  libro,  doue  il  prouedi 
toreteneuai  debitori  &  1  creditori  de  legnami  &  de 
marmi  ;  con  lobligo  fudetto  ;  facendoli  la  prouifione 
medefima  per  partitoci  quelle  paghe  che  aueuano  fi- 
no allora  date  agli  altri  capo  maeftri;Saputafi  la  alloga 
zione  fatta  a  Filippo  per  gli  artefici  &  'per  i  cittadini; 
a  chi  pareuabene,&  a  chi  male,  comefempre  fu  il  pa- 
rere del  popolo  ,  &  de  gli  fpenficrati  :  Ma  la  maggiore 
parte  era  delh  inuidiofi. Mentre  che  fi  faceua  le  proui- 
fioni  per  cominciare  a  murare ,  C\  deftò  fu  vna  fetta  fra 
artigiani  &  cittadini,  &  fatto  tefta  a  1  Confòh  &  agli 
operai, di  (Tono  che  fi  era  corfa  la  cofa;  che  vn  lauoro  fi 
mile  a  qu  efto ,  non  doueua  efler  fatto  per  configlio  di 
vn  folo  :  <2c  che  fé  eglino  fufsin'priui  d'huomini  eccel- 
lenti, come  eglino  ne  aueuoho  abbondanza,  fa  ri  a  da 
perdonate  loro  :  Ma  che  non  paifaua  con  onore  della 
Città,venendo  qualche  difgrazia,come  fuolc  auueni- 
re;nella  fabbrica  ;  è  fi  potefsi  &  auefsi  a  dare  la  colpa  a 
vn  folo  con  vergogna  &  con  danno  glande .  Et  che 
per  mitigare  il  furore  di  Filippo  era  bene  giugnerli  vn 
compagno .  Era  Lorenzo  Ghiberti  venuto  in  molto 
credito,  per  auer  già  fatto  esperienza  del  fuo  ingegno 
nelle  porte  di  Santo  Giouanni;&  che  e  fufle  amato 


$11  PARTE.       II. 

da  certi  che  molto  poteuano  nel  gouerno,iì  dimoflrò 
affai  chiaramente  perche  nel  vedere  tanto  crefcerela 
gloria  di  Filippo ,  (otto  fpezie  di  amore  &  di  affezzio 
ne  verfo  quella  fabbrica,  operarono  di  maniera  appref 
fò  de'  Confbli  &  degli  operai ,  che  fu  vinto  cópagno 
di  Filippo  in  quella  opera .  In  quantadifperazione  & 
amaritudine  fi  trouafsi  Filippo,fèntendo  quel  che  auc 
uono  fatto  gli  operai  Ci  conofce  da  quefto  che'  fu  per 
fuggirli  da  Fiorenza  :  &  fenon  filisi  ftato  Donato ,  Se 
Luca  della  Robbia  che  lo  confortauano ,  era  per  vfeir 
fuor  disè .  Veramente  impia  &  crudel  rabbia  e  quella 
di  coloro  che  accecati  da  la  inuidia  pongono  a  perico- 
lo gli  onori  &  le  belle  opere,per  la  gara  della  ambizio- 
ne;Da  loro  certo  non  reftò,che  Filippo  fpezzaflTe  i  mo 
delli,abruciaiTe  i  difègni,&  in  men  di  meza  ora,preci- 
pitafTe  tutta  quella  fatica ,  che  aueua  condotta  in  tan- 
ti anni.Gli  operai  feufatifi  prima  con  Filippo,  lo  con- 
fortarono a  andare  inanzi,  che  lo  inuentore  &  autore 
di  tal  fabrica,era  egli  &  non  altri:  Ma  tutta  volta  fece- 
ro a  Lorenzo  il  medefimo  falano  che  a  Filippo.Fù  le- 
guitato  l'opera  con  poca  voglia  di  lui ,  conofeendo  a- 
uere  a  durare  le  fatiche  che'  ci  faceua,  &  poi  auere  a  di 
uidere  l'onore  &  la  fama  a  mezo  con  Lorenzo.  Pure 
meflbfi  in  animo,che  trouerrebbe  modo,  che  non  du- 
rerebbe troppo  in  quella  opera,andaua  feguitando  in 
fieme  con  Lorenzo  nel  medefimo  modo  che  fìaualo 
fcritto  dato  agli  operai.  Deftofsi  in  quefto  mentre  nel 
lo  animo  di  Filippo  vn  penfiero,  di  volere  fare  vn  mo 
dello ,  che  ancora  non  iène  era  fatto  neiTuno  ;  Et  cori 
meilb  mano,  lo  fece  lauorare  a  vn  Bartolomeo  legna- 
iuolo,che  ftaua  dallo  ftudio:Et  in  quello,come  il  pro- 
prio mifurato  appunto,  in  quella  gradezza,  fece  tutte 
le  cofe  dirTtcili,come  fcale  alluminate,  &  fcut  e,&  tut- 
te le  (orti  de  lumi,porte3&  catene3&  fperoni3&  vi  re- 


pipfo.  jxj 

ce  vn  pezo  d'ordine  del  Ballatoio .  Auuenne  che  Lo- 
renzo de/ìderaua  vederlo,Fjlippo  gliene  negò;&  Lo- 
renzo venutone  in  collora  diede  ordine  di  fare  vn  mo 
dello  egli  ancora  ;  accioche  e' pare/si  che  il  falario  che 
egli  tiraua,non  fulTe  vano;&  che' ci  fufTe  per  qual  co- 
fa.  De' quali  modelli,  quel  di  Filippo  fu  pagato  lire 
cinquanta  &foldi  quindicijtrouandofivnofìanziamé 
to  al  libro  di  Migliore  di  Tommafo  ad  di  tre  d'Otto- 
bre nel  mccccxix.  &  a  vfeita di  Lorenzo Ghiber- 
ti  lire  ecc.  per  fatica  &  fpefà  fatta  nel  fuo  modello . 
Caufato  ciò  dalla  amicizia  &  fauore  che  egli  aueua; 
più  che  da  vtilita  o  bifogno  che  ne  auefTe  la  fabbrica . 
Durò  queiìo  tormento  in  fu  gli  occhi  di  Filippo,per- 
iìno  alMCCcexxvi.  chiamando  coloro  Lorenzo  pa 
nmenteche  Filippo  ,  inuentori,loqual  difturbo  era 
tanto  potente  nello  animo  di  Filippo,  che  egli  viueua 
con  gradifsima  pafsione.Fatto  adunque  vane  &  nuo- 
ue  immaginazioni,  deliberò  al  tutto  dileuarfelo  da 
torno:  conofeendo  quanto  e  valefìe  poco  in  quel  ope 
ra.  Aueua  Filippo  fatto  voltare  già  intorno  la  Cupola 
fra  luna  volta  &  l'altra  dodici  braccia;  &  quiui  alie- 
nano a  metterfi  sù,le  catene  di  pietra  &  di  legno:lequa 
li  per  elTere  cofa  difficilene  volle  parlare  con  Loren- 
zo ;  per  tentare  fé  egli  auefTe  confiderato  quella  dirTi- 
cultà .  Et  trouollo  tanto  digiuno  circa  lo  auere  pen- 
nato a  tal  cofa,che  è  rifpofe,che  la  rimettcua  in  lui  co- 
me ìnuentore.  Piacque  a  Filippo  la  rifpofìa  di  Loren- 
zojparendoli  che  quefta  fulfe  la  via  di  farlo  allontana- 
re dali'opera;&  da  fcoprire,che  non  era  di  quella  intel 
ligézia,chelo  teneuano  gli  amici  fooi,  &  il  fauore  che- 
Io  aueua  meffo  in  quel  luogo.  Già  erano  fermi  tutti  i 
muratori  del* opera  ,afpettando  di  douere  cominciare 
fopra  le  dodici  braccia;&  farle  volte,&incatenarle;& 
già  cominciando  aftrignere  la  cupola  da  fommo^era- 

Rr 


514  P  A  R  T  E.       1 1. 

no  forzati  fare  i  ponti ,  acciò  che  1  manouali  &  mura- 
tori potefsino  lauorare  fenza  pericolo  ;  attefò  che  l'al- 
tezza era  tale  che  guardando  allo  ingiù  faceua  paura 
Se  sbigottimento  a  ogni  ficuro  animo. Stauafi  da  i  mu 
ratori  Se  dagli  altri  maeftri,  ad  afpettare  ilmodo,della 
catena ,  &  de  pontimè  refolucdofi  niente  per  Lorezo 
ne  per  Filippa  nacque  vna  mormorazione  fra  i  mura- 
tori &  gli  altri  maeftri ,  non  vedendo  follecitarc  come 
prima^  Se  efsi  che  pouere  perfòne  erano  vkieuano  fo- 
pra  le  lor  braccia  &  dubitando  che  ne  a  l'uno  ne  all'al- 
tro baftafsi  l'animo  di  andar*  più  su  con  quella  opera, 
il  meglio  che'  fàpeuano  Se  poteuano ,  andavano  trat- 
tenendofi  per  la  fabrica;  riiìoppando  Se  ripulendo  rut 
to  quel  che  era  murato  fino  allora .  Vna  mattina  infra 
le  altre  Filippo  non  capitò  al  lauoro;&  fafdatofi  il  ca- 
po, entrò  nel  letto. &  cotinouamente  gridando  fi  fece 
(caldere  taglieri  Se  pani  con  vna  follecitudine  grande; 
fingendo  auere  mal  di  fianco .  Intefb  quefìo  i  maeftri 
cheftauanoafpettando  l'ordine  di  quel  cheaueuono 
alauorare;dimandarono  Lorenzo, quel  cheaueuono 
a  feguire;rifpofe  che  l'ordine  era  di  Filippo,  Se  che  bi- 
(bgnaua  afpettare  lui .  Fu  chi  gli  difle  ,  oh  non  fai  tu 
l'animo  fuo^Si  difle  Lorenzo,  ma  non  farei  niente  fen 
za  eflo .  Et  quefto  lo  difle  in  eicufàzion*  fua,  che  non 
auendo  vifto  il  modello  di  Filippo  ;  Se  non  gli  auendo 
mai  dimandato ,  che  ordine  e'  volefsi  tenere ,  per  non 
parere  ignorante;ftaua  fepradi  fé  nel  parlare  di  quefìa 
eofa  •.  Se  rifpondeua  tutte  parole  dubbie  :  mafsime  che 
egli  fapeua  eflere  in  quefta  opera  contra  la  volontà  di 
Filippo.  Alquale  durato  già  più  di  dua  giorni  il  male, 
Se  andato  a  vederlo  il  proueditore  dell'opera  ,  Se  affai 
capomaeftri  muratori  ,  di  continuo  li  domandauano, 
che  diecfsi  quello  che  aueuono  a  fare;Et  egli, voi  aue 
te  Lorenzo,faccia  vn  poco  egli.  Ne  altro  fi  poteua  ca- 


PIPPO.  $15 

Mare  :  La  onde  fèntendofi  quefto ,  nacque  parlamenti 
&  giudizi  di  biafimo  grandi  fòpra  quella  operarchi  di 
celiache  Filippo  fi  era  melìb  nel  letto  per  il  dolore, 
che  non  gli  baftaua  l'animo  di  voltarla;&  che  fi  penti- 
ila  d'etìerc  entrato  in  ballo  :  &  i  fuoi  amici  lo  difende- 
uano,dicendo  efTer'  fé  pure  era  il  difpiacere,la  villania 
dello  auerli  meifo  Lorenzo  per  compagno .  Ma  che  il 
fuo  era  mal  di  fianco ,  caufato  dal  molto  faticarli  per 
l'opera. Cofi  dunque  romoreggiandofi,  era  fermo  il  la 
uoro:&quafi  tutte  le  opere  de  muratori  &  {carpelli 
ni  fi  {lauano:&  mormorando  contro  a  Lorenzo,dice- 
uano,bafta  che'  gli  è  buono  a  tirare  il  falario  ;  ma  a  da- 
re ordine  che'  fi  lauori  no .  O  fé  Filippo  non  ci  fufsi,o 
le  egli  auefsi  mal  lungo,come  farebbe  egli?  Che  colpa 
e  la  fua,fe  egli  fta  male?  Gli  operai  viftofi  in  vergogna 
per  quefta  pratica,  deliberarono  d'andare  a  trouar'  Fi 
lippo;&  arriuati  confortatolo  prima  del  male  gli  dica 
no  in  quato  difordine  fi  trouaua  la  fabbrica:&  in  qua. 
to  trauaglio  gli  auefsi  meiìò  il  mal  fuo .  Per  il  che  Fi- 
lippo con  parole  appafsionate,&  dalla  finzione  del  ma 
le  &  dallo  amore  dell'opera,  oh  non  ci  è  egli  dilTe  Lo- 
renzo?che  non  fa  eglino  mi  marauiglio  pur'di  voi.  Al 
lora  ^li  rifpofòno  gli  operai  è  non  vuol  far  niente  fen- 
za te:Rifpofe  lora  Filippo,io  farei  ben'  io  fenza  lui.La 
qual  rifpofta  argutifsima  &  doppia  badò  loro;&  parti 
ti  conobhono  che  egli  aueua  male  di  voler  far  fòlo  » 
Madarono  dunque  amici  fuoi  a  cauarlo  de  1  letto  cor» 
intenzione  di  leuar'  Lorenzo  dell'opera  :  &  cofi  venu- 
to Filippo  in  fu  la  fabbrica,vedendolo  sforzo  del  fauo 
re  in  Lorenzo,  Se  che  egli  arebbe  il  falario  fenza  far  fa 
tica  alcuna;  pensò  a  vn'altro  modo  per  fcornarlo,& 
perpublicarlo  interamete  per  poco  intédente  in  quel 
mcfliero:&  fece  quefto  ragionameto  a  gli  operai  pre- 
dente Lorenaw>.Signori  operai  il  tempo  che  ci  è  pretta- 

Fa    11 


$t6  PARTE      II. 

fiato  di  viuerefeegli  flefsi  a  porta  noftra  come  il  po- 
ter morire,  non  è  dubbio  alcuno  che  molte  cofe  che  fi 
cominciano,rclìerebbono  finite;doue  elleno  rimango 
no  imperfette  :  &vifì:o  che  il  mio  accidente  del  male 
che  ho  paffato  poteua  tornii  la  vita,  &  fermare  quefta 
opera ,  accio  che  fé  mai  più  io  ammalafsi ,  o  Lorenzo 
che  Dio  da  quefto  lo  guardi,pofla  l'uno,o  l'altro  (e^ui 
tare  la  fua  parte,  ho  penfàto  che  cofi  come  le  Segnorie 
voftre  ci  hanno diuifo  il  falario,  ci  diuidino  ancora  Po 
pera;  acciò  che  fpronati  dal  moftrare  ogniuno  quel 
che  sa,  polla  ficuramente  acquiftare  &  fama  &  vtile 
appreflfo  a  quella  Republica,  &  ancora  confeguire  per 
il  modo  nome  &  onore.  Sono  adunque  due  cofe  le  dif 
fàcili  che  al  prefente  fi  hanno  a  mettere  in  opera  ;  l'una 
e  i  ponti,  per  che  i  muratori  polsino  murare,che  han- 
no a  feruire  dentro  &  di  fuori  della  fabrica,  doue  è  ne 
cellario  tener  su  huomini.pietre,&  calcina,&  che  vi  fi 
poflatener'sula  Burbera  datirar'pefi,  &  fimili altri 
(frumenti  :  &  l'altra  è  la  catena  che  fi  ha  a  mettere  fò- 
prale  dodici  braccia  che  venga  legandole  otto  facce 
della  Cupola,&  incatenandola  fabnea,  che  tutto  il  pe 
fò  che  di  fopra  Ci  pone,i1ringa  &  ferri  di  maniera, che 
non  sforzi,o  allarghi  il  pefo,  anzi  equalmente  tutto  lo 
edifìzio  refti  fbpra  di  fé .  Pigli  Lorenzo  adunque  vna 
di  quefte  parte  quale  egli  più  facilmente  creda  efequi 
re,che  io  laltra,fenza  difìcultà mi  proucrrò di  condu- 
cere,accio  non  Ci  perda  più  tempo.  Fu  forzato  Loren- 
zo non  ricufare  per  l'onor'  fuo  vno  di  queftì  lauori,& 
ancora  che  mal  volentieri  lo  facefle  fi  rifoluè  a  pigliar 
la  catena ,  come  cofa  più  ficile ,  fidandofi  ne  configli 
de' muratori ,  &  in  ricordarli  che  nella  volta  di  Santo 
Giouanni  di  Fiorenza  era  vna  catena  di  pietra  ,  che  fi 
poteua  da  quella  trarre  parte  fenon  tutto  l'ordine .  Et 
cofi  l'uno  meflb  mano  a'ponti,l'altro  alla  catena,l'uno 


pippo.  317 

&  l'altro  fini .  Erano  I  ponti  fatti  da  Filippo  con  tanto 
ìngegno,&  induftria,che  fu  tenuto  veramente  in  que 
{lo  il  contrario  di  quello,  che  per  lo  adietro  molti  fi 
erano  immaginati,  che  con*  deliramente  lauorauano  i 
maeftri ,  &  tirauono  pefi  &  vi  ftauano  ficuri }  come  fé 
nella  piana  terra  fu  (sino;  &  ne  rimale  i  modelli  di  det- 
ti ponti  nell'opera .  Fece  Lorenzo  in  vna  dell'otto  fac- 
ce la  catena  con  grandifsima  dirficulta;  &  finita,  fu  da 
gli  operai  fatta  vedere  a  Filippo  ;  il  quale  non  dille  lo- 
ro niente;  Ma  con  certi  amici  fuoi  ne  ragionò  ,  dicen- 
do che  bifbgnaua  altra  legatura  che  quclla;&  metter- 
la per  altro  vcrfo  che  non  aueuano  fatto,  &  che  al  pe- 
fo  che  vi  andana  fbpra  non  era  fuffiziete ,  perche  non 
flrigncua  tanto  che  fuisi  a  baftanza.  Et  che  la  prouifio 
ne  che  fi  daua  a  Lorezo,era  in  fieme  con  la  catena  che 
egli  aueua  fatta  murare,  gittata  via. Fu  intefo  l'umore 
di  Filippo,  &  li  fu  commeflb  ,  che  e'  moftrafsi  come  Ci 
arebbe  a  fire  che  tal  catena  adoperaci .  Era  già  da  lui 
fatto  difegni  &  modelli ,  i  quali  fubito  dimonrò ,  che 
veduti  dagli  operai  &  dagli  altri  maeftri,  conobbono 
in  che  errore  erano  cafeati  per  fàuorire  Lorezo:&  vo 
lendo  mortificare  quello  errore,&  moftrare  che  cono 
fceuano  il  buono,feciono  Filippo  gouernatore  &  ca- 
po a  vita  di  tutta  la  fabbrica, &  che  non  fi  facefsi  di  co 
(a  alcuna  in  quella  opera  fé  non  il  voler  fuo:&  per  mo 
ft rare  di  riconofcerlo  li  donorono  cento  fiorini  ftan- 
ziati  per  i  confbli  &  operai  fotto  di  1 3.  d'Agofto  1425. 
per  mano  di  Lorenzo  Pauli  notaio  dell'opera,  a  vfeita 
di  Gherardo  di  M.  Filippo  Corfini  :  Se  li  feciono  pro- 
uifione  per  partito  di  fiorini  cento  l'anno  per  fua  pro- 
uifionea  vita.  Cofi  dato  ordine  a  far  camminare  la 
fabbricala  feguitaua  con  tanta  obedienza  &  con  tan- 
ta accuratezza  ,  che  non  fi  farebbe  murata  vna  pietra 
che  non  l'auefsi  voluta  vedere.  Da  l'altra  parte  Lo- 

Rr     iii 


$18  PARTE     n. 

renzo  trouandofi  vinto  ,  &  quafi  Vergognato  ,  fu 
da' Tuoi  amici  fauorito,&  aiutato  talmente, che  tirò  il 
fàlariojche'  non  poteua  efière  caflo,  per  infmo  a  tre  ar* 
ni  di  poi.Faceua  Filippo  di  continouo,per  ogni  mini- 
ma cofa3difegni,&  modelli  di  cartelli  da  murare5&  edi 
ferii  da  tirar  pefi.Ne  per  quefto  reftauano  però  alcune 
perfbnc  malotiche,amici  di  Lorenzo,per  farlo  difpera 
re,  tutto  il  di  farli  modelli  contro ,  per  concorrenzia, 
come  ne  fece  vno  maeit.ro  Antonio  da  Verzelli,  &  al- 
tri maeitn,  fluoriti  &  mefsi  inanzi  ora  da  quefto  citta 
dino  &  ora  da  quell'altro ,  inoltrando  la  volubilità  lo- 
ro3il  loro  poco  fàpere,  &  il  manco  inten  derc  ,•  auendo 
in  mano  le  cofe  perfette  mettendo  inanzi  l'imperfette 
&  le  inutili .  Erano  già  le  catene  finite  intorno  intor- 
no all'otto  facce;  &  già  i  muratori  inanimiti  lauoraua- 
no gagliardamente:Ma  fbllecitati  da  Filippo  più  chel 
folito ,  per  alcuni  rabbuffi  auuti  nel  murare ,  &  per  le 
cofe  che  accadeuano  giornalmente,fe  lo  erono  recato 
a  noia.Et  mofsi  da  quefto3&  da  inuidia,fi  ftrinfeno  in 
fìeme  i  capi  faecendo  fetta;  &  dicendo  che  era  faticofo 
lauoro,&  di  pericolo;che  non  voleuon  volgerla  fenza 
gran' pagamento;  ancora  che  più  del  folito  lorofuife 
itato  crefeiuto ,  &  cofi  fi  fàrebbono  vendicati  con  Fi- 
lippo^ fatto  vtile  nò  piccolo  a  loro.  I>iipiacque  a  gli 
operai  quella  cofa 3  &  a  Filippo  fimilmente  :  &  penfa- 
toui  su  prefe  partito  vn'fabato  fera  di  licenziarli  tutti. 
I  quali  viflofi  licenziare  non  fipeuono  che  fine  auefsi 
auere  quella  cofa:  Ma  il  lunedi  feguentemene  in  ope- 
ra Filippo  dieci  lombardi ,  &  con  lo  ftar  quiui  prefen- 
te3diccndo  fa  qui  cofi  &  fa  qua ,  gli  inftrui  tn  vn  gior- 
no tanto,che  ci  lauorarono  molte  fèttimane  ;  Dall'al- 
tra parte  i  muratori  veggendofi  licenziati  ,&  tolto  il 
lauoro3&  fattoli  quello  fcorno3non  auendo lauori  ta- 
to vtili  quanto  quello3meifono  mezani  a  Filippo^  che 


PIPPO.  319 

ritornerebbono  volentieri,Raccomandandoii  quanto 
e  poteuano  .  Così  li  tenne  molti  di  in  fu  la  corda  del 
non  gli  voler  pigliare  ;  poi  gli  rimefle  con  minor  fala- 
rio  che  eglino  non  aueuono  in  prima:&  cofi  doue  pen 
iàrono  auanzare,perfòno  ;  &  con  il  vendicarci  contro 
a  Filippo,feciono  danno  &  villania  a  loro .  Erano  già 
fermi  1  romori  ,  &  venuto  tuttauia  confederando  nel 
vedere  volgere  tato  ageuolmente  quella  fabbrica  l'in- 
gegno di  Filippo ,  &  fiteneuagia  per  quelli  che  non 
aueuano  pafsione,lui  auer  moftrato  quell'animo,  che 
forfè  neflimo  architetto  antico,o  moderno  nell'opere 
loro  auefle  moftro,  &  quefto  naque  che  egli  cauò  fuo 
ri  il  fuo  modello  ;  &  vifto  per  ogniuno  legrandifsime 
confiderazioni  che  egli  aueua  immaginatori  nelle  (ca- 
lere i  lumi  dentro  &  fuori,che  non  fi  potcfsi  percuo- 
tere ne  i  bui  per  le  paure ,  &  quanti  diuerfi  appoggia- 
toi di  ferri  che  perfàlire  doue  era  la  ertezza,erano  po- 
di con  confiderazione  ordinati ,  oltra  che  egli  aueua 
per  fin' pen  fato  a  i  ferri  per  farei  ponti  di  dentro,  (e 
mai  fi  aueiìe  alanorarui  o  mufàico,  o  pitture  &  auen- 
domeflb  ne'  luoghi  men  pcricolofi  le  difunzioni  de 
gli  finaltitoi  dell'acque,  doue  elleno  andauanocoper 
te  &  doue  (coperte ,  fèguitando  con  ordine  buche  & 
diuerfi  apertoi ,  aericene  i  venti  fi  rompefsino  &  i  va- 
pori infieme  con  i  tremuoti  non  potefsino  far'  nocu- 
mento ,  moftrò  quanto  lo  ftudio  nel  fuo  ftare  a  Roma 
tanti  anni  gli  auefsi  giouato.Che  confederando  la  qua 
tità  diuerfa  che  egli  aueua  fatto,nelle  auuignature,in- 
calì;ratuie,&  commettiturc,&  legazioni  di  pietre,  fa- 
ceua  tremare,&  temere,  a  pelare  che  vn  fblo  ingegno 
fufTe  capace  di  tanto,quanto  era  diuentato  quel  di  Fi 
lippo.il  quale  di  continuo  crebbe  talmente,che  neffu- 
na  cola  che  fufsi  vmana  quantunque  difficile  &  afpra 
egli  non  la  rendefle  facile  &  piana3moftrandolo  nel  ti- 


pò  PARTI.       II. 

rareipefipcrviadi  contrappesi  &  ruote,  che  vnfòl 
buetiraua,quanto'arebbono  appena  tirato  Tei  paia. 
Erano  già  crefciuti  conia  fabbrica  tanto  alto ,  che  era 
vno  fconcio  grandifsimo  falito  che  vno  vi  era,  inanzi 
fi  venifte  interra  :  &  molto  tempo  perdeuano  i  maeitri 
nello  andare  a  definare  &  bere  ;  che  per  il  caldo  il  gior 
nopatiuano.  Fu  adunque  trouato  da  Filippo  ordine 
che  fi  apri  (fero  ofterie  nella  Cupola  con  le  cucine  ydc 
vi  fi  vendefle  il  vino:  &  cofi  neflunofipartiuadella- 
uoro  fé  non  la  fera  ilrche  fìi  a  loro  commodità,  &  allo 
pera  vtilità  grandifsima.  Era  fi  crefeiuto  l'animo  a  Fi- 
lippo vedendo  l'opera  camminar'  fortc;&  riuicire  con 
felicitacene  di  continuo  fi  affaticaua;  &  egli  {{dìo  an- 
daua  alle  fornaci  doue  fi  fpianauano  i  mattoni,&  vole 
na  vedere  la  terra  &  impalarla ,  &  cotti  che  erano,glx 
voleua  {cene  di  fua  mano  con  fomma  diligenzia .  Et 
delle  pietre  a  gli  fcarpellini,guardaua  fé  vi  era  peli  den 
tro,fe  eran  dure , &  daua  loro  i  modelli  delle  auuigna 
ture  &  commettiture  di  legname  &  di  cera;  &  cofi  fat 
ti  di  Rape;&  finalmente  faceua  de'  ferrameti  a  i  fabbri* 
Et  trouò  il  modo  de  gangheri  col  capo,&  degli  arpio 
ni:&  facilitò  molto  l'architetturada  quale  certamente 
per  lui  fi  riduiTe  a  quella  perfezione,  che  forfè  ella  no 
fu  mai  appiedo  a  i  Tofcani.  Era  l'ano  M  e  e  e  e  x  x  1 1 1. 
in  tutta  quella  felicità  &  allegrezza  che  poteua  eiTere 
quado  Filippo  fu  tratto  perii  quartiere  di  Santo  Gio- 
uanni,  per  Maggio  &  Giugno,  de  Signori  ;  eflèndo 
tratto  per  il  quartiere  di  Santa  Croce,gonfaloniere  òì 
giuftizia  Lapo  Niccolini .  Trouandofi  regiftrato  nel 
priorato  Filippo  di  Ser  BrunellefcoLippi,  da  Lippo 
dio  auolo,  fendofi  (cordato  ilcafato  de*  Lapi:&  onora 
tamente  efercitò  quello  vfizio;&  cofi  per  la  cittì  ebbe 
tutti  gli  altri  magiftratime'  quali  con  vn  giudizio  gra 
vifsimo  Tempre  fi  gouernò.  Refìaua  a  Filippo,vededo 

già 


Pippo.  521 

già  cominciare  a  chiudere  le  due  volte  verfò  l'occhio, 
clone  aueua  a  cominciare  la  lanterna  (fc  bene  egli  aue- 
ua  fatto  a  Roma  &  in  Fiorenza  più  modelli  di  terra  & 
di  lcgno,deH'uno  &  deH'altro,che  non  s'erono  veduti) 
a  rifoluerfi  finalmente  quale  e'  voleiìe  mettere  in  ope- 
ra;Pcr  il  che  deliberatoti  aterminare  il  ballatoio,ne  fe- 
ce diuerfi  difcgni,  che  nella  opera  rimafono  dopo  la 
morte  fila;  i  quali  dalla  trafeuratagginedi  que'mini- 
ftri,(bno  oggi  fmarriti .  Perche  a'  tempi  noitri  fu  vo- 
luta finire  &  iene  fece  vn  pezo  d'una  dell'otto  facce^ 
&  per  difunire  da'queU'ordine;  per  configlio  di  Miche 
l'agnolo  Bonarruoti  fu  difmeflb  ,  &  non  feguitato  . 
Fece  di  fua  mano  di  legname  vn  modello  della  lanter- 
na, a  otto  facce  mifurato  alla  proporzione  della  Cupo 
la,  per  vltimo  fuo  difegno:che  nel  vero  di  inuenzione 
&  vai  io,&  ornato,riufci  molto:  vi  fece  lafcalada  fali- 
re  a  la  Palla  che  era  cofa  diuina;,  ma  aueua  turato  Filip 
pò  con  vn  poco  di  legno  commeffo  difbttodoue  s'en> 
tra,che  nell'uno  fenon  egli  non  fapeua  la  (alita .  Et  an- 
cora che  e' fu  (Te  lodato>&  auefle  già  abbattuto  la  in- 
uidia,  Se  l'arroganzia  di  molti  ;  non  potè  però  tenere, 
nella  veduta  di  quello  modello  che  tutti  i  maeftri  che 
erano  in  Fiorenza  non  fi  mettefTero  a  farne  in  diuerfi 
modi:&  finoa  vna  donna  di  cafa  Gaddi ,  ardi  concor- 
rere in  giudicio,  con  quello  che  aueua  fatto  Filippo» 
Eoli  nientedimeno  tuttauiafi  rideua  della  altrui  pro- 
funzione. Et  fu  (gridato  da  molti  amici  fuoi  che  e'  no 
douefle  moftrare  il  modello  fuo  a  neiTuno  artefice,  ac 
ciò  che  eglino  da  quello  non  imparaflfero .  Et  efìo  ri» 
i]x>ndeua  loro,  che  non  era  fé  non  vn  (olo  il  vero  mo- 
dello^ gli  altri  erano  vani. Alcuni  altri  maeiìri  aueua 
no  nel  loro  modello  porto  de  le  parti  di  quel  di  Filip- 
po;a  i  quali  nel  vederlo, Filippo  diceua;a  quefto  altro 
modello  che  coftui  fari,  farà  il  mio  propio.Era  da  tut- 


}2Z  PARTE      II. 

ti  infinitamente  lodatomia  folo,  non  ci  vedendo  la  fa- 
lita  per  ire  a  la  palla ,  apponcuano  che'  fu  (Te  difetto . 
Conchifero  gli  operai  di  fargli  allogazione  di  detta  o- 
pera  con  patto  che  inoltrando  loro  la  falita,l'opera  fuf 
fé  fua:Per  il  che  Filippo  leuato  nel  modello,  quel  po- 
co di  legno-che  era  da  baffo  ,  molti  ò  in  vno  pilalìro  la 
(alita  che  alprefènte  fi  vede,in  forma  di  vna  cerbotana 
vota  ;&  da  vna  banda  vn  canale  con  fìaftedi  bronzo, 
doue  l'un  piede  &  poi  l'altro  ,  montando,  s'afecnde  in 
alto. Et  perche  no  ebbe  tempo  di  vita  per  lavecchiez 
za,di  potere  tal  lanterna  veder  finita  3  lafciò  per  tefta- 
mento  che  tal  come  ftaua  il  modello,  murata  fuffe ,  &c 
come  aueua  pofto  in  ifcritto;  Altrimenti  protejftaua 
che  la  fabbrica  ruinerebbe,sédo  volta  in  quarto  acuto 
che  aueua bifogno  che  il  pefo  la  caricafle,  pet  farla  più 
forte  .  Il  quale  edifizio  non  potè  egli  innanzi  la  morte 
fua  vedere  finito ,  ma  fi  bene  tiratone  sii  parechi  brac- 
cia.Fece  bene  lauorare  &  condurre ,  quafi  tutti  i  mar- 
mi che  vi  andauano.de  quali,nel  vederli  condottai  pò 
poli  ltupiuano,che  efufsi  pofsibile  che  egli  volefsi  che 
tanto  pefo  andafsi  (opra  quella  volta.  Et  eraci  opinio 
ne  di  molti  ingegnofijche  ella  non  fufsi  per  reggere;& 
pareua  loro  vna  gran  ventura  che  egli  huicfsi  condot 
tain  fin  quiui,&  che  egli  era  vn  tentare  Dio,a  caricar 
la  fi  forte. Filippo  fempre  lene  rife,c^  preparate  tutte  le 
machine  &  tutti  gli  ordigni ,  che  aueuano  a  feruire  a 
murarla,non  perfe  mai  tempo  con  la  mente,di  antiue- 
dere,prepararc,&  prouuedere,&  a  tutte  le  minuterie, 
in  fino  che  non  fi  fcantonafsino  i  marmi  lauoratinel 
tirarli  sù;tanto  che  e'  fi  murò  tutti  gli  archi  de  taberna 
coli,co'i  cartelli  di  legname  :  &  del  refto  come  fi  difTe, 
v'erano  fcritture&  modelli.  La  quale  opera  quanto 
Zìa  la  fua  bellezza  ella  medefima  ne  fa  fede,  per  elTcrc 
d'altezza  da'l  piano  di  terra,  a  quello  della  latcrna  brac 


ti  p  p  o.  m 

€ia  204. &  tutto  il  tempio  della  lanterna  braccia  36*  la 
palla  di  rame  braccia  4  [.  &  il  può  dir  certo  che  gli  an- 
tichi no  andorono  mai  tanto  alto,con  le  lor  fabbriche 
ne  fi  meflbno  a  vn  rifico  tanto  grande,  che  eglino  vo- 
lefsino  combattere  co'l  cielo  ;  come  par'  veramete  che 
ella  combatta  :  veggendofi  ella  eilollcre  in  tanta  altez- 
2a,che  i  monti  intorno  a  Fiorenza,  paiono  fimili  a  lei. 
Et  nel  vero  ,  pare  che  il  cielo  ne  abbia  inuidia ,  che  di 
continuo  le  faette  tutto  il  giorno  la  percuotono  :  pa- 
rendoli che  la  fama  fua  abbia  quafi  vinto  l'altezza  del- 
l'aria. Fece  Filippo  mentre  che  quella  opera  fi  lauora- 
ua  molte  altre  fabbriche,  le  quali  per  ordine  qui  di  fo6 
to  narreremo.Fece  di  fua  mano  il  modello  del  capito- 
lo de'  Pazzi  in  Santa  Croce  di  Fiorenza  ;  cofa  vana,& 
molto  bella:e'l  modello  della  cafa  de'  Bufini ,  per  abita 
zione  di  due  famiglie  :&  umilmente  il  modello  della 
cafa  &  della  loggia  degli  Innocentijla  volta  della  qua- 
le fenza  armadura  fu  condotta;  modo  che  ancora  og^ 
gi  fi  offerua  per  ogniuno .  Dicefi  che  Filippo  fu  con- 
dotto a  Milano,  per  fare  al  Duca  Filippo  Maria  il  mo- 
dello d'una  fortezza  :  &  chea  Franccfco  della  Luna 
amicifsimofuolafciòlacuradi  quella  fabbrica  degli 
Innocenti .  Fece Francefco il ricignimento  d'uno  ar- 
chitraue  che  corre  a  ballo,  di  fopra,il  quale  fecódo  l'ar 
chitettura  è  falfo;  tornando  Filippo  &  /gridatolo,  per 
che  tal  cofa  aueffefatto,rifpofeauerlo  canato  da'ltem 
pio  di  Santo  Giouanni  che  è  antico.Difìe  Filippo  vno 
crror  fòlo  è  in  tale  edifizio ,  &  tu  l'ai  meflb  in  opera. 
Stette  il  modello  di  quello  edifizio  di  mano  di  Filippo 
molti  anni,nell'arte  eli  port  Santa  Maria,tenutone  mol 
to  conto  per  vn'  reflante  della  fabbrica  che  fi  aueua  a 
finire  ;  oggi  è  fmarritofi  .  Fece  il  modello  della  badia 
de  canonici  regolari  di  Fiefole  a  Cofimo  de  Medicina 
quale  è- molto  ornata  y  architettura  commoda  &  alle,- 

S  f    i  i 


524  PARTE.       II. 

gra;&  la  chiefa  sfogatifsima  &  magnifica.  Difegnò  fi- 
milmente  il  Palazzo  di  Santo  Girolamo  da  Fiefole, 
e'1  modello  della  fortezza  di  Vico  Pifàno:&  a  Pifa  di- 
fegnò la  Cittadella  vecchia .  Et  per  lui  fu  fortificato  il 
Ponte  à  mare;  &  egli  Umilmente  diede  il  difegnò  alla 
Cittadella  nuoua,del  chiudere  il  ponte  con  le  due  tor 
ri .  Fece  fimilmente  il  modello  della  fortezza  del  Por- 
to di  Pefero. Ritornato  a  Milano ,  difegnò  molte  cofè 
perii  Duca;  &  ingegni  per  il  Duomo  di  detta  città  a* 
maeftri  di  quella .  Era  in  quefto  tempo  principiata  la 
chiefa  di  Santo  Lorenzo  di  Fiorenza ,  per  ordine  de* 
Popolani;  i  quali  aucuano  il  priore fatio  capomaeftro 
di  quella  fabbricatile  era  tenuto  intendente, &  perfo 
nachefaccua  profefsionedi  intenderfi,  &  fi  andaua 
dilettando  della  architettura  per  palTatempo  :  Et  già 
aueuano  cominciatala  fabbrica  di  pilafbi  di  mattoni, 
&  no  gran  cofa.  Era  allora  tenuto  in  riputazione  G10 
uannidi  Bicci  de' Medici,  &  aueua  prometto  ai  popò 
lani ,  &  al  priore  ;  di  far'  fare  a  fue  fpefe  la  fagreftia ,  3c 
vna  cappella  :  &  come  perfòna  di  ingegno  aucndo  vi- 
llo tante  belle  imprefe  di  Filippo  Ji  diede  definare  vna 
mattina;&  doppo  molti  ragionamenti  li  dimando  del 
principio  di  Santo  Lorenzo  &  quel  che  gli  pareua.Fu 
corretto  Filippo  dai  preghi  di  Giouanni,  a  dire  il  pa- 
rere fuo  ;  &  per  dirli  il  vero ,  lo  biafimò  in  molte  cofe; 
come  ordinato  da  perfòna  che  aueua  forfè  p;u  lettere 
che'  efpcrienza  di  fabbriche,&  di  quella  fòrte.Laonde 
Giouanni  dimandò  Filippo ,  fé'  G  potcua  far  cofa>mi- 
gliore,&  di  più  bellezza:a  cui  Filippo  dille,  fenza  dub 
bio.E,t  mi  marauiglio  di  voi,  che  fendo  capo  non  dia- 
te bando  a  parecchi  migliaia  di  feudi  ,&  facciate  vn 
corpo  di  chiefa ,  con  le  parti  conuenienti  &  al  luogo, 
&r  a  tanti  nobili  fepoltuarii  di  tal  luo^o,che  vedendo- 
vi cominciare ,  feguiteranno  le  lor  cappellc,con  tutto 


PIPPO. 


W 


quel  che  potranno  :&  mafsimeche  altro  ricordo  di 
noi  non  refta,faluo  le  muraglie,  che  rendono  teftimo 
nio  di  chi  è  flato  autore,  centinaia  &  migliaia  d'anni. 
Inanimito  Giouanni  dalle  parole  di  Filippo ,  deliberò 
fare  la  fiigreftia ,  &  la  cappella  maggiore  infieme  con 
tutto  il  corpo  della  chiefà.  Ne  volfcno  concorrere  al- 
tro che  fette  cafàti  appunto,  perche  gli  altri  no  aueua 
no  il  modo;&  furono  quelli, Rondinelli,  Ginori,da  la 
y  Stufa, Neroni,Ciai,Marignolli, Martelli,  &  Marco  di 
Luca  :  &  quelle  cappelle  fi  aueuono  a  fare  nella  croce. 
La  fagreftia  fu  la  prima  coia  atirarfi  inanzi;  &  la  chiefà 
poi  di  mano  in  mano:Et  perla  lunghezza  della  chiefà 
fi  venne  a  concedere  poi  di  mano  in  mano  le  altre  cap- 
pelle a  i  cittadini  pur  popolani  ,  &  di  continuo  erano 
a  vedere  i  popoli  cofì  della  citta  come  foren)ieri ,  tirar 
fu  le  colonne,  &  venir'  pietre,  che  dauono  florpio,  & 
noia  grande  a  i  maeflri  che  ci  lauorauano.  Non  fò  fini 
ta  di  coprire  la  fagreftia,  che  Giouanni  de  Medici  pa£ 
(o  a  l'altra  vita  &  in  fuo  luogo  rimafe  Cofimo  fuo  fi- 
gliuolo .  Ilquale  aucndo  maggior' animo  che  il  padre, 
dilettandoli  delle  memorie  fu  il  primo  principio  che 
«gli  facefsi  murare  ;  che  lo  recò  in  tanta  delegazione, 
che  egli  da  quiuiinanzi  ,femprefino  alla  morte  fece 
murare.Sollecitaua  Cofimo  quella  opera  con  più  cal- 
dezza ;  &  mentre  fi  imbafliua  vna  cofà ,  fiiccua  finire 
l'altra;  Et  auendo  prefb  per  fpaffo  quefla  opcra,ci  (la- 
na cjuafi  del  corintio.  Et  causò  la  fua  follccitudine  che 
Filippo  forni  la  figrcflia  ,  &  Donato  fece  gli  ììucchi, 
&cofi  quelle  porticciuole  l'ornamento  di  pietra  &  le 
porte  di  bronzo.  Aueuano  Giouanni  &  quegli  altri 
ordinato  fare  il  coro  nel  mczzo,fotto  la  tribuna;Cofi- 
mo  lo  rimutò  col  voler' di  Filippo  che  fece  tanto  mng 
giore  la  cappella  grande  ,  che  prima  era  ordinata  vna 
nicchia  più  piccola^  che  e'  vi  fi  potette  fiire  il  coro,co- 

Sf    iii 


4*# 


'"'Wd. 


*■* 


X 


316  P  RTE.       XI. 

me  (U  al  prefente:&  finirà,  rimafè  a  fare  la  tribuna  dei 
mezo,&  il  rello  della  chiefa .  La  qual  tribuna,&  il  re- 
fto,non  fi  voltò  fenon  doppo  la  morte  di  Filippo.Que 
ila  chicfii  è  di  lunghezza  braccia  144.  doue  cauforo- 
no  molti  errori ,  ma  fra  gli  altri  quello  delle  colonne 
melTe  nel  piano5fenza  mctterui  lotto  vn  dado5  che  fuf 
fi  tanto  alto ,  quanto  era  il  piano  delle  bafe  de  pilaftri; 
pofatiinfu  le  fcale  ;cofa  che  al  vedere  il  pilaftro  piu- 
corto  che  la  colonna,  ù'  parere  zoppa  tutta  quell'ope- 
ra. Et  di  tutto  furono  cagione  i  configli  di  chi  rima- 
le dopo  lui,  che  aueuono  inuidia  al  fuo  nome ,  &  che 
in  vita  gli  aueuano  fatto  i  modelli  contro;de  quali  nie 
tedimeno  erano  llati  con  lonetti  fatti  da  Filippo  fuer 
cognati  :  &  dopo  la  morte ,  con  quello  fene  vendico- 
ronojnon  fòlo  in  quella  opera ,  ma  in  tutte  quelle  che 
rimafono  da  lauorarfi  per  loro .  Lalciò  il  modello,  & 
parte  della  calonaca  de  preti  di  elio  Santo  Lorezo  fi- 
nita,nella  quale  fece  il  chiollo  lungo  braccia  i44.Men 
tre  che  quella  fabbrica  Ci  lauoraua,Cofimo  de  Medici 
voleua  far  fare  il  fuo  palazzo ,  &  cofi  ne  dille  l'animo 
fuo  a  Filippo;  che  pollo  ogni  altra  cura  da  canto,  gli 
fece  vn  bellifsimo  &  gran  modello  per  il  palazzo  fuo 
ilquale  fituar  ivoleua  dirimpetto  a  Santo  Lorenzo 
fu  la  piazza  intorno  intorno  ifolato  .  Doue  l'arti 
fìcio  di  Filippo  s'era  talmente  operato  che  parendo  a 
Gofimo  troppo  funtuofa  &  gran  fabbricatili  per  fug 
oire  la  inuidia,  che  la  Ipefà;  lafciò  di  metterla  in  opera» 
Mentre  che  il  modello  lauoraua ,  loleua  dire  Filippo3 
che  ringraziaua  la  forte  di  tale  occafione,auendo  a  fa- 
re vna  cala  di  che  aueua  auto  delìderio  molti  anni ,  8c 
elTèrfi  abbattuto  a  vno  che  la  voleua,&  poteua  fare . 
Ma  intedendo  poi  la  refoluzione  di  Colmo,che  no  vo- 
leua tal  cofa  metter'  in  opera ,  con  Idegno  in  mille  pez 
2Ì  il  difegno  ruppe.  Ma  bene  fi  penti  Cofimo  di  non  a,- 


Pippo.  327 

uere  feguito  il  difegno  di  Filippo,poi  che  egli  ebbe  fat 
to quell'altro  Dicefi  che  Cofìmo  foleua  dire,non  auer 
mai  parlato  ad  huomo  di  maggiore  intelligenzia  & 
d'animo;che  a  Filippo.  Fece  ancorali  modello  per  vn 
Tempio  bizanfsimo  vicino  alla  chiefà  delli  Agnoli  no 
finito  altnmenti,ma  condotto  fino  a  mezo,d'una  fab- 
brica in  ottofacce:Le  carte  della  pianta  &  del  fìnimen 
to  del  quale  fono  appreflb  a  detti  Frati'Quefto  fu  fat 
to!cominciare  da  M.Mattco  Scolari,&  da  altri  grandi 
di  quella  cafa  ;  per  lafciarlo  in  memoria  delle  virtù  8c 
de  fatti  di  Filippo  Spano  degli  Scolari5vittoriohTsimo 
contro  a  Turchi .  Ordinò  a  M.  Luca  Pitti  fuor  della 
porta  a  Santo  Niccolò  di  Fioreza^a  vn  luogo  chiama 
toRuciano,vn  palazzo:&  nella  città  il  principio  d'u- 
eo  altifsimo  &  gran  palazzo,  condotto  al  £neftrato  fé 
condo,tanto  egregio,che  di  opera  Toicana  non  fi  è  vi 
fio  il  più  raro  e'J  più  magnifico .  Sono  le  porte  di  que- 
fto  doppie  ;  la  luce  braccia  x  v  1.  &  larghezza  v  1 1 1.  le 
prime  &  feconde  fineftre  alla  altezza  &  larghezza  del 
le  porte  medefime;vi  fono  le  volte  doppie ,  cofa  8c  ar- 
tificiofa&  di  ingegno,  ne  può  immaginari!  in  bontà 
meglio  in  architettura ,  per  magnificenza .  Dicefi  che 
gli  ingegni  del  paradifò  di  Santo  Felice  in  piazza  in 
detta  città  furono  trouati  da  lui  per  fare  vna  rappre- 
fcntazione,cofa  induiìriofà  a  vedere  muouere  vn'Cie 
lo  pieno  di  figure  viue:è  1  cotrappefi  di  ferri  girare  & 
muouere  &  con  lumi  coperti  &da  fcoprirfis'accen- 
donojcofe  che  diedero  a  Filippo  gradifsima  lode .  Era 
talmente  la  fama  di  Filippo  crefciuta ,  che  era  manda- 
to di  lontano ,  da  chi  aueua  a  far  fabbriche ,  per  auerc 
difègni  &  modelli  di  fua  mano  ;  &  fi  adoperauano  per 
ciò,amicizie,&  mezi  grandifsimi.Et  infra  gli  altri,de- 
fiderandolo  il  Marchefè  di  Mantoua,ne  feri  (Tè  a  ia  Si- 
gnoria di  Firenze  con  giade  initanzia,  &  cofi  da  quel- 


^8  PARTE         II. 

la  gli  fu  mandato^doue  diede  difegni  d'argini  in  fui  far 
medelPol'anno  mccccxlvi.  &  da  quel  principe 
fu  accarezzato  ,  &  riconofciuto;  lodando  molto  la 
virtù  fua,&  dicendo  che  Fiorenza  era  tanto  degna  da 
uer' Filippo  per  cittadino,  &  ingegnofo  quanto  egli 
d'auere  fi  bella  &  nobil  città  per  patria.  Vnaltra  volta  a 
Pifii  il  Conte  Franccfco  Sforza,&  Niccolò  da  Pifa  re- 
fìando  vìnti  da  lui  nelle  fortificazioni  della  guerra,  iti 
fua  prefenzia  lo  còmendorono:  dieedo  che  fé  ogni  fta 
to  anelTe  vn'  huomo  fimile  a  lui ,  che'  fi  poteua  tenere 
ficuro  fenza  arme  Onde  egli  riuolfele  parole,&  diede 
tutti  gli  onori  all'arme  per  loro,  &  allafua  republica 
perloro,&  per  lui.  Diede  molti  altri  difegni  fuori  per 
il  dominio ,  mafsime  per  ripari  da  nimici  per  la  guerra 
de  Fiorentini  co  i  Lucch  efi:&  in  Fiorenza  diede  il  di- 
fegno  della  cafa  de'  Barbadori,  allato  alla  torre  de'  Roi 
fi  in  borgo  Santo  Iacopo.che  non  fi  mefTe  in  opera.co 
fi  quello  della  cafiide'Giuntini  in  fu  la  piazza  d'ogni 
Santi  in  fu  Arno.Fu  deliberato  per  i  Capitani  di  parte 
Guelfa  di  Fiorenza,di  fare  vno  edifizio,  nel  qual  filisi 
vna  fala  &  vna  audienzia  ;  &  percofsi  in  Fracefco  del- 
la Luna,  fi  diede  ordine  a  cominciare  tale  edifizio ,  il 
quale  i  maeftri  aueuano  già  fino  a  lo.braccia  alzato  da 
terra;&  ficendoui  dentro  molti  errori,  Filippo  lo  pre 
fe:&  riduife  a  quella  torma  &  magnificenzia,  che  egli 
fi  vede  al  preferite  raudienzia,randito,&  la  fala.  Nella 
qual  muraglia  ebbe  a  competere  con  Francefco  detto 
fauorito  da  alcuni  fuoi  amici,  &  nel  vero  di  continuo 
fu  forza  che  egli  combattette  :  &  li  facceuono  guerra, 
co' Tuoi  difegni  medefimi ,  tale  che  in  fine  difpcratofj, 
fi  era  ridotto  a  non  mourar  niente.  Ma  faceua  condur 
re  le  mura  deli  opera,&  vn  pezo  qui,&  l'altro  colà,  la- 
feiando  Morfe,accio  confondefle  glingegni  :  &  nonli 
fufsi  dato  più  briga.  Era  vna  quarefima  in  Santo  Spiri 

lodi 


fivto.  $1J 

to  di  Fiorenza  ftato  predicato  da  Maeftro  Franccfco 
Zoppo,allora  molto  grato  a  quel  popolo  :  doue  egli 
raccomandò  molto  il  conuento,Io  Audio  de*  giouani, 
&  particularmcnte  la  chiefa  arfa  in  que  di  ;  Et  per  effe 
re  allora  i  capi  di  quel  quartieri  Lorenzo  Ridolfi  ,  Bar 
tolomeoCorbinelli,Neri  di  Gino  Capponi,  &  Goro 
di  Stadio  Dati;&  altri  infiniti  cittadini  otténero  da  la 
Signoria  di  ordinar  tal  fabbrica. &  ne  feciono  prouue 
ditore  Stoldo  Fi-efcobardi.Ilquale  per  lo  intereflb  che 
egli  aueua  nella  chiefa  vecchia,  che  la  cappella  &  l'alta 
re  maggiore  era  di  caia  loro;  vi  durò  grandifsima  fari— 
ca,&  da  principio  inanzi  che  fi  fufsino  rifcofsi  i  dana- 
ri,fecondo  che  erano  tafTati  i  ft'pultuarii,&  chi  ci  aue 
uà  cappelle;egli  di  Tuo  fpefe  molte  migliaia  di  icudi;de 
quali  fùrimborfàto.  Fatto  dunque  configlio  (òpra  di 
ciò,  fu  mandato  per  Filippo;il  quale  faceffe  vn  model- 
lo con  tutte  quelle  belle,  vtili&  onoreuoli  parte ,  che 
fi  potefsi,a  vn  Tempio  Crifbano  .  Et  egli  fi  sforzò  af. 
fai  con  le  perfuafioni  &  co' prieghi,  che  la  pianta  di 
quello  edifizio,fi  riuoltaffe  capo  piedi. Perche  è  defide 
rana  fbmmamcte  che  la  piazza  di  quello  tepio  arriuaf 
fé liigo  Arno;  accioche tutti  quelli  che  di  Genoua& 
de  la  riuera,cofi  de  la  lunigiana,de'l  Pifano,et  del  Lue 
chefepafFstifero  di  cofìi ,  vedefsinola  magnificenza  di 
quella  fabbrica.  Ma  certi  che  aueuono  interefìo  per  le 
cafeloro^vollono  che  ella  fi  voltalTe  dalla  bada  di  la.Et 
cofi  fece  modello  della  abitazione  de'frati,che  infieme 
co  quello  della  chiefa  fu  tenuto  cofamirabile.Ordinol 
la  di  lughczza  di  braccia  161. ne  fi  può  far  opera  per  or- 
dine di  coione,  ne  più  ricca,  ne  più  vaga,nepiuariofà 
di  quella.  &  nel  vero  fé  non  fulTe  (tato  dalla  maladizio 
ne  di  coloro,  chefempreper  parere  d'intendere  più 
che  gl'altri ,  nel  finire  le  cole  imperfette  per  le  morti, 
continua  guaftano  i  pnneipii  belli  delle  eofe  :  farebbe 

Tt 


Q&  PARTE      IT. 

oggi  il  più  perfetto  tempio  de'Criiìiani;coii  come  per 
tanto  Tempio  egli  è  il  più  vago  &  meglio  {partito  del 
li  altri;  Pur  che  e'  fu  (Te  (lato  feguito ,  come  certi  prin- 
cipe delle  porte  di  dentro  ,&ricignimenti  delle  fine- 
ftre  di  fuori  ;  auendo  accennato  nel  modello  &  parte 
nell'opera,che  quel  che  giraua  dentro,girafle  medefi- 
mamétedi  fuori. Sonui  alcuni  errori  che  gli  tacerò  at- 
tribuiti a  lui;  i  quali  {ì  crede  che  egli  fé  TauelTefegii ita 
to  di  fabbricare;non  gli  arebbe  comportati;poi  che  o-, 
gnifua  cola  con  tanto  giudizio,difcrezione,ingegno 
&  arte,  aueua  ridotta  in  pei  fezzione.Quefta  opera  Io 
rendè  medefimamete,per  vno  ingegno  veramente  di-, 
uinoiche  meritò  efTere  amato  da  chi  il  conobbe;&  am 
mirato  da  coloro  che  confidereranno  lebellifsimeo-, 
pere  fue.Fìi  facetifsimo  nel  fuo  ragionamento,  &  mol 
to  arguto  nelle  rifpoftexome  fu  quado  egli  volfè  mor 
dere  Lorenzo  Ghiberti,  che  aueua  compero  vn  pode 
re  a  Mote  morello,  chiamato  Lepriano;nel  quale  fpen 
deua  due  volte  più,che  non  ne  cauaua  entrata,  che  ve 
nutoli  a  faftidio  lo  vende:domandato  Filippo  qual  fuf 
fi  la  migliorcofa  che  facefsi  Lorenzo ,  penfàndo  forfè 
per  la  nimicizia  egli  douefsi  fallarlo,  rilpofè,  vendere 
Lepriano.Finalméte  diuenuto  già  molto  vecchio,cio 
è  di  anni  lxix.  Tanno  mccccxlvi.  addi  x  v  i.  d'A- 
rile a  miglior  vita  mandò  fi  nobilifsimo  fpintoril  qua 
e  cori  come  affaticandofi  per  lafciar'tante  memorie  di 
ie,meritò  interra  nomeonorato,ragioncuolmete  ere 
dete  fi  puote,che  sii  nel  cielo,abbia  auuto  luogo  quie-? 
to.  Dolfe  infinitamente  alla  patria  fua  che  lo  conobbe 
&  lo  ftimò  molto  più  morto  non  fece  viuo:&  fu  fepel 
lito  con  onoratifsimeefcquie,  &  onore  in  Santa  Ma-, 
ria  del  Fiore;ancora  che  la  fepoltura  fua  fuiTc  in  San-< 
to  Marco,  fotto  il  Pergamo  verfo  la  porta;  doue  è  vn' 
arme  co  due  foglie  di  fico,&  certe  onde  verdi  in  carru 


l 


t     L 


pippo.  33* 

pò  d'oro;per  eflere difcefi i  Tuoi  del  Ferrarefè  da  Ficar 
uolo  cartello  in  fui  Po,  che  le  foglie  fanno  il  cognome 
del  caftello;&  Tenderei  fiume.Pianfero  coftui  infini- 
ti Tuoi  amici  artefici,&  mafsime  i  più  poueri,  quali  di 
continuo  beneficò  ;&  cofi  Crirtianamcnteviuendo, 
-lafciò  al  mondo  odore  della  bontà  fua,&  delle  egregie 
fu  e  virtù.  Panni  che  figli  pofìa  attribuitene  da  gli  an 
tichi  Greci,&  da'  Romani  in  quà,non  ci  fia  flato  il  più 
raro  ne  il  più  eccellente  di  lui;Et  tanto  più  merita  lo- 
de ,  quato  ne'  tempi  fuoi  era  la  maniera  Todefca  in  ve 
Aerazione  per  tutta  Italia,&  dagli  Artefici  vecchi  efer 
citata,  come  in  infiniti  edifici  fi  vede»  San  Petronio  di 
Bologna,  Sata  Maria  del  Fiore,  in  Fioreza  la  chicfa|di 
Santa  Croce  &  Orto  S.  Michele,&  fimilmete  il  Palaz 
zo  &  la  loggia  de  Signori;  la  Certofa  di  Pauia,il  Duo 
mo  di  Siena,&  quello  di  Pifa,&  molti  altri  edifici,che 
non  fa  meftiero  nominarli.  Egli  ritrouò  le  Corniciar! 
tiche;&  l'ordine  Tofcano,Corintio,Dorico,&  Ioni- 
co alle  primiere  forme  reftitui.Ebbe  vn  difcepolo  dal 
Borgo  a  Buggiano,  dettoli  Buggiano:  il  quale  fece 
l'acquaio  della  fagreftia  di  Santa  Reparata  co  certi  fan 
ciulli  che  gettano  acqua  ;  &  fece  di  marmo  la  tefia  del 
fuo  maertro  ritratta  di  naturale ,  che  fu  porta  dopo  la 
iua  morte  in  Sata  Maria  del  Fiore  alla  porta  a  man  de- 
lira entrado  in  chiefa;  doue  ancora  è  il  fottoferitto  epi 
tarVio,mefToui  dal  publico  per  onorarlo  dopo  la  mor- 
te cofi  come  egli  viuo  aueuaonorato  la  patria  fua» 
D.  S. 

QVANTVM  PHILIPP  VS  ARCHITECTVS  ARTE 
DAEDALEA  VALVERIT,  CVM  HVIVS  CELE- 
BERRIMI TEMPLI  MIRA  TESTVDO,  TVM 
PLVRES  ALIAE  DIVINO  INGENIO  ABEO  AD 
INVENTAE  MACHINA  E,  DOCVMENTO  ESSE 
SOSSVNT3   QJ/APROPTER    OB   EXIMIAS    SYI 

Tt      ii 


$$i  PARTE.       II. 

ANIMI  DOTEJ  SINGVLARESQVE  VIRTVTE* 
EIVS.  B.  M.  CORPVJ.  XV.  CALEND.  MAIAS 
ANNO  MCCCCXLVI.  HAC  HVMO  SYPPOSITA 
GRATA    PATRIA    SEPELIRI    IVSSIT. 

Altri  nientedimanco  per  onorarlo  ancora  maggior- 
mente,gli  hanno  aggiunto  quefti  altri  due. 

PHILIPPO  BRVNELESCO  ANTIQVAE  ARCHI 
TECTVRAE    INSTAVRATORI.  J.    P.    Q^_.    F. 

CIYI    SVO    BENE   MERENTI. 


P. 


PIPPO. 


Tal/oprafa/fifa/fi 

Vigiro  ingiro  eternamente  wftrufii  : 

Checofipaffopaffo 

*Ako girando  ài  Ctet  mi  riconduci . 


- 


I 


DONATO   SCVL- 

TORE    FIOREN- 
TINO. 

Li  {cultori  che  noi  abbiamo  chiama 
ti  vecchi, ma  non  antichi  ;  sbigottiti 
dalle  molte  difficultà  della  arte;  con- 
duceuano  le  figure  loro  fi  mal'  cono 
(ledi  artifizio  &  di  bellezza  ;  che,  o 
di  metallo,©  di  marmo  che  elle  fi  fuf- 
finojaltro  non  erano  però  che  tonde; 
fi  come  aueuano  efsi  ancora  tondi  gli  (piriti ,  &  gli  in- 
gegni ftupidi  &grofsi.  Et  naiceua  tutto  da  quello, 
che  ritraendosi  efprimeuano  fé  medefimi:&  fé  medefl 
mi  affomigliauano.Etcofilcpouerecofèloro ,  erano 
in  tutto  pnue  de  la  perfezzionc  del  difegno ,  &  della 
viuezza.Eflendo  veramente  al  tutto  imponibile,  che 
chi  non  ha  vna  cofa,Ia  poffa  dare.Perlaqualcofà  la  na- 
tura guidamente  {degnata,  per vederli  quafi  beffare 
da  le  ftrane  figure ,  che  coftoro  lafciauano  al  mondo, 
deliberò  far  nafcere,chi  operando, riducefie  ad  ottima 
forma,  con  buonagrazia  &  proporzione,  i  male  arri- 
uati  bronzi ,  &  i  poueri  marnili  da  lei  come  da  madre 
benigna  ,  &  amati ,  &  tenuti  cari ,  Ci  come  cofe  dallei 
prodotte  con  lunga  diligenzia,  &  cura  grandifsima  . 
La  onde  per  meglio  adcp:ere  la  volontà  &  la  delibera- 
zione {iiajColmò  Donato  nel  nafccre,dj  marauigliofc 
doti:Et  in  perfòna  quafi  di  fé  medefima  lo  mandò  qua 
giù  tra'  morcali ,  pieno  di  benignità,  di  giudizio, oc  di 
amore. Per  il  che  degnando  egli  ciafeuno  che  opcraflè 
o  con  diletto  fare  altrui  operare  Ci  ingegnale ,  lafciò 
fempre  godere  de  le  fue  fatiche,  non  {òlaméte  gli  ami 

Tt     iii 


3^4  PARTE       II. 

ci  fuouma  &  chi  no  lo  conofceua  ancora.  Ne  regnò  ti 
rannia  alcuna  nella  virtù  chegli  diede  il  cielo,  ri/errati 
doli  a  lauorare  per  le  buche ,  a  ciò  che  i  modi  della  bel 
la  maniera  fua,non  gli  fu  (sino  veduti  operare;  Anzi  la 
uoróegli  Tempre  le  cofe  fue  apertifsimamence  ;  fi  che 
ognuno  le  potè  vedere.Fù  fi  grato,fi  piaceuole,&tan 
to  onefto  in  ciafeuna  Tua  azzione>che  fé  il  fecol' d'oggi 
lo  pregia  &  venera  cofi  morto  ;  molto  maggiormente 
la adorerebbe,fe  e' fulTe  viuo  .  Attefo  che  doue i  mo- 
derni artefici  fono  oggi  per  lo  più,  tutti  pieni  di  inui- 
dia  Se  di  fuperbiajmefcolata  con  vna  vana  ambizione 
in{olente;Donato  era  benigno,  cortefe,  vmilc,&fen- 
za  alcuna  riputazione.  Doue  quefti  nuocono  al  prof. 
fimo;fi  sforzaua  egli  giouargli  fempre;lodando  mode- 
ftamente,  &  congiudiziofòrefpetto  lecofe  de'fuoi 
artefici. Felicifsi mi  giorni,&  beati  fecoli,  che  vi  gode 
fle  tanta  virtù  &  tanta  bontà,quando  gli  artefici  buo- 
ni erano  Padrinamici,maefìri  &  compagni,  a  chi  vole 
uà  imparare  ;  Diceuano,  ciò  è  moftrauano  gli  errori  a 
chi  operaua;ma  dolcemente;&  quando  fi  poteua  anco 
ra  ripararui;Ma  non  vi  ellendo  riparo  alcuno,  non  pu 
blicauano  la  altrui  vergogne.  Vfauano  infìeme  da  fra- 
telli con  caritatiua  amoreuolezza:&  fempre  nelle  oc- 
corenze loro  fi  giouauano  l'uno  all'altro .  Onde  piac- 
que al  Cielo  in  quefto  fecolo  pieno  di  bontà  mandar 
Donato  a  operare  in  terra  ;  acciò  trouando  gli  artefici 
buoni,troua(Te  ancora  gli  huomini  volenterofi  di  far- 
lo operare .  Nacque  Donato  l'anno  mccclxxxiii.. 
nella  città  di  Fiorenza;&  da  fiioi  cittadini  x  &  da  gli  ar 
tefici  fuoi  Donatello  per  lo  più  fu  chiamatOy&  in  mol 
te  opere  ancora  (i  fottofcrifTe  cofi .  Fu  fcultor  raro ,  8c 
ftatuario  marauigliofo  ;  pratico  ne  gli  Racchi  &  va- 
lente; &  nella  profpettiua ,  &  nella  architettura  fimil- 
mcntc  molto  Rimato.  Ma  nelle  cofe  fue^di  grazia  di 


DOAN  TELLO.  $35 

bontà  &  di  dilegno  &  di  pratica  diuenne  tale ,  che  od 
fèruando  le  vcftigiadeH' antica  maniera  de  gli  eccellen 
ti  Greci,&  de  Romani,  tanto  fimile  in  efia  appara  che 
fènza  dubbio  fi  ammira  per  vno  de  maggiori  ingegni 
che  più  fi  accoftaiTe  alle  vere  difficultà  di  coloro,  che 
perfettamente  l'hanno  inoltrate»  fi  come  appare  in  tue 
te  le  opere  fue ,  Onde  veramente  fé  gli  dà  grado  del 
primo,  che  metteiTe  in  buono  vfo  la  inuenzione  delle 
ftorie ,  ne  baisi  rilieui ,  i  quali  da  lui  furono  talmente 
operati,  che  alla  confiderazione  perfetta ,  di  facilità  Se 
di  magifterio  moft.ro  fapergli  con  intelligenzia  ,  & 
con  bellezza  più  che  ordinaria.  Perche  operando,non 
che  alcuno  artefice  allora  lo  vincefle ,  ma  nell'età  no- 
fìra  ancora  non  è  chi  lo  abbia  paragonato.  Fu  alleuato 
da  fanciullezza  in  caia  Ruberto  Martelli;&  per  le  buo 
ne  qualità  &  per  lo  Audio  dalla  virtù  fua,nó  fblo  meri 
tò  d'eiTere  amato  da  lui, ma  ancora  da  tutto  il  parenta- 
do fuo,&  da  efsi  fauorito.  Lauorò  nella  giouentu  fua 
molte  cofe,delle  quali  perle  molte  che  ne  {ecc  ì  non  fi 
tenne  molto  gran  conto  Ma  quello, che  gran  nome 
gli  diede  ,  &  che  conofeer  lo  fccc^  fu  vna  Nunziata  di  - 
pietra  di  macigno,che  in  Santa  Croce  di  Fiorenza,  fu 
poflaallo  altare  &  alla  cappella  de' Caualcanti.  nella 
quale  opera  fece  vno  ornamento  di  componimento 
alla  grottefca,con  bafamento  vario ■&  attorto,  &  fini- 
mento a  quarto  tondo, con  lei  putti,ch'  reggono  alcu 
ni  fedoni  i  quali  putti  finfe  che  per  auer"  paura  dell'al- 
tezza, tenédofi  abbraciati  l'un  l'altro  s'afsicurano .  Ma 
molto  più  ingegno  &  arte  moitrò  ancora  nella  figura 
della  Vergine ,  laqnale  impaurite  dello  ìmprouifò  ap- 
parire dello  Angelo,  muoue  timidamente  ma  con  dol 
cezza  la  fua  perfona  quafi  a  la  fuga  :  &  da  l'altra  parte 
con  bellifsima  grazia  &  onefta,  fi  riuolge  a  chi  la  falu- 
ta.Di  maniera  che  e'  le  le  feorge  nel  vi(o3  quella  vmil- 


336  partì,    n. 

ià  Se  gratitudine  fbmma,  che  del  non  affettato  dono^ 
tanto  più  fi  debbe  a  chi  te  lo  dona,  quanto  più  il  dona 
è  maggiore.  Dimoftrò  oltra  quelto  Donato  ne'panni 
della  Madonna  &  dello  Angelo,  con  lo  effere  bene  ri- 
girati ,  &  maeflreuolmente  piegati, cercare  lo  ignudo 
delle  figure;  cornee  ccrcauadi  di/coprire  la  bellezza 
degli  antichi, fiata  nafeofagia  cotanti  anni.  Et  moftrò 
tanta  facilità  &  magiflerio  in  quefla  opera,che  non  ma 
co  fi  Rnpire  nel  vederui  la  breuità  del  fare ,  quanto  fa 
più  il  conofeere  l'artificio  Se  la  dottrina  dello  auerla  la 
puta  fare.  Nella  chiefamedefima  lotto  il  tramezo  a  la- 
to alla  (Iona  di  Taddeo  Gaddi,fece  vn  Crocifiifo  di  le 
gno,&  lauorandolo ,  con  fatiche  ftraordinaric  paren- 
dogli di  auere  fatto  vna  opra  lodatifsima ,  chiamò  per 
il  primo  Filippo  di  Sei*  Brunellefco,che  era  domeftico 
amico  fuo,chelo  venifle  a  vedere .  Et  di  compagnia  a 
cala  inuiatofi  con  efìo ,  incominciò  per  la  via  Donato 
a  moftrare  le  diftìcultà  che  hanno  coloro,i  quali  a  fine 
conducono  vna  opera  degna  di  lode,  Se  quanti  fon* 
queglijche  fuggono  la  via  delle  fatiche.  Et  cofi  in  cafa 
entrati,  Se  villo  Filippo  l'opera  di  Donato ,  penfàndo 
veder  meglio3fi  tacque,&  alquanto  forrile.  Vedendo 
quello  Donato  lo  {congiurò  per  l'interefìo  dell'amici- 
iia,che  la  opinione  fua  ne  diceife,  perche  elTendo  foli 
liberamente  farlo  poteua.  La  onde  Filippo  liberalis- 
mo effendo ,  non  glie  ne  fu  auaro ,  dicendogli, che  gli 
pareua,clV egli  aueiTemefTb  in  croce  vn  contadino,  & 
non  il  corpo  di  chris  TO,ilquale  fu  delicati fsimo  ài 
membra, &  d'afpetto  gentile  ornato .  Vdendofi  mor- 
der Donato  più  a  dentro  che  non  penfaua ,  &  auendo 
creduto  fentirneilcontrario,gli  nfpofe.  Secofifacil 
foflfe  a  fare,come  a  giudicare,il  mio  ghrijto  ti  par- 
rebbe e  h  ri  s  t  o,&  non  contadino:però  piglia  del  le- 
nona proua  a  fare  ancor  tu.Tacqiìe  Filippo  lenza  più 

far 


DONATELLO.?  $$7 

far  motto  a  Donato;  &  à  cara  tornato/bordino  di  fare 
vn  chris  t  o  di  legno  alla  mifura  di  quello,  che  aue- 
«a  fatto  Donato;&  fenza  farlo  fapere  altrui,  molti  me 
fi  dietro  a  efTo  confumò;  cercando  auanzar  Donato, 
accio  il  giudicio,che  dato  gli  aueua ,  pei  fetto,&  inte- 
ro fi  rimaneffe.  Finito  che  l'ebbe  andò  Filippo  per  Do 
nato,&  moftrando  che  fofle  a  cafo,  fcco  lo  inuitò  a  de 
fìnare,come  ìpcilo  erano  vfàti  di  fare  infieme .  Et  nei 
pafìare  per  mercato  vecchio^Filippo  comperò  formag 
gio,huoua,&  frutte;&  co  quefte  cofè  inuiò  Donato  a 
cala,  dandogli  la  chiaue  dell'ufcio  :  &  in  quello  mezo 
fatto  fembiante  fermarfi  per  il  pane  al  fornaio ,  tanto 
indugiò^che  Donato  acafafu  giunto.Ilqualearriuat© 
a  cafa,  &  aperta  la  porta ,  &  in  terreno  entrato,vide  il 
CrocifilTo  di  Filippo,a  vn  buon  lume  pollo ,  di  perfez 
zione  &  fi  marauigliofamente  finito;che  di  ftupore  6c 
di  terror  ripieno  ne  rimafe  vinto  talmente, che  la  tene 
rezza  dell'arte  &  la  bontà  di  quella  opera  ,  gli  aperfè  le 
mani,  con  le  quali  (Irene  teneua  il  grembiule  pieno  di 
quelli  frutti  ethuoua  et  formaggio, fi  che  il  tutto  fiver 
so  in  terra  &  fi  fracafsò .  Sopragiuntolo  Filippo  &im<- 
mobile  trouandolo,  cofidei  ò  che  fi  come  lo  iìupor  del 
l'opera  gli  aueua  aperto  le  mani,  cofi  do u elle  il  core  8c 
l'animo  il  medefimo  auer  fatto.Onde  ridendo  qli  dille 
che  ùi  tu  ,  con  mandare  male  &  verfar  ciò  che  defina- 
re  dobbiamo  ?  Rifpofe  Donato ,  io  per  me  ho  la  mia 
parte  auinto  ftamaneperche  attendi  tu  a  raccorla  tua 
imperò  che  conofeo  &  veramente  confefTo ,  eh'  atee 
conceduto  farei  christi  &  a  mei  contadini.  Nel 
Tempio  di  San  Giouanni  di  Fiorenza  fece  la  fepoltu- 
ra  di  Papa  Giouanni  Cofcia  {tato  disfatto  dal  Conci- 
lio Conftanzienfe:  La  quale  gli  fu  fatta  fare  da  Cofi- 
mo  de'  Medici,amicifsimo  del  detto  Cofcia.  Et  in  que 
ftafece  Donato  di  fua  mano, il  morto  di  brónzo  dora 

Vv 


$$8  P  R  T  E  .       1 1. 

tó,&  di  marmo  la  fperanza  &  la  carità  :  Et  Micheloz- 
zo  creato  fìio  fece  la  fede  .  Vedefi  nel  medefimo  Tem- 
pio &  dirimpetto  a  quefta  opera,di  mano  di  Donato, 
vna  Santa  Maria  Maddalena  di  legno ,  in  penitenzia  : 
molto  bella  &  molto  ben'  fatta. Et  in  mercato  vecchio 
(òpra  vna  Colonna  di  Granito,  vna  Douizia  di  maci- 
gnoforte,  tutta  ifolata;dagli  artefici  lodata  fommame 
te.  Fece  in  Giouentù  fua  nella  facciata  di  Santa  Maria 
del  Fiore ,  vn'  Daniello  profeta  di  marmo  :  Et  di  mar- 
mo medefimamente  vna  (tatua  di  braccia  quattro,che 
fiede,di  vn'  San  Giouan  Euangeiiiìa  molto  lodata ,  & 
con  femplice  veftito  abbigliata. Et  vedefi  in  detto  luo- 
go fui  cantone,  perla  faccia  che  riuolta  per  andare  nel 
la  via  del  Cocomero ,  vn'  vecchio  fra  due  colonne  più 
firnile  alla  maniera  antica ,  eh'  alcuna  altra  cofa  che  di 
fìio  fi  poffa  vedere.Conofcendofi  nella  tefìa  di  quello, 
i  penfieri  che  arrecano  gli  anni  afflitti  dal  tempo,&  dal 
la  fatica .  Fece  nella  chiefà  di  dentro  l'ornamento  fò- 
pra  la  fàgreftia  vecchia  /opra  l'organorcon  le  figure  in 
bozze  le  quali  a  guardarle  di  terra  paiono  veramente 
viuere>&  muouerfi:talmente  che  di  lui  fi  può  dire,che 
e'iauoraifetanto  col  giudicio  ,  quanto  con  le  mani. 
Nella  fagreftianuoua  ordinò  il  dilegno  di  que'fanciul 
li,che  tengono  i  feftoni,che  girano  intorno  al  fregio. 
Et  dicono  ancora,  che  il  difegno  delle  figure  perfarfi 
di  vetro  nell'occhio  fotto  la  Cupola  douee  la  incoro- 
nazione di  Noftra  donna,  ha  maggior  forza  in  fé,  che 
gli  altri  da  diuerfi  maeftri  difegnati .  A  San  Michele  in 
Orto  in  detta  città  lauoro  di  marmo  alla  arte  de' bec- 
cai laftatua  di  San  Piero,  figura  fàuifsima  &  mirabile: 
&  all'arte  de'linaiuoli  il  San  Marco  Euangelifta  il  qua 
le  auendo  egli  prefò  a  fare ,  infieme  con  Filippo  Bru- 
nellefchi ,  Filippo  lo  lafciò  poi.'finirealui.Eteffo  con 
tanto  giudizio  &  amore  lo  lauorò ,  eh'  effendo  in  ter* 


DONATELLO. 


339 


ra,  &  non  piacendo  a'  Confoli  di  quella  arte  fu  per  no 
edere  podo in  opera.  Peni  che  difie  Donato  che  e' lo 
lafciaftero  mettere  lafsù,che  voleuamoft  rare,  lauoran 
doui  attomo,che  vn'altra  figura,  &  non  più  quella  ri- 
torncrehbe.Et  cofi  fattola  turò  perx  v.  giorni,&  fen 
za  altrimenti  toccarla  la  fcoperfe,  riempiendo  di  mara 
uiglia  ogniuno  :  &  per  cofi  egregia  fu  lodata  da  tutti. 
All'arte  de  Corazzai  fecevna  figura  di  San  Giorgio 
armato  viuifsima  &  fierifsima .  Nella  tefìa  della  quale 
fi  conofce  la  bellezza  nella  giouentu ,  l'animo  &  il  va- 
lore nelle  armi ,  vna  viuacità  fieramente  terribile  ,  & 
vn'  marauigliofo  getto  di  muouerfi  dentro  a  quel  f࣠
fo.Et  certo  nelle  figure  moderne  non  s'è  veduta  anco 
ra  tanta  viuacità  ne  tanto  fpirito  in  marmo ,  quanto  la 
natura  &  l'arte  operò  con  la  mano  di  Donato  in  que- 
llo. Et  nelbafamento  che  il  tabernacolo  di  queiìo  reg 
gè  lauorò  di  marmo  in  baffo  rilieuo  quando  egli  amaz 
zo  il  ferpente .  Fra  le  quali  cofe  è  vn  cauallo  molto  fil- 
mato &  molto  lodato.  Nel  frontifpizio  fece  dì  baffo 
rilieuo  mezo  vn  Dio  Padre .  Et  dirimpetto  alla  chiefa 
di  detto  San  Michele  in  detto  oratorio  lauorò  di  mar- 
mo &  con  l'ordine  antico  detto  Corintio  fuori  d'ogni 
maniera  Todefca,il  tabernacolo  per  l'arte  della  Merca 
tantia:per  collocare  in  effo  due  fìatue,lequali  non  voi 
fé  fare  ,  perche  non  fu  d'accordo  del  prezzo  Quefìe  fi- 
gure dopo  la  morte  fua  fece  di  bròzo  Andrea  del  Ver 
rocchio.  Lauorò  di  marmo  nella  facciata  dinanzi  del 
Campanile  di  Santa  Maria  del  Fiore  quattro  figure  di 
braccia  cinque;dellequali  due  ritratte  dal  naturale,  fo 
no  nel  mezo,i'unaé  Francefco Soderini  giouane  ,  & 
l'altra  Giouanni  di  Barduccio  Cherichini,  oggi  nomi 
nato  il  Zuccone.  Laquale  per  efìcre  tenuta  cofa  rarif. 
fima& bella  quanto  ncflunache  faceflfemai,foleua 
Do  nato,quacIo  voleua  giurare,  fiche  fi  gli  crcdeiTc,di 

Yv    ii 


34°  PARTE         II. 

re  alla  fe3cli'io  porto  al  mio  Zuccone  ,&  mentre  che 
lo  lauoraua  guardandolo  tuttauia ,  gli  diceua ,  fauella 
fauella,che  ti  venga  il  cacafangue.Et  da  la  parte  di  ver 
fò  la  Canonica,fopr  a  la  porta  del  Campanile  fece  vno 
Abraam,che  vuole  faenficare  Ifaac,&  vn'altro  profe- 
tajlequali  figure  furono  porte  in  mezo  a  due  altre  fia- 
tile.Fufe  per  la  Signoria  di  quella  città  vn  getto  di  me 
tallo  j  che  fu  locato  in  piazza  in  vno  arco  della  loggia 
loro  :  &  è  Giudit  che  ad  Oloferne  taglia  la  teftaj  ope- 
ra di  grande  eccellezia  &  di  magifteno,la  quale ,  a  chi 
confiderera  la  femplicità  del  difuori  nello  abito  Se  nel 
lo  afpetto  di  Giudit ,  manifeftamente  fcuopre  nel  di 
dentro,l  animo  grande  di  quella  Donna, &  lo  aiuto  di 
dio;  ficome  nella  aria  di  effo  Oloferne ,  il  vino  Se  il 
fonno,&  la  morte  nelle  fue  mcmbra,che  per  aucre  per 
duti  gli  fpiriti  fi  dimoflrano  fredde  Su  cafcanti.Quefta 
fu  da  Donato  talmente  condotta,  che  il  getto  con  fòt 
tilitaè  venuto.  &  conpazienziaéc  con  grandifsimo 
amore  :  &  appreflb  fu  fi  rinetta,  che  marauiglia  gran- 
difsima  è  a  vederla.  Similmente  il  hafàmento  di  grani- 
to con  femplice  ordine  fi  dimoltra  ripieno  di  grazia, 
&  a  gli  occhi  grato  in  afpetto.  Et  fi  di  quella  opra  fi 
fenti  fòdisfare,che  più  che  all'altre  il  nome  fùo  gli  par 
uè  di  douerui  imprimere,fcriuedoui,  Donatelli  opus. 
Trouafi  di  bronzo  nel  cortile  del  palazzo  di  detti  Si- 
gnori vn  Dauid  ignudo  quanto  il  viuo,  ch'a  Golia  ha 
troncato  la  tcAa;&  alzando  vn  piedc,fbpra  eflb  lo  po- 
(à;&  ha  nella  delira  vna  fpada .  Et  e  la  figura  in  fé  tan- 
to naturale,  nella  viuacita  &  nella  morbidczzajche  im 
pofsibilc  pare  a  gli  artefici,chc  ella  non  fia  formata  fo- 
pra  il  viuo  .  Staua  già  quefta  ftatua  nel  Cortile  di  cafà 
Medici;&  per  lo  efsilio  di  e  o  s  i  M  o  in  detto  luo^o  fu 
portata.E  pofto  ancora  nella  fala ,  doue  e  l'oriuolo  di 
Lorenzo  delia  Volpaia ,  da  la  mano  (ini Aia  vn  Dauid 


DONATELLO.  34* 

di  marmo  ;  che  tiene  fra  le  gambe  la  tefta  morta  di  Go 
ha  (otto  i  piedi  3  3c  con  vna  fromba ,  che  ha  in  mano, 
quella  ha  percofTa.  In  cafa  Medici  nel  primo  cortile  Co 
no  otto  tondi  di  marmo ,  douelbno  ritratti  cammei 
antichij&  rouefcidi  medaglie  ,&  alcune  ftorie  fatte 
da  lui,molto  belleji  quali  fono  murati  nel  fregio  fra  le 
fineftre  &  l'architraue  fopra  gli  archi  delle  logge  .  Si- 
milmente la  reftaurazione  d'un  Marfia  di  marmo  bian 
co  antico ,  pofìo  all'ufcio  del  giardino  :  &  vna  infinita 
di  tene  antiche  pofte  fopra  le  porte,  reftaurate&  da 
lui  acconce  con  ornamenti  d'ali  &  di  diamanti;impre- 
fà  di  e  o  s  i  M  o  ,  di  ftucchi  benifsimo  lauorati.  Fece  di 
granito  vn  bellifsimo  vafo  chegettaua acqua;  &  al 
giardino  de'Pazzi  in  Fiorenza  vn'akro  fimile  ne  lauo 
rò  che  medefimamentc  getta  acqua. Sono  in  detto  Ino 
{>o  Madonne  di  marmi  &  di  bronzi  di  baffo  rilieuo,& 
altre  florie  di  marmi  di  figure  bellifsimc  &  di  fchiac- 
ciato  rilicuo  marauigliofc .  Et  fu  tanto  l'amore ,  che 
Cosimo  portò  alla  virtù  di  Donatocene  di  continuo 
lofaceualauorar;  agallo  incontro  ebbe  tanto  amore 
verfò  Cosimo  Donato;  eh'  ad  ogni  minimo  fuo  cen- 
no indotnnaua  tutto  quel  che  voJeua  &  di  cotinuo  lo 
vbbidiua.Dicefi,che  vn  mercante  Genoueic,fcce  fare 
a  Donato  vna  tefìa  di  bronzo  quanto  il  viuo,  bellifsi- 
ma,  &  per  portarla  lontano  Ibttilifsima  di  mcttallo;& 
che  per  mezo  di  Cosimo  tale  opra  gli  fu  allogata. Fi 
nitala  adunque  volendo  il  mercante  fodisfarlo3gli  par 
uè  che  Donato  troppo  ne  chiedeflV  perche  fu  rimef- 
fo  in  e  o  s  i  m  o  il  mercato:&  fatta  portare  in  fui  corti- 
le di  ibpra,che  in  detta  cafa  &  fu  pofata  fra  merli,,  che 
voltano  fu  la  ftrada,accio  che  meglio  veder  la  potefsi- 
no.  cosmo  volendo  accomodare  la  differenza  ,  tro 
uò  il  mercante  molto  lontano  da  la  chieda  di  Donato 
perche  voitatofi  difle>ch'  era  troppo  poco .  La  onde  il 

Vv     iii 


341  PARTE       II. 

mercante  parendogli  troppo  diceua,  chein  vnmefè 
o  poco  più  lauorata  l'aueua  Donato  ;  &  che  gli  tocca 
uà  più  d'un  mezo  fiorino  per  giorno .  Si  volle  allora 
Donato  con  collera,  parendogli  d'eifere  orfefbtrop- 
po,&  diffe  al  mercantesche  in  vn  centesimo  d'ora  aue- 
rebbe  fàputo  guaftare  la  fatica  e'1  valore  d'uno  an- 
no^ dato  d'urto  alla  tefta ,  fubito  fu  la  ftrada  la  fece 
minare  :  dellaquale  fé  ne  fer*  molti  pezzi ,  dicendogli, 
che  ben  moftraua  d'efìere  vfb  a  mercatar  fagiuoli  ,  & 
non  ftatue .  Perche  egli  pcntitofigli  volle  dare  il  dop- 
pio più, perche  la  rifacefle,&Donato  nò  volfe  per  fuc 
promefTe,neperprieghidi  Cosimo  rifarla  già  mai. 
Sono  nelle  calè  de' Martelli  di  molte  ftorie  di  marmi 
«&  di  bronzi,  infra  gli  altri  vn  Dauid  di  braccia  tre ,  & 
infinite  cofe  da  lui  in  fede  della  fèruitu  &  dell'amore, 
eh*  a  tal  famiglia  portaua  donate  liberalifsimamete ,  & 
particularmente  vn  San  Giouanni  tutto  tondo  di  mar 
mo,finito  da  lui  di  tre  braccia  d'altezza,cofà  ranisima 
oggi  in  cafa  gli  eredi  di  Ruberto  Martelli ,  da  eflb  in 
prefente  riceuutordelquale  fu  fatto  vn  fideicommiffo 
che  ne  impegnare,ne  védere,ne  donare  fi  potefle,fèn- 
5ta  gran  pregiudicio,per  teftimonio  &  fede  delle  carez 
ze  vfàte  da  loro  a  Donato,  &  da  effo  a  loro  in  ricono- 
feimento  de  la  virtù  fua,  lacuale  per  la  protezzione  & 
per  il  comodo  auuto  da  loro,aueua  imparata.  Fece  an 
cora  a  Napoli  vna  fèpoltura  di  marmo  per  vno  ardue 
fcouo,da  Fiorenza  mandataui  per  acqua,poita  in  San 
to  Angelo  di  Seggio  di  Nidomella  quale  fon'  tre  figu 
re  tonde ,  che  la  cafla  del  morto  con  la  tefta  reggono, 
&  nel  corpo  della  caffa  vna  ftoria  di  baffo  riheuo ,  fi 
marauigliofa,che  infinite  lode  fé  le  conuengono .  La- 
uorò  nel  cartello  di  Prato  il  pergamo  di  marmodoue 
fi  moftra  la  cintolamello  fpartimento  delquale  vn  bal- 
lo di  fanciulli  intaglienti*  belli  eie  fi  mirabili  ;  che  fi  può 


DONATELLO.  34  j 

dire  che  non  meno  moftrafle  la  perfezione  dell'arte 
in  quefto;che  e'  fi  faceffe  nelle  altre  cofe .  Di  più  fece 
per  reggimento  di  detta  opera  due  capitelli  di  bronzo 
vno  de  i  quali  vi  è  ancora  ,  &  l'altro  da  gli  Spagnuoli, 
che  quella  terra  mifero  a  facco,fu  portato  via.Auuene 
che  in  quel  tempo  la  Signoria  di  Vinegia ,  fentendo  la 
fama  fua,mandò  per  lui,acciò  che  facefìe  la  memoria 
di  Gattamelata  nella  città  di  Padoua;  che  fu  il  cauallo 
di  bronzo  fu  la  piazza  di  Santo  Antonio  ;  Nel  quale  fi 
dimoftralosburfamento  &il  fremito  del  cauallo,  & 
il  grande  animo,  &  la  fierezza  viuacifsimaméte  efpref 
fa  dalla  arte,nella  figura  che  lo  caualca.  Et  dimoftrofst 
Donato  tanto  mirabile  nella  grandezza  del  getto  in 
proporzioni  &  in  bontà  ;  che  veramente  Ci  può  agua- 
gliare  a  ogni  antico  artefice  in  mouenzia ,  in  difegno, 
in  arte,in  proporzione,&in  diligenza.  Perche  non  fo 
lo  fece  iìupire  allora  que'  che  lo  viderojma  ogni  perfò 
na,che  al  prefente  lo  può  vedere.  Per  laqual  cofà  cerca 
rono  i  Padouani  con  ogni  via  di  farlo  lor  cittadino,& 
con  ogni  forte  di  carezze  fermarlo.  Et  per  intrattener 
lo,gli  allogarono  a  la  chiefà  de'  frati  minori,  nella  pre- 
della dello  aitar  maggiore,  le  iftorie  di  Santo  Antonio 
da  Padoua;lequali  fono  di  baflb  rilieuo;et  talmete  con 
giudicio  condotte,che  gli  huomini  eccellenti  di  quel- 
la arte  ne  reftano  marauigliati  &  ftupiti;confiderando 
in  effe  i  belli  &  variati  componimenti  con  tanta  copia 
di  ftrauaganti  figure  &  profpettiue  diminuite.  Simil- 
mente nel  Doflàle  dello  altare,fece  bellifsime  le  Marie 
chepiangonoil  christo  morto;Ein  cafad'vnde 
conti  Capo  di  JLifta  lauorò  vna  oliatura  d'un  cauallo 
di  legname,  che  fenza  collo  ancora  oggi  fi  vede:per  lo 
quale  le  commettiture  fono  con  tanto  ordine  fabbri- 
carcene chi  confiderà  il  modo  di  tale  opera,  giudica  il 
capriccio  del  fuo  ceruello,  &  la  grandezza  dello  ani- 


■ 


$44  •    PARTE      II. 

mo  di  quello.In  vn  monaftero  di  monache  fece  vn  San 
Sebastiano  di  legno  a  preghi  d'un  capellano  Ioro,ami 
co  &  domeftico  fuorché  era  Fiorentino .  Ilquale  glie- 
ne portò  vno  che  elle  aueuano  vecchio  &  goffo;  pre- 
gandolo che  e'  lo  douefsi  fare  come  quello. Per  Jaqual 
cofa  sforzandoli  Donato  di  imitarlo,per  contentare  il 
capellano  &  le  monache,no  potè  far  finche  ancora  che 
quello  che  gorfo  era  imitato  aue(fe,nó  faceffe  nel  fuo 
la  bontà  &  l'artificio  vfàto .  In  compagnia  di  quefto 
molte  altre  figure  di  terra  &  di  ftucco  fece  ;  &  in  vn 
cantone  di  vn  pezzo  di  marmo  vecchio,  che  le  mona- 
che in  vn  loro  orto  aueuano  ,  ricauò  vna  molto  bella 
noftra  donna .  Et  umilmente  per  tutta  quella  città  fò* 
no  opre  di  lui  infimtifstme.Onde  efìèndo  per  mii  aco- 
lo quiui  tenuto,&  da  ogni  intelligente  lodato,/!  deli- 
berò di  voler  tornare  a  Fiorenza  i  dicendo  ;  che  Ce  più 
(tato  vi  foue,tUtto  quello  che  (àpeua  dimenticato  s'a- 
lerebbe ,  effendoui  tanto  lodato  da  ogniuno  ;  &  che 
volentieri  nella  fu  a  patria  tornaua,  per  cffer.poi  cola 
di  continuo  biafmato:ilquaie  biafmo  glidaua  cagione 
di  Audio,  Se  confequentemente  di  gloria  maggiore. 
Penlche  di  Padoua  partitoli ,  nel  fuo  ritorno  a  Vine- 
S?ia,  per  memoria  della  bontà  fu  a  lafciò  in  dono  alla  na- 
zione Fiorentinayper  la  loro  cappella  ne'  frati  Minori, 
vn  San'  Giouanbatifta  di  legno,lauorato  da  lui, con  di 
ligenzia  &  ftudio  grandissimo  .  Nella  città  di  Faenza 
lauorò  di  legname  vn  San  Giouanni  &  vn  San'  Girola 
mo,non  punto  meno  ftimati  che  l'altre  cofè  fu  e  .  Ap- 
prendo ritornatotene  in  Tofcana,  fece  nella  Pieue  di 
Monte  Pulciano,vna  fepoltura  di  marmo, con  vna  bel 
lilsima  ftoria:  Si  in  Fiorenza  nella  fàgreftia  di  San  Lo- 
renzo vn  laua  mani  di  marmo,nclquale  lauorò  parime 
te  Andrea  Vcrrocchio.  Et  in  cafà  di  Lorézo  della  Stu- 
fa fece  tefte&  figure  molto  pronte  &  viuaci.  Partifsi 

poi 


DONATELLO.  345 

poi  da  Fiorenza,&  a  Roma  fi  trasferi,ccrcando  volere 
imitare  le  cofe  de  gli  antichi  più  che'  poteua:  &  quelle 
(Indiando  lauoiò  di  pietra  in  quel  tempo  vn  taberna- 
colo del  Sacramento,  che  oggi  di  fi  truoua  in  San  Pie- 
tro.Ritornando  a  Fiorenza,&  da  Siena  pafTando)tolfe 
a  fare  vna  porta  di  bronzo ,  per  il  Batiftèo  di  S.  G10- 
uanni:  &  auendo  fatto  il  modello  di  legno  &  le  forme 
di  cera,quafi  tutte  finite,  &  a  buon  termine  con  la  cap 
pa  códottele per gittarle,vi capitò  bernardetto 
di  mona  papera  orafo  Fiorentino,  amico  & 
domeitico  fuo  ;  ilquale  tornaua  da  Roma;  &  era  perfb 
na  molto  intendente  &dibonifsimo  ingegno  in  tale 
arte-  Cofìui  poco  amico  de  Sanefi,vedendo  preparata 
cofi  bella  opera  ad  onore  di  quella  citta;  commoifo  da 
inuidia  &  malignità,  cominciò  co  molte  ragioni  a  per 
fuadere  a  Donato  ;  che  non  folamente  e'  non  doueiTe 
finire  tale  opera;  ma  guaftare  ancora  &  fpezzare  tutto 
quello  che  egli  aueua  fatto.  Et  non  reftando  giorno 
ne  notte,da  quella  empia  perfuafione,Io  condulfe  pur 
finalmente  dopo  vna  lunghifsima  refiftenzia  ;  a  mac- 
chiare la  chianisima  bontà  fua  co  quello  errore. Aucn 
doli  dunque  già  perfuafo  Bernardetto,  che  il  guaftare 
le  fole  fatiche  fue,non  ancora  mefle  in  opera,  non  era 
vno  ingiuriare iSanefi ,  ma  folamente  fé  fteftb ,  &  in 
vna  cofa  vfitatirsimajeiTendo  lecito  ad  ogni  artefice  ri 
mutare  difegno  &  concetti  :  Afpettarono  vn  giorno 
di  fefta,che  i  garzoni  erano  andati  a  fpaflb  ,  &  fpezza- 
rono  tutte  le  forme,  con  grandifsimo  dolore  di  Dona 
to.Et  Ambitamente  meflafi  la  via  fra  i  piedi,fe  ne  fuggi 
rono  a  Fiorenza. I  garzoni  tornati}trouando  fpezzato 
&  fracalTato  ogni  cofa;&  non  riuedendo  Donato, fen 
tendo  che  è  fenc  era  andato  a  Fiorenza, per  ritrotiarlo 
fi  mifero  in  camino .  Reftò  fimilmente  nell'opera  del 
Duonvodi  Siena  vn  San  Giouanni  Battifta  di  metallo 

Xx 


346  PARTE      II. 

al  quale  lafcio  egli  imperfetto  il  braccio  deftro  dal  go- 
mito in  (indicendocene  non  auendolo  fodisfatto  de  lo 
intero  pagamcnto;non  voleua  fimrlo,fe  non  gli  dona- 
no il  doppio  più  di  quello  che  aueua  auuto.  Di  tutti 
quelli  diiordini  fu  cagione  la  malignità  di  Bcrnardet- 
to,che  troppo  gagliardamente  operò  nella  femphciti 
di  Donatello,  llquale  troppo  più  credendo  allo  amico 
die  e  non  doueua,Tardi  fi  accorfe  dello  error  fuo  La 
uorò  nella  tornata  fua  a  Cosimo  de  Medici  in  San 
Lorenzo  la  fagreflia  di  ftucco ,  ciò  è  ne  peducci  della 
volta  quattro  tondi  co  i  campi  di  profpcttiua, parte  di 
pinti,&  parte  di  bafsi  rilieui  di  lìone  de  gli  Euangcli- 
fìi .  Et  in  detto  luogo  fece  due  porticclle  di  bronzo  di 
baffo  rilieuobelliisimCjCon  gli  Apolidi  co' martiri  Se 
co'  cofeffori;&  fbpra  quelle  alcune  nicchie  piane,  den 
troui  nell'una  vn  San  Lorenzo  &  vn  Santo  Stefano;& 
nel  l'altra  San  Cofimo  &  Damiano.  Nella  crociera  del 
la  chiefa  lauorò  di  ftucco  quattro  Santi  di  braccia  cin- 
que l'uno,i  quali  praticamente  fono  lauorati .  Ordinò 
ancorai  pergami  di  bronzo  ,  dentroui  la  pafiion*  di 
christo;  cofa  che  ha  in  fé  difegno  forza  inuenzio- 
ne&  abbondanza  di  figure  &  cafàmenti:i  quali  non 
potendo  egli  più  per  vecchiezza  lauorare  ,  fini  ber- 
toldo fuo  creato, &  a  vltima  perfezzione li  ridufìe. 
A  Santa  Maria  del  Fiore  £ccq  due  colofsidi  mattoni  et 
di  ftucco;  i  quali  fon'fuora  della  chiefa  pofli  in  fui  ca- 
li delle  cappelle,per  ornamento. Sopra  la  porta  di  San- 
ta Croce  fi  vede  ancor*  oggi  finito  di  fuo  vn  San  Lo- 
douico  di  bronzo  di  cinque  braccia  delquale  cflcndo 
incolpato  che  foffe  goffo, Se  forfè  la  manco  buona  co- 
fa  che  aueffe  fatto  mai ,  rifpofe;che  a  bello  ftudio  tale 
l'aueua  fatto  efsédo  egli  flato  vn  goffo  a  lafciare  il  rea- 
me per  farfì  frate.In  fomma ,  Donato  fu  tale&  tanto 
mirabile  in  ogni  azzione,che  e  fi  può  dircene  in  pra* 


DONATELLO.  347 

tica,in  giudicio  &  in  fapere ,  fia  (lato  de'  primi  a  illu- 
ftrare  l'arce  della  feukura  &  del  buon  difegnio  ne  mo- 
derni^ tanto  più  merita  comendazione  ,  quanto  nel 
tempo  Tuo  le  antichità  non  erano  (coperte  fopra  la  ter 
ta,  da  le  colonne ,  i  pili ,  Se  gli  archi  trionfali  in  fuora. 
Et  egli  fu  poti/sima  cagione,che  a  Cosimo  de  me 
dici  fi  deftaiTe  la  volontà  dello  introdurre  a  Fioren- 
za le  antichità ,  che  fono ,  &  erano  in  cafà  Medici ,  & 
quelle  tutte  di  Tua  mano  acconciò.  Era  liberalifsimo, 
amoreuole,  Scortele,  &  per  gli  amici  migliore,chc 
per  fé  medefìmomemai  ftimò  danari  ,  tenendo  quegli 
in  vna  fporta  co  vna  fune  al  palco  appicati ,  onde  ogni 
fuo  lauorante  &  amico  pigliaua  il  fuo  bifògno ,  fenza 
dirgli  nulla .  Pafsò  la  vecchiezza  allegrifsimamente;& 
venuto  in  decrepità, ebbe  ad  effere  foccorfo  da  cosi 
M  o  &  da  altri  amici  fnoi  ,  non  potendo  più  lauorare. 
Dicefi  che  venendo  cos  imo  a  morte  lo  lafcio  racco 
mandato  a  Piero  fuo  figliuolo.  Uqualccomedili- 
^entifsimo  efecutore  della  volontà  di  fuo  padre,  gli 
donò  vn*  podere  in  Cafaggiuolo  di  tanta  rendita,  che 
e*  ne  poteua  viuere  comodamente .  Di  che  fece  Dona 
to  fetta  grandifsima  ;  parendoli  eiìere  con  quello  pili 
che  ficuro  di  non  aueie  a  morir  di  fime.Ma  non  lo  te- 
ne però  vno  anno, che  ritornato  a  fiero,  glie  lo  ri- 
nunziò per  contratto  publico:  aftermado  che  non  vo- 
Ieua  perdere  la  fua  quiete ,  per  penfare  alla  cura  fami- 
liare &  alla  molettia  del  contadino  :ilqnalc  ogni  ter- 
20  di  ì>Ii  era  intorno  ;  quando  perche  il  vento  gli  alie- 
na icorperto  la  colombaia  ;  quando  perche  gli  erano 
tolte  le  bellic  dal  comune  per  le  grauezze  i  &  quando 
perla  tempefh,  che  gli  aueua  tolto  il  vino  &  le  frutte. 
Dellequali  cofe  era  tanto  fazio  &  infa(ìidito;che  e'  va 
lcua  innanzi  morire  di  fame,  che  auere  a  penfare  a  tan 
tecofe.RifePiERodelafèmplicitàdi  Donato;  &  pes 

Xx    11 


34$  *  RTE.      II. 

liberarlo  di  quefto  aftanno;accettato  il  podere,  che  co 
fi  volle  al  tutto  Donato ,  gli  aflegno  in  fui  banco  fuo 
vna  prouifione  della  mcdefima  rédita,o  più, ma  in  da- 
nari contanti  che  ogni  fettimana  gli  erano  pagati  per 
la  rata  che  gli  toccaua.  De'l  che  egli  fbmmamente  G 
contentò;Et  feruitore  &  amico  della  caia  de'  Medici, 
viffe  lieto  &  fenza  penfieri  tutto  il  iettante  della  Tua 
vita.  Ancora  che  condottoli  ad  l  x  x  x  1 1 1.  anni  fi  tro- 
ua(fetantoparletico,chee'non  poteflepiu  lauorarc 
in  maniera  alcuna,  &  fi  conducete  a  ftarfi  nel  letto  co 
tinouamete  in  vna  pouera  cafetta  che  aueua  nella  via 
del  Cocomero  vicino  alle  Monache  di  San  Niccolò. 
Doue  peggiorando  di  giorno  in  giorno,&  cofuman- 
dofi  a  poco  a  poco,Dicono  alcuni, che  è  non  fi  poteua 
però  indurlo  ne  con  preghine  con  configli,o  admont 
zioni  di  chiteneuala  cura  del  gouernarlo,a  confeflar 
fi  &  communicarfi  ad  vfanza  di  buon'  Chrifìiano.No 
perche  è  non  fufie  &  buono  Se  fedele  ;  ma  per  quella 
fommaftraccurataggineche  ebbefempre  inognifua 
co(a,fuori  che  nella  arte.  Laqual  cofa  intendendo  Fi- 
lippo di  Ser  Brunellefco  amicifsimo  fuo ,  venutolo  a 
vifitare ,  dopo  alcuni  ragionamenti  gli  diffe ,  Donato 
fratello  carifsimo,io  veggo  la  tua  vecchiezza  auerti 
condotto  affai  vicino  a  quel  fine  doue  arriua  ciafeu- 
no  chenafce:Perilche  douendonoi  più  che  gli  altri 
conofeere  la  bontà  di  d  i  o,  per  lo  ingegno  che  e'  ci  hi 
dato,  &  per  lo  onore  che  ci  è  ftato  fatto  iopra  gli  altri 
huomini;voglio  per  ricordanza  della  tanta  noltra  ami 
cizia ,  vn  feruizio  da  te  auanti  la  morteul  quale  no  vo 
glio  io  che  tu  mi  nieghi  in  maniera  alcuna.  Donato 
che  amò  fempre  Filippo  cordialmente  ,  &  conoiceua 
la  fìia  virtù,diffe,chc  e'ehiedeffe  ficuramente  :  che  no 
mancherebbe  di  Satisfargli .  Soggiunteli  Filippo  allo- 
ra,che  per  falute  fuaj&  per  ifgannare  infiniti  che  auc- 


DONATELLO.  349 

uano  opinione ,  che  tutti  gli  ingegni  eleuati  &  begli 
fufsino  eretici;&  non  credefsino  dal  tetto  in  su;  vole- 
ua  che  egli  fi  confeflTaffe  &  comunicaffe;Et  che  fé  pu- 
re non  lo  voleua  fare  per  amor'  Tuo  ;  lo  faceffe  almeno 
per  amor  di  chi  rimancuaviuo  nella  arte;  a  ciò  che  e* 
non  fulferimprouerato  loro  con  lo  efèmplo  di  lui,che 
e  non  credefsino  in  christo.  Parue  ftrana  a  Dona 
to  queft  a  dimanda;  Ma  non  potendo  mancare  a  Filip- 
po,fi  confefsò  &  communicò;&  riceue  tutti  ifagra- 
menti  con  grandifsima  diuoztone .  Cofi  dicono  alcu- 
ni de  la  morte  di  Donatello,ancora  che  manifeftamen 
te  fi  conofea  il  tutto  e/fere  finzione'.fipercheèfu  vera 
mente  fedele  &  buono;&  fi  perche  Filippo  mori  anni 
x  x.  prima  di  lui ,  come  nel  publico  epitaffio  fuo  Ci  ve- 
de in  Santa  Maria  del  Fiore .  La  onde  bifbgna  dire,o 
che  quefto  adueniffe  in  qualche  infermità  particula- 
re,&  non  nella  morte:o  più  torto,  che  tutto  è  falfo;  & 
vn'  merotrouato,di  chi  ha  voluto  cardar  gli  artefici. 
Morirsi  Donato  il  di  x  1 1 1.  di  Dicébre  MccccLxvr. 
Et  fu  fotterrato  nella  chiefa  di  fan  Lorenzo,  vicino  al 
la  fepoltura  di  e  o  s  1  m  o,  come  egli  fìeflb  aueua  ordi- 
nato a  cagione  che  cofi  gli  fuffe  vicino  il  corpo  già 
morto;  come  viuo  fempre  gli  era  itato  predo  con  l'ani 
tno.  Dolfe  infinitamente  la  morte  fua  a'  cittadini,  a  gli 
artefici,^  a  chi  lo  conobbe  viuo  :  La  onde  per  onorar 
lo  più  nella  mortecene  e'  non  atieuano  fatto  nella  vita 
gli  fecero  efequie  onoratifsime  nella  predetta  chiefa; 
accompagnandolo  tutti i  Pittori, gli  Architetti, gli 
Scultori,gli  Orefici,&  quafi  tutto  il  Popolo  di  quella 
Città.Laquale  non  ce/lò  per  lungo  tempo  di  compor- 
re in  fue  lodi  varie  maniere  di  verfi  in  diuerfe  lingue. 
Dequali  a  noi  bafta  por'quefii  foli. 

Xx     iii 


-^o.  parte,     ir. 

SCVLTVRA.  H.  M.  A*  FLORENTINIS  FIERI 
VOLVIT  DONATELLO.  VTPOTE  HOMlNlj 
QVl  EI  QJOD  IAM  DIV  OPTIMIS  ARTIFICI- 
BVS  MVLTISQVE  SAECVLIS,  TVM  NOBILITA 
TIS,  TVM  NOMINIS  A  C  Q^V  I  S  I  T  V  M  EVERAT, 
IN1VRIAVE  TEMPOR.  PERDIDERAT  IPSA, 
1PSE  VNVS,  VNA  VITA,  INFINITISQ^VE  OPB 
B.IBVS  CVMVLATISS.  RESTITVERITCET  P  A- 
TRIAE  BENEMERENTI,  HVIVS  RESTITVTAI 
VIRTVTIS    PALMAM   REPORTARIT. 

Bxcudit  nemojpirantia  molìim  *ra 

Vera  cano  :  cernes  marmora  uiua  loyu'u 
Grxcorumfìleat  prifca  admìrahlvs  &ta$ 

Compedibmfìatuas  contìnui/fi  Rhodon. 
Ne  fiere  namque  magufuerant  h<ec  uincuU  digna 

Iftitti  egregia*  artifici  fi  atuai . 


Quanto  con  dotta  mano  alla/cultura 
Giafecer  moltUor  fol  Donato  ha  fattoi 
Renduto  ha  mta  à  marmi ' .affetto  ,&  atto» 
Che  blu  fé  non  parlar  puh  dar  Natura? 

Delle  opere  di  coiìui  reftò  cofi  pieno  il  Mondo;  che 
bene  fi  può  affermare  con  la  verità,  Nelìuno  Artefice 
auer  mai  lauorato  più  di  lui .  Imperò  che  dilettandoli 
d'ogni  cofa,a  tutte  le  cofe  mife  le  mani,  fenza  guarda- 
re che  elle  foflero,o  vili,  o  di  pregioifaccendo  infino  a 
l'armi  di  pietra,&  ogni  lauoro  ballo  &  meccanico.  Et 
funientedimanconeceiìariifsimo  allafcultura  il  tan- 
to operare  di  Donato  in  qualunque  fpezie ,  di  figure 
tonde ,  meze  ,bafìe,  &  baisifsime  ;  Perche  fi  come  ne* 
tempi  buoni  degli  antichi  Greci  &  Romanci  molti  la 


DONATELLO. 


W 


fecero  venir  pei  fetta;cofi  egli  (b!o,con  la  moltitudine 
delle  opere,  la  fece  ritornare  perfetta  &  marauigliola 
nel  fecol'  noftro .  La  onde  gli  Artefici  debbono  nco- 
nofcerela  grandezza  della  arte,  pai  da  coflui,  che  da 
cjualunchc  altro  che  fìa  nato  modernamente ,  auendo 
egli  oltra  il  facilitare  le  diflficultà  della  arte,  con  la  co- 
pia delle  opre  fue  congiunto  inueme,la  inuenzione,il 
difegno,la  pratica,  il  giudizio,  &  ogni  altra  parte,  che 
da  vno  ingegno  diurno,  fi  poflà  o  debbia  mai  afpetta- 
re  .  Fu  Donato  refolutifsimo  &  prefto;&  con  iomma 
facilità  condufle  tutte  le  cofe  fue  :Et  operò  fèmore 
mai:affai  prudi  quello  che  e'promife.  Attribuifcon- 
gli  alcuni  che  e  facefle  la  tefta  del  cauallo  che  è  a  Na- 
poli in  cafa  del  Conte  dì  Maialone  ;  Ma  non  è  verifì- 
mile  che  cofi  (ìa,eiTendo  quella  maniera  antica;  &  non 
effendo  egli  mai  fiato  a  Napoli . 
Rimale  a  bertoldo  fuo  creato,ogni  filo  lauoro; 
&  mafsimamente  i  Pergami  di  bronzo  di  San  Loren- 
zo ;  che  da  lui  furono  poi  rinetti  la  maggior  parte ,  & 
condotti  a  quel  termine  che  è  Ci  veggono  in  detta 
chiefà. 


MICHELOZZO 

MICHELOZZI    SCVL- 

TORE  ET  ARCHI- 
TETTO FIO- 
RENTINO. 

E  ogniuno ,  che  ci  viue,penfàflc  de 
le  cofe  che  fa,vederne  pur  finita  vna 
parte;  farebbono  gli  intelletti  vmani 
molto  più  fuegliati  &  prouidi  che 
non  fono  nelle  loro  azzioni  ;  Et  fé  e* 
credefsinodi  auerea  viuere  quan- 
do non  pofibnopoi  operare;  non  Ci 
condii  rrebbono  vna  gran'  parte,a  mendicare  nella  lor 
vecchiezza,^ elio  che  fenza  rifpiarmo  alcuno,  confa 
marono  in  giouentù ,  &  negli  altri  tempi"  feguenti, 
quando  i  copiofì  &  larghi  guadagni ,  accecando  il  ve- 
ro difcorfo,gli  faceuano  fpendere  oltra  il  bifogno ,  Se 
molto  più  che  non  conueniua.  Imperò  che  attefo  qua 
to  mal'  volentieri  è  vitto  chi  dal  molto  è  venuto  al  pò 
co,per  non  condurfi  a  termine  tale,frenerebbono  più 
gli  appetiti  :  Et  matura  &  di  fastamente  procedereb- 
bono  ne'  loro  altari .  Come  prudentifsimamente  fece 
Michelozzo  Fiorentino,difcepolo  di  Donato.Coilm 
conofeendo  lo  errore  del  maellro  fuo ,  che  troppo  le 
mani  aperfe  a  lo  fpendere,di  quello  che  in  mano  gli  ve 
niuafòbonifsimo  conferitore  ;&  di  maniera  operò 
oltra  la  virtù  fua,con  la  prudenzia  del  gouernarfi,  che 
non  manco  valfe  alla  cafa  fua  l'cfler  prouido ,  &  nelle 
fpefe  temperatole  il  giudizio  &  l'arte  che  egli  ebbe, 
che  nella  fua  profefsione  grandemente  gli  fecer*  luogo. 

Attefe 


MI  C  HE  LO  ZZO.  jjj 

Attefe  Michelozzo  al  difègno  molto  &  alla /cultura 
con  Donato,  &  quella  fece  con  boni/sima  deftrezza, 
quantunque  e'nondeffe  allecofe  Tue  quella  fomma 
grazia;  che  fogliono  dare  coloro  che  raramente  ope- 
rando,fon  tenuti  quafi  diurni.  Fece  dunque  vna  fede 
di  marmo  pofta  alla  fepoltura  di  Papa  Giouanni  Co- 
fcia  in  San  Giouanni  di  Fiorenza;de'la  quale  Donato 
gli  fece  il  modello.  Et  nella  Nunziata  auendo  contrat 
to  amicitia  con  Cosimo  vecchio  de'Medici;ó<:  auen- 
do molto  dato  opera  alla  architettura  lauorò  di  mar- 
mo la  cappella  di  effa  vergine .  &  di  bronzo  gettò  vn 
luminarcene  dinazi  a  quella  fi  vede:&  la  pila  di  mar- 
mo con  vn  San  Giouanni  a  fommo ,  &  la  Noftra  don- 
na di  mezo  rilieuo  (opra  il  defeo  delle  candele .  Laon- 
de e  o  s  i  M  o,crcfciutogli  lo  amorejda  che  cofi  bene  fé 
ne  feruiua  5  gli  fece  fare  il  modello  della  cafà  fua;laqua 
le  coduffe  egli  a  la  perfezzione3che  ne'  di  noflri  fi  può 
Vedere. Nello  efilio  di  e  o  s  i m  o  lo  accompagnò  a  Vi- 
negia;&  lafciò  in  quella  citta  molti  modelli  di  fuo.  Ri- 
tornatoli poi  a  Fiorenza,  bifognò  nel  palazzo  della  Si 
gnoria  rimettere  alcune  colonne  nel  cortilejdelequali 
a  infiniti  vollero  darla  cura:&  dubitado  che'l  palazzo 
per  lo  pefb  non  ruinafTe,neiiun  la  volfe  mai .  La  onde 
Michelozzo  per  volerfi  moftrare  animofo  &  intendé- 
te^quellc  co  tata  agilità  mife,  che  tale  opera  gli  aggiun 
fé  gran  fama  alnome,cheaueua  primardi  maniera  che 
riconofciuto  dal  publico3fu  fatto  di  collegio.  Fu  chia 
mato  dopo  quefto  a  Perugia  ,  a  fare  la  cittadella  vec- 
chia^ a  più  (ignori  in  Italia  fece  modelli  di  palazzi  & 
di  mura  per  citta  &  ripari  infiniti.  Et  in  Fiorenza  la 
caia  di  Giouanni  Tornabuoni,in  fui  modello  di  quel- 
la de' Medici.  Per  Cosimo  fece  ancora  di  marmo  la 
cappella  di  San  Miniato,doue  è  il  CrocifiiTo,&  per  Ita 
lia  fece  infinite  cofe  di  marmo  di  bronzo  &  di  legno. 

Yy 


IL 


354  PARTE 

À  San  Miniato  al  Tedefco  egli  &  Donato  infieme  la- 
vorarono alcune  figure  di  rilieuo:&in  Lucca  fece 
egli  folo  vna  fepoltura  di  marmo  in  San  Martino  ,  di- 
rimpetto al  Sacramento.  A  Genoua  mandò  alcune  fi- 
gure ;  &  ili  ogni  Tua  fatica  fece  facilità  oneiìa ,  che  die 
comodo  alla  cafafua  non  meno  che  fama  &  vtileafc 
medefimo .  Finalmente  diuenuto  già  vecchio  ;  &  non 
operando  più  nulla  fé  non  per  fuo  pafla  tempo, fu  affa 
hto  repentinamente  da  vna  febbre  ,  che  in  pocrnfsimi 
di  glitolfela  vita^eflendopurcdi  lxviii.  anni  ;  Et 
accompagnato  da'  fuoi  più  cariala  fepoltura  ebbe  o- 
norate  efequie  &  grandifsimo  onore  per  le  fuftanzie, 
ch'aueualafciatfc. 


GIVLIANO      DA 

MAIANO    SCVLTORE, 
ET  ARCHITETTO. 


Vtti  coloro,  i  quali  danno  principio 
alle  cafe  loro ,  alzandole  da  terra  col 
nome,  &  di  poueri  ricchi  &  agiati  di 
uenendo,perpetuamente  fi  finno  o- 
bligati  quegh,che  di  lor  nafeono  et  i 
difendenti  loro. Ma  le  più  volte  au- 
— '  uiene  a  coloro ,  che  le  ricchezze  ci 
nome  alle  loro  cafe  acquiftanOjchc  metre  viuono,to- 
gliendo  a  fé,  per  lafciare  ad  altri,la  roba  che  hanno,no 
godono  efsi;  &  in  oltre  i  loro  difecndenti  fono  appun 
to  il  contrario  ,  di  quel  che  penfàuano ,  che  e  fiere  do- 
uefìero.Laonde  la  maggior  pazzia,che  pofìa  effere  ne 
i  padri  di  famiglia  ,  è  il  non  lafciare  fare  nella  fanciul- 
lezza il  corfò  della  natura  a  gli  ingegni,  che  gli  nafeo-* 


GIVLIANODAMAIANO.  J& 

no  :  Et  il  non  efercitargli  continuamente  in  quella  fa- 
eulta  che  fàtisfa  &  diletta  loro.  Perche  il  volergli  vol- 
gere a  quello  che  non  va  loro  per  lo  animo  e  vn  cerca 
re  manifeftamentc  che  e'  non  fiano  mai  eccellati  in  co- 
fà  neffuna. Perche  fi  vede  di  continuo  coloniche  non 
efèrcitano  le  cofe^  che  li  vanno  aguflo.  Tempre  ripor- 
tarne vergogna. Et  per  Toppo/ito,  quegli  che  fèguita- 
no  lo  inftinto  della  natura  circa  delle  arti ,  venir  Tem- 
pre eccellenti  in  quelle.Queflo  chiaramente  fi  conob- 
be in  Giuliano  da  Maianoul  Padre  del  quale,lungame 
te  viuuto nel  Poggio  di  FieToIe  nella  villa  detta  Maia 
no, con  lo  eTercizrio  di  fquadratore  di  pietrejcondotto 
fi  finalmente  injFiorenza,fi  diede  a  far  bottega  di  pie- 
tre lauorate  :  tenendola  Tempre  fornita  di  que'lauori, 
che  fògliono  improuifàmente  il  più  delle  volte  venire 
a  bifogno  a  chi  fàbbrica  qualche  coTi.   Quiui  effendo 
già  di  qualche  facultà,pure  da  artefice  gli  nacque  que 
ilo  figliuolo,  che  infino  da  la  fanciullezza  moftròTe- 
gni  di  buono  ingegno. La  qual  coia  vedendo  il  padre, 
de  auendo  prouati  pur  molti  aftìinni  &  diTagi  nella  ar- 
te Tua,deliberò  che  il  figliuolo  attedefle  ad  altro  eTerci 
zio  di  più  guadagno  &  manco  fatica:&  per  quefìo  de 
fiderando  farlo  Notaio,  gli  fece  apprendere  i  principii 
delle  lettere  ;  lequali  non  piacendo  molto  a  Giuliano, 
fi  fuggì  più  volte  dal  Padre  :  &  auendo  tutta  la  Tua  af- 
fezzione  alla  Tcultura  &  alla  architettura  contra  la  vo- 
lontà de'  Tuoi, finalmente  a  quelle  fi  diede.   Et  venuto 
col  tempo  in  quelle  eccellente,  fu  chiamato  a  Napoli; 
doue  fece  al  Re  Alfonfb  allora  Duca  di  Calauria  mol- 
te architetture  &  fèulture  cioè  nella  Tala grande  del 
caftello  di  Napoli  Topra  vna  porta  di  detro  &  di  fuori 
fìorie  di  baffo  rilieuo}et8la  porta  del  cafbllo  di  marmo 
a  ordine  Corintio,con  infinito  numero  di  figure.Die 
de  a  quella  opera  qualità  d'arco  trionfale,  doue  le  ilio- 

Yy     ii 


356  TARTE         II. 

rie  &  alcune  vittorie  di  quel  Re  di  marmo  {ailpi.  A 
Poggio  reale  ordinò  l'architettura  di  querpalazzo,te- 
nuta  Tempre  cofa  belhfsima:Etadipignerlo  vi  conduf 

fé  PIERO   DEL    DONZELLO  FioiétinO  &  POLITO 

fuo  fratello  che  in  quel  tempo  era  tenuto  buonmae- 
fti-Ojilquale  dipinfe  tutto  il  palazzo  di  dentro  &  di  fuo 
riconltoriedi  detto  Re. Fece  Giuliano  ancora  di  mar 
mo  l'ornamento  della  porta  Capouana ,  &  in  quella  in 
finità  di  trofei  variatirper  il  che  meritacene  quel  Re  gli 
portaile  grande  amore ,  &  remunerandolo  altamente 
delle  fatiche,adagiaiTe  ifuoi  defeendenti.  Furono  ame 
due  chiamati  a  Loreto,  &  la  chiefa  di  Santa  Maria  per 
loro  difegno  fi  edificòda  onde  vi  fteron'tato,che  la  tri 
bunadi  effa  lafciarono  volta  &  finita.  Appretto  ritor 
natii!  a  Napoli  per  finire  l'opre  incominciate,  gli  fu  al 
logato  dal  Re  Alfonfo  vna  porta  vicina  al  cartello  5  do 
ne  andauano  più  di  80. figure ,  lequali  aueuano  a  far/I 
per  Benedetto  in  Fiorenza ,  &  per  la  morte  del  Re  ri- 
mafero  imperfette.  Qjjjui  Giuliano  deràdi  70. anni 
finì  la  fua  vita;&  per  l'efequie  fue,  fece  veftire  il  Re  he 
<o.  huomini  a  bruno,che  l'accompagnarono  alla  fepol 
tura:&  di  più  ordinò  che  gli  folfe  fatto  vn  fepolcro  di 
marmo  molto  onorato.Rimafe  Polito  nello  auuiamen 
toiuo,& Seguitando, diede  fine  ai  canali  percondur 
l'acque  di  Poggio  reale  in  Napoli:&  a  Benedetto  fra- 
tello di  Giuliano  fece  imparare  l'arte  della  fculturq. 
Onde  dilettandofene  egli  pafsò  in  eccellenza  di  gran 
lnnga  Giuliano  fuo  Zio  &  fu  concorrente  nella  gio- 
uanezza  fua  d'uno  fruitore,  che  faceuadi  terra  chia- 
mato modanino  da  modona;  ilqualedalRe 
Alfonfo  era  tenuto  in  grandissima  venerazione;  aucn 
do  egli  lauorato  vna  pietà  con  infinite  figure  tonde  di 
terra  cotta  colorite  ,  lequali  con  grandifsima  viuacità 
fi  veggono  condotte  da  lui3&  dal  detto  Re  fatte  porre 


GIVLIANODAMATANO.  tfj 

nella  cniefa  di  Monte  Olmeto  di  Napoli ,  moni  fiero 
in  quel  luogo  onoratifsimo.Fra  quelle  flatue  volfe  ri- 
trarre il  Re,  che  m  ginocchioni  adora  tal  miflerio  ,  il- 
quale  fi  dimoftra  più  che  viuo  .  Onde  moda  nino 
fu  da  lui  con  grandinimi  premi  rimunerato.  A  uuenne 
allora  la  mone  di  quel  Re:perche  Polito  &  Benedetto 
fé  ne  ritornarono  a  Fioréza,doue  brieue  tempo  fi  go- 
dè Polito  lapatriafua,che  venuto  al  fine  degli  affanni 
fé  ne  andò  a  Giuliano  per  fempre.  Furono  le  (culture 
&  pitture  di  coitoro  circa  ìImccccxlvii.  Et  a  Giù 
liano  fu  fatto  co'l  Tempo,queflo  epitaffio* 

Che  ne  confòla  ahimè  ,poi  che  ci  loffi* 
DifèpriuiilMaiarì  quello  architetto 
il  cui  bello  operar  e  ,il  cui  concetto 
Vitrunìo  aggiugne,^  digran  lunga  ilpaffa, 

ANTONIO    FILARE 

TE  ET  SIMONE  SCVL- 
TORI  FIORENTINI. 

E  Papa  Eugenio  un.  neltcpoche 
e'  deliberò  fare  di  bronzo  la  porta  di 
S.Piero  di  Roma3aue(Te  fatto  diligerà 
zia  in  cercare  di  auere  huomini  ec- 
cellenti a  queiìo  lauoro  ,  fi  come  ne* 
tempi  fuoi,ageuolmente  poteua  fare 
efTendo  pur  viui  Filippo  di  Ser  Brìi- 
nellefco,DonatcIlo,&  altri  artefici  molto  rari;Non  fa 
rebbe  condotta  quella  opera,in  cofi  jfciagurata  manie- 
ratine ella  fi  vede  ne  tempi  nofìri .  Ma  forfè  intei  uc 
ne  a  lui  come  il  più  delle  volte  fuoJe  aduenireadyna 

Yy     iii 


$5$  PARTE.       II. 

buona  parte  de  Principi, che,o  non  fi  intendono  de  le 
opererò  ne  pigliano  poco  diletto. Doue  fé  e'  volefsino 
confiderare,di  quanta  importanzia  fia,il  fare  (lima  del 
le  peribne  eccellenti  &  rare  nelle  cofe  publiche;  per  la 
fama  che  fé  ne  acquifta  ^Non  farebbono  certo  fi  ftrac- 
curati,ne  efsi,ne  i  lor  minifìri .  Perche  chi  fi  impaccia 
con  artefici  vili  &  inetti:dà  poca  vita  alla  fama  fua  :  Et 
in  oltre  vituperando  fé  fteilb,  fa  grandifsima  ingiuria 
al  Publico,  &  al  fecolo  doue  egli  e  nato .  Credendoli 
relolutamcnte  per  chi  vien  poi ,  che  fé  in  quella  età  fi 
fufsino  trouati  miglior  maeftri;  Quel  principe,arcbbe 
tolto  più  torto  i  buoni,che  gli  inetti.  Et  nientediman- 
co  fàpendo  noi  la  eccellenzia  de'  rari  ingegnijdel  fecol 
d  etto;  per  teftimonio  delle  verità  ,  ficuramente  dicia- 
mole Antonio  Filarete,auendo  molto  più  reCòluto 
il  modo  del  fondere  i  bronzi  ,  che  lo  efiere  buono  in- 
uentore  di  figure,  od  ottimo  difegnatore  di  quelle, c5 
duffe  la  detta  porta,in  compagnia  di  Simone  fcultore, 
fratello  di  Donato .    Il  quale  Simone ,  cercò  con  ogni 
fuo  ingegno,  di  imitare  la  maniera  di  eflb  Donato, 
quantunque  non  gli  fuflfe  conceffo  da  la  natura,  il  ve- 
nire a  tanta  perfezzione.Fece  Simone  fatiche  verame- 
te  eccefsiue  nelle  due  iftorie  di  San  Piero  &  di  Sa  Pau 
lo  della  detta  porta:  Et  Antonio  nella  banda  di  dentro, 
appiè  della  medefima  fece  vna  ftorietta  ;  nellaquale  ri- 
traile fé  &i  Difcepoli  fuoi,  clieauendo  carico  vno 
afino,  di  cofe  da  godere,  vanno  a  fpaflb  a  la  vigna. Di- 
cefi che  in  Roma  condufTe  ancora  di  metallo  molte  al 
tre  cofe  ;  &  fece  di  mezo  rilieuo  in  San  Pietro  infiniti 
lauori  perfepolturediPapi;lequalineldis£ìie&  rifa- 
re quella  chiefa,la  maggior  parte  fono  fmarrite.In  San  • 
Clemente  fecero  infieme  vna  fepoltura  di  marmo  :  Et 
Simone  retornando  a  Fiorenza  fece  alcuni  getti  di  me 
tallo  3  che  andarono  in  Francia .  Lauorò  ancora  nella 


ANTONIO    FILARETE. 


359 


ehiefa  degli  Ermini  al  canto  alla  Macine,  vn  CrocifiC 
fò  da  poi  tare  a  proccfsione,  grande  quanto  il  viuo  ;  & 
perche  e'  fuffe  più  leggiero,lo  fece  di  fughcro.In  San- 
ta Felicita  fece  vna  Sata  Maria  Maddalena  di  terra  ,  di 
braccia  tre  &  mezo,in  penitenziadaquale  è  concorda 
ta  di  bonifsima  proporzione  &  con  bellifsima  noto- 
mia  ricerca  .  Nella  Nunziata  ,  lauorò  in  vna  lapida  di 
marmo ,  vna  figura  di  commetto  di  chiaro ,  &  fcuro 
imitando  la  maniera  di  Duccio  Sanefe ,  che  fu  in  quel 
tempo  cofa  lodata .  Mandò  in  Arezzo  vna  cappelletti 
di  terra  cotta  con  vna  noftra  Donna ,  laquale  fu  porta 
in  Pieue  ad  vna  colonna ,  per  vn  Canonico  degli  fca- 
mifsi  molto  amatore  di  quella  arte  .  Finalmente  per  le 
tante  fatiche  del  lauorarc,diuenuto  fianco  &  infermo 
lo  anno  l  v.  della  fua  età,  rendè  la  vita  a  colui  che  die 
ne  aueua  data.  Laqualcofa  intendendo  Antonio  /che 
attendeua  a  finire  in  Roma  l'Opere  loro;fe  ne  dolfe  cor 
dialmente;per  auerlo  continuamente  conofeiuto  fede 
lifsimo  nella  amicizia;&  prontissimo  a  qualunque  for 
tuna  per  i  fuoi  amici.  Capitò  in  quefto  tempo  a  Roma 
Giovanni  fochetta,  aflai  celebrato  pittore, 
chefece  nella  Mineruail  Papa  Eugenio  ,  tenuto  in 
quel  tempo  cofa  bellifsima  :&  dimefticofsi  affai  con 
Antonio.  Ma  non  andò  però  molto  auanti  la  amicizia 
loro  :perche  ad  Antonio  vna  fera  che  ad  vna  vigna  ce 
nauanOjCalò  vna  fcefa  impctuofa  Se  tato  crudele ,  che 
trouandolo  in  qualche  difordine,lo  mandò  a  quella  al 
tra  vita,di  età  d'anni  l  x  v  1 1 1 1.  Furono  le  loro  fcultu 
re  circa  il  mcccclii. 


$6o 

PIETRO     DELLA 

FRANCESCA    PITTO- 
RE     DAL     BORGO 

SAN  SEPOLCRO. 

Olto  fono  infelici  quelli,che  efèrci- 
tandofi  negli  fludii  &  attendendoli 
giorno  &  la  notte  3  a  defcriuere  &  a 
dichiarare  lecofe  difficili  delle  bel- 
le arti  ,  per  lafciar  fama  di  fé  al  mon- 
do :  o  la  infermiti  proibifce  loro  il 
dar  fine  &  perfezzione  alle  onorate 
&  fòmme  faticherò  foprauenendo  la  morte,  la  profun 
zione  di  altrui,rubaloro  ilunghifsimi  loro  fudori;  & 
attruibuendofì  l'altrui  pregio  ncuopre  la  pelle  dello 
Afino3conle  gloriofifsime  fpoglie  del  Leone.Etauue 
gna  che  il  tempo  che  è  il  padre  della  verità ,  o  tardi  3  o 
per  tempo  la  faccia  pur'ritornare  in  luce  ;  Non  è  però 
che  in  quel  tanto,non  fia  defraudato  quello  fpirito  vir 
tuofo  de  la  debita  gloria  fua  ;  fi  come  tante  decine  di 
anni,  ne  è  fiato  defraudato  Pietro  della  Francefca  dal 
Borga  San  Sepolcro.  11  quale efìendoftato tenuto 
maeftro  raro&  diuino  nelle  dirficultà  de  corpi  rego- 
lari^ nella  Aritmetica  &  Geometria-,  fopraggiunto 
nella  vecchiaia  dalia  Cecità  corporale  &  dalla  fine  del 
la  vita  i  non  poffette  mandare  in  luce  le  virtuofe  fati- 
che fue  ;  &  i  molti  libri  fcritti  daini ,  che  nel  Borgo 
fua  patria,a'di  noftri)ancora  fi  conferuano.  Et  colui 
che  con  tutte  le  forze  fue,fi  doueua  ingegnare  di  man 
tenergli  la  gloria  ,&  di  accrefcerli  nome  &  fama  jper 
auer  pure  apprefo  da  lui  tutto  quello  che  e'  fàpeuamo 

come 


PIETRO   DELLA   FRANCESCA.  361 

come  grato  &  fedele  difcepolo;  ma  come  empio  &  ma 
ligno  nimico,annullato  il  nome  del  Precettore,  vfur- 
patofi  il  tutto ,  dette  in  luce  fotto  nome  fuo  proprio 
ciò  è  di  fra  lvca  dal  Borgo  ,  tutte  le  fatiche  di 
quel  buon'  vecchio .  Il  quale  oltra  le  feienzie  dette  di 
fopra,fu  eccellente  nella  pittura,  &  molto  onorato  & 
amato  vniuerfalmente  al  pari  d'ognialtro  della  età  fua» 
Coiìuinacque  nel  Borgo  detto,a'  di  noftri  fatto  città; 
Et  chiamofsi  Della  Francefca,da'l  nome  di  fua  Madre 
per  effer  quella  iettatane  grauida,quando  il  Padre  fuo 
fi  mori.  Et  per  effere  fiato  da  lei  alleuato&  nutrito  co 
ogni  fbllecitudine  &  diligenzia  ;  perche  e'  potefTè  ve- 
nire al  grado  che  la  fua  buona  forte  gli  daua  .  Attefe 
Pietro  nella  fua  giouanezza  alle  Matematiche  ;  &  an- 
cora che  di  anni  xv.  fuffe  indiritto  ad  effer' Pittore;  no 
fi  ritraile giamai  da  quelle. Anzi  faccendo  mirabil  frut 
to  &  in  elle  &  nella  pittura  ;  fu  adoperato  da  Guido» 
baldo  Feltro  3  Duca  vecchio  d'Vrbino  in  molti  dife- 
si. Laonde  acquiftatofl  in  quella  corte  credito  &no 
me;volle  fàrfi  conofeer  fuori.  Et  però  lauorando  &  in 
Pefero&in  Ancona;  venne  la  fama  fua  a  le  orecchie 
del  Duca  Borio:  Ilquale  chiamatolo  a  Ferrara^nel  fuo 
palazzo  gli  fece  dipignere  molte  camere  ;  rouinate  di- 
poi d«il  Duca  Ercole  vecchio,  per  edificami  al  vfò  mo 
derno  .  Di  maniera  che  in  quella  città  non  è  rimafo  di 
man'  fua  fé  non  vna  cappella  in  Santo  Agoftino  lauo- 
rata  in  frefeo  ;  Et  quella  ftefìa  per  vna  fouerchia  umi- 
dità affai  bene  in  declinazione .  Quefte  opere  lo  fece- 
ro noto  a  Papa  Niccolav.  ilquale  condottolo  a  Roma 
gli  fece  lauorare  in  Palazzo  due  iìorie  nelle  camere  di 
{opra  a  cocorrenzia  diBRAMANTiN  o[da  Milano.Lc 
quali  medefimamente  furono  poi  gittate  per  terra  da 
Papa  Giulio  11.  perche  Raffaello  da  Vrbino  vi  dipi- 
gneffe  la  prigione  di  San  Piero;  &  il  miracolo  del  Cor 

Z  z 


$6l  PRTB.       II. 

porale  di  Bolfena  infieme  con  alcune  che  aueua  dipirì 
teBRAMANTiNO  da  milan  o  pittore  molto  ec- 
cellente ne*  tempi  Tuoi  ;  Delquale  non  potendo  fcriue 
re  la  vita,o  le  opere  particolari,  che  per  la  mala  fortu- 
na Tua  fono  capitate  male  ;  mi  par  debito  farne  alman- 
co quefta  memoria, in  teftimonio  della  fua  virtù. Stra- 
(brdinariamente  ho  fentito  lodare  coftui  in  alcune  fe- 
lle fatte  da  lui  nella  detta  ifìona  da'l  naturale ,  fi  belle 
de  fi  bene  condotte  ,  che  la  fola  parola  mancaua  a  dar 
loro  la  vita. Et  ho  veduto  in  Milano  (opra  la  porta  del 
la  chic-fa  di  San  Sepolcro  vn'  christo  morto  fat- 
to da  lui  in  ìfcorto;  nel  quale  ancora  che  tutta  la  pittu 
ra  non  Ma  più  che  vn  braccio  di  altezza  ;  egli  niente  di 
manco  nella  breuità  dello  fpazio ,  ha  voluto  inoltrare 
la  lunghezza  dello  impofsibile ,  con  la  facilità  &  virtù 
dello  ingegno  fuo  .  Sono  ancora  di  fua  mano  in  detta 
città  in  cafà  il  Marchefino  Oftanefia  camere  &  logge, 
con  molte  ftorie  lauorate  da  lui  con  vna  pratica  refolu 
tifsima ,  &  con  grandifsima  forza  ne  gli  feorti  delle  fi- 
gure .  Le  iftorie  fono  cole  Romane,  accompagnate 
con  diuerfe  poefie.  Et  fuori  di  porta  Verfellina  vicino 
alCaftello,a  certe  Italie  oggi  rouinate&guafle,  alcu- 
ni feruidori  che  ftregghiauano  caual!i:De'  quali  ve  ne 
fu  vno  tanto  viuo  &  tanto  ben  fatto;  che  vn'altro  Ca- 
uallojtenendolo  per  vero,gli  tirò  moke  coppie  di  cal- 
ci. Ma  tornando  a  Pietro  della  Francefca,  finito  in 
Roma  l'opera  fua,  le  ne  ritornò  a'1  Borgo  per  la  morte 
della  Madre:  &  nella  Piene  fece  a  frelco  dentro  ala 
porta  del  mezo  due  Santi, che  fono  tenuti  cola  bellifsi 
ma. Nel  conuento  de' frati  di  Santo  Agottino  dipinte 
la  tauola  dello  aitar'  maggiore,  che  fu  cofa  molto  loda 
ta  ;  Et  lauorò  infrefeo  vna  noftra  Donna  della  m  ile  ri- 
cordia  ,  ad  vna  loro  confraternità  :  &  nel  Palazzo  de' 
conicruatori  vna  rcfurrefsionc  di  christo,  tcnu- 


PIETRO   DELLA   FRANCESCA.  363 

ta  delle  opere  che  fono  in  detta  città ,  &  di  tutte  le  Tue 
la  migliore.  Dipmfe  a  Santa  Maria  de  Loreto  in  com- 
pagnia di  DOMENICO    DA    V  I  N  E  G  I  A.   Et  fll  COn- 

douo  in  Arezzo  da  Luigi  Bacci  cittadino  Aretino,& 
dipinfe  in  S.  Francefco  la  loro  cappella  dello  aitar  mag 
giore;la  volta  dellaquale  era  cominciata  da  Lorenzo 
di  Bicci .  Nellaqu ale  fono  le  iftorie  della  croce  da  clic 
i  figliuoli  di  Adamo  {atterrandolo,  gli  pongono  folto 
la  lingua,  il  feme  dello  albero  dal  quale  nafce  il  predet 
do  Icario;  fino  a  la  efakazionedi  efì'a  croce,  fatta  da 
Eraclio  Imptradore  che  portandola  fu  la  (palla ,  a  pie- 
di &  fcalzo  ,  entra  con  ella  in  Ierufalem  ;  Doue  fono 
molte  belle  confiderazioni,  &  molte  attitudini,degne 
certo  di  effer  lodate .  Come  verbigrazia  gli  abiti  delle 
donne  della  Regina  Saba ,  condotti  con  vna  maniera 
dolce  &  molto  nuoua .  Molti  ritratti  di  naturale  antt- 
chifsimi  &  viuifsimi  ;  vno  ordine  di  colonne  corintie, 
dannamele  mifurate  ;  vn  villano  che  appoggiato  con 
le  mani  in  fu  la  vangala  con  tanta  prontezza  a  vdirc 
parlare  Santa  Lena  mentre  le  tre  croci  fi  difotterrano 
che  e  non  è  pofsibile  migliorarlo.il  morto  ancoraché 
al  toccare  della  croce  rifufcita;  &  la  letizia  di  Santa  Le 
ria;  con  la  marauiglia  de  circunfìanti  che  fi  inginoc- 
chiano ad  adorare.Mafopraogn'altraconfiderazione 
&  di  ingegno  &  di  arte,è  lo  auerc  dipinto  la  notte ,  & 
vno  Angelo  in  ifcorto  ,  che  venendo  a  capo  a  lo  ingiù 
a  portare  il  fegno  della  vittoria  a  Goftantino,  che  dor 
me  in  vn  padiglione  guardato  da  vn*  cameriere  &  da 
alcuni  armati,òfcurau  dalle  tenebre  della  notte,con  la 
ftefla  luce  fua  illumina  il  padiglione,  gli  armati  &  tut- 
ti i  dintorni,con  grandifsima  difcrezione.Perche  Pie- 
tro fa  conofeere  m  quefta  ofeurità,  quanto  importi  lo 
imitare  le  cofe  vere ,  &  lo  andarle  togliendo  da'!  pro- 
pno.Ilche  auendo  egli  fatto  benifsimo,ha.  dato  cagio- 


5&f  PARTE.       II. 

ne  a  moderni  di  feguitarlo  ,  &  di  venire  a'quel  grado 
fommo,doue  fi  veggono  oggi  le  cofe.  In  quefta  mede 
(Ima  iftoria  ,  efpreffe  egli  efficacemente  in  vna  batta- 
glia grandissima  la  paura ,  l'animofità ,  la  deprezza  la 
forza,  gli  affetti  &  gli  accidenti  eccellentemente  con- 
fiderai in  coloro  che  comhattono,con  vna  ftrage  qua 
fi  incredibile  di  feritici  cafcati,&  di  morti .  Ne  quali 
perauer  Pietro  contraffatto  in  frefco l'armi  che  luftra 
no,merita  giuftamente  lode  grandifsima.Si  come  e'  la 
merita  ancora  per  auer  fatto  nella  altra  faccia  della  cap 
pelladoueèlafuga&  la  fommerfione  di  Maffenzio, 
vn' gruppo  di  cauagli  in  ifeorto ,  fi  marauigliofamen- 
te  condotti,  che  refpetto  a  que'  tempi  fi  poflbno  chia- 
mare troppo  begli  &  troppo  eccellenti.Fece  in  quefta 
medefima  iftoria  vno  mezo  ignudo  veftito  a  la  fàraci- 
na  in  fu  vn  caual'  fecco,molto  bene  ritrouato  di  noto 
mia,poco  nota  nella-età  fua .  Et  meritò  per  quefta  ope 
ra  che  Luigi  Bacci ,  da  lui  con  Carlo  &  altri  fuoi  fra- 
telli,&  molti  Aretini  che  fioriuano  all'ora  nelle  lettere 
quiui  intorno  a  la  decollazione  d'un'  Re ,  tutti  ritratti 
di  naturale,  largamete  lopremiafle;&  di  effer'  poi  fem 
pre  &  reuerito  &  amato  in  quella  città  che  egli  aueua 
t  anto  illuftrata .  Dilettoci  molto  codili  di  far  modelli 
di  terra,&  a  quelli  metter  fopra  de  panni  molli,per  ri 
trarli  con  infinita  di  pieghe .  Fece  nel  Vefcouado  di 
detta  città  vna  Santa  Maria  Maddelena  a  frefco,  allato 
ala  porta  della  (àgreftia;&  nella  Pieuc  vn  San  Bernar- 
dino in  vna  colonna,ch'  è  tenuto  cofa  belli/sima.  Alla 
compagnia  della  Nunziata  in  detta  città  fece  il  legno 
da  portare  a  procefsione:&  a  Santa  Maria  delle  grazie 
fuor  della  terra,in  tefta  ad  vn  chioftro,  in  vna  fedia  ti 
rata  in  profpetttiua,  vn  San  Donato .  Et  in  San  Ber- 
nardo a  Monaci  di  Monte  Oliueto  vna  figura  di 
San  Vincenzo  in  vna  nicchia  in  alto  in  muro  3  eh'  è  di 


PIETRO    DELLA    FRANCESCA.  365 

grandifsimo  rilieuo  a  tal  coliche  bellifsima  da  gli  arte 
fìci  è  (limata .  Dipinfe  a  Sargiano  luogo  de'  Frati  del 
Zoccolo  di  San  Francefco  fuor  d'Arezzo,vna  cappel- 
la,doueèvn  christo  nello  orto  che  ora  di  notte, 
che  beilifsimo  fi  tiene.  Egli  fu  ftudiofifsimo  nell'arte, 
&  nella  profpettiua  valfe  tanto,  che  nefluno  più  di  lui 
fu  mirabile  nelle  cole  della  cognizione  di  Euclide  ;  Se 
tutti  i  miglior  giri  tirati  ne  corpi  regolari  egli  meglio, 
eh'  altro  geometra  intefe:&  i  maggiori  lumi, che  di  tal 
cole  ci  fieno,ci  fono  di  man  fua. Perche  Maeftro  Luca 
da'l  Borgo  frate  di  San  Francefco  che  fopra  i  corpi  re- 
golari della  geometria  fcrifle,fu  fuo  difcepolo  :  &  ve- 
nendo in  vecchiezza  Pietro,  che  aueua  comporto  di 
molti  libri ,  Maeftro  Luca  facendoli  ftampare  tutti  gli 
vfurpò  per  fé  fteffo  come  già  s'è  detto  di  fòpra;fi  come 
quello,a  cui  erano  peruenuti  nelle  mani  dopo  la  mor- 
te di  Maeftro  Pietro.  Lauorò  ancora  in  Perugia  mol- 
te cofè3che  per  quella  città  fi  veggono.  Fu  gradifsimo 
compagno  &  amico  di  Lazaro  Vafàri  Aretino;il  qua- 
le fèmpre  la  fua  maniera  imitò ,  &  bonifsimo  maeftro 
fu  tenuto  di  figure  piccole.  Furono  difcepoli  di  Pie- 
tro LORENTINO  D'ANGELO  A  R  E  T  I  N  0,il  qua- 
le imitando  quella  maniera  fece  in  Arezzo  molte  pit- 
ture,&  quelle  che  cominciate  aueua  Pietro  a  vltima  fi 
neriduiìercome  ancora  nelchioftrodi  Santa  Maria 
delle  Grazie  fuor  di  Arezzo  vicino  al  Sa  Donato,che 
Pietro  vi  lauoro,{bn  leftoriedi  San  Donato  da  Lau- 
rentino  lauorate  in  frefeo.  Dipinfe  in  Santo  Agoftino 
&  in  San  Francefco  in  Arezzo  cappelle  ;  &  per  la  città 
molt'  opere  fimilmente,  &  fuori  perii  contado  fece 
moltifsime  figure  per  aiutare  la  famiglia  fua,che  era  in 
quei  tempi  molto  pouera .  Dicefi,che  fendo  vicino  a 
Carnoualei  flioi  figliuoli  lo  pregauano,  che  a  mazza  C- 
(è  il  porco,per  effere  cofi  coftume  in  quel  paefe.  Et  no 

Z  z     ili 


$66  PARTB        II. 

auendo  Lorcntino  il  modo  ;  lo  moleftauano  que'  fan- 
ciulli dicendo; voi  non  auete danari  padre,come  fare- 
mo a  comperare  il  porco? Lorenttno  rifpondeua;  qual 
che  Santo  ci  aiuterà. Perche  lo  replicò  più  volte;&  no 
comparendo  il  modo  ,  &  pattando  la  Ragione ,  pur  fi- 
nalmente Venne  vn  contadino dala  Pieue  a  quarto, 
che  aueua  a  fodisfare  vn  boto,di  far  dipignere  la  inda- 
gine di  San  Martino  ;  ma  non  aueua  altro  che  vn  por- 
co,ilqualevaleuacmquelire.Trouò  Lorentino,&  gli 
dille, che  aueua  a  far  quella  opra,  &  che  altro  aiVcgna 
mento  non  aueua  che'l  porco:percheconuenutifi,  gli 
fece  il  lauoro,&  egli  a  cafa  il  porco  ne  menò ,  dicendo 
a  fioliuoli,che  San  Martino  lo  aueua  aiutato.  Fu  fuo 
dicepolo  vn  Piero  da  Castel  della  pie- 
v  e  ,  che  fece  al  Borgo  vno  arco  fopra  Santo  Agofti- 
no;&  dipinfe  in  Arezzo  nelle  monache  di  Santa  Gate 
rina  vn  Santo  Vrbano  Papa  ,  oggi  ito  per  terra  per  ri- 
far la  chiefa.Similmente  fu  fuo  creato  lvca  signo 
r  e  l  l  i  da  Cortona,ilquale  grandifsimo  onore  più  de 
eli  altri  gli  fece  .  Furono  le  pitture  di  Maeftro  Pietro 
Borohefe  l'anno  mcccclviii.  Dicefi,  che  per  vn 
male  di  cattarro,che  gli  venne  di  età  d'anni  l  x.  accecò 
&  fino  a  gli  anni  lxxxvi.  fempre  orbo  vilTe.  Lafciò 
Pietro  nel  Borgo  bonifsimefacultà  ,  &  cafe  ch'egli 
aueua  edificatele  quali  per  le  parti  furono  arfe  ,&  di 
ftrutte  Tanno  mdxxxvi.  La  morte  fuadolie  molto 
a  fuoi  cittadini,  che  onoratamente  lo  fepehrono  nella 
Pieue  oggi  Vefcouado  di  quella  città  :  &  merito  tito- 
lo da  gh\mefici,de'l  miglior  Geometra  che  fi  trouafle 
ne'  tempi  fuoi .  Per  il  che  forfè  hanno  le  fue  profpetti- 
ue  più  moderna  mamera,&  difegno  &  grazia,  miglio 
ri  de  l'altre  Coftui  fu  inueltigatore  di  molti  modi  bre 
ui-.&  reduflTe  a  facilità  quafi  tutte  ledifficultà  delle  co- 
feGeometricheiCome  apertamente  fi  può  vedere  pey 


PIETRO    DELLA    FRANCESCA.  367 

i  libri  delle  Tue  compozioni,coferuati  la  maggior  par-     C°pO$iiÌQrri 
te  nella  libreria  del  1 1. Federigo  Duca  di  Vrbino;i  qua 
li  oltra  la  fama  della  Pittura  5  hanno  arrecato  a  Pietro 
nome  immortale.Per  il  che  non  è  poi  mancato ,  chi  lo 
abbia  onorato  di  qucfti  verfi. 

PIETRO  DELLA  FRANCESCA. 

Geometra  &  Pittor, penna  spennello 
Cofiberi  mi  fi  in  oprarle  natura 
Condanno  le  mie  luci  a  notte/cura 
Mojfa  da  tnuidia:&  de  le  mie  fatiche 
Che  le  carte  a  Uumar  dotte  &  antiche, 
L'empio  dif  epolo  mio f atto Jt  è  hello' , 

FRA  GIOVANNI 

DA  FIESOLE  PITTOR 
FIORENTINO. 

Ertamente  chi  lauora  opere  eccleda 
ftiche  è  fante;  douerrebbe  egli  anco 
radei  continouo  eflere  ecclcfiaftico 
&  fanto:perchc  fi  vede,  che  quando 
elle  fono  operate  da  perfone,  che  pò 
co  credine, &  manco  ftimino  ;  la  reli 
gione,fannofpciTo  cadere  in  mente 
appetiti  diionciìi  &  voglie  lafciue;  onde  nafte  il  biasi- 
mo dell'opre  nel  difonefto  ;  &  la  lode  nell'artificio,  & 
nella  virtù.  Ma  io  non  vò  già  che  alcuni  (ingannino, 
interpretando  il  deuoto  per  goffo  &  i  netto;come  fan 
no  certi,chc  veggendo  pitture ,  doue  fìa  vna  r7gura,o 
di  femmina  o  di  giouane  vn  poco  più  vaga,&piu  bella 


fó  PARTE      II. 

&  più  adorna,  dordinario,  le  pigliano  &  giù  dicano  fu 
bito  per  lafciue,Ne  fi  auueggano  che  non  folo  danna- 
no il  buon  giudizio  del  pittore;  il  quale  tiene  de'  Santi 
&  Sante  che  fon*  celefli,&  tanto  più  belle  della  natura 
mortale,  quanto  auanza  il  Cielo  la  terrena  bellezza 
delloperenoiìre;  ma  ancora  fcuoprono  l'animo  loro 
cfìfere  infètto  &  corrotto;cauando  male,  &  voglie  no 
onefte  di  quello  ;  che  fé  è  fufsino  amatori  della  oneflà 
come  in.  quel  loro  zelo  (ciocco  voglion  moftrare;egli 
none  auerebbono  desiderio  del  Cielo,  &  laude  del 
fommo  iddi  o,da'l  quale  perfettifsimo  &  bellifsimo 
nafee  ogni  bellcza  delle  creature  Tue .  Veramente  fu 
Fra  Giouanni  fantifsimo,&  femplice  ne'  Tuoi  coflumi 
&  quello  fblo  faccia  fegnio  della  bontà  fua  pcrcioche 
volendo  vna  matina  Papa  Nicolo  V.dargli  deilnare,(i 
faceua  confeienzia  mangiar  dela  carne  ,  fenza  licenza 
del  priore  ;  non  penfàndo  alla  autorità  del  Pontefice. 
Schifò  tutte  le  azzioni  del  mondo;  &  pura ,  &  Tanta- 
mente viuendo,fu  de'poueri  tanto  amico,quanto  pe- 
sò che  l'anima  fua  aueife  a  eflere  del  Cielo.  Egli  tenne 
del  continuo  in  efercizio  il  corpo  occupato  nella  pit- 
turale mai  volle  lauorar'  cofe  altro  che  di  Santi .  Po- 
tette elfer  ricco  ,  &  non  fé  ne  curò,anzi  diceua  la  vera 
ricchezza  elTereil  contentarli  di  poco.Poffette  comari 
dare  a  molti,&  lo  fchifo;dicendo  eflere  men  fatica  ,  & 
manco  errore  vbbidire  altrui .  Puotè  auer  dignità  ne 
frati,  &  fuori;  e'  no  le  flimò;dicendo  la  maggior  dignx 
tà  è  cercar  fuggire  lo  inferno,&  accollarli  al  Paradifò. 
Era  vmanifsimo  &  molto  fòbrfo;&  cattamente  viuen 
do  da  i  lacci  del  mondo  fi  fciolfe  ;  vfàndo  dire  fpeflò; 
che  chi  faceua  quella  arte  aueua  di  bifogno  di  quiete, 
&  di  viucre  fenza  penfìeri,&  d'attendere  all'anima;  & 
chi  fa  cofe  di  chris  to,  con  christo  dchbeflar 
fempre .  Dicefi  ^  che  non  fu  mai  veduto  in  collera  tra  ' 

frati» 


FRA   GIOVANNI.  $69 

fratini  che  grandifsima  eofa  mi  pare  a  credere  :  &  che 
fempre  fogghignando  femplieemente  ammontila  gli 
amici. Et  con  amoreuolezza  a  ogniuno3che  riccrcaua 
opre  da'luùdiceua^he  ne  facefle  efler  contento  il  prio 
*e;&  egli  Tempre  farebbe  colà,  che  gli  foffe  in  piacere» 
I  fuoi  ragionamenti  erano  vmilifsimi  &  bafsi ,  &  l'o- 
pre Tue  furono'fempre  tenute  bellifsime,&  eccellenti. 
Fu  chiamato  al  fecolo  Guido  detto  Guidolino;poi 
frate  di  San  Marco  di  Fiorenza  fu  nominato  Frate 
Giouanni  Angelico  de'frati  predicatori.Coftui  fu  nel 
le  lue  opere  molto  facile ,  &  deuoto  ;  &  in  vero  fi  può 
dire,che  i  Santi  non  abbino  aria  più  modella  da  Santi, 
che  quegli,che  da  efib  furono  lauorati.Fu  coftui  al  fé 
colo  pittore;&  miniatore,  &  in  San  Marco  di  Fioren- 
za fono  alcuni  libri  miniati  di  fua  mano,&  perche  era 
di  confcienza,&  quieto  ;  per  fodisfazzione  dell'anima 
fiia  fi  riduffe  ala  religione,  per  viuere  più  onefto ,  con 
bonifsimo  ammodi  lafciare  il  mondo  in  tutto  &  per 
tutto.  Lauorò  in  frefeo  cofe  aflai,&  in  tauola  fimilme 
te;&  nella  cappella  della  Nunziata  di  Fiorenza  dipin- 
fc  l'armario  deirargcntcrie,che  in  detta  cappella  fono, 
&  coduflc  infinito  numero  diftorie  di  figurine  picco 
le  con  fomma  diligenza .  A  San  Domenico  ès.  Fiefolc 
fono  alcune  fuetauole,  ma  vna  Nunziata  fra  l'altre, 
che  nella  predella  dello  altare  ha  fìorie  piccole  di  San 
Domcnico,&  della Noftra  donna,che  diligentifsime, 
&  bellifsime  fonojcofi  l'arco  fopra  la  porta  di  ella  chie 
fa.  In  Fiorenza  fece  a  Cosimo  de  medici  la 
tauola  dell'aitar  maggiore  di  San  Marco,&  in  frefeo  il 
capitolo  di  detti  fi  ati,pagato  da  e  o  s  1 M  o,  &  fbpra  o- 
gni  porta  nel  chioilro  meze  figure, &  vn  Crocififìoje 
in  tutte  le  celle  de  frati  vna  fìoria  del  teft  amento  nuo* 
vio  per  ciafeuna  .  Fece  in  Santa  Trinità  nella  fagreftia 
irna  tauola  d'un  depoflo  di  Croce3nellacjnale  vsò  gran 

AA 


$7<*  PARTE      IL 

diligenza,  &  è  delle  più  belle  cofe  che  facefle  mai& 
vna  altra  tauola  a  San  Fràcefco  fuor  delia  porta  a  San 
Miniato,  d'una  Nunziata. In  Santa  Maria  Nouella  fe- 
ce il  cereo  pafquale  dipinto  di  (torie  piccole  &  altri  re 
liquieri  co  1  ftorie  di  figure  da  tenere  full'altare.  Et  in 
Badia  (opra  vna  porta  del  chioft.ro, vn'  San  Benedetto 
che  accena  filenzio.  Fece  ancora  a' Linaiuoli  vna  tauo 
la,laqualeè  nell'arte  loro.  Dipinge  a  Cortona  vno  ar- 
chetto fopra  la  porta  della  chiefa  del  con  lieto  loro;  (1- 
milmete  la  tauola  della  chiefa .  Ad  Oruieto  cominciò 
vnavolta  co  certi  profeti  in  Duomo  alla  cappella  della 
Madonajlaquale  fu  poi  finita  da  Luca  da  Cortona. Fe- 
ce medefimaméte  alla  cópagnia  del  Tempio  in  Fiorcn 
za  vna  tauola  d'un  e  h  ri  sto  morto;&  negli  Agno 
li  di  Fiorenza  vn  Paradi(o,&  vn'  Inferno  di  figure  pie 
cole .  E  in  Santa  Maria  Nuoua  al  tramezo  della  chiefa 
fi  vede  ancora  vna  tauola  fua.  Per  quelli  tanti  lauori  fi 
diuulgò  perla  Italia  molto  altamente  la  fama  di  que- 
llo maeftro ,  giudicato  da  tutti  non  manco  fànto  che 
cccellente^Auendo  egli  in  confuetudinedinon  ntoc 
care  3  o  racconciare  alcuna  fua  dipintura  ;  ma  lafciarle 
Tempre  in  quel  modo  che  erano  venutela  prima  volta 
per  credere  (  fecondo  che  egli  diceua  )  che  cofi  fufle  la 
volontà  di  d  i  o. Dicono  alcuni, che  fra  Giouanni  non 
arebbe  prefo  i  pénelli,(e  prima  non  aucife  fatto  Orazio 
ne.Nó  fece  mai  CrocififTo,che  e'  no  fi  bagnartele  gote 
di  lagrime. Onde  certametc  fi  conofee  nelle  attitudini 
delle  figure  fuela  bontà  del  grande  animo  fuo  nella  re 
ligion  Christiana. Perciò  fènti  la  fama  fua  Papa  Nicco 
la  V.&  mandato  per  lui,&  a  Roma  condottolo,gli  fe- 
ce fare  la  cappella  del  palazzo,  doue  il  Papa  ode  la  mef 
fa,con  vn  deporto  di  croce,  &  con  iflorie  bellifsime  di 
San  Lorenzo;  doue  ritrafle  Papa  Niccola  di  naturale. 
Fece  ancora* nella  Mineruaia  tauola  dello  aitar  mag- 


IRA    GIOVANNI.  tfl 

giore ,  con  vna  Nunziata ,  che  ora  è  locata  allato  alla 
cappella  grande  a  canto  vn  muro.  Et  la  cappella  del  Sa 
gramento  in  palazzo  per  detto  Papa,  minata  al  tempo 
di  Papa  Paulo  III.  per  drizzami  le  fcale  ;  cofa  molto 
eccellente  nella  maniera  fua.Et  perche  al  Papa  pareua 
pei  Tona  di  fantifsima  vita,quieto  y  &  modefto;&  aue- 
via  refpetto  &  amore  alla  Tua  bontà  ;  vacando  in  quel 
tempo  l'Arciuefcouado  di  Fiorenza  ;  ordinò ,  che  Fra 
Giouanni  ne  ruffe  inueftito  ,  parendogli  eh'  egli  più 
d'ogni  altro  degno  ne  douefsi  effere  .  Intendendo  ciò 
il  frate  fupplicò  a  Tua  fantità,che  prouuedefle  d'uno  al 
trojpercioche  egli  non  era  buono  a  gouernar'  Popoli  : 
Ma  che  nella  Religione  aueuano  vn'frate  amoreuolc 
de'  Poueri  -,  il  quale  era  perfona  fanta  dottifsima  &  di 
^randifsimogouerno;  il  quale  amaua  egli  quanto  fé 
fìeiTo  .  Per  il  che  fé  e'  piaceffe  a  fua  Santità  di  darlo  a 
quefto  tale,  lo  riputerebbe  propriamente ,  come  fé  è 
fulTe  collocato  nella  ftelfa  perfona  fua.  Il  Papa  fenten- 
do  queflo,gli  fece  la  grazia  liberamente:&  cofì  fu  fat- 
to Arciuefcouo  di  Fiorenza  Frate  Antonio  dello  or- 
dine de'  Predicatori  5  che  da  Papa  Adriano  V I.  fu  poi 
Canonizato  ne  tempi  noftri.Era  Fra  Giouanni  tanto 
continouo  nella  artejche  e  lauorò infinite  cofe,le qua 
li  fi  fono  fmarrite,&  pure  tuttauia,fe  ne  ritruoua  qual 
cuna  in  diuerfi  luoghi.  Aiutò  fempre  i  poueri  de  le  die 
fatichete  mai  abbandonò  la  Religione .  Mori  di  anni 
IX  vi  in.  nel  mcccclv.  Etlafciò  fuoi  difcepoli 
PEN.ozzo  fiorentiN  o  ,che  imitò  fempre  la  fua 
«paniera  :zanobi  strozz  i,che  {ece  quadri  &  ta- 
uole  per  tutta  Fiorenza  per  le  cafe  de  cittadini ,  &  par 
ticularmente  vna  tauola  polla  oggi  nel  tramezo  di 
Santa  Maria  Nuoua  allato  a  quella  di  fra  Giouannii 
centi  le  da  f  a  B  B  r  i  a  n  o,&  parimente  d  o  m  E- 
Hjqo  Di  Mie  HELIN  o , il  qualein  Santo  Apolisw 

AA    ii 


IJ1  FARTI.      II. 

re  fece  la  tauóla  a  lo  altare  di  San  Zanobi  :&nelcon- 
uento  degli  Agnoli ,  vn  giudizio  con  infinito  nume- 
ro di  figure.  Fu  fepoltoFra  Giouanni  da  frati  fuoi 
nella  Minerua  di  Roma, lungo  la  entrata  del  fianco 
prelìb  alla  {àgreflia ,  in  vn  fcpolcro  di  Marmo  tondo; 
Doue  fi  vede  intagliato  quefto  epitaffio . 

Non  mìhifit  laudìrftthd  eram  uelut  alter  *Apelles  i 
Sedauòd  lucratiti*  omnia  CHRISTE  dabam: 

.Altera  nam  terris  opera  extant  ;  altera  coelo . 
Vrbs  me  loannemflostulit  *4etbrurt&* 

LAZARO     VASA- 
RI   ARETINO 

PITTORE. 

Vanto  diletti  eccefsiuamente  qua- 
lunchede'noftri  artefici;  iltrouarc 
che  nella  arte  da  luifeguita,  fiagia 
flato  qualcuno  de' fuoi  5chen'abbia 
riportato  &  gloria  &  onore;  chiara- 
ramente  me  lodimoflra  la  conten- 
tezza che  io  fento  in  me,  di  auer  tro 
nato  tra'  miei  parlati ,  Lazaro  Vaiari ,  pittor'  famofo 
ne'  tempi  fùoi;&  non  folamente  nella  fua  patria;ma  in 
tutta  Toicana  ancora.Et  non  certo  {ènza  cagione3co- 
me  bene  crederrei  moflrarlo ,  fé  io  potefle  hberaméte 
(  come  ho  fatto  di  tutti  gli  altri  )  cofi  fcriuere  ancora 
di  lui .  Ma  perchè  refpetto  a  lo  eflere  io  nato  del  (àn- 
gue fuo,fi  crederebbono  forfè  alcuni  che  io  lo  lodaflc 
più  del  douere;  laiciando  a  parte  i  meriti  fuoi  i  &  della 
famiglia  3  dirò  ièmplice  &  nudamente  quello  che  io 


LAZZARO   VASARI.  IJ\ 

non  pollo  tacere  in  maniera  alcuna;non  volendo  man 
care  al  vero,donde  tutta  pende  la  ftoria.  Fu  adunque 
Lazaro  Vafari  pittore  Aretino,  amicifsimo  &  fido 
compagno  di  Pietro  della  Francefca  del  Borgo  a  San 
Sepolcro ,  &  valfe  molto  nelle  cofe  piccole  di  figure. 
Et  perche  molto  s'ufaua  nel  Tuo  tempo  dipignerele 
barde  de  cauagli,infinitifsimi  lauori  fece  a  Niccolo 
Piccinino  ;  onde  fu  cagione  per  il  guadagno ,  che  ne 
traife,di  ritirare,in  Arezzo  vna  parte  de'  fuoi  fratelli, 
che  alle  mifture  de'  vafi  di  terra  attendendo ,  abitaua- 
no  all'ora  in  Cortona.  Et  egli ,  effendofi  innamorato 
della  pittura  &  del  difegno  giorno  &  notte  non  refta 
uà  di  feguitare  gli  (ludi  di  quella .  Prefe  fi  la  maniera 
di  Pietro  Borgìiefe ,  che  poco  da  quella  fi  conofceua 
differente .   Era  perfona ,  che  teneua  fempre  ferma  la 
imaginazione  a  certe  cofe  naturali  :  come  fi  vede  in 
San  Gimigniano  in  Arezzo  nel  tramezo  di  ella  chiela 
vna  cappellina,doue  infrefeo  dipinte  vn  Crocififlb,la 
Noftra  donna,San  Giouanni,&  la  Maddalena,lequali 
fece  piagenti  appiè  della  Croce,  con  vna  maniera  Ci  di 
fpofta  è  intenta  al  pianto  ;  che  oltra  che  elle  paiono  & 
Viue&  vercjelle  gli  acquietarono  &  credito  &  nome 
tra  fuoi  cittadini .  Lauorò  ancora  in  Monte  Pulciano 
Vna  predella  di  figure  piccole  polla  nella  Pieue;&  in 
Caftiglione  Aretino  vna  tauola  a'tempera  in  S  .  Fracc 
fco,&  molti  altri  lauori,i  quali  fono  in  corpi  di  caflb- 
ni  di  figure  piccole  per  la  cittàTua  in  varie  cafà  de  cit- 
tadini. Et  in  Firenze  nella  parte  Guelfi  fi  veggono  an 
torà  de  le  barde  di  fuo  lauoro .    Era  Lazaro  perfona 
piaceuole  ,  &  motteggiera  molto ,  &  argutifsima  nei 
modo  del  parlar  fuo  ;  &  ancora  che  per  dilettoci  co- 
modo fuo  ,  e  fi  delle  molto  a  piaceri;  non  fi  parti  però 
maidalavitaonefta.     VifTeanni  lxxiii.  &lafciò 
G  i  o  R  G I  o  fuo  figliuolo,ilquale  attefe  continouameti 

A  A    iii 


374  farti,     ir. 

te  alla  antiquita  de  vafi  di  terra  Aretini. Egli  nel  tcpo 
che  era  in  Arezzo  M.  Gentile  Vrbinate  Vefcouo  Are 
tino,ritrouò  i  modi  del  colore  &  rolTo  &  nero  de'  vafi 
di  terra  5  che  fino  al  tempo  del  Re  Porfennai  vecchi. 
Aretini  lauorarono  .  Et  egli,  che  induftriofa  perfona 
era,  fece  vafi  grandi  al  torno  d'altezza  di  vn  braccio  & 
mezo:i  quali  in  cafà  di  elio  fi  veggono  ancorala  quel 
la  antiquita  per  conferuazione  ritenuti .  Dicono,  che 
cercando  in  vn  luogo  de'  vafi,doue  penfauano,che  gli 
antiqui  lauoraflero;Giorgio  trouò  in  vn  campo  di  ter 
ra  al  ponte  alla  Calciarella  luogo  cofi  chiamato ,  fbtto 
la  terra  tre  braccia  tre  archi  delle  fornaci  antiche. &  at 
torno  cercando  vi  trouorono  di  quella  miftura  vafi 
rotti  infiniti,&  de  gli  interi  quattro ,  i  quali  venendo 
in  Arezzo  il  magnifico  Lorenzo  de  medi- 
ca i  da  Giorgio  per  introduzzione  del  Vefcouo  gli  eb 
be  in  donori  quali  prefe,&  furono  cagione  del  princi- 
pio della  fèruitù,che  co  quella  fejicifsima  cafa  poi  fem 
pre  tenne .  Egli  lauorò  benifsimo  di  rilieuo,  come  ne 
fanno  fede  in  cafa  fua  alcune  tefte  di  fuo.Ebbe  cinque 
figliuoli  mafchi,i  quali  tutti  fecero  lo  efercizio  mede- 
fìmo;&  tra  gli  altri  artefici  buoni  furono  lazzaro 
&  Bernardo,  che  giouinetto  moria  Roma,  difè- 
gnatore  &  pittore  di  vafi  con  le  figure;&  tenuto  mae 
fìro  molto  buono.Et  certo,  che  fé  la  morte  non  lo  ra- 
piua  cofi  tofto  alla  cafà  nofìra,  per  lo  ingegno  che  de- 
liro &  pronto  fi  videm  lui ,  egli  auerebbe  crefeiuto 
grado  &  onore  alla  Patria  fua.  Mori  Lazzaro  vecchio 
nel  mccccli  i.  Et  Giorgio  l'anno  l  x  v  1 1  i.della  fua 
età  fé  ne  pafsò  ad  vnaltra  vita  nel  m  c  c  c  cl  v.  Et  furo 
no  fepolti  amendue  nella  Pieue  di  Arezzo,appie  della 
cappella  loro  di  San  Giorgio;doue  in  laude  di  Lazze- 
ro,  furono  da  chi  lo  amaua  appiccati  col  tempo  quelli 
yerfi. 


m 

^Aretij  exultet  tellut  clarifiirna:  namque  efl 

Rebmm  anguflisymtei7HÌ<j;  labor. 
Vìx  operum  ifìmspctrtes  cognofcerepofiis, 

Myrmecidts  taceat:  CaHicrates/ileat . 

LEONBATISTA 

ALBERTI  ARCHITETTO 
FIORENTINO. 

Randifsima  comoditade  arrecano  le 
lettere  vniuerfalmente  a  tutti  colo- 
ro, che  di  quelle  pigliati*  diletto  ;  Ma 
molto  maggiore  la  apportano  elle 
Cerna,  alcuna  comparazione  ,  a  gli 
{cultori,  a' pittori,  &  agli  architetti; 
abbellendo,  &  aflbttigliando  (  come 
elle  fanno  )  le  inuenzioni ,  che  naturalmente  nafcono 
in  qu  elli.  Ilche  è  veramente  la  più  vtile  &  la  più  necefl 
fària  cofa ,  che  aduenir  poffa  a  gli  ingegni  miracolo/I 
di  quefti  ai  tefici;  Oltra  che  il  giudizio  non  può  efTere 
molto  perfetto  in  vnaperfbna,la  quale  (abbia  pur  na- 
turale a  Tuo  modo  )  (la  priuata  de  lo  accidentale  ,  ciò  e* 
de  la  compagnia  delle  buone  lettere .  Perche  chi  non 
ih  che  nel  fìtuare  gli  edifizii ,  bifogna  filoloficamente 
fchifarelagrauezza  de  venti  pcflifcri;la  infalubrita 
della  aria;i  puzzi;  i  vapori  delle  acque  crude.&  non  fa 
lutifcre?  Chinonconofcechee'bifbgna  con  matura 
confiderazione  faperc,o  fughe,  o  apprendere  per  fé  fo 
lo,cio  che  fi  cerca  mettere  in  opra;fènza  auere  a  racco 
tnandarfi  alla  mercè  della  altrui  teorica  ?  La  quale  (epa 
rata  da  la  pratica,  il  più  delle  volte  gioua  aliai  poco: 
Ma  quando  elle  fi  abbattono.per  auuctura  a  cfìere  in- 


376  PARTE      II. 

fìeme  ;  non  è  cola  che  pio  fi  conuenga  alla  vita  noftra» 
Si  perche  l'arte  co'l  rnezo  della  feienzia,diuenta  molto 
più  perfetta,  &  più  riccarfi  perche  gli  ferirti  &  i  confi- 
gli de  dotti  artefici,  hanno  in  fé  molto  maggiore  effi- 
cacia ,  &  acquiftanfi  maggior  credito  che  le  parole,  o 
le  opere  di  coloro,  che  non  fanno  altro  che  il  femplice 
esercizio,  o bene ,  o  male  che  ersi  lo  faccmo.Che  in  ve 
io  leggendo  le  iftoric&  le  fauole,&  intendendole  vn* 
capricciofo  maeflro,  megliora  continouamente:  &  fa 
le  Tue  cofe  con  più  bontà ,  &  con  maggiore  intelligen 
'zia,che  non  fanno  gli  illiterati.  Et  che  quefto  ih  il  ve- 
ro,manife{tamentefi  vede  in  Leonbatilta  Alberti  Fio 
remino  ;il  quileperauerc  attefo alla  lingua  Latina;. 
&  dato  opera  allaèarchitettura  ;  alla  proipettiuaf;'&  al- 
la pittura  ;  Iafciò  i Tuoi  libri  fcrkti  in  maniera  ;  che  per 
non  edere  (tato  fra  gli  artefici  moderni ,  chi  le  abbia  fa 
puto  difendere  con  la  fcrittura,  ancora  che  infiniti  ne 
abbiamo  auuti  più  eccellenti  di  lui,  nella  pratica;  e' Ci 
crede  comunemente(ranta  forza  hanno  gli  fcrkti  fuoi 
nella  bocche  de  Dotti)  che  egli  abbia  auanzato  tutti 
coloniche  lo  auazarono  con  l'operare .  Et  vedefi  per 
il  vero  quanto  a  lo  accrefeere  la  fama  &  il  nome  ,  che 
fra  tutte  le  cofe,gli  ferini  fono  &  di  maggior  forza  & 
di  maggior  vita  :  Attefo  che  i  libri  ageuolmete  vanno 
per  tutto ,  &  per  tutto  f\  acquiftan  fede;  pur  che  è  fia- 
no  veritieri,&  fènza  menzogne: Per  il  che  qualunque 
paefe  può  conofeere  il  valore  dello  ingegno,&  le  belle 
virtù  di  altrui  molto  più  che  per  le  opere  manuali,che 
rare  volte  pofìon'mutarfi  da  quel  luogo  oue  elle  fon 
porte.  Non  è  marauiglia  dunque  fé  più  che  per  le  ope 
re  manuali  è  conofeiuto  per  le  fcritture,il  famofo  Leo 
nebatifta.-ilquale  nato  nella  Citta  di  Fiorcnza,de  la  no 
bilifsima  famiglia  degli  Alberti, fé  bene  attefe  a  far  o- 
pere>&  cerco  il  Mondo  per  mifurare  le  antichità;Non 

dimeno 


LEONBATIST  A   ALBERTI.  377 

«limeno  fu  ancora  molto  più  inclinato  a  lo  fcriuere, 
che  a  lo  operare .  Et  fi  come  negli  Scritti  fuoi  fi  cono- 
fce3fu  molto  litteratOjbonifsimo  aritmetico  &  geome 
trico  ;  &  fcriffe  de  la  architettura  dieci  libri  in  lingua 
Latina,pubblicati  da  lui  nel  M  e  e  e  e  l  x  x  x  i.&  tradot 
ti  oggi  in  lingua  FiorétinadalReueredo  M.Cofimo 
Bartoli,Propofto  di  San  Giouanni  di  Fioreza .  Scrifle 
ancora  de  la  pittura  tre  libri ^pure  Latini,oggi  tradot- 
ti in  lingua  Tofcana  da  M .  Lodouico  Domeniche 
Fece  vn'  trattato  di  tira  ri  3  &  di  ordini  da  mifurare  al- 
tezzeii  libri  della  vita  ciuile,  &  alcuni  altri  libri  amo- 
rofi  inprofa&  in  vcrfi;&  fu  il  primo  che  tentalTe  ri- 
durre i  verfi  vulgata  Ja  mifura  de'Latini,  come  fi  ve- 
de in  quella  fua  epiftola . 

QtieJìapeY  ejìrema  mifer  abile  epiflola  mando 

•A 'te }chej]jregimifer 'amente  noi. 

Ma  nella  pittura  non  fece  egli  opere  grandi  3  ne 
molto  belle;  conciò  fiache  quelle  che  fi  veggono  di 
fuo  5  che  fon'  pure  pochifsime  3  non  hanno  molta 
perfezione  ;  Attefo  che  egli  era  molto  più  dedito  a 
gli  ftudii  delle  lettere  ;  che  a  quegli  degli  efercizii  ma- 
nuah;per  efìere  egli  nato(come  fi  è  detto  )di  nobilifsi- 
mo  fàngue.Fu  fua  opera  quella  che  è  in  Fiorenza  fu  la 
cofciadel  ponte  a  la  carraia  in  vna  piccola  cappelletti 
di  Noftra  donna;chc  è  vno  fcabello  di  altare  dentroui 
tre  ftoriette  con  profpettiue ,  affai  meglio  deferitte  da 
lui  con  la  pennajche  dipinte  col  pennello.Nella  mede 
fima  città3in  cafa  Palla  Rucellai ,  è  vn  ritratto  di  fé  me 
defimo  fatto  a  la  fpcra;&  vna  tauola  di  figure  affai  gra 
de  di  chiaro  &  feuro  .  Figurò  ancora  vna  Vinegia  in 
profpettina  3  &  San  Marco  ;  ma  le  figure  che  vi  fono, 
furono  codone  da  altri  macftri  :  Et  è  quefta  vna  de  le 
miglior'  cofe  che  fi  vegga  di  fuo  di  pittura .     Intefe 

BB 


37S  *ARTE      II. 

Vitruuiobenifsimo;&  fece  il  modello  delle  farciate 
di  San  Fracefco  in  Arimino  al  Signore  Sigifmódo  Ma 
latefta;  che  per  cofa  (oda  è  vno  de  più  famofì  tempi  di 
Italia:  Nel  quale  fono  ritratti  di  naturale  il  detto  Si- 
gnore,^: Leonbatifh.Et  per  andare  a  Padoua  fono  in 
iu  la  Brenta  alcuni  Tempii  di  pietra  ;  &  in  Mantoua 
molti  dife^ni  di  architettura ,  tutte  cofe  vfcite  da  lui. 
Fece  ancora  di  legname  il  difegno  Se  modello  di  San- 
to Andrea  di  Mantoua:Et  fìn'che  è  non  fu  fìnito,non 
d  volle  partire  di  quella  citta.  Ritornato  poi  a  Fioren- 
za,fece  a  Cotìmo  Rucellai  il  modello  del  Palazzo  lo- 
ro,nella  fìrada  chiamata  la  Vigna;  &  la  loggia  fìmilmé 
te  ;  Ne  canti  della  quale  (bno  alcuni  archi ,  non  girati 
perfettamente,  per  la  difficultà  della  cantonata  nel  pi- 
ìafho.llquale  errore  fu  caufito,  da  lo  auere  condotto 
lo  cdifìzio  fino  a  la  importa  degli  archi;&  sforzato  dal 
vano  che  è  piccolo5non  auere  auuto  douediftenderfì. 
ìiche  apertamente  dimoftra,  che  oltra  la  fcienzia,bifo 
gna  auere  grandifsima  pratica,  &  buon  giudizio: il 
quale  nientedimanco  non  fi  può  fare ,  fé  di  continolo 
non  fi  adopera  manualmente  .  Dicefì  ancora  che  e 
diede  il  difegno  della  cafà  de'  medefìmi,  nello  orto  lo- 
ro della  via  della  fcala:laqual  cafa  dicono  che  è  lauora 
ta  con  bonifsima  prazia,&  con  fbmma  comodità.  At- 
tnbuifcefì  a  Leonbatiftail  difegno  della  porta  nella 
facciata  di  Santa  Maria  Nouella;Et  della  tribuna  della 
chiefa  de' Semi,  nella  città  di  Fiorenza  fatta  ad  infan- 
zia del  Marchete  dt  Mantoua, come  dimostrano  l'armi 
&  le  imprefè  che  vi  fon'  dentro .  Fu  Leonbatifta  per- 
dona di  molto  lodeuoli  cofkimi  ;  amicifsima  delle  per- 
fonelitterate&  virtuofè;&  che  di  continouo  vfàua 
gran'  cortefìe ,  a  chi  le  meritaua  ;  &  a'  forefìieri  mafsi- 
mamente,pure  che  attendefsino  alla  virtutEt  effendo 
ù  già  condotto  in  etade  affai  bene  matura,  fènepafiò 


LEONBATISTA   ALBERTI. 


579 


contento  &  tranquillo  a  vita  mieliorejlafciando  ono- 
rato nome  di  fe,&  defiderio  gradifsimo  del  famigliar^, 
lo  a  tutti  coloro  che  defìauano  di  farfì  eterni,  per  ede- 
re egli  veramente  flato  ,  quale  lo  defcriue  quefto 
epitaffio . 

LEONI   BAPTISTAE    ALBERTO;   VITR1YJQ 

HORENTINO. 

^Alhertm  ìacet  hìc  Leo  :  Leonem 
Quem  Fiorenti*  ture  nuncupauiti 
Qibd  Princepsfmt  Eruditionum 
Princeps  ut  Leofolus  efl ferarum. 

ANTONELLO 

DA     MESSINA 
PITTORE. 

Onfìderando  meco  medefimoledi- 
uerfe  qualità  de'  benifìzii5&  vtili  far 
ti  alla  arte  della  pittura,  per  quelli  ec 
celienti  ingegni  ciré  feguitanoque- 
fta  feconda  maniera  ;  giudico  perle 
loro  operazioni  che  e'fi  ponfsio  chia 
mare  veramente  induftriofi  &  valen 
ti;  Cercando  eglino  del  continuo  acrefcere  in  mag- 
giore grado  l'art  e.fenza  penfàre  a'  difigii  di  fé  medefi- 
mi  o  ad  altra  fpeìa  ancora  che  gagliarda  j-tanto  ardcua 
jnefsila  voglia  di  inueiìigare  da  potere  aggiugnere 
nella  pittura,  qualche  altra  cofà,oltra  la  perfezzione 
del  difegno,migliorato  tanto  da  loro .  Et  perche  e'  no 
adoperauano  allora  in  fu  le  tauole ,  &  in  fu  le  tele,  al- 

BB    ii 


pollino 


l%0  PARTE.      II. 

tro  coloritecene  a  tempera,prefò  nel  mccl.  da  ci- 
MABVE  nello  ftare  con  que'  Greci,  &  fcguitatoda 
Giotto  &  da  gli  altri  maeftri  fino  a  quel  tempo:De 
fidcrauano  di  trouar'  meglio,  parendo  loro  che  e  man 
cafsi  a  quello  vna  certa  morbidezza  ,  &  vnaviuacità, 
che  aucfsiad  areccare  trouandolo  più  forza  al  dife- 
gno,  &  più  vaghezza  al  colorito,  &  ancora  maggiore 
facilita  nello  vnire  i  colori  infieme ,  auendo  eglino  in 
fino  a  qui  vfatoil  tratteggiare  lopere  loro  per  punta 
{blamente  di  pennello.  Ma  benché  molti  auefsinofb- 
fìfticamcnte  cerco  di  tairofa  ,  non  però  aueuano  fro- 
llato modi ,  ne  con  vernice  liquida  ,  ne  con  altra  forte 
di  olii  mefcolati  nella  tempera  ,  come  proti  ò  AleiTo 
Baldouinetti,&  Pefello,&  molti  altri, ne  cofa  che  tor 
naffe lopera  di  quella  bellezza  &  bontà,  eh' (erano  in 
maginati.Oltra  che  vi  mancaua  vn  modo,che  e'  vole- 
uano  che  le  pitture  intauolafi  polsino,  come  quelle 
che  è  faceuano  in  muro ,  lauare  fenza  andarfene  il  co- 
lore;©^: che  elle  reggefsino  ad  ogni  percofTa  nel  ma- 
neggiarle,come  più  volte  nel  ragunarfigli  artefici  in- 
fieme aueuano  difputato  di  quella  cofà.  Era  quefto 
medefimo  defiderio  non  {blamente  in  Italia  fra  tutti 
i  più  eleuati  ingegni  che  cfercitafsino  la  pitturala  an 
Cora  in  Francia, in  Ifpagnia,  in  Alamagnia ,  &  in  altre 
prouincie  douunque l'Arte  viueua  in  pregio.Auueri- 
ne  in  quefti  tempi  che  efercitandofi  in  cfìa  in  Fiandra 
Giouanni  da  Bruggia  pittore  molto  (limato  in  que' 
paefi  per  le  buona  pratica,  che  egli  in  quel  meiìiero 
aueuaacquiftata  con  le  fatiche  de'fuoi  fr.udii,&  con 
la  frequente  imaginazione  che  del  continuo  aueua  di 
arricchire  larte  dei  dipignere.  Auuéne  dico  mctre  che 
e'cercauaditrouarediuerieibrtidicolori,dilettando 
fi  forte  della  archimia,&  ftillando  continouamente 
olii  per  far  vernice  y  &  varie  fòrte  di  colè  y  come  fuolc 


ANTONELLO   DA   MESSINA.  381 

accadere  alle  perlbne  fbfiftiche;  che  auendo  egli  vn 
giorno  in  fra  glialtri  dipinto  vna  tauola,  durato  in 
quella  molte  fatiche, &  condottala  con  vna  diligenza 
ala  fine  che  gli  piacetele  volfe  dare  la  vernice  al  Sole, 
come  fi  coltuma  alle  tauolc:&  coiì  vernicata  è  lafTato- 
la  che  il  Sole  la  fecaffe ,  fu  tanto  violente  quel  caldo,  o 
che  il  legniame  fuflfe  mal  commefTo,o  pur  che  non  fuf 
fé  ftagionato  ;  che  ella  fi  aperfe  in  fu  le  commettiture 
di  mala  forte.  Laonde  vitto  Giouanni  il  nocumento 
che  gli  aueuafatto  il  caldo  del  Sole  ,  deliberò  che  mai 
più  li  facefie  tal  danno  :  &  recatoli  non  meno  a  noia  la 
vernice ,  che  il  lauorare  a  tempera ,  cominciò  a  penfa- 
reditrouare  vn  modo,  di  fare  vna  forte  di  vernice, 
che  feccaffe  a  l'ombra,fenza  mettere  al  Sole  le  fue  pittu 
re,&  cofì  fperimentato  diucrfe  cofe,&  pure,  &  mefco 
late;  alla  fine  trouò  che  lolio  di  feme  di  lino ,  &  quello 
delle  noci  fra  tanti  che  ne  prouò  erano  più  feccatiui  di 
tutti  gli  altri.  Quefti  dunque  bolliti  con  altre  fue  mi- 
sure, gli  fecero  la  vernice  che  egli  ftelTo  defideraua. 
Et  cofi  fatto  fperimento  oltre  a  quella,,di  molte  cofè, 
vide  che  il  mefcolare  1  colori  con  quelle  forti  d'oli  gli 
daua  vna  tempera  molto  forte ,  che  fecca  non  temeua 
l'acqua  altrimenti  ;  &  inoltre  accendeua  il  colore  tan- 
to forte,che  gli  recaua  luftro  da  per  fé  fènzavernice:et 
quello  che  più  gli  parue  mirabile  era  che  fi  vniua  me- 
glio che  la  tempera  infinitamente.  Rallegroircne  dun- 
que Giouani  come  era  giufto;  &  dato  principio  a  met 
tercin  opera  i  fuoi  lauori,  ne  venne  a  condurre  oggi 
vna  cofa,&  domani  vnaltra,di  maniera  che  afsicurato 
fi  de  la  efperienza,  venne  a  far  opere  maggioi  ulcqua- 
li  vedutefi  &  da  gli  artefici  del  fuo  paefe  e  da  i  foreftie 
ri  furon  molto  lodate. Et  ne  fparfe  per  Fiandra,  &  per 
Italia, &  per  le  altre  parti  del  mondo,chc  egli  reccarort 
no  vale  &  fama  immortale  j  &  mafsimamente  da  chi 

BB    iii 


$&,  PARTE         II. 

intendeua  la  nuotia  inuenzione  del  colorito  di  Gioua 
ni.Perche  vedendo  le  opere  fue:&  non  fa  pendo  quel- 
lo che  egli  fi  adoperaile;  era  coftretto  non  (blamente  a 
lodarlo  ,  ma  a  celebrarlo  quanto  è  poteua .  Et  tanto 
più,  quanto  egli  per  vn  tempo  non  volfe  mai  efler  ve- 
duto lauorare  ;  ne  iniegnare  a  neiTuno  artefice  quel  fé 
creto .  Ma  poi  che  egli  già  diuenuto  vechio  ,  ne  fece 
grazia  a  Ruggieri  da  Bruggiafuo  creato ,  chela  infè- 
gniò  ad  Aufle  Tuo  difcepolo,  &  aghaltri  che  io  difsi 
eia  nel  Capitolo  x  x  i.  doue  fi  ragionò  del  colorire  a 
olio  nelle  cofe  della  pittura;ancora  che  Giouanni  la  te 
nefìc  in  pregio;Molti  chefaceuano  mercanzie  in  Fia- 
dra  di  diuerfe  nazioni,  madauan  de  l'opere  fue  per  in* 
cetta  a  diuerfi  principili  quali  le  ftimoron  molto,fi  per 
le  lode  che  gli  dauano  gli  artefici  nel  vederle,  &  mol- 
to più  per  la  bellezza  di  quella  inuenzione,che  Gioua 
ni  aueua  trouato.Neper  quefto  inltalia  fi  potè  inuefti 
par  ma  fra  i  pittori  che  viueuano  allora,  che  olio  o  mi 
iUira  fi  Me  quella  ;  ancora  che  ellaauefle  in  fé  vno  o- 
dore  acuto  che  faceuanoi  colori  &  quelli  olii  mefcola 
ti;che  pareua  pofsibile  d'auerla  a  rinuenire  :  Ma  ne  per 
quefto  fi  ritrouò,  o  rinuenne  mai  fino  a  che  e'  fu  man- 
dato da  certi  mercati  Fiorentini  che  faceuanofaccen- 
de  in  Napoh,&  (tauano  in  Fiandra,  al  Re  Alfonfo  pri 
mo,vna  tauola  con  molte  figure,lauorata  a  olio  di  ma 
no  di  Giouanni  ;  che  vedutola  il  Re  fu  dallui  fomma- 
mcntc  lodata  &  tenuta  cara,&  per  la  bellezza  delle  fi- 
t*ure,&  per  la  nouità  di  quella  inuenzione  di  colorito 
alaqualeopera  concorfe  tutto  il  Regno;  per  vedere 
queifta  marauiglia.Era  flato  a  Roma  molti  anni  a  dife- 
gniare  nella  Tua  fanciullezza  Antonello  da  Mefsina  ;  il 
quale  efiendo  di  buono  ingegnio ,  defto  &  molto  ac- 
corto in  quel  meftiero,  aueua  fatto  bonifsimo  profit- 
to nel  difegno;&  cofi  dimorando  molti  anni  in  quel- 


ANTONELLO    DA    MESSINA^  383 

la-città  aueua  aquiftato  nome .  Ritirato/!  dipoi  in  Pa- 
lermo vi  lauorò  molti  anni;&  cofi  fece  in  Mefsina  Tua 
patria;  doue  confermò  con  lopre  che  eui  fece  la  buona 
openione  che  teneua  il  fuo  paefè  della  virtù  che  è  fape 
uà  coli  ben  dipignere.Coftui  capitando  vn  giorno  per 
fuoi  bifogni  da  Palermo  a  Napoli,  fenti  che  a'1  Re  Ai- 
fon  fo,  era  venuta  di  Fiandra  la  fopradetta  tauoladi 
mano  di  Gionanni  da  Bruggia;dipinta  con  olii  ;  che  fi 
poteua  lauare  &  che  reggi eua  ad  ogni  percofTa ,  cofà 
che  nel  difègnio  per  la  maniera  di  quel  paefe  era  buo- 
na^ per  la  vaghezza  del  coIorito,bellifsima  :  &  che  il 
Re  ne  teneua  gran  conto  per  la  maniera  di  quellauo- 
rar.&  defiderò  fommaméte  potere  vederla .  Per  il  che 
m  eflo  mezi  fi  conduffe  finalmente  a  quefta  opera  :  Se 
potè  tanto  in  lui  la  viuacità  de'  colori,&  la  bellezza  Se 
vnione  di  quello  dipinto,che  lafciato  da  parte  ogni  al- 
tro negozio  &  penfiero;fène  andò  fino  in  Fiandra.  Ec 
in  Bruggia  peruenuto,prefe  dimeftichezza  grandifsi- 
ma  co'l  detto  Giouanni  ;  alqual  fece  preiente  di  molti 
difegni  alla  maniera  Iraliana;&  altre  fue  cofe  talmente 
che  per  quefto,  &  per  effer  Giouanni  già  vecchio;  no 
fi  curò  che  Antonello  vedeffe  l'ordine  del  fuo  colori- 
re a  olio  ,  &  cofi  non  Ci  parti  egli  di  quel  luogo  fino  a 
che  ebbe  apprefo  eccellentemente  quel  col  ori  re;  co  me 
egli  medefimo  dedderaua .  Ora  mentre  che  egli  ftaua 
fra  el  fi  &  il  no  di  partirli ,  Giouanni  fi  morie*:  Anto- 
nello defiderofb  di  tornare  in  Italia  perrmedere  la  fu  a 
patria,et  per  fare  il  paefè  partecipe  di  Ci  comodo  et  vtilc 
legreto  fenc  ritorno  in  quella ,  &  capitato  in  Venezia 
per  effere  perfona  molto  dedita  a'  piaceri,  &  tutta  ve- 
nerea piacedoh  quel  modo  di  viuere;fi  rifoluè  abitare 
in  quella;&  vi  fece  molti  quadri,  coloriti  nella  manie- 
ra a  olio  che  egli  di  Fiandra  aueua  portata;  che  fono 
(parfi  in  molte  caie  di  que'  Gétilhuominiu  quali  per  la 


384  PARTE      II. 

nouità  di  quel  lauoro  furono  {limati  aflài .  Similmen- 
te fece  altra  forte  di  lauori,  che  furon  madati  in  diuer- 
(ì  luoghi .  Alla  fine  auendo  egli  quiui  aquiflato  fama, 
gli  fu  fatto  allogazione  d'una  tauola  che  andaua  in 
San  Caffano  ,  parrochia  di  quella  città  :  laquale  tauola 
fu  da  Antonello  con  ogni  tua  induflria  &  arte  fenza 
rifpiarmodi  tempo  lauorata:&  per  la  nouità  di  quel 
colorire  ;&  per  la  bellezza  delle  figure;  che  e' fi  portò 
affai  bene  nel  diffegniojcommendata  molto;&  tenuta 
in  pregio  grandifsimo,&  molto  più, per  auerui  egli  co 
dotto  fi  bel  fegreto.Et  cofi  gli  fu  fatto  abilita  &  carez 
zegrandifsimedal  Senato  mentre  che  egli  vi  dimorò. 
Era  in  quella  città  allora  de  più  eccellenti  pittori  vno, 
chiamato  M.  Domenico  da  Venezia ,  il  quale  fece  ad 
Antonello  in  nella  fua  giunta  quelle  carezze,  &  corte 
fie,che  maggiori  fi  poflòn  fare  ad  amico  che  fi  amhper 
il  che  Antonello  che  non  fi  volfe  laffar  vincere  dalle 
cortefie  da  M.Domenico  dopo  non  molti  mefi,gli  in- 
fegniò  il  fecretodel  colorire  a  olio  i  del  quale  egli  fu 
molto  contento  &  in  Venezia  per  quello  onorato. 
Ne  vi  andò  troppo  tempo  che  egli  fu  condotto  a  Fio 
renzada  quegli  che  faceuano  in  Venezia  le  faccen- 
de mercantili  de'  Portinari,  per  lauorare  la  cappella  di 
Santa  Maria  Nuoua^edificata  da  loro,eome  fi  dirà  nel 
la  vita  di  Andrea  del  Caftagnio,perche  poi  M.  Dome 
nico  la  infegniò  ad  Andrea  predetto,&  egli  a  tutti  di- 
feepoh  fuoi,tanto  che  ella  fi  fparfe  per  tutta  Italia.  Ma 
per  tornare  ad  Antonello  che  nmafe  in  Venezia,  e'  fe- 
guitò  dopo  lopera  di  San  CafTano ,  il  far  molti  ritratti 
di  naturale  a  più  perfonc;&  digià  gli  era  flato  allogato 
dalla  Signoria  per  il  palazzo  alcune  florie;  da  lauorarfi 
nella  fala  del  loro  cpnfiglio,  lequali  non  volfbn  mai  da 
re  per  prighi  che  ne  facefsi  vn  Marchefe  vecchio  di 
Mantouaa frange sco  di  monsignore  ve- 
ronese, 


ANTONELLO    DA   MESSINA.  }8f 

r  o  n  e  s  E,che  fu  prouifionato  da  lui,  &  gli  fece  molte 
opere  in  Mantoua;&  lauoro  ancora  in  Verona  fua  pa- 
tria .  Bene  è  vero  che  Antonello  non  potette  mettere 
in  opera  quelle  iftorie ,  ancora  che  e'  ne  auefie  fatto  i 
cartonuPerche  ammaladofi  di  vn  mal  di  punta,  di  età 
di  Anni  xxxxix.  fenepaffoa  vita  migliore.  Etfòm- 
mamente  fu  onorato  nelle  efèquiedagli  artefici  del 
meftiero;per  il  dono  che  aueua  fatto  loro,  de  la  nuoua 
maniera  del  colorire ,  come  tefìifica  qu  eflo  epitaffio. 
D.     O.     M. 

ANTO  NI  VS  PICTORj  PRAEdPVVM  MESSA- 
NAE  SVAE  ET  SICILIA  E  TOTIVS  ORNA  ME  N- 
TVM  HAC  HVMO  CONTEGITVR.  NON  SO- 
LVM  SVIS  PlCTVRlS,  IN  QJ/ I  B  V  S  SINGVLA- 
HE  ARTIFICIVM  ET  VENVSTAS  FVIT,  SED 
ET  QVOD  COLORI BVS  OLEO  MISCENDIS 
JPLENDOREM  ET  PERPETVITATEM  PRIMVJ 
1TALICAE  PICTVRAE  CONTVLIT;  SVMMO 
SEM  PER    ART1FICVM    STVDIO    CELEBRATVS. 

Rincrebbe  quefta  morte  di  Antonello  a  molti  fuoi 
amici: &  particularmente  ad  Andrea  riccio 
scvltore  che  in  Venezia  nella  corte  del  palazzo 
delia  Signoria  aueua  lauorato  di  marmo  le  due  ftatue 
cli-e  fi  veggono  igniude  di  Adamo  &  Eua;  che  fon  te- 
nute belle.  Coiìui  non  mancò  di  portarli  afezzione  & 
di  lodarlo  dopo  la  morte ,  come  non  aueua  mancato 
invita  di  lodarlo  &  di  celebrarlo  quato  e*  potcua. Ta- 
le fu  la  fine  di  Antonello;  al  quale  debbono  certamete 
<*li  artefici  noflri  tenere  non  meno  oblazione  dell'a- 
uerc  portato  m  Italia  il  modo  del  colorire  a  ol>o,che  Ci 
abbia  auere  a  Giouanni  da  Bruggia,  che  ne  fu  inuen- 
tore  in  Fiandra;  auendo  l'uno  &  l'altro  beneficato  & 
arrichito  quefta  arte .  Perche  mediante  quefta  inuen- 
zione ,  fono  venuti  di  poi  fi  eccellenti  gli  artefici  :  che 

CC 


}86  PARTE.       IL 

hanno  potuto  far  quafi  viueleloro  figure;  dar  nome 
alle  patrie,  &  onorare  &  ornare  qualunche  luogo  egli 
hanno  voluto.  Laqualcofa  tanto  più  debbecflere  in 
prcgio,quanto  manco  fi  truoua  fcnttore  alcuno  ,  che 
quella  maniera  di  colorire  affegni  a  gli  antichi.  Et  fé  e 
fi  poteffe  fàpere  che  ella  non  fuffe  ftata  veramente  ap- 
preffodi  loro ,  auanzerebbe  pure  quello  fecolo  le  ec- 
Cellenzie  dello  antico  in  quefta  perfezzione .  Ma  per- 
chefi  come  è  non  fi  dice  cofà  che  non  fia  ftata  detta,co 
fi  forfè  non  ci  e  cofa  che  non  fia  ftata,me  la  pafìerò  fen- 
zà  altro  difcorfb:  &  lodando  fommamente  coloro  che 
oltralaeccellenzia  deldifegno,  aggiungono  Tempre 
alla  arte  qualcofa,attenderò  afcriuerede  gli  altri. 

ALESSO    BALDOVI 

NETTI   FIORENTINO 
PITTORE. 

A  tanta  forza  la  nobiltà  dell'arte  della 
pittura  ,  che  molti  nobili  fi  fon  vifli 
partire  da  le  arti,  douearebbono  po- 
tuto ftye  infinito  numero  di  ricchez- 
ze ,ne  gli  auiamenti,che  hano,  fé  vi  a 
ueflero  voluto  attendere  ;  &  dalla  vo 
lontà  tirati  fi  fono  sforzati ,  contra  il 
voler  de  padri  loro,  feguire  l'appetito  naturale,lafcian 
do  l'accidentale.Ne  di  ricchezza  fi  fono  curati,dicen- 
do  la  vera  ricchezza  effere  i  frutti  colti  da  l'albero  del- 
la virtù:i  rami  dellaquale  fi  fpandono  in  ogni  luogo,& 
facilmente  doue  fi  camina  fi  portano:ne  poffono  incen 
dii,ruine,o  ferro  alla  virtù  far  orfefa  ;  che  inuero  la  fa- 
ma auanza  i  termini  della  morte.  Conofcendo  quefto 


ALESSO.  BALDOVINETTI.  387 

Aleflb  Baldouinetti  da  propria  volontà  tirato,abban- 
donò  la  mercazia,  che  per  fuccefsione  faceuano  i  fuoi 
per  eflèrc  (lati  quegli  confèruatori  delle  facultà  &del 
grado ,  che  da  1  nobili  cittadini  aueuano  ;  Se  fi  sforzò 
onorare  quegli  co  l'ornaméto  della  pittura,  alla  quale 
fu  molto  amoreuole  nel  contraffare  le  cofe  della  natu 
ra;come  fi  può  vedere  nelle  cofe  fue .  Era  Aleflb  nella 
fua  fanciulezza  molto  inclinato  alla  pittura,  di  modo 
che  contra  la  volontà  del  padre  ,  ilquale  auerebbe  vo- 
luto, eh'  alla  mercanzia  aueffe  dato  opera ,  continuar 
la  volfe;dicendo  egli ,  che  quella  arte  era  la  più  eccel- 
lente ,  &  la  più  onorata  di  tutte  l'altre  manuali  ;  alle- 
gando Fabio  nobilifsimo  Romano ,  &  molti  Filofofi 
auerui  dato  opera  .  La  onde  Aleflb  perfeuerando  nel 
fuo  lodeuole  proponimento  incominciò  in  Santa  Ma 
ria  nuoua  la  cappella  di  San  Gilio,  ciò  è  la  faccia  dinan 
zi ,  &  fimilmente  latauola  &  la  cappella  maggiore  a 
Gianfigliazzi  di  Santa  Trinità ,  con  ifìone  deL  Tefta- 
mento  vecchio ..  Fu  diligentifsimo  nelle  cofe  fue;& 
d'ogni  minuzia  che  la  natura,  faceffe,  era  bonifsimo 
imitatore. Ebbe  la  maniera  vn'  poco  fecca  &  crudetta, 
mafsimamente  ne  panni;&  dilettofsi  molto  contraffar 
paefi ,  &  ritrahendoli  da'l  viuo  come  italiano  appun- 
to,imitaua  i  ponti,ifiumi,i  fafsi^'erbejlefrutteje  vie, 
i  campile  città,le  caftella,rarena,&  ogni  minima  pie- 
trajeome  fi  vede  in  vna  fìoria  a  frefco,&  a  fecco  ritoc- 
ca allaNunziata  di  Fiorenza  nel  cortile  dietro  ilmu- 
ro,dou  è  dipinta  la  Nunziata;  nellaquale  fece  vna  na- 
tiuità  di  e  h  r  1  s  t  o  ;  &  quiui  mife  tal  fine ,  fatica  ;  & 
diligenza  in  vna  capanna,  che  numerar  fTpotrebbona 
i  fili  e  i  nodi  della  paglia.Vi  contrafece  ancora  vna  rui 
na  d'una  cafà  di  pietre  dal  tepo  muffate,  &  dalla  piog- 
gialogore  &  confumate,con  vna  radice  di  edera  grof 
ià5che  vna  parte  di  quel  muro  ricuopre ,  nellaquale 

CC     ii 


jB8  PARTE      II. 

imitò  colore  del  ritto  óV  del  rouefcio  delle  foglie  con 
diligenza  &  con  patienza .  Vi  fono  ritratti  pallori  ala 
vfanza  del  paefc  :  &  mifè  tempo  infinito  a  contraffare 
Yna  ferpechecamina  per  il  muro.  Et  merita  egli  certa 
mente  infinita  lode ,  per  lo  amor  che  e  portò  alla  arte. 
Dicefi  che  egli  andò  lungamente  fbfifticando  intor- 
no al  Mufaico:  Et  che  non  elfendone  mai  peruenuto  a 
quello  che  e'  defideraua,  gli  capitò  a  le  mani  vn'  Tode 
{co  che  andaua  a  Roma  a  le  perdonanze-.il  quale  allog 
giato&  intrattenuto  da  Aleflb  parecchi  giorni,  gli 
ìnfègnò  interamente  il  modo  .&  la  regola  del  condur- 
re quella  opera.  Di  maniera  che  egli  arditamente  fi  mi 
fé  a  lauorare  di  mufaico  :  &  in  San  Giouanni  Ibpra  le 
tre  porte  di  bronzo,fece  da  la  banda  di  dentro  negli  ar 
chi  alcuni  Angeli  che  tengono  la  tetta  di  e  H  Ri  sto. 
Per  il  che  li  allogarono  i  Confali  della  arte  de  merca- 
tanti ,  tutta  la  volta  di  quel  tempio ,  fatta  da  Andrea 
Taffi,che  e  doueffe  rinettarla  &  pulirla;  &  racconcia- 
re &  rafTettare  quanto  aueffe  corrotto  il  tempo .  Ilchc 
fece  Alelfo  in  fu  vno  edilìzio  di  legname  ,  fatto  dal 
cecca  architetto,tenuto  il  migliore  che  aueffe  quel 
fècolo .  Infegnò  il  magifterio  de'  mufàici  a  Domeni- 
co Ghirlandaio ,  che  lo  ritraile  poi  accanto  a  fé  lìelfo 
nella  cappella  de'  Tornabuoni  , doueé  Giouacchino 
cacciato  del  Tempio:&  è  vn  vecchio  rafo  con  vn  cap 
puccio  rollo  in  tetta. Viffe  anni  l  x  x  x.  &  fi  comife  nel 
lo  fpedale  di  San  Paulo  con  alcune  fue  facultà:Et  a  ca- 
gione di  elferui  accettato  più  volentieri,fece  portami 
yn  gran*  catione ,  doue  finfediauere  telòro  3  dandone 
la  chiauc  allo  fpedalingo,  ma  con  patto  che  e'  non  do- 
ueife  aprirli  già  mai3fe  non  dopo  la  morte  di  elfo  Alef 
fb.Laquale  quando  fu  venuta, fi  aperfè  il  caffone:&  vi 
fi  trouò  dentro  {blamente  vn'  libretto  ,  che  infegnaua 
fare  le  pietre  del  mufaico ,  &  lo  ftucco ,  &  il  modo  del 


ÀLES  SO   BALD  O  VINETTI.  389 

lauorare;volendo  cosi  inferire ,  che  la  fama  &  la  virtù 
di  chioperaèvnteforo  .  Fufuodifcepoloil  graf- 
fione  fiorentino,  che  (òpra  la  porta  degli  In- 
nocenti,fece  a  frcfco  il  dio  padre  con  quegli  An- 
geli che  vi  fi  veggono  ancora .  Dicono  che  il  Magni- 
fico Lorenzo  de  med  1  ci  ragionando  vn'di  col 
Graffione  che  era  vno  ftran'ceruello ,  gli  dille,  io  vo- 
glio farfare  di  mufaico&  di  iìucchi  tutti  gli  (pigoli 
della  cupola  di  dentro.  Al  che  rifpondendo  il  Grarrio- 
ne,voi  non  ci  aucte maeftri,  replico  Lorenzo,  Noi 
abbiamo  tanti  danari  che  noi  ne  faremo  ;  il  Graffione 
fubitamente  gli  foggiunfe  ;  eh  Lorenzo,  1  danari  non 
fanno  1  maeflnjma  1  maeftri  fanno  i  danari.  Era  coflui 
vna  fantaftica  &  bizarra  pcrfonajche  non  mangiò  mai 
atauola  apparecchiata  d'altro  che  de' fogli  de' cartoni 
che  e'  faceua;&  non  dormi  in  altro  letto  che  in  vn  caf- 
fone  pieno  di  paglia  fenza  lenzuola .  Ma  tornando  ad 
Alelfoe'fini  &  l'arte  &  la  vita  nel  mccccxlviii. 
Et  fé  bene  per  allora  non  fu  onorato  molto;Non  è  pe- 
rò mancato  di  poi  chi  gli  abbia  fatto  quefto  epitaffio. 

ALEXIO  BALDOVINETTO  GENERIS  ET  AR- 
riS  NOBILITATE  INSIGNI:  CVIVS  NEQJ/E 
INGENIO,  NEQVE  PICTVRIS  QJICQJAM  PO 
TEST  ESSE  ILLVSTRIVS.  PROPIN  Q^V  I  OPTI- 
ME    MERITO    PROPINQUO    POS. 


CC    ili 


VELLANO   PADO 

VANO   SCVLTORE. 

Anto  grande  è  la  forza  del  contrafra 
re3che  il  più  delle  volte  imitando  be 
ne  la  maniera  dello  imitato;  ella  fi  ap 
prende  fi  fattamente,  che  le  cofe  ap- 
prefe,bene  fpeffo  apparirono  per 
quelle  del  maeftro;come  fi  vede  nel- 
le cofe  delVellanoda  Padoua  fcul- 
torejilquale  pofe  tanto  ftudioin  contraffare  la  manie- 
ra &  il  fare  di  Donato  nella  fcultura,&  mafsimamen- 
te  ne'bronzhche  e*  rimafe  in  Padoua  patria  fua  eredi- 
tario della  virili  di  Donato  ;  come  ancor*  oggi  ne  fan- 
no fede  le  opere  fue  nel  Santojnelle  quali,péTando  infi. 
niti  che  elle  fiano  opere  di  Donato  y  fé  è  non  ne  fono 
auuertiti,;tutto  giorno  reftano  gabbati.Coftui  infiam 
mato  delle  gran' lodi  che  è  fentiua  dare  a  Donato  {cui 
tore  Fiorentino  3  che  all'ora  lauoraua  in  Padoua;  & 
dello  vtile  &  comodo  che  e' gli  vedeua  ;  moftrandofi 
molto  defiderofo  nella  fua  giouanezza,  di  voler'  veni- 
re eccellente  &  famofo  ;  fu  acconcio  con  Donato  pre- 
detto a  imparar'  l'arte  della  (cultura  :  &  feguitando  & 
ftudiando  continouamete  (otto tanto maeftro;  confe- 
rì finalmente  lo  intento  fuo.Concio  fia  che  auendo- 
lo  feruito&  aiutato  in  tutta  l'opera  che  e' fece  in  Pa- 
doua:occorrendo  il  ritorno  di  quelloja  Fiorenza;meri 
tò  che  il  maeftro  gli  lafciaflfe  tutte  le  mafierizie,  i  difè- 
gni5&  i  modelli  di  quelle  iftorie,  che  fi  aueuano  a  fare 
di  bronzo  intorno  al  coro  del  Santo  di  quella  città .  Il 
che  fu  cagione  che  dopo  la  partita  di  effo  Donato,tut 
ta  l'opera  fopra  detta,fuiTe  publicamcte  allogata  al  Vel 
lano3reftato  nella  fua  patria3con  grandifsimo  nome  & 


VELLANO   PADOVANO. 


39* 


fama.Fece  egli  adunque  tutte  le  iftorie  di  bronzo,che 
fono  nel  coro  del  Santo  da  la  banda  di  fuori; Et  infini- 
ti credono  le  inuenzioni  effer  venute  da  Donato ,  co- 
me è  la  iftoria ,  quando  Sanfone  abbracciata  la  colon- 
na, rouina  il  tempio  de'Filiftei;doue  fi  vede  con  ordi- 
ne venir  giù  i  pezzi  delle  ruine ,  &  la  morte  di  tanto 
popolo;&  in  oltre,la  diuerfità  di  tante  attitudini  di  co 
loro  che  muoiono ,  chi  del  fatto,&  chi  de  la  paura  ;  il 
che  marauigliofamente  efprefle  il  Vellano.Et  nel  me- 
defimo  luogo  fono  alcune  cere  &  modelli  di  quelle 
cofe;  &  alcuni  cadellieri  di  bronzo  lauorati  da  lui  con 
iftorie,  &  condotti  con  vn'  buon'  garbo.De'  quali  eb- 
be lode  infinita.Conofcédofi  in  cotali  opere  vno  efìre 
mo  defideno  di  volere  arriuare  a'1  fegno  di  J3onatel- 
lo.  A'1  quale  nientedimanco  non  arriuò,per  e  (ferii  po- 
rto colui  troppo  alto ,  con  vna  arte  difficilifsima  .  Fu 
bene  ftimato  &  pregiato  affai  &  in  Padoua  &  per  tut 
ta  la  Lombardia,^  dalla  Signoria  di  Vinegiajfi  perche 
non  aueuano  auuti  molto  cccelléti  artefici  fino  a'1  fuo 
tempo;  fi  ancora  ,  perche  nel  fonderei  metalli  perla 
lunghifsima  pratica,valeua  vn'  mondo.Accadde,eflendo 
egli  già  diuenuto  vecchio  ,  che  per  la  Signoria  di  Vi- 
negia  fu  fatto  deliberazione  cheèfifaceffedi  bronzo 
la  ftatua  di  Bartolomeo  da  Bergamo  a  cauallo;Et  vol- 
fero  fare  allogazione  de'l  Cauallo  ad  Andrea  dei 
Verrocchio  Fiorentino;&  de  la  figuraci  Villano .  La 
onde  non  fàpendo  quefto  Andi  ea,&  auendo  già  fini- 
to il  modello  del  Cauallo ,  come  intcfe  quefta  nuoua, 
ne  montò  in  tanta  collera, &  fi  fatto  fdegno,che  paren 
doli  effere  altro  maeftro  come  in  effetto  era ,  ruppe  le 
gambe  &  il  collo  al  modello  :  &  fracaflatolo  tutto ,  fé 
ne  tornò  a  Fioreza .  Ma  richiamato  dalla  Signoria  che 
©li  dette  tutto  il  lauoro ,  nuouamente  tornò  a  finirlo. 
De  la  qualcofaprefc  ilVellano  tanto  difpiacere  3  che 


39i  PARTE     ir. 

fenza  indugio  alcuno,fe  ne  tornò  a  Padoua .  Et  fé  be- 
ne e'  non  fece  queftaj  le  altre  opere  quafi  infinite  che 
eeli  aueua  fatte  per  la  Lombardia ,  gli  feru irono  pure 
abaftanza  a  dargli  nome&  reputazione.Et  fmalmcte 
mori  di  età  di  anni  l  xxx  xn  .  Furono  le  efequie  fue 
celebrate  nel  Sato;&  quiui  onoratamele  riporto  il  cor 
pò:  &  mantenuta  apprefìb  la  fua  memoria  ,  per  degno 
&  conueniente  premio  delle  fatiche  durate  da  lui, per 
onorare  &  efoltare  &  fé  medefimo  «Se  la  fua  citta.  \  ch« 
diluì  veramente  può  gloriare. 

FRA     FILIPPO 

L I P  P  I      PIT'TOR 

FIORENTINO. 

E  gli  huomini  attentamente  con/ìde 
rafsino,  di  quanta  importanza  Mane 
i*li  ingegni  buoni  ;  venire  eccellenti 
&  rari  in  quelle  profefsioni  che  elli 
eiereitano,iarebbono  certamete  più 
folleciti,&  molto  più  frequenti  &  af 
fidui  nelle  fatiche  che  fi  patifcono 
per  imparare.  Perciò  che  e'  Ci  vede  pur  chiaramente, 
tutti  coloro  che  attédono  alla  virtù,nafcere  (  come  gli 
altri)ignudi  &  abbietti, &  impararla  ancora  con  gran- 
dmimi fudori  &  fatiche  :  Ma  come  e  fono  conofeiuti 
per  virtuofi,acquiftarfi  in  tempo  breuifsimo,  onorato 
nome  &  ricchezze  quafi  eccclsiuedequali  nictediman 
co  giudico  io  nulla  in  comparazione  della  fama ,  Se  di 
quel  refpetto  che  hanno  lor'  gli  huomini, no  per  altro 
che  per  conofcergli  virtuofi  ;  &  per  vedergli  adornati 
&  colmi  di  quelle  fòmme  feienzie  od  arti  3  che  a  po- 
chi i! 


FRA    FILIPPO.  $9} 

chi  il  Ciel  largo  deftina.Et  tanta  è  grande  la  forza  del- 
la virtù  ;  che  ella  trae  i  fauori  &  le  cortese ,  di  mano  a 
coloniche  no  le  conobber'  mai,  &  i  virtuofi  non  han 
no  più  viih .  Ma  che  più?  Se  in  vno  che  veramente  fia 
virtuofo,fi  ritruoua  pur  qualche  vizio,ancora  che  bia 
fimeuole  &  brutto;la  virtù  lo  riquopre  tanto,  che  do- 
ue  in  vn'altro  non  virtuofò,  graucmente fi difdirebbe 
&  ne  farebbe  colui  punitojnon  apparifce  quafi  pecca- 
to nel  virtuofo.Et  non  folamete  non  ne  è  punito  ;  ma 
compafsioneuolmentefe  li  coporta-.Portandolafteifa 
giuftizia  fempre  mai  vna  certa  quafi  reuerenzia  a  qua 
lunche  ombra  della  virtù .  Laquale  oltra  mille  altri  ef- 
fetti marauiglio(ì,muta  la  auarizia  de'  Principi  in  libe 
ralità;  rompe  gli  odi,dell'animo  ;  (otterrà  le  inuidie  ne 
gli  huomini;  &  alza  di  qua  giù  fin*  in  cielo  coloro  che 
per  fama  diuegono  di  mortali  immortali  come  in  que 
fte  parti  moftrò  Fra  Filippo  di  Tomaio  Lippi,  Carme 
litano.ilquale  dicono  che  nacque  in  Fiorenza,  in  vna 
contrada  detta  Ardiglione,  fotto  il  canto  alla  Cuculia 
dietro  al  conuéto  de'  Frati  Carmelitani;&  perla  mor- 
te, di  Tomafb  fuo  padre  redo  pouero  fanciullino  d'ari 
ni  due  fenza  alcuna  cuftodia ,  efTendofi  ancora  morta 
la  madre  non  molto  lontano  al  fuo  partorillo.  Rimafè 
dunque  coflui  in  gouerno  d'una  Mona  Lapaccia  fua 
àia  forella  di  T6mafb,laquale  con  grandifsima  calami 
tà  lo  alleuò  in  difàgio  grandifsimo.Et  quando  non  po- 
tette più  fomentarlo,  efìendo  egli  già  di  vi  fi.  anni, 
lo  fece  frate ,  nel  fòpradetto  conuento  del  Carmine;. 
Era  quefto  fanciullo  molto  deftro&  ingeniofb  nelle1 
azzioni  di  mano  ;  ma  nella  erudizione  delle  lettere 
groflb  &  male  atto  ad  imparare  oltra  che  e'  non  volle 
applicarui  lo  ingegno  mai  ;  ne  auerle  mai  per  amiche.. 
Lo  chiamò  il  priore  per  lo  medefimo  nome  che  aueua 
quando  fi  velli  l'abito.  Et  perche  nel  nouiziato ,  oem 

DB 


I 
I 


394  PARTE.      II. 

giorno  fu  i  libri  de  frati  che  ftudiauano,fi  dilettaua  im 
brattare  le  carte  di  quegli ,  il  priore  gli  die  comodità, 
eh'  a  dipignere  attendere .  Era  allora  neVCarmino  la 
cappella  di  Malàccio  da  lui  miouamente  dipinta  laqua 
le  perciò  chebellifsima  era,  piaceuamoltoa  Fra  Fi- 
lippo,però  ogni  giorno  per  fuo  diporto  la  frequenta- 
ua:&quiui  efercitandofi  del  còtinouoin  compagnia 
di  molti  giouani ,  che  Tempre  vi  difègnauano;  di  gran 
lunga  li  altri  auanzaua  di  deftrczza  &  di  fàpere.Di  ma 
niera  che  è  fi  teneua  per  fermo, che  è  douefle  fare  qual 
che  marauigliofa  cofa,nel  fine  della  virilità  fua.  Ma  ne 
gli  anni  acerbi,non  che  ne'  maturi,  tante  lodeuoli  ope 
re  fece, che  fu  vn  miracolo .  Perche  di  li  a  poco  tempo 
lauorò  di  verde  terranei  chioft.ro  vicino  alla  fàgradi 
Malàccio  alcune  ftorie  di  chiaro  fcuro;&  in  molti  luo 
ghiin  chiefain  più  pareti  in  frefeo  dipinte;  &  ogni 
giorno  auanzando  in  meglio ,  aueua  prefo  la  mano  di 
Malàccio  fi;che  le  cofe  fue  fi  fimili  imitado  face  uà;  che 
molti  diceuano  lo  fpirito  di  Mafaccio  efifere  entrato 
nel  corpo  di  Fra  Filippo .  Fece  in  vn  pilaftro  in  chie- 
{à  la  figura  di  San  Marziale  preflb  all'organo  ;  laquale 
gli  arrecò  infinita  fama;  potendo  iìare  a  paragone  con 
le  cofè,che  Mafaccio  aueua  dipinte.Per  il  che  fèntito- 
Ci  lodar  tanto  per  il  grido  d'ogniuno,animofàmente  fi 
cauò  l'abito  d'età  d'anni  x  v  1 1.  ancora  che  negli  ordini 
fàcri  fufTe  già  ordinato  a  Vangelo.Diche  nulla  curan- 
doci o  poco,fi  partì  da  la  Religione.  Et  trouandofi  nel 
la  Marca  d'Ancona ,  diportandofi  vn  giorno  con  certi 
amici  fuoi  in  vna  barchetta  per  mare,  furono  tutti  in- 
fieme  dalle  fufte  de  Mori ,  che  per  quei  luoghi  feorre- 
uano,prefi  &  menati  in  Barbena  ;  efìendo  ciafeuno  di 
loro  condotto  alla  catena  in  feruitù ,  &  tenuto  fchia- 
uo,doue  flette  con  molto  difàgio  per  XV III.  Mefi. 
Ma  aduennne  vn  giorno  che  auedo  egli  molto  in  pra- 


FRA  FILIPPO.  395 

tica  il  padrone,  gli  venne  commodità&  capriccio  di 
dipignerlo;  per  il  che  prefo  vn  carbone  fpento  del  fuo 
co,con  quello ,  tutto  intero  lo  ritratte  co'  Tuoi  abiti  in 
dotto  alla  morefca  in  vn'  muro  bianco.  Fu  da  gli  altri 
fchiaui  detto  quefto  al  padrone,  perche  a  tutti  vn  mi- 
racolo pareua,  non  s'ufando  il  difegno  ne  la  pittura  in 
quelle  parti;&  ciò  fu  cagione  di  dargli  premio,&  di  li 
berarlo  da  la  catena  doue  per  tanto  tempo  era  flato  te 
nuto.  Veramente  gloria  di  quefta  virtù  grandifsima, 
auere  forza  con  vno  a  cui  è  conceduto  per  legge  di  pò 
ter  condannare  &  punirejdi  far  tutto  il  contrario,  an- 
zi d'indurlo  a  fargli  carezze,&  a  dargli  libertà  in  cam- 
bio di  fupplicio  &  di  morte .  Lauorò  con  colori  alcu- 
ne cofe  fegretamente  al  padron  fuo  ;  che  liberatolo  fi- 
nirò a  Napoli  con  premio  portarlo  fece:doue  egli  di- 
pinfe  al  Re  Alfonfo,  all'ora  Duca  di  Calauria  vna  ta- 
uola a  tempera  nella  cappella  del  cartello,  doue  oggi 
ftà  la  guardia.  Appretto  gli  venne  volontà  di  ritornare 
a  Fiorenza ,  doue  dimorò  alcuni  Mefi  :  Et  lauorò  alle 
donne  di  S.Ambruogio  allo  aitar  maggiore  vna  bel- 
lifsima  tauola;laquale  molto  grato  lo  fece  a  Cosimo 
de    M  E  D  i  e  i,  che  per  quella  cagione  diuenne  fuo  a- 
micifsimo.Fece  anco  nel  capitolo  di  Santa  Croce  vna 
tauola  laqual  finita  che  fu,ne  fece  vnaltra  che  fu  polla 
nella  cappella  in  cafa  Medici  &  dentro  vi  fece  la  Nati- 
uità  di  e  h  r  i  s  t  o,lauorò  ancora  per  la  moglie  di  e  o- 
simo  detto,  vna  tauola  con  la  medefima  Natiuità  di 
christo,  &  San  Giouanni  Batifta  permettere  al- 
l'ermo di  Camaldoli  a  vna  cella  de'  romiti  fatta  per  di- 
uozion  fua,intitolata  San  Giouanni  Batifta,  &  alcu- 
ne ftoriette  che  fi  mandarono  a  donare  per  e  o  s  i  m  o, 
a  Papa  Eugenio  quarto  Veniziano.  Laonde  Fra  Filip 
pò  molta  grazia  di  quefta  opera  acquiftò  appretto  il 
^303.0^6^^  era  tanto  venereo;  che  vedendo  doa> 

DD    ii 


}9*>  PARTE       n. 

ne,che  gli  piaceflfero,fe  le  poteua  auerc  ogni  fùa  facul 
ti  donato  le  arebbe;&"  non  potendo  per  via  di  mezi,ri 
traendolem  pittura  co' i  ragionamenti  la  fiamma  del 
fuo  amore  inticpidiua.Era  tanto  perduto  dietro  a  que 
fio  appetito  ,  che  all'opere  prefc  da  lui ,  quando  era  in 
quello  vmore,poco  o  nulla  lauoraua.  Onde  vna  volta 
fra  l'altre  e o  s  i m o  de  medici  faccedoli  fare  vna 
opera,  in  cafa  fua  lo  nnchiufe, perche  fuori  a  perder  té 
pò  non  andaffe;ma  egli  flatoci  già  due  giorni ,  fpmto 
dal  furore  amorofo,  vna  fera  co  vn  paio  di  forbici  fece 
alcune  lille  de  lenzuoli  del  letto,  &  da  vna  fineftra  ca- 
latoli attefe  per  molti  giorni  a  fuoi  piaceri.  Onde  non 
lo  trouando,&  facendone  Cosimo  cercare ,  al  fine 
pur  lo  ritornò  al  lauoro;  &  d'allora  innanzi  gli  diede  li 
berta,  eh'  a  fuo  piacere  andaffe ,  pentito  affai  d'auerlo 
per  lo  paifato  rinchiufbjpenfmdo  alla  pazzia  fua,  &  al 
pericolo ,  che  poteua  incorrere.  Per  il  che  fempre  con 
carezze  lo  tenne  dapoi:Et  da  lui  ne  fu  (èruito  con  più 
preftezza,dicendo  egli,  che  l'eccellenze  de  gli  ingegni 
rari  fono  forme  celefti,&  non  afini  vetturini .  Lauorò 
vna  tauola  nella  chiefa  di  Santa  Maria  Primerana  in 
(u  la  piazza  di  Fiefole;dentroui  vna  Noilra  donna  an- 
nunziata dall'Angelomella  quale  è  vna  diligezia  gran- 
difsima,&  nella  figura  dello  Angelo  tata  bellezza,che 
e  pare  veramente  cofa  celefle.Fece  alle  monache  delle 
Murate  due  tauole,  vna  della  Annuziata,  polla  allo  ai 
tar  maggiorejl'alt ra  nella  medefima  chiefa  a  vno  altare 
détroui  ilorie  di  S.Benedetto;  &  di  S.Bernardo  Se  in  pa 
lazzo  della  Signoria  dipinte  in  tauola  vna  Annuziata 
fopra  vna  porta;  &  fimilmete  fece  in  detto  palazzo  vn 
San  Bernardo  (opra  vn  altra  porta:&  nella  fagreflia  di 
S.  Spinto  di  Fiorenza  vna  tauola  con  vna  Noflra  don 
na  &  angeli  dattorno  Se  Santi  da  lato;opera  rara,  &  da 
quelli  noflri  maeflri  fiata  fempre  tenuta  in  grandini- 


IRA   FILIPPO.  fyj 

ma  venerazione .  In  San  Lorenzo  alla  cappella  de  gli 
operai  lauorò  vna  tauola  con  vn'altra  Anunziata;& a 
quella  della  rtufa  vna,  che  non  è  finita.  In  Santo  Apo- 
ftolo  di  detta  città  in  vna  cappella  dipinfe  in  tauola  al 
cune  figure  intorno  a  vna  Nortra  donna;  Et  in  Arez- 
zo a  M.  Carlo  Marfupini  la  tauola  della  cappella  di 
San  Bernardo  ne  monaci  di  Monte  Ohueto  >con  la 
incoronazione  di  Noftra  donna  &  molti  Santi  attor- 
no ;  mantenutali  cofi  frefea ,  che  pare  fatta  delle  mani 
di  Fra  Filippo  pure  al  preiente .  Doue  dal  fopradetto 
M .  Carlo  oli  fu  detto ,  che  egli  auuertifìe  alle  mani, 
che  dipigneua, perche  molto  le  Tue  cofe  n'erano  biafi- 
mate.  Per  il  che  Fra  Filippo  neldipigneredaindiin 
nanzi  la  maggior  parte  o  da  panni  o  da  altra  inuenzio 
ne  ricoperfe  per  fuggire  il  predetto  biafimo .  Lauorò 
in  Fiorenza  alle  Monache  di  Annalena  vna  tauola 
d'un  Prefepio.Et  in  Padoua  fi  veggono  ancora  di  lui 
alcune  pitture.  Mandò.  A  Roma  due  fìoriette  di  fìgu 
re  picciole  al  Cardinal  Barbone  quali  erano  molto  ec 
cellentementc  lauorate,&  codone  con  dihgenzia.Et 
certamente  eh*  egli  con  marauigliofà  grazia  lauorò, 
&  finitifsimamente  vnì  le  cofe  fue ,  per  le  quali  fem- 
pre  da  gli  artefici  in  pregio ,  &  da  moderni  maeftri  è 
flato  con  fòmma  lode  celebrato;  &  ancora  metre  che 
l'eccellenza  di  tante  fue  fatiche  la  voracità  del  tempo 
terrà  viue ,  farà  da  ogni  fecolo  a  liuto  in  venerazione. 
Si  trasferi  a  Prato ,  Cartello  vicino  a  Fiorenza ,  douc 
per  parentela  d'alcuni  fuoi,che  rimali»  erano  in  còpa- 

gnia   di  FRA    DIAMANTE    DEL   CARMINO,  flato 

compagno  &  nouizio  inlieme,  alcuni  Meli  dimorò 
faccendo  opere  in  diucrfi  luoghi  di  quel  Cartello.  Au 
uenne  allora, che  le  monache  di  Santa  Margherita  gli 
allogarono  per  lo  altare  della  chiefà  vna  tauola;  laqua 
le  poi  che  egli  ebbbe  cominciata^  effendo  nel  monirte 

DD    Hi 


398  PARTE.      II. 

ro,  vide  Fra  Filippo  vn  di,  vna  figliuola  di  Francefco 
Buti  cittadin' Fiorentino  ;laquale  o  per  ferbanza  ,;o 
per  monaca  farfi  era  quiui  condotta .  Fra  Filippo  da- 
to d'occhio  alla  Lucrezia;  che  cofiera  il  nome  della 
fanciulla,laquale  aueua  bellifsima  grazia  &  aria  :  tato 
operò  con  le  monache,che  ottenne  di  farne  vn  ritrat- 
toci- metterlo  in  vna  figura  di  Noftra  donna  per  l'o 
pia  loro; la  qual  cofacon  molta  difficultagli  concefle 
ro.Et  egli  poi  fece  tanto  per  via  di  mezi  &  di  pratiche 
che  egli  fu  io  la  Lucrezia  da  le  monache,vn  giorno  ap 
punto,  eh'  ellaandauaa  vedere  moftrar  la  cintola  di 
Noftra  donna;  onorata  reliquia  di  quel  Cartello .  Di 
che  le  monache  molto  per  tal  caio  furono  fuergogna 
tc;&  Francefco  fuo  padre  non  fumai  più  allegro ,  te- 
nendoli per  quefto  vituperatifsimo,egli  pur  la  riuole- 
ua,&  ella  per  paura  mai  non  vi  volte  andare  .  Perche 
molto  delle  qualità  fue  innamoratoli  Fra  Filippo  la  in 
grauidò,  &  ella  a  tempo  debito  gli  partori  vn  figliuol 
mafehio ,  che  fu  chiamato  Filippo  egli  ancora  :  &  fu 
poi  come  il  padre,molto  eccellente  &  famofo  pittore. 
In  San  Domenico  di  detto  Prato  fono  due  tauole ,  & 
vna  Noftra  donna  nella  chiefadi  San  Fracefconel  tra 
mezo,ilquale  leuandofi,  doue  prima  era  per  non  gua- 
rtarla,tagliarono  il  muro,doue  fu  dipinto;&  allaccia- 
tolo con  legni  attorno,lo  traportarono  in  vna  parete 
della  chiefa  doue  fi  vede  ancora  oggi. Et  nel  Ceppo  di 
Francefco  di  Marco,  fòpravn  pozzo  in  vn  cortile  è 
vna  tauoletta  di  man  fua  col  ritratto  di  detto  France- 
fco di  Marco  ,  autore  &  fondatore  di  quella  caia  piai 
Et  nella  pieue  di  detto  Cartello  fece  in  vna  tauolina 
ibpra  la  porta  del  fiaco  fàlendo  le  fcale,la  morte  di  San 
Bernardo,  che  toccando  la  bara  molti  ftorpiati  fàna, 
doue  fono  frati,che  piangono  il  loro  morto  maertro, 
eh'  è  colà  mirabile  a  vedere  le  belle  arie  di  tefte  nella 


»ra  hlippo.  ^99 

meftizia  del  pianto  con  artificio  &  naturale  fimilitu- 
dine  contrafatte.Sonui  alcuni  panni  di  cocolle  di  frati 
che  hanno  belìiisime  pieghe,  che  meritano  infinite  lo 
di  per  lo  buon  difegno ,  &  colorito ,  componimento, 
&  per  grazia,&  proporzione ,  che  in  detta  opra  fi  ve- 
de condotto  dalla  delicatifsima  mano  di  Fra  Filippo. 
Gli  fu  allogato  da  gli  operai  della  detta  Piene  per  aue 
re  vna  gran  memoria  di  lui,la  cappella  dello  aitar  mag 
giore  di  detto  luogo,doue  moftrò  tanto  del  valor  fuo 
in  quefta  opera, eh'  oltra  la  bontà, &  l'artificio  di  effa, 
vi  fono  panni  &  tette  mirabilifsime.Fecein  quefto  la- 
uoro  le  figure  maggiori  del  viuo,doue  introduce  poi 
a  gli  altri  artefici  moderni  il  modo  di  dar  grandezza  al 
la  maniera  d'oggi .   Sonui  alcune  figure  con  abbiglia- 
menti in  quel  tempo  poco  vfatidoue  cominciò  a  de- 
ttare gli  animi  delle  genti  a  vfeire  di  quella  femplicità, 
che  più  tofto  vecchia  che  antica  fi  può  nominare.  In 
quello  lauoro  fono  le  fio  ri  e  di  Santo  Stefano  titolo 
di  detta  Pieue,  partite  nella  faccia  dalla  banda  deftra, 
che  detroui  fece  ladifputazione,lapidazione ,  &mor 
te  di  detto  protomartire ,  Nella  faccia  del  quale,diipu 
tante  centra  i  Giudei ,  dimoftrò  tato  zelo  &  tanto  fcr 
uore ,  che  egli  e  cofa  difticile  ad  imaginarlo ,  non  che 
ad  efprimerlo.&  ne'  volti  &  nelle  varie  attitudini  di  ef 
fi  Giudei,  l'odio,  lofdegno&la  collera,  del  vederi! 
vinto  da  lui.  Si  come  più  apertamente  ancora  fece  ap- 
parire la  beftialit.ì  &  la  rabbia  in  coloro  che  lo  vccido 
no  con  le  pietre ,  auendole  atterrate  chi  grandi  &  chi 
piccole,con  vno  ftrignere  di  denti  orribile,  &  con  ge- 
tti tutti  crudeli  &  tutti  rabbiofi.  Et  nientedimeno  in- 
fra fi  terribile  affaltOjSanto  Stefano  ficuriisimo)&  col 
vifo  leuato  a'1  Celo,fi  dimoftra  con  grandifsima  carità 
&  femore  fupplicarea  lo  eterno  Padre  ,  per  quegli 
fìefsi  che  lo  vccideuano.Confider  azioni  certo  bellifsi 


4©0  .rATRTB.      I!.: 

me,&da  far  conoscere  altrui,  quanto  vagliala  inuen-: 
zione  del  fàpere  efprimere  gli  affetti  nelle  pitture  .  Il 
che  fi  bene  oflferuò  coftui ,  che  in  coloro  che  fbtterra- 
no  Santo  Stefano,  fece  attitudini  fi  dolenti ,  de  alcune 
tette  fi  afflitte  &  dirotte  al  pianto  :  che  e  non  è  appena 
pofsibile  di  guardarle, fenza  comuouerfi.  1l>ì  l'altra  ba 
da  fece  la  Natiuiti,  la  predicaci  battefimo  la  cena  d'E 
rode,&  la  decollazione  di  San  Giouanni  Batifta:I>o~ 
ue  nella  faccia  di  lui  predicante,  fi  conofee  il  diuino 
fpirito:&  nelle  turbe  che  afcoltano,i  diuerfi  mouimeri 
ti,&  allegri  &  afflitti, fi  nelle  donne  come  negli  liuomi 
ni,  attratti  &  fofpefi  tutti  negli  ammaefìraméti  di  San' 
Giouanni.  Nel  battefimo  fi  riconofee  la  bellezza  &  la 
bontà;&  nella  Cena  di  Erode ,  la  Maefta  del  conuito, 
Ja  deftrezza  di  Erodiana,lo  ftupore  de'  conuitati,&  lo> 
attriftamento  fuori  di  maniera ,  nel  prefentarfi  la  teda 
«agliata, dentro  ai  bacino.  Veggonfi  intorno  al  conui- 
to  infinite  figure  con  molto  belle  attitudini,  «Se  ben* 
condotte  &  di  panni,&  di  arie  di  vifi,tra' quali  ritrae 
(è  a  lo  fpecchio  fé  fteflb  veftito  di  nero,in  abito  da  Pre 
3ato,&  il  fuo  difcepolo  fra  Diamante .  Et  in  vero,que 
fìa  opera  fu  la  più  eccellente  di  tutte  le  cofe  fue ,  fi  per 
le  confidera2Ìoni  dette  di  fòpra ,  &  fi  per  auer  fatto  le 
figure  alquanto  maggiori  che  il  viuo.  Uche  dette  ani- 
mo a  chi  venne  dopo  lui ,  di  ringrandire  la  maniera . 
Fu  tanto  per  le  fue  buone  qualità  fumato,  che  molte 
cofe ,  che  di  biafimo  erano  alla  vita  fua ,  furono  rico* 
perte,  mediante  il  grado  di  tanta  virtù.  Dicefi ,  che 
Meffer  AllefTandro degli  Aleflandri allora  caualiere, 
domeftico  &  amico  fuo,  gli  fece  per  in  villa  fare  per  1» 
fua  chiefaa  Vincigliatanel  poggio  di  Fi efole  vna  ta- 
vola con  vn  Santo  Lorenzo ,  &  altri  fanti ,  nellaquale 
ritraffe  lui  &  due  fuoi  figliuoli.  Era  molto  amico  del- 
le'pcrfone  allegre5&fcmpre  lietamente  viffe.  Afra 

DIAMANTI 


«       FRA   FILIPPO.  401 

DIAMANTE  fece  imparare  l'arte  della  pittura^lqua- 
le  nel  Carmino  di  Prato  lauorò  molte  pitture;  &  della 
maniera  Tua  imitandola  aliai  A  fece  onore;perche  e'  ve 
ne  a  ottima  perfezzione:fte  (èco  in  fua  giouétu  San- 
dro      BOTICELLQ;    PISELLO,     IACOPO     DEL 

sellaio  Fiorentino;che  in  San  Friano  fece  due  ta- 
uole  &  vna  nel  Carmin  o,lauorata  a  tempera,&  infitti 
ti  altri  maeftri,  a  i  quali  Tempre  con  amoreuolezza  in- 
gegnò l'arte .  De  le  fatiche  Tue  onoratamente  viflfè ,  6c 
fìraordi  nanamente  lpeie5mafsime  nelle  cofe  d'amore; 
delIequalidelcontinuo,mentreche  viupKnoala  mor 
te  Adilettò.Fu  richiedo  pervia  die  os  imo  de  me- 
di e  i  dalla  comunità  di  Spoleti-,per  fare  la  cappella  nel 
la  chiefii  principale  della  Nodra  donna ,  laquale  lauo- 
rando  mficmecon  fra  Diamante  condufle  a  bonifst* 
mo  termine;&  delle  cofe  fue,ch'  egli  fece^8c  delle  bel— 
le,tenuta  la  bellifsima  :  ma  interuenendo  la  morte  fua 
da  lui  non  fu  finita  .  Percioche  dicono,che  fendo  egli 
tanto  inclinato  a  quefte  fuoi  beati  amori,aIcuni  pareri 
ti  della  donna  da  lui  amata  lo  fecero  auuelenare.  Finì 
ii  corfo  della  v  ita  fua  Fra  Filippo  di  età  d'anni  l  x  v  i  r. 
nel  m  e  e  e  e  x  x  x  vi  1 1.  &  afra  Diamante  lafcio  in  30- 
uerno  per  teilameto  Filippo  fuo  figliuolo,  ilqualefan 
ciullo  di  dieci  anni  imparando  l'arte  da  fra  Diamante 
feco  fé  ne  tornò  a  Fiorenza;  &  pòrtotene  Fra  diaman- 
te e  e  educati,  che  per  l'opera  fatta  fi  reftauano  ad  aue 
re  da  le  comunità  :  de  quali  comperati  alcuni  beni  per 
fé  proprio,  poca  parte  fece  al  fanciullo ,  Fu  acconcio 
Filippo  con  Sandro  Botticello,  tenuto  allora  maeftro 
bonifsimo .  Et  il  vecchio  fu  fotterrato  in  vn'  fepolcro 
di  marmo  roiTb  &  bianco,fatto  porre  da  gli  Spoletini, 
nella  chiefà  che  e'dipigneua.  Dolfe  la  morte  fuaa  mol 
ti  amici  &acosiMo  de  medici,  &  particularmc 
te  a  Papa  Eugenio;  ilquale  in  vita  fua  volfe  difpen£uv 

EE 


^01  fARTE.       II. 

lo,  che  potette  auere  per  donna  legitima  la  Lucrezia 
di  Francefco  Buti-,  laquale  per  potere  far  di  fé  &  de  lo 
appetito  Tuo  come  pareflc ,  non  fi  volfe  curare  d'aue- 
re.  Mentre  che  Sifto  1 1 1 1.  viueua  Lorenzo  db 
VEDICI  fatto  ambafciatore  da'Fioretini,fece  la  via  di 
Spoleti ,  per  chiedere  a  quella  comunità  il  corpo  di  fra 
Filippo,per  metterlo  in  Santa  Maria  del  Fiore  in  Fio- 
renza:ma  gli  fu  rifpoflo  da  loro,  che  efsi  aueuano  care 
fìia  d'ornamento^  mafsimaméte  d'huomini  eccellen 
ti:perche  per  onorari]  gliel  domandarono  in  graziala- 
uendo  in  Fiorenza  infiniti  huomini  famofi,&  quafi  di 
fnperchio;che  e  volelfe  fare  fenza  quefto  ;  &  cofi  non 
lo  ebbe  altrimenti .  Bene  è  vero  che  deliberatoli  poi  di 
onorarlo  in  quel  miglior  modoch'èpoteua,  mandò 
Filippino  fuo  figliuolo  a  Roma  al  Cardinale  di  Napo 
li  per  fargli  vna  cappella .  Ilquale  pafTando  da  Spoleti, 
per  commifsione  di  Lorenzo  fece  fargli  vna  fepoltura 
di  marmo  fotto  l'organo  fopra  la  fagreftia  ;  doue  fpefc 
ceto  ducati  d'orou'  quali  pagò  Nofn  Tornabuoni  ma- 
fìro  del  banco  de  Medici;  &  da  M.  Agnolo  Poliziano 
gli  fece  fare  il  prefente  epigramma,  intagliato  in  detta 
lèpoltura  di  lettere  antiche. 

Conditm  he  ego  fum  pittura fama  Philipptts  ,• 

Nulli  ignota  me&  eft  gratta  mira  mamu . 
*/irtifices potui  digit is  animare  color es} 

Speratale  anmosfalkre  noce  dm. 
tpfa  meisflupuit  natura  expreffà  figuri*; 

Mcque  fiiìfafia  eft  artihm  e/Jeparem. 
Marmoreo  Tumulo  Medices  Laurent ius  hic  me 

Condidw.antc  humih  puluere  teUus  eram. 


40} 

PAVLO  ROMANO 

ET   MAESTRO   MINO 
SCVLTORI. 

—,  Gli  è  pure  vna  temeraria  profunzio- 
ne; anzi  vna  grande  &  matta  pazzia, 
quella  di  coloro  ;  che  per  gara  molte 
volte  fi  mettono  a  volere  effere  lupe 
riori  a  quegli, clie  ne  fanno  più  di  lo- 
ro ;  &  con  i  ftudio  maggiore  fi  fono 
affaticati  nelle  virtu:Oue  quelli  per- 
uerfi  dalla  mala  natura  fpinti;&  tirati  da  odio,  fenza  ri 
{petto  o  freno  di  vergogna  inanzi  a  tutti  vogliono  ef 
fere  i  più  ftimati.Et  fi  lafciano  vfeire  di  bocca  certe  pa 
role,che  molte  volte  fanno  lor  danno.  Perche  gonfia- 
ti dai  veleni  &  dalle  oftinazioni,  ch'hanno  concetto 
in  loro,fi  danno  ad  intendere,  &  facilmente  fi  credo- 
no fenza  alcuna  confiderazione(  tutto  che  in  parte  e* 
conofehino  l'error  loro  dentro  a  fé  ftefsi  )  con  la  vam- 
pa delle  parole  ricoprire  la  ignoranzia  loro;&  abbatte 
re  o  fotterare  quegli  altri  che  humili ,  &  di  più  fàpere 
operando  con  le  fatiche  loro,poueramente,feguitano 
l'orme  della  vera  virtù. Et  fé  quefto  non  fegue  fèmpre 
egli  aduiene  pure  fpeflb  che  infiniti  credono  alla  ciur 
ma  delle  loro  parole .  Et  molte  cofe  per  quefta  via  fo- 
no allogate  lorodcquali  come  cattiui  &  di  mal' animo 
che  fono  conducono  fino  a  vna  certa  fine  &  trouatofi 
al  di  fbtto  delle  opere  per  la  imperfezzione;  le  guafìa- 
no,&  di  que  paefi  fi  fuggono  ;  attribuendo  ciò  alla  al» 
tezza  dello  ingegno,  alla  fantafticheria  dell'arte,o alla 
uaritia.de  principi  o  a  qualche  altra  nuoua  feiagura . 
La  onde  col  tempo  fcuoprono  poi  la  ragia  del  fàper  la 

EÉ    ii 


404  PARTE        II. 

ro  nelle  artlxotne  fcoperfe  di  fé  maeflro  Mino  (culto 
re.Il  quale  fu  tanto  profontuofo ,  che  oltra  il  far  fuo, 
con  le  parole  atzaua  tanto  le  proprie  fatiche  per  le  le- 
derne nel  fard  allogazione  da  Pio  fecondo  pontefice 
a  Paulo  fcultor  Romano  d'una  figura  ;  egli  tanto  per 
inuidia  lo  (limolò  &  infellollo,  che  Paulo,il  quale  era 
buona  &  vmililsima  perfona  fu  sforzato  a  rifentirfi . 
Laonde  Mino  sbuffando  con  Paulo  voltila  giuocarc 
mille  ducati,a  fare  vna  figura  con  cifo  lui  .  Et  quello 
con  grandifsima  prò  funzione  &  audacia  diceua;cono 
feendo  egli  la  natura  di  Paulo,  che  non  volcuafaflidi; 
non  credendo  egioche  tal  partito  accettaiTe.Ma  Paulo 
accettò  l'inuito  :  &  Mino  mezo  pentito,folo  per  ono- 
re fuo  cento  ducati  giuoco.  Fatta  la  figura  fu  dato  a 
Paulo  il  vanto5come  raro.  Se  eccellente  eh*  egli  eraj& 
Mino  fu  feorto  per  quella  perfòna  nell'arte ,  che  più 
con  le  parole,che  con  l'opre  valeua.  Sono  di  mano  di 
Mino  a  Monte  Cafsino,luogo  de  monaci  neri  nel  Re- 
gno di  Napoli ,  alcunefepolture ,  &  in  Napoli  alcune 
cofe  di  marmo.  In  Roma  il  San  Piero  &  San  Paolo, 
che  fono  a  pie  delle  (cale  di  San  Pietro,  &  in  San  Pie- 
tro la  fèpoltura  di  Papa  Paulo  II.  Et  la  figura  ,  che 
fece  Paulo  a  concorrenza  di  Mino,  furi  San  Paulo, 
eh'  all'entrata  del  ponte  Santo  Angelo  fu  vn  baiamen- 
te di  marmo  fi  vede:  il  quale  molto  tempo  (lette  in- 
anzi  alla  cappella  di  Siflo  1 1 1 1.  non  conofciuto  .  Au- 
uenne  poi,che  clemente  vii.  Pontefice vngior 
no  diede  d'occhio  a  quefta  figura,  &  per  edere  egli 
di  tali  effercizii  intendente  ,  &  giudiciofb,  gli  piac- 
que molto.  Per  il  che  egli  deliberò  di  far  fare  vn  San 
Pietro  della  grandezza  medefima ,  Et  infieme  alla  en- 
trata di  ponte  Santo  Angelo  doue  erano  dedicate  a 
quefti  Apoftoli  due  cappellerie  di  marmo,leuar  quel- 
le che  impediuano  la  villa  al  caftello,&  metta  ui  que- 


PAVLO    ET   MINO.  ^Of 

(le  due  ftatue.  Il  medefimo  Paulo  fece  vna  ftatua  di 
armato  a  cauallo,  che  oggi  fi  vede  in  terra  in  San  Pie- 
tro5vicmo  alla  cappella  di  Santo  Andrea  .  Ottenu- 
ta che  egli  ebbe  quelìa  vittoria,  fu  tenuto  poi  Tempre 
in  pregio  &  in  venerazione  grandifsima  in  vita  &  in 
morte.Ma  egli  che  gli  piaceua  far  poco  &  bene  fèpara 
tofìdale  faccende,  firiduiTe  ad  vna  vita  folitanaÓC 
quieta .  Nella  cjuale,condottofì  già  a  la  età  di  l  v  i  r. 
anni. in  Roma  fua  patria  fi  mori  :  Et  onoratamente  fu 
fcpellito;Meritandone  co'l  tempo  cjuefto  epigramma. 

Jlontanutfecit  de  marmore  Paulm  ^Amorem; 

^tque  arcum  adiuuxit  cumpharetra  &*facil>M. 
ilio  perdiderat  Venut  aurea,  tempore  natum  , 

Quemjèdes  quarens  liquerat  tìla  Poli. 
Hoc  opm(ut  Romam  diuerterat)aJJ>icit  ;  atque 

Gaudetyfe  natum  comperi/JJè  putans . 
Scdpropnorfenfit  cum frigida  marmora3  damat 

.Ari  ne  hommumpojjùntf alien faBa  Vcosf 

Fu  creato  di  Paulo  iancristoforo  Romano, 
che  dopo  lui  nufei  valente  {cultore. 


EE 


in 


4c6 

CHIMENTI  CAMI 

CIA  ARCHITETTO 

FIORENTINO. 

Hi  di  fé  rende  al  Mondo  buon'  con 
to  ,  per  le  cofe  che  e  lafcia  di  archi- 
tettura,bene  intefè,  &  meglio  con- 
dotte j  merita  certo  lode  infinita;& 
veramente  non  fenza  giufta  cagio- 
ne .  Concio  fia  che  più  degnai  di 
maggior  pregio  fi  debbe  Tempre  te- 
nere quella  arte;  che  porta  a  gli  huomini  vniuerfalme 
te  comodo  &  vtile  fopra  l'altre  .  De  lequali  fé  bene  io 
non  debbo,nè  voglio  difputare ,  o  difeorrere;  non  in- 
tendo però  tacermi,che  la  Architettura  non  (blamen- 
te è  vtile  &  comoda  alla  vita  vmana:Ma  fommamen- 
te  necefTaria.  Conciò  fia  che  lenza  efla,non  vo'  dire  i 
Palaz2Ì,le  Fortezze,  le  Città,le  Macchine,iTirari;ma 
le  {empiici  abitazioni  che  ci  difendono  da  gli  incorno 
di;&  la  Agricultura  fteffa  che  ci  mantiene  la  vita,o  no 
fàrebbono  in  modo  alcuno;  o  fi  fattamente  difordina- 
te,che  poco  profitto  fé  ne  trarrebbe.  Per  la  qual  cofà, 
chi  diuiene  in  quella  famofo ,  debbe  meritamente  fra 
tutti  li  Artefici  auer  luogo  &  pregio  grandifsimo  ;  & 
come  io  ebbe  ne'  tempi  fuoi  chimenti  camicia, 
che  in  Vngheria,per  quella  virtù,meritò  effere  molto 
(limato  da  quel  Re;&  onoratifsimamente  riconofciu- 
to.  I  principii  di  coftui  interamente  ci  fono  afeoftì  ;  & 
da  la  patria  in  fuori  che  fu  Fiorenza  non  fappiano  di 
lui  direaltro;fènonchea  feruiziodel  Redi  Vnghe- 
ria,  egli  fece  Palazzi,  Giardini,  Fontane ,  Tempii ,  & 
muraglie  grandifsime  di  fortezze;con  intagli  &  orna- 


CHIMENTI    CAMICIA. 


4°7 


menti  di  palchi  molto  garbati  ;  Che  furono  condotti 
di  poi  per  le  mani  di  b  accio  celli  n  i,conbellez 
za  &  grazia  infinita  .  Dopo  le  quali  cofe  Chimenti  co 
me  amoreuole  della  Tua  patria,fe  ne  tornò  a  Fiorenza; 
Et  b  A  e  e  1  o  fi  refìò  in  Vngheria;facccndo  lauorarc  in 
Fiorenza  sberto  unaivolo  pittore  Fiorctino 
alcune  Tauole  ;  lequali  condotte  in  Vnghcria  furono 
tenute  cofa  bellifsima  ;  Etneacquifìò  apprefìb  quel 
Re  grandifsimo  nome  Berto  predetto,  il  qu  ale  nel- 
la citta  di  Fioreza  patria  fua  lauorò  ancora  per  le  cafe 
de  cittadini  alcuni  Tondi  di Noftra  Donna, molto 
lodati  da  chi  gli  vide.Ma  non  contentandoci  la  Fortu- 
na, che  e'  paf  faffe  più  là  con  l'arte,  di  x  v  1 1 1.  anni  ce  Io 
rapì.  Chimenti  vn  altra  volta  ritornato  nella  Vnohe- 
na,non  dimorò  molto  tempo  in  quella  :  Perche  anda- 
do  su  pel  Danubio  a  dar'  dilegni  per  le  Mulina,  prete 
perlaftracchezza  vna  infermità  ,  che  in  breuifsimi 
giorni  lo  condu  fle  ad  vn'altra  vita.  Le  opere  di  quefti 
maeltri  furono  circa  ìImcccclx  x.Quando  ancora 
fu appreffo di  Papa Sifto  III I. Baccio  pintelli 
Fiorentino,  il  quale  per  lo  ingegnio  fuo  nella  architet 
tura  meritò  che  il  predettoPapa  in  ogni  fuaimprefa  fé 
ne  fèruifle.Coftui  dunque  fabricò  Santa  Maria  del  Po 
polo,la  libreria  di  Palazzo,lo  Spedale  di  Santo  Spirito 
in  Saftia  :  Et  con  tutta  quella  magnificenzia  che  è  po- 
te,fi  sforzò  onoratamente  feruire  il  Papa.  Fece  Ponte 
Siilo  in  fu  il  Teucre ,  &  la  cappella  in  Palazzo  detta  di 
Siflo,  con  tutte  quelle  chiefe  cherinouò  il  detto  Papa 
nel  Giubileo.  Et  affermano  alcuni  che  è  fece  ancora  il 
modello  della  chiefà  di  Santo  Agoflino  di  Roma  :  Ma 
che  e  Ci  mori  auanti  che  efla  chiefà  Riffe  finita  .  Ma  ri- 
tornado  al  Camicia  egli  ha  poi  auuto  co'l  tempo  que- 
fto  epitaffio . 


4òg 


CHIMENTI    CAMICIA. 


Stagni ^quidotti^  Terme  x  &  Coìifei 
Che  furori  di  Vetrumofepolturd 
Nella  fama  quaggiù  :  il architettura 
Viueper  me  nelle  oprej&*  Io  per  lei 

ANDREA   DAL   Ca- 
stagno DI  MVGELLO 
PITTORE. 

Vanto  fia biaf  meuole  in  vna  perfò- 
na  eccellente  il  vizio  della  inuidia; 
che  in  nefiiino  douerrebbe  allogiarfi 
mai;&in  oltre  quanto  federata  & 
orribil  cofa  il  cercare  fono  fpezie 
d'una  fimulata  amicizia ,  fpegnei  e  in 
altri  non  folamente  la  fama  &  la  gio- 
ii iajma  la  vita  (Uffa;  Non  credo  io  certamente  che  ben 
£a  pofsibile  efprimeriì  con  le  parole  :  vincendo  la  fcele 
ratezza  del  fatto  ogni  virtù  &  forza  di  lingua  ancora 
che  eloquente.Per  il  che  fenza  altrimenti  difendermi 
in  quefto  difeorfò,  dirò  folo  che  ne  fi  fatti  alberga  fpi- 
rito  non  dirò  inumano  &  fero,ma  crudele  in  tutto  & 
diabolico: Tanto  lontano  da  ogni  virtù,  che  non  (bla- 
mente non  fono  più  huomini  ;  ma  ne  animali  ancora 
eenero(ì,o  degni  di  viuere .  Conciò  ila  che  quanto  la 
emulazione  &  la  concorrenzia  che  virtuofaméte  opc 
rando  cerca  vincere,  &  fouerchiare  1  da  più  di  fé ,  per 
acquiftarfi  gloria  &  onore;è  colà  lodeuole,  &  da  effe- 
re  tenuta  in  pregio  ,  come  neceffaria  ed  vtile  al  Mon- 
do:tantoperlo  oppofito3&  molto  pulimenta  biasimo 

&  vituperio? 


ANDREA    DA'L    CASTAGNO. 


4C* 


&vitupcriodafceIeratifsima  inuidia,che non  appor- 
tando onore,  o  pregio  in  altrui ,  fi  difpone  a  prillar  di 
vita,chi  ella  non  può  fpoliare  de  la  gloria  ;  Come  fece 
lo  feiaurato  Andrea  de  1  Caftagno.La  pittura  &  dise- 
gno del  quale  fu  per  il  uero  eccellente  Se  grande  ;  Ma 
molto  maggiore  il  racore  Se  la  inuidia,  che  e'portaua 
a  gli  altri  pittori;  Di  maniera  che  co  le  tenebre  del  pcc 
cato  ,  (otterrò  &  nafcofe  in  tutto  ogni  fplendor  della 
Tua  virtù.  Coftui  per  efler  nato  in  vna  piccola  villetta 
non  molto  hmghi  a  la  Scarperia  di  Mugello  contado 
di  Firenze,comunemente  detta  il  Caftagno;ic  la  prc- 
fe  per  fuo  cognome,quado  venne  a  ftare  in  Fiorenza, 
Ilche  fuccede  in  quella  maniera.  Eflendo  egli  nella  pri 
ma  Tua  fanciullezza  rimafo  fenza  Padre,fu  raccolto  da 
vn  Tuo  zio,chelo  tene  molti  anni  a  guardare  gli  arme 
ti,per  vederlo  pronto  &  fuegliato  ,  &  tanto  terribile* 
che  e  fapeua  far  riguardare  non  {blamente  le  Tue  he-- 
fìiuole  :  ma  le  pafture  Se  ogni  altra  cofa ,  che  attcneife 
al  fuointerefTe.Continouando  adunque  in  tale  eferci 
zio,aduenne  che  fuggendo  vn'giornola  pioggia, fi  ab 
battè  a  cafb  in  vn*  luogo,  doue  vno  di  quefti  dipinto- 
ri di  contado ,  che  lauorano  a  poco  pregio;dipigneua 
vn'  Tabernacolo  d'un'Contadino,non  però  di  molto 
momento.  Andrea  che  mai  più  non  aueua  veduta  vna 
ficai!'  cofiijaifalito  da  vna  fubita  marauiglia,  cominciò 
attentifsimamente  a  guardare  Se  confidcrare  la  manie 
ra  di  tale  lauoro:Et  gli  venne  fubito  vn'  defiderio  gra 
difsimo.  Se  vna  voglia  fi  fpafimata&  auida  di  quella 
arte.che  lenza  mettere  più  tempo  in  mezo ,  cominciò 
per  le  mura  Se  fu  per  le  pietre  co'  carboni,  o  co  la  pun 
ta  del  coltello  a  fgraffiare  Se  a  difegnare  animali  Se  fi- 
gure fi  fattamente  ;  che  e'  moueua  gran  marauiglia  in 
chi  le  vedeua ...  Cominciò  dunque  a  correr  la  fama  tra' 


4j0  f  ARTE      II. 

contadini  di  quello  nuouo  fludio  di  Andrea  :  &  per- 
uenendo(come  volfe  la  Tua  ventura  )  quefta  cofa  a  gli 
orecchi  d'un'  Gentilhuomo  Fioretino  chiamato  Ber- 
nardetto  de  Medici, che  vi  aueua  Tue  poflefsioni; vol- 
le conofcere  quello  fanciullo. Et  vedutolo  finalmente 
&  vditolo  ragionare  con  molta  prontezza  ;  lo  diman- 
dò fé  egli  farebbe  volentieri  l'arte  del  Dipintore. Et  ri- 
fondendoli Andrea  che  e'  non  potrebbe  auuenirli  co 
fa  più  grata;nè  che  quato  quefta  mai  gli  piaceffe;  A  ca- 
gione che  e'  venifle  perfetto  in  queìla,ne  lo  menò  con 
feco  a  Fiorenza ,  &  con  vno  di  que  maeftri  che  erano 
all'ora  tenuti  migliori ,  lo  acconciò  a  lauorare .   Per  il 
che  fegucdo  Andrea  l'arte  della  pittura ,  &  a  gli  ftudii 
di  quella  datofi  tutto ,  moftrò  grandifsima  intelligen- 
zia  nelle  difficulta  della  arte,  &  maftimamente  nel  di- 
fegno.Non  fece  già  cosi  poi, nel  colorire  le  fue  opere, 
lequalifaccendo  alquanto  crudette  &  afpre,  diminuì 
gran  parte  della  bontà  &  grazia  di  quelle:&mafsima- 
mente  vna  certa  vaghezza,  che  nel  fuo  colorito  non  (ì 
ritruoua.  Eragagliardifsimo  nelle  mouezie  delle  figu 
re,&  terribile  nelle  tefte  de  rnafchi  &  delle  femmine, 
faccendo  graui  gli  afpetti  loro,  con  buon'  difegno.Lc 
opere  di  mano  fu  a  furono  da  lui  dipinte  nel  principio 
della  fua  giouanezza  nel  chioftro  di  San  Miniato  al 
monte ,  quando  fi  feende  di  chiefà  per  andare  in  con- 
uento  di  colori  a  frefeo,  vna  ilo  ria  di  San  Miniatoci 
San  Crefci,quado  dal  padre  &  da  la  madre  fi  partono. 
Erano  in  SanBenedetto  fuor  della  porta  a  Pinti  opere 
di  man  fua  in  vn  chioftro,  &  in  chiefa:&  negli  Agno- 
li di  Fiorenza  è  ancora  vn  Crocififlb  nel  chioftro  di- 
rimpetto alla  porta  che  s'entra  prima, dipinfè  a  legnaia 
in  cafà  di  Pandolfo  Pandolfini  in  vna  {àia  molti  huo- 
mini  illuftri  ritratti  di  naturale.  Et  alla  compagnia  del 


ANDREA   DA*L   CASTAGNO; 


4** 


Jo  Euangelifta  vn  fègno  da  portare  in  procefsione  te- 
nu  to  bellifsimo;&  nel  conueto  de'  Serui  in  detta  cit- 
tà lauorò  in  frefco  tre  nicchie  piane  in  certe  cappelle 
luna  e  quella  di  San  Giuliano  con ftorie  fue3che oltra 
la  figura  v'è  vn  cane  in  ifcorto,che  fu  lodato  molto;& 
umilmente  fopra  quefta  cappella  lauorò  quella  di  San 
Girolamo  ,  nellaquale  dipinfevn  San  Girolamo  /ec- 
co &  rafo  molto  con  difegno  &  faticha  da  lui  condot 
to.  Et  fbpra  vi  fece  vna  Trinità,  che  ha  vn  CrocififTo, 
che  fcorta;  del  quale  nel  vero  molte  lodi  per  tal  cofa 
merita  Andrea ,  per  auere  egli  dato  forma  &  difegno 
a  gli  fcorti  migliore  &  con  maniera  più  modernajche 
gli  altri  inanzi  a  lui  non  aueuano  fatto.      Similmente 
l'altra  cappella  fòtto  quella  dell'organo,laquale  fece  ù. 
re  M .  Orlando  de  Medici;  dentroui  Lazaro  Marta  & 
Maddalena,da  lui  medefìmo  lauorata;&  alle  monache 
di  San  Giuliano  vn  Crocififfo  a  frefco  {opra  la  porta, 
con  San  Domenico,San  Giuliano,&  Nofìradonna  & 
San  Giouanniin  frefco  da  lui  con  più  amore  &  ftu- 
dio  condotti  a  fìneulqualefu  tenuto  per  vna  delle  fue 
pitture  la  migliore,  chefaceffe  giamai;da  tutti  i  pitto- 
ri vniuerfalmente  lodata.Lauorò  ancora  in  Santa  Cro- 
ce alla  cappella  de  Caualcanti  ,  vn'  San  Francefco  ,  & 
San  Giouanni  Batifìa,bonifsime  figure.     Ma  molto 
più  fece  ftupire&  marauigliare  gli  artefici  nel  chio- 
fìro nuouo di  detto  conuento:nella teftadelquale di- 
rimpetto alla  porta  in  vna ftoria  a  frefco,dipinfè  e  hr  I 
sto  alla  colonna  battutojdoue  tirò  vna  loggia  con  co 
lonne  in  profpettiua  con  crociere  di  volte  a  lifte  dimi 
nuite,&  le  pareti  commeffe  a  madorle doue  non  maro 
comofhò  d'intendere  la  difficultà  della  profpettiua,. 
che  fi  faceffe  il  difegno  dell'arte  nella  pittura;  nellaqua 
le  opra  Andrea  fece  attitudini  sforzatifsimedi  colo- 
losche  flagellano  e  HR I  s  T  o  i  Dimoftrando  non  me- 


411  PARTE       IT. 

noia  rabbia  &  l'odio  in  coloro  ;  che  la  Manfuetudine 
&  la  Pazienzia  indio  iesvchiusto.  Nel  corpo 
del  quale  ai-randellato  &  flretto  con  funi  alla  colon- 
na ,  pare  che  Andrea  tentaffe  voler  moftrarc,  il  patire 
delia  carne;&  che  la  diuinità  nafcofa  in  quel  corpo,  ar 
rechi  in  (e  vn  certo  fplendore  di  nobilita  .  Per  il  quale 
commolfo  Pilato  che  fiedetra'  Tuoi  configlieli ,  pare 
che  cerchi  di  trouar*  modo  da  liberarlo.  Et  è  fi  fatta 
quella  pittura,  che  fé  ella  non  fuflc  ftata  graffiata  & 
guafta  dalla  ignoranza  di  chi  ha  voluto  vendicarfi  con 
tra  iGiudei;el!a  farebbe  certo  bellifsima  tra  tutte  le  co 
fé  di  Andrea  t  Alquale  fé  la  natura  auefi'e  dato  genti- 
lezza nel  colorire,  come  ella  gli  dette  inuenzione& 
difegno,&  fapere  efprimere  gli  afìetti,e'  farebbe  vera- 
mente flato  tenuto,&  perfetto  &  marauigliofò  .  Di- 
pinfe  in  Sata  Maria  del  Fiore  l'imagine  di  Niccolo  da 
Tolentino  a  cauallo,doue  lauorando  auuenne  che  vn 
fanciullo  dimenò  la  fcala ,  perche  egli  in  colera  falito, 
glicorfe  dietro  fino  al  Canto  de  Pazzi.  Fece  ancora 
in  Santa  Maria  Noua  nel  cimiterio  infra  l'offa  vn  San- 
to Andrea,che  fu  cagione, che  &  il  Refettorio,doue  i 
feruigiali  mangiano  &  gli  altri  dello  fpedale,la  cena  di 
christo  con  gli  Apofìoli  vi  dipigneffe  .  Per  il  che 
acquiflato  grazia  con  la  caia  de  Portinari  fu  meffo  al- 
la cappella  dello  aitar  maggiore  di  San  Gilioin  detta 
chiefa;  nellaquale  lauorò  vna  parete  j  &  dell'altre  vna 
ne  fu  data  ad  Aleffo  Baldouinetti,&  l'altra  al  molto  al 
loia  celebrato  pittore  do  Menico  da  vinegia. 
Perche  i  Portinari  l'aueuano  fiuto  venire  da  Vinegia, 
pcrcioche  di  quel  luogo  il  colorire  a  olio  portato  auc- 
ua,  onde  di  tal  cola  grandifsimainuidia  gli  ebbe  An- 
drea; &  benché  fi  conofcefle  effere  più  eccellente  di 
lui,pcr  queito  non  reuò,che  non  lo  inuidiaiìe;  perche 
vedendolo  Andrea  come  foriftieroda'fuoi  cittadini 


ANDREA    DAL    CASTAGNO. 


4*5 


con  molte  carenze  tratcnutOifu  cagione,  cheinuelcni 
to  pensò  di  torfelo  dinanzi  col  perfegui tarlo  con  frau 
de.  Era  Andrea  perfona  al!egnfsima.,&  Simulatore 
non  manco  valente  che  pittore,  fé  bene  ncSfunonol 
conofceua,&  molto  nella  lingua  Spedito  &  d'animo 
fiero  ,  &  in  ogni  azzione  del  corpo  come  della  mente 
rifoluto.Vsò  ad  alcuni  artefici, nell'opre  che  fecero, le- 
gnare col  graffio  dell'ugna  gli  errori,  che  in  quelle  co 
nofceua;&  ancora  a  quegli,  che  nella  fua  giouanezza 
lo  aucuano  morfb  nelle  prime  opre ,  che  fu  ora  aueua 
mefìb,per  iftizza  dar  delle  pugna  loro  ,  &  a  buona  oc- 
casione di  altrui,che  roffendcua,vendicarSì .  Auenne, 
che  di  quei  primi  di,  che  Domenico  e\a  vine- 
G  i  a  il-quale  nella  fagreftia  di  Santa  Maria dell'Oretto 
aueua  dipinto  in  compagnia  di  Piero  della  FranceSca, 
giunfe  in  Fiorenza  fece  fui  canto  de'CarnefecchineL 
l'angolo  delle  due  vie  ,  che  vanno  a  Santa  Maria  No- 
uella  vn  tabernacolo  a  frefeo  con  vna  NoSlradonna  & 
alcuniSanti  da lato,onde molto  da  cittadini  &  alterici 
in  quel  tempo  fu  lodato  Per  il  che  crebbe  ad  Andrea 
lainuidia&  lo  Sdegno  cótra  di  lui  affai  maggiore  che 
prima  non  aueua.  La  onde  fatto  pratica  più  Sì  domcfti 
co  con  Maeftro  Domenico:il  quale  perche  buona  per- 
fona &  amoreuoleera  ,  aliai  allamuSìca  attendeua: 
&  dilettandosi  fonare  il  liuto,  andaua  la  notte  cantan- 
do ,  &  alcune  {crenate  faccendo  a  fuc  innamorate  :  3c 
Andrea  Spello  in  compagnia  di  lui  andaua,  monftran- 
do  non  auci  e  più  grato  ne  più  domeflico  amico,onde 
gli  fu  infegnato  da  Domenico  l'ordine  e'1  modo  del 
colorire  a  olio  ,  ilquale  in  Tofcana  non  era  ancora  in 
vfo  .  Aueua  Andrea  finito  a  frefeo  nella  cappella  vna 
ftoria  della  Noftra  donna  ,  quando  e  dallo  angelo  an- 
nunziata che  è  tenuta  cofa  bellissima  per  auerui  egli 
dipintolo  angelo  in  aria,  cofa  non  vfataSìnoaquei 

FF    iii 


414  PARTE      IT. 

tempo ,  Ma  molto  più  bella  ancora  fu  tenuta  vna  altra 
iftoria  d'una  Noftra  donna  pure  quando  ella  fàle  i  gra 
di  del  Tempio  :in  sui  quali  figurò  molti  poueri,&fra 
eli  altri  vno  che  con  vn'  boccale  da  in  fu  la  tefta  ad  vn 
altro,cofa  molto  bene  finita  da  lui  per  lofprone  della 
concorrenziadi  maeftro  Domenico,con  induftria,ar- 
te,&  amore .  Dall'altra  parte  aueua  maeftro  Domeni- 
co fatto  ad  olio  nell'altra  parete  di  detta  cappella  la  Na 
tiuità,&  lo  fpofalizio  di  detta  Vergine:&  Andrea  aue 
uà  cominciato  a  olio  l'ultima  ftoria  della  morte  di  No 
fìradonna:Nellaquale  perla  concorrenziadi  M.Do- 
menico fpronato  dal  defiderio  di  e(Ter' tenuto  quello 
ebe  egli  era  veramente ,  fece  in  ifcorto  vn'  Cataletto 
dentroui  la  morta,  la  quale  non  e  vn'  braccio  &  mezo 
di  lunghezza  ,  &  pare  lungha  tre.Intorno  a  quefta  fi- 
gurò gli  Apoftoli  in  vna  maniera,  che  fé  bene  fi  eono- 
fee  ne  vifi  loro  la  allegrezza  del  vederne  portare  quel- 
la anima  in  Cielo  da  iesvchristo;  e  vi  fi  cono- 
sce ancora  il  dolore  &  l'amaritudine  del  rimanere  in 
terra  fenza  efìa.  Tra  gli  Apoftoli  mefcolò  molti  Ange 
li  che  tengono  lumi  accefi,  con  belle  arie  di  tefte ,  &  fi 
bene  condotte,  che  e'moftrò  certamente  di  faper  ma- 
neggiare i  colori  a  olio  fi  bene,quanto  M.  Domenica 
fuo  concorrente .  Tuttauolta ,  auendo  già  condotto 
quefta  opera  a  bonifsimo  termine,  accecato  dall'in  111*- 
dia  per  le  lodi ,  che  alla  virtù  di  Domenico  vdiua  dare 
volendo  al  tutto  leuarfelo  dattorno,  imaginofsi  varie 
vie  da  farlo  morire,  &  fra  l'altre  vna  ne  mife  in  esecu- 
zione in  quefta  guifà.Vna  fera  di  ftate,  come  altre  voi 
te  era  folito,maeftro  Domenico  tolfe  il  liuto,&  di  San 
ta  Maria  Nuona  partitofi,lafciò  Andrea ,  ìlquale  nella 
camera  fu  a  difegnaua ,  &  l'inuito ,  che  Domenico  gli 
aueua  fatto  di  menarlo  a  ìpaflò  per  la  terra  accettar  no 
volfe ,  moftrando  che  allora  aueffe  fretta  di  difegnare 
alcune  cofe  importanti;  Per  il  che  Domenico  fubito- 


ANDREA   Da'l   CASTAGNO.  *r- 

partito  ,  &  a  Tuoi  piaceri  vfati  per  la  citta  caminando; 
Andrea  fconofciuto  nel  Tuo  ritorno  fi  mife  ad  afpettar 
Io  dietro  a  vn  canto ,  &  con  certi  piombi  il  liuto  &  lo 
ftomaco  a  vn  tempo  gli  sfondò,  &  con  efsi  anco  di  ma 
la  maniera  fu  la  tefb  il  percofTe,  &  non  finito  di  mori- 
re,fuggendofi  in  terra  lo  lafciò;  &  a  Santa  Maria  Nuo 
uà  alla  fua  ftanza  tornato  fi  rimife  con  l'ufcio  foc- 
chiufo,intorno  al  difegno,  che  auea  lafciato .  Parche 
fentito  in  poco  fpazio  di  tempo  il  romore  del  morto 
portatofi,gli  fu  da  alcuni  feruigiali  di  quel  luo»o  per- 
coflà  la  porta  della  camera ,  &  datogli  la  nuoua  del 
quafi  morto  amico.La  onde  corfo  a'1  rumore  con  fpa- 

uento  terribile  gridando  tuttauia  fratel  mio3&  pianto 
lo  afTai  ,poco  andò,che  Domenico  gli  fpirò  nelle  brac 
cia.Ne mai  per alcnn  tempo  Ci  feppe,  chi  morto I'aue£ 
fe:Et  fé  Andrea  venendo  a  morte,  in  confezione  non 
lo  manrfeftaua,nullafe  ne  faprebbe  ancora.  Fini  l'ope- 
ra fua,  &  quella  del  morto  amico  rimafeimperfetta,la 
eguale  da  gli  artefici  comunemente,  &  da  tutti  i  citta- 
dini fu  lodata.Dipmfe  Andrea  in  S. Miniato  fra  le  tor- 
ri di  Fioreza  vna  tauola,  nellaquale  è  vna  All'unzione 
dli  Noftradonna  co  due  figure;&allanaue  a  Lanchec 
t.a  fuor  della  porta  allagiuftizia,vn  tabernacolo  d'una 
Hoft radóna.Et  Domenico  in  Perugia  fece  altrefi  vna 

Clamerà  per  liBaglioni,tenutavaghifsima;&  ancora  in 
rmolti  altri  luoghi  alcune  opre  bellifsime.Egli  era  otti 
mio  profpettiuo,&  in  molte  cofe  dell'arte  molto  valfè. 
Gìli  diedero  fepoltura  in  Santa  Maria  Nuoua  nell'età 
dtegli  anni  fuoi  lvi.&  Andrea  feguitò  per  Fiorenza, 
l'altre  fue  opere.Lauorò  in  cafa  i  Carducci  in  Fioreza 
o^ggi  de  Pandolfini ,  alcuni  huomini  famofi ,  parte  ri 
Bratti  di  naturale ,  Se  parte  da  Ini  inuefligado  l'effigie. 
T-Va  i  quali  fono  Philippo  Spano  de  gli  Scolari ,  Dan- 
te:* Perarcha,  il  Boccac  cio,&  altri  cau alien  fra  va 


4I6  PARTE.       It. 

buon  numero  di  literati  i  quali  fono  {lati  lauorati  da 
lui  con  molto  amore .  Alla  Scarperia5che  è  cartel  lo  in 
Mu^ellojpaflb  per  Bologna/opra  la  porta  del  palazzo 
del  vicario  è  vna  Canta  ignud  i  molto  bella;&  in  Fio- 
renza per  la  ribellione  d'alcuni  cittadini  nella  faccia 
del  palazzo  del  podefta  furono  da  lui  dipinti  quegli,& 
per  vn  piede  impiccatilo  tanto  difegno5cheacqui(lò 
più  nome,che  prima  non  aueua  fatto:&  da  quelli,per 
che  ella  era  pittura  famofa  &  publica  fu  chiamato  An 
drea  de  gli  Impiccati.  Viflfc  nei  fuo  tepo  molto  onora- 
tamele, &  perche  era  perfona  fplendida&  dilcttauafi 
molto  di  veftire  &  di  ilare  in  cafa  pulitamente;  Lafciò. 
poche  facilità  alla  morte  fua:  laquale  gli  tronco  la  vita 
nella  età  d'anni  l  xx  i.  Et  rifipédofi dopo  la  morte  fua 
l'impictà,  che  egli  aueuavfataamaellro  Domenico, 
conodiofeefcquie  fu  fepolto  in  Santa  Maria  Nuoua 
e  fu  gli  fatto  quello  epitaffio * 

Cattaneo  *Andre&  menjùra  incognita  nulla 

^4tque  color  nuUnsJinca  nulla fuit. 
lnutdia  exarfitfuitqueprocliuis  ad  iram  : 

Vomitium  bine  Venetumfubftulit  mfidìjsx 
Vomitium  iUujlrempiSiura.Turpat  acutum 

Sicfape  ìngemum  uh  inimica  mali* 

Lafciò  fuoi  discepoli  iacop  del  corso,  che  fu 
ra^ioneuole  maellro,  il  p  i  s  a  n  e  l  l  o,che  fini  le  fuc 

Cofe,    IL   MARCHIN  O,  &    GIOVANNI    DA-  R  O- 

y  e  zza  no,  L'anno  mcccclxxiii. 


GENTILE 


47 

GENTILE    DA  FA 

BRIANO   ET   VITTO- 

RE    PISANELLO 
PITTORI. 


Randifsimo  vantaggio  ha  chi  cam- 
pa in  vno  auuiamento3  dopo  la  mor 
te  di  chi  ha  procacciato  qualche  de- 
gna opera ,  donde  egli  abbia  ad  ac- 
quifìar'  nome.perche  fenza  molta  fa 
tica,feguitado  l'ombra  del  fuo  mae- 
ftrojfotto  quella  protezzione  ,  fi  per 
uiene  a  que'  fìni;che  fé  per  fé  folo  vi  fi  doueffe  arriua- 
re,bi fognerebbe  più  lungo  tempo,&  fatiche  maggio 
ri  affai .  Ilche ,  ancora  che  in  molti  fi  fìa  veduto3fi  po- 
tette vedere  &  toccare  (  come  fi  dice  )  con  mano,nel 
Pifanello  pittoreill  quale  dimorato  molti  anni  in  Fio 
renza  co  Andrea  da'l  Calcagno ,  &  finito  le  opere  Tue 
dopo  la  morte  di  quello;acquifl:ò  tato  credito  col  no- 
me di  Andrea;  che  venendo  in  Fiorenza  Papa  Marti- 
no V.  ne  lo  menò  fèco  a  Roma;&  in  Santo  Ianni  Lu- 
terano ,  in  frefeo  gli  fece  fare  alcune  iftorie  vaghifsi- 
me,&  belle  al  pofsibile.  Perche  egli  abondantifsima- 
mentemifein  quelle  vna  forte  di  Azurro  oltramari- 
no  donatoli  dal  detto  Papa,fì  bello  &  fi  colorito ,  che 
non  ha  auuto  ancor'  paragone .  Et  a  concorrenza  di 
quelito  lauoromaeftro  Gentile  da  Fabbriano  alcune 
iftorie  difotto  a  lui:Et  infra  l'altre ,  fece  di  terrena  tra 
le  fìneftre  in  chiaro  &  feuro  alcuni  Profeti  ;  che  fono 
tenuti  la  miglior  cofa  di  tutta  quella  opera.  Il  Pifanel. 
3o  per  proprio  nome  detto  Vittore,  dipinfe  ancora  in 

GG 


418  PARTE.IT. 

altri  luoghi  per  Roma  ;  &  parimente  nel  campo  fànto 
di  Pifà;Nellaquale  come  in  amatifsima  Patria  Tua,  di- 
morando poi  lungamente, terminò  finalmente  afki 
ben  maturo  la  vita  fua.Cortui  oltre  a  querto  fu  eccel- 
lentifsimo'ne'bafsi  rilieui  :  &  fece  le  medaglie  di  tutti 
i  Principi  di  Italia:&  quelle  del  Re  Alfonfo  I.mafsima 
niente.  Ma  Gentile  feguitando  il  dipignere,  co  molta 
diligenzia,fece  infiniti  lauori  nella  Marca,&  particu- 
larmentein  Agobbiodoue  ancora  fé  ne  veggono  al- 
cuni ;  &  fimilmentc  per  tutto  lo  ftato  d'Vrbino  .  La- 
uorò  in  SanGiouannidi  Siena  ;& in  Fiorenza  nella 
fagrertia  di  Santa  Trinità,  fece  vna  tauola  con  la  ifto- 
na  de'  Magi:&  in  Perugia  molti  lauori;&  ipecialmen 
te  in  San  Domenico,  doue  e  fece  vna  tauola  molto 
bella. Dipinfe  ancora  in  città  di  Cartello,  fino  a  che  vi 
timamente  tornò  a  Roma;  doue  lauorando  per  forteti 
tarfi ,  fi  condufl'e  a  tale  eflfendo  fatto  parletico ,  che  è 
non  operaua  più  cofa  buona .  Laonde  flette  più  di 
fei  anni, che  nulla  fece  ;  &  confumato  dalla  vecchiez- 
za,trcuandofi  già  l  x  x  x.  anni,finalmentepur  fi  mori; 
Et  gli  fu  fatta  quella  memoria. 

Hicpulchre  nouìt  mrios  mi/cere  colores  : 
Pmxit  &  in  mrijs  wbibm  Italia. 


4*9 

PESELLO     ET 

FRANCESCO    P  E- 

SELLI     PITTORI 

FIORENTINI. 

1  Are  volte  fuole  auuenire,  che  i  difee 
poli  de'maeflri  rari3fe  ofleruano  i  do 
cumenti  di  quegli ,  non  diuenghino 
molto  eccellenti;  Et  che  fé  pure  non 
fé  gli  lafciano  dopo  le  fpalle  ;  non  gli 
pareggino  almeno  ;&  fi  agguaglino 
^  a  loro  in  tutto.  Perche  il  follccito  fer 
uore  della  imitazione  con  la  afsiduiti.  dello  iìudio,  ha 
forza  di  pareggiare  la  virtù  di  chi  gli  dimofìra  il  vero» 
modo  dello  operare .  Laonde  vengono  i  discepoli  a 
farfì  tali,che  e'  concorrono  poi  co'  maeilri3&  gli  auan 
zano  ageuolmcnte  per  effer  Tempre  poca  fatica ,  lo  ag 
giugnere  a  quello  che  è  trouato  .  Et  che  quello  fìa  il 
vero  ,  Francefco  di  Pefello  imitò  talmente  la  maniera 
di  fra  Filippo;  che  fé  la  morte  non  ce  lorapiua  cofi 
acerbo  ,  di  gran  lunga  lo  fuperaua .  Conofcefi ,  che 
Pefello  imitò  la  maniera  d'Andrea  dal  Caftagno, 
&  tanto  prefe  piacer  del  contraffare  animali ,  &  di  te- 
nerne fempre  in  cafà  vini  d'ogni  fpecie  che  e  fece  que 
gli  fi  pronti  &  viuaci ,  che  di  quella  profefsione  non 
ebbe  alcuno  nel  fuo  tempo,  che  gli  facefìe  paragone;. 
Stette  fino  all'età  di  xxx.  anni  fbttoladifciplinadi 
Andrea  imparando  daluu&diuenne  bonifsimo  mae~ 
iìro.  Fece  nella  via  de  Bardi  la  tauola  della  cappella  di 
Santa  Lucia  j  laquale  gli  arrecò  tanta  lode  che  per  la 
Signoria  di  Fiorenza  gli  fu  fatto  dipignere  vna  tauo- 
la a  tempera3quando  i  Magi  offerirono  a  e  h  r  i  s  t  oj. 

G G    ii 


«f.10  PARTE.       II. 

che  fa  collocata  a  meza  (cala  del  loro  palazzo  ;  perla 
quale  Pefelló  acquiftò  gran  fama. Fece  ancora  alla  cap 
pellade'Calualcanti  in  Santa  Croce  (otto  la  Nunzia- 
ta di  Donato,  vna  predella  con  figurine  piccole,  den- 
troui  ftorie  di  San  Niccolò. Et  lauorò  in  calli  de'  Medi 
ci  vnafpalliera  d'animali  molto  bella  :&  alcuni  corpi 
di  cailbni  con  ftoriette  piccole  con  gioftre  di  caualli. 
Et  veggonfi  in  detta  cafa  fino  al  di  d'oggi  di  mano  fu  a 
alcune  tele  di  Leoni ,  i  quali  s'affacciano  a  vna  grata, 
che  paiono  viuifsimi;&  altri  ne  fece  fuori:&  fimilmen 
te  vno ,  che  con  vn  ferpente  combatte;&  colori  in  vn 
altra  tela  vn  bue  de  vna  volpe  con  altri  animali  molto 
pronti  &  viuaci. Fece  ancora  a  Piftoia  vna  tauola  in  S. 
Iacopo,  laquale  è  molto  diligentemente  finita  ;  Se  per 
la  citta  fua  vna  infinità  di  tondi,  che  fmarriti  per  le  ca- 
fe  di  cittadini  fi  veggono. Fu  perfona  molto  modella, 
moderataj&  gentile  ;  &  fempre  che  poteua  giouare  a 
fr\ì  amici,  con  amoreuolezza  &  volentieri  lo  faceua . 
Tolfe  moglie  giouane  ,  &  ebbene  Francesco 
detto  pesellino  fuo figliuolo , che  attefè alla 
pittura  imitando  gli  andari  di  Fra  Filippo  infinitamen 
te.Coftui  fc  più  tempo  viueua  per  quello  che  fi  cono- 
fce;auerebbe  fatto  molto  più  eh'  egli  non  fece  ;  perche 
era  ftudiofo  nell'arte  ;  ne  mai  reflaua  ne  di, ne  notte  di 
difegnare  .  Perche  fi  vede  ancora  nella  cappelladel 
Nouiziato  di  Santa  Croce  fono  la  tauola  di  Fra  Filip- 
po vna  marauigliofifèima  predella  di  figure  piccole, 
lequali  paiono  di  mano  di  Fra  Filippo.  Egli  fece  mol- 
ti quadretti  di  figure  piccole  per  Fiorenza.  &  in  quel- 
la acquiflato  il  nome  fé  ne  mori  d'anni  xxxi.  perche 
Pefello  ne  rimafe  dolente;  ne  molto  (lette  che  lo  fegui 
lafciado  il  mondo  no  manco  pieno  dell'opre,  che  s'ab- 
bia fatto  di  nome.Viffe  inFiorcza  anniLXX  vi i.Etin 
fieme  col  fuo  figliuolo  fu  onorato  poi  di  quelìi  veifi. 


4" 

Separicene  ti  Culo  i  daoì Gemetti} 

Tal  cgne  il  Padre  et' If gito  la  bella  *Artc: 
Che  Stipelle  fa  di fé fama  in  le  carte 
Come  fari  le  rare  opre  a  duoiPefellu 

BENOZZO  PITTO 

RE   FIORENTINO. 


HI  caminaconlefatichealaflrada. 
della  virtù;  ancora  che  ella  fia  (come 
e'  dicono)  &  faflofà,  &  piena  di  (pi- 
ne; A  iafìne  della  falitafi  ritruoua 
pur  finalmente  in  vn'  largo  piano; 
con  tutte  le  bramate  felicità.  Et  nei 
riguardare  a  baffo  ,  veggendo  i  cat- 
tiui  pafsi  con  periglio  fatti  da  lui;  Ringrazia  dio  che 
a  faluamento  ve  lo  ha  condotto  ;  Et  con  grandifsimo 
contento  fuo ,  benedice  quelle  fatiche;che  già  tato  gli 
nncrefceuano.Et  cofi  rincorando  i  paffati  affanni,  con 
la  letizia  del  bene  prefente  ;  lenza  fatica  pur  fi  affatica, 
per  far  conofeere  a  chi  lo  guarda;  come  i  caldi ,  i  gieli, 
i  fudori,la  fama,la  fète,&  gli  incomodi,che  fi  patifco- 
no  per  acquiftare  la  virtù  ;  liberano  altrui  da  la  pouer- 
tà;&  lo  conducono  a  quel  ficuro&  tranquillo  flato; 
doue  con  tato  contento  fuo  lo  affaticato  benoz  z?o 
fi  riposò.  Coiìui  fu  difcepolo  dello  Angelico  Fra  Gio 
uanni5a  ragione  amato  da  lui;&  da  chi  lo  conobbe,te 
nuto  praticoli  grandifsima  inuenzione,  &  molto  co 
piolo  negli  animali,nelle  profpettiue,nc'  paefi  ,  &  ne- 
gli ornamenti.  Fece  tanto  ìauoro  nella  etàfua;che  e' 
moilrò  non  eflerfi  molto  curato  d'altri  diletti  :  &  anco 
rache  è  non  fu fle  molto  eccellente  a  comparazione 

GG     iii 


421  PARTE         II. 

di  molti,che  lo  auanzarono  di  dilegno;  fuperò  niente 
dimeno  coi  tanto  fare  tutti  gli  altri  della  età  fua  :  Per- 
che  in  tanta  moltitudine  di  opere,gli  venero  fatte  pu- 
re delle  buone .  Dipinfc  in  Fiorenza  nella  Tua  giova- 
nezza alla  compagnia  di  San  Marco  la  tauola  dello  al- 
tare;&  inSan'Friano,  vn'  tranfiurdi  San  Icronimo, 
che  è  flato  guaito  per  acconciare  la  facciata  della  chic 
fa  lungo  la  lìrada .  Nel  palazzo  de'  Medici  Cccc  in  fre- 
fco  la  Cappella  con  la  ftoriade'  Magi ,  &  a  Roma  m 
Araceli  nella  cappella  de'  Cefarini  le  ftorie  di  Santo 
Antonio  da  Padoua  ,  &  in  Santo  Apoftolo,la  cappella 
dello  aitar'  maggiore.  Laquale  per  le  fatiche  durateti^ 
&  per  alcune  figure  fcortate,  ebbe  grido  &  fama  gran 
difsima  in  quella  città,  &  fu  cagione  di  farlo  conofce- 
re  per  molto  pratico, &  diligente  nella  arte.  Non  man 
cano  pero  alcuni  che  attribuifchino  quefta  Cappella  a 
ME  lo  zzo  da  f  v  rl  i  ;  il  che  a  noi  non  pare  verifi- 
mile.fi  perche  di  Melozzo  non  abbiamo  vitto  già  mai 
cofa  alcuna;&  fi  ancora  perche  e'  vi  Ci  riconofce  tutta 
la  maniera  di  Benozzo,Pure  nelaiciamo  il  giudicio  \i 
bero  a  chi  la  intende  meglio  di  noi .  Dipinfe  in  quefta 
cappella  la  Afcenfione  di  e  h  r  is  t  o,con  aitai  ornarne 
ti  di  profpettiua,  ad  inftanzia  dicono  del  Cardinale 
Riario,mpote  di  Papa  Sifto  III  I.dal  quale  ne  fu  mol- 
te remunerato .  Fu  coftui  abbondante  di  figure  &  di 
ogni  altra  cola  ne'  fuoi  lauori,&  molto  fi  dilettò  di  fa- 
re feortar'  le  figure  di  fotto  in  fu  ;  cofa  difficile  &  fati- 
cola  nella  pittura. Fu  chiamato  dalla  opera  di  Pifa ,  & 
lauorò  nel  cimiterio  allato  al  Duomo  detto  capo  fan- 
tovna  parete  di  muro, lunga  quanto  tutto  lo  edifizio 
&  vi  fece  ftorie  del  tefìamento  vecchio,  con  grandifsi 
ma  inuenzione  di  figure .  Et  bene  Ci  può  veramente 
chiamar'  quefta,  vna  opera  terribiliisimajPer  efferui  di 
finitamente  le  ftorie  della  creazione  del  mondo3a  gior 


BENO  ZZO.  42$ 

no  per  giorno;Tutte  quelle  di  Noe  che  fabrica  l'Arca, 
&  vi  riceue  glranimali ,  La  mondazione  del  Diluuio 
efprefla  con  bellissimi  componimenti ,  &  copiofità  di 
figure,&  con  ogni  bello  ornamento.  In  oltre  la  fuper- 
ba  edificazione  della  Torre  difegnata  da  Nebrotjloin 
cendio  di  Soddoma,&  delle  altre  città  vicine;le  i  (lo  ri  e 
di  Abramo,  nelle  quali  fono  da  confiderare  affetti  bel- 
lifsimi .  Perchè  ancora  che  Benozzo  non  aueffe  mol- 
to fingular'difegno  nelle  figure;e'dimoftrò  nientedi- 
manco  l'arte  efficacemente  nel  facrifizio  di  Ifàac ,  per 
auere  fituato  in  ifcorto  vno  afino  in  tale  maniera,  che 
e  fi  volta  per  ogni  banda ,  il  che  è  tenuto  cofa  bellifsi- 
ma .  Segui  appreflb  il  nafeere  di  Mosè,con  que'  tanti 
fegni  &  prodigii,fino  a  che  à  traffe  il  Popolo  fuori  de 
lo  Egitto:&  lo  cibò  tanti  anni  dentro  al  defèrto .  Ag- 
giunge a  quefto  tutte  le  iftorie  Ebree  fino  a  Dauit,  & 
a  Salomone  Tuo  figliuolo, fino  che  a  lui  viene  la  Regi- 
na Saba .  Et  dimoerò  veramente  Benozzo  in  auefio 
lauoro  vno  animo  più  cheinuitto-Perche  doue  fi  <*ra 
deimprefaarebbegiuftamente  fatto  paura  ad  vna  le- 
gione di  pittori;egli  folo  la  fece  tutta ,  &  la  condufle  a 
perfezzione.  Di  maniera  che  auendone  acquiftato  fa- 
ma grandifsima ,  meritò  che  nel  mezo  di  quel  lauoro 
gli  fufife  pollo  quefto  epigramma. 

QuidJpeBas  uolucres$ifces&  monilraferarumì 

Et  wrides /ìluas ,  &tbereafque  Domos  ì 
Et  Pueros,  luuenes,  Matres,  canofcjue Parente*? 

Qutisfemper  uiuumjptrat  in  ore  decus . 
Non  h&ctam  uarijs finxit  fimulacrafip-urii 

Natura>ingenìofoetibm  aptafuo  : 
Eft:  opus  artiptisipinxit  urna  ora  Benoxm: 

O  Superi  uiuos fondite  in  orajònos* 


A 24  *  A  *  T  B      II. 

Nella  medefima  città  di  Pifa  nelle  Monache  di  San  Be- 
nedetto a  ripa  d'Arno,  fin  i  tutta  la  ftoria  della  vita  mo 
naftica  di  quel  Santo,che  non  è  piccola. &  in  oltre  mol 
te  opere  a  tempera  in  frefco,&  in  tauola  fi  veggono 
per  tutta  quella  terra3facilifsimamente  lauorate  da  lui 
come  nella  compagnia  de' Fiorentini  ,  dirimpetto  a 
San  Girolamo  ;  &  infiniti  altri  luoghi ,  che  troppo  fa- 
rebbe lungo  il  contargli.Dipiniea  San  Gimignanoi& 
a  Volterra;  tanto  che  logoro  finalmente  dalla  fatica  ir* 
ed  di  l  x  x  v  1 1 1.  anni ,  fé  ne  andò  al  vero  ripofomella 
fletta  città  di  Pifa;  in  vna  cafetta  che  in  fi  lunga  dimo- 
ivi fi  aueua  comperata  nella  Carraia  di  San  France- 
feo .  Laqual  cafa  lalciò  morendo  alla  fu  a  figliuola:  Et 
con  lagrime  di  tutta  quella  città  onoratamente  fu  fe- 
pellito  in  campo  fantoDcon  quefto  epitaffio. 

HIC   TVMVLVS    EST    BENOTII    FLORENTINS 
QVI     PROXIME     HAS     Pi  N  X I T     HISTORÌAS. 
HVNC    SIBI   PISANOR.       DONAV1T    HVMAN3- 
TAS.         MCCCCLXXVIII. 

Vifle  Benozzo  coiUimatifsimamente  fempre,&  d* 
vero  Chriftiano-jConfumando  tutta  la  vita  fua  in  efer^ 
cizio  onorato  :  Per  il  che  ,  &  per  la  buona  maniera  & 
qualità  (uà  lungamente  fu  ben  veduto  in  quella  città, 
&  tenuto  in  pregio.  Lafciò  dopo  fé  difcepoli  fuoi  z  a*. 
kobi  machiavegli  Fiorentino  3&  alcuni  altri 
che  non  accade  farne  memoria. 


4*5 

LORENZO   VEC 

CHIETTO    SANESE 

SCVLTORE     ET 

PITTORE. 


Gli  fi  vede  aflai  chiaramente  per  tut- 
te le  età  pafifate ,  che  in  vna  patria  no 
fiorifere  mai  vno artefice,  che  molti 
altri,  o  minori ,  o  pari  non  concorri- 
ne poco  apprefTo.  Dando  la  virtù  di 
colui  cagione  di  infegnare  gli  eferci- 
zii  lodati  a  chi  viene  di  poi;  &  a  que- 
gli ftefsi  che  adoperano,di  guardarli  da  gli  errori  :  E£ 
fèndo  aflai  più  che  certo,  che  i  giudizii  degli  huomini 
fono  quelli  che  dimolìrano  la  bontà  &  la  eccellenza 
delle  cofe&  conofeono  il  vero  eflere  loro:  Per  il  che 
ageuolmente  il  può  riceuere  da  efsi  cofì  biafìmo  degli 
errori  come  onore  del  portarti  bene .  Queflo  adopera 
la  concorrenza;  de  la  vtilità  della  quale  non  intendo 
più  ragionare  :  fòlamente  dirò  che  i  Sanefì  ebbero  in 
vn  tepo  medefìmo  concorrenti  aflai  loro  artefici  mol- 
to lodatr.infra  i  quali  fu  Lorenzo  di  Piero  Vecchietti 
{cultore  ne' Tuoi  tempi  molto  fumato,  perche  nel  fare 
il  tabernacolo  di  bronzo  con  gli  ornamenti  di  marmo 
in  fulo  aitar  maggiore  del  Duomo  di  Siuia  fua  patria 
acquiftò  reputazione  &  nomegrandifsimo  perii  mi- 
rabil  getto,ch'  egli  fece ,  &  per  la  proporzione,che  in 
tallauorodimoftròjnelquale  chi  guarda  bene,vedean 
Cora  vn  dilegno  buono;&  vn  ^iudicio  accompagnato 
con  grazia  &  garbo  bellifsimo.Onde  per  tale  opra  me 
ritò,che  la  Signoria  di  Siena  lo  rimunerale .     Coftui 
per  eflere  amoreuole  &  cortefifsimo,portaua  alla  arie 

HH 


426  PARTE      II. 

eh'  egli  efercitò ,  &  a  tutti  gli  artefici ,  grandifsimo  a- 
more.  La  onde  alla  cappella  de'  Pittori  Sanefi  nello  fpe 
dal  grande  della  Scala  fece  vn  e  hiu  sto   nudo,  che 
tiene  la  croce  in  mano  di  altezza  quanto  il  viuo,col 
getto  del  metallo  molto  ben  condotto, è  con  grazia  Se 
con  amor  rinetto ,  perche  da  quegli  oltre  il  pagamen- 
to con  lode  dt  tutti  gli  artefici  fu  tempre  celebrato. 
Nella  medefima  cafanel  peregrinano  è  vnaftoria  di- 
pinta da  lui  co  i  colori ,  &  fbpra  la  porta  di  San  Gio- 
tianni  vno  arco  con  figure  lauorate  a frefco.Similmen 
te  perche  il  batefimo  non  era  finito  vi  lauorò  alcune  fi 
curine  di  marmo ,  Se  vi  fini  di  bronzo  vna  iftoria  co- 
minciata già  da  Donato ,  doue  lauorò  ancora  due  ìfto 
rie  di  bronzo  Iacopo  della  Fonte,  la  maniera  del  quale 
imitò  fempre  Lorenzo  il  più  che  èpotctte.Et  cofi  con 
dufle  il  detto  battefimoa  la  vltima  perfezzione  ponen 
doui  ancora  alcune  figure  gittate  di  brozogià  da  Do- 
nato ma  non  finite  fé  non  da  effo  Lorenzo , die  fono 
tenute  cofa  bellifsima .  Alla  loggia  degli  vficiah  in  ban 
chi, fece  di  marmo  a  la  altezza  del  naturale^vn'  firn  Pie 
ro  Se  vn  San  Paulo, lauorati  con  fbmma  grazia  Se  con 
dotti  con  grande  amore.  Accomodò  coitui  talmente 
lecofe  che  e  fece,  che e'ne merita  lode  infinita  ,  cofi 
morto  come  viuo.  Fu  perfòna  affai  maninconica  Se  Co 
litaria,  Se  che  fempre.attualmete  (ìaua  in  confiderazio 
ne,il  che  forfè  gli  fu  cagione  di  no  molto  viuere.  Co- 
ciofia  che  venuto  giadi  l  vi  i  i.  anni  pafsò  al'altra  vita. 
Furono  da  lui  finite  l'opre  fue  l'ano  mcccclxxxii. 
Et  gli  fu  fatto  quefìo  epitaffio . 

Senenfìs  L(turens3uiuos  de  marmore  uulttts 
Vuxit:&  excufit  moilim  <era  manu. 


427 

GALASSO   FERRA 

RESE   PITTORE. 

n  Vando  in  vna  città,  doue  no  fono  ec 
celienti  artefici  vengono  foreftieri  a 
fare  opere  ;  Tempre  fi  defta  l'ingegno 
a  qua! ch'uno  ,  che  fi  sforza  dipoi  co 
'apprendere  quella  medefima  arte, 
far  fi,  chenellafua  città  non  abbino 
più  a  venire  gli  ftrani  per  abbellirla 
daquiui  inanzi  ,&  portamele  facultàdequali  fi  inge- 
gna di  meritare  egli  con  la  virtù;  &  di  acquiftarfi  quel 
le  ricchezze,  che  troppo  gli  parfòno  belle  ne'  foreftie- 
ri.  llche  chiaramente  fu  mani  fello  in  Galaflo  Ferrare- 
fé  5  ilquale  veggendo  Pietro  da'l  Borgo  a  San  Sepol- 
cro rimunerato  da  quel  Duca  dell'opre  &  delle  coie, 
che  lauorò  & ohra  ciò  onoratamente  tratenuto  in  Fer 
rara,  fu  per  tale  efempio  incitato  dopo  la  partita  di 
quello,di  darfi  alla  pittura  talmente,  che  in  Ferrara  ac 
quitto  fima  di  buono  &  eccellente  maeftro .  La  qual 
cofa  lo  fece  tanto  più  grato  in  quel  luogo,  quanto  nel 
lo  andare  a  Vinegia  imparò  il  colorire  a  olio,  &  lo  por 
tò  a  Ferrara  ;  Perche  fece  poi  infinite  figure  in  tal  ma- 
nierarne fono  per  Ferrara  fparte*in  molte  chiefe.  Ap- 
prcfib  t  venutofene  a  Bologna ,  condottoli!  da  alcuni 
frati  di  San  Domenico,fece  ad  olio  vna  cappella  in 
San  Domenico  :&  cofi  il  grido  di  lui  crebbe  infieme 
col  credito  .  Perche  appreflb  quello  lauorò  a  Santa 
Maria  del  Monte  fuor  di  Bologna  luogo  de' Monaci 
neri,&  fuor  della  porta  di  San  Mammolo  molte  pittu- 
re in  frefeo  ;  &  cofi  alla  cafà  di  mezo  per  quefta  mede- 
fima ftrada  fu  la  chieia  tutta  dipinta  di  man  fua3&a 

HH    il 


428  PARTE.      II. 

frefco  Iauorata ,  nequale  egli  fece  le  florie  del  Tefta- 
inerito  vecchio .  VifTe  Tempre  coftumatifsìmamente, 
&fidimoftrò  molto  cortefe&  piaceuole;  nafeendo 
ciò  per  lo  efferepiu  vfbfuor  della  patria  fua  a  viuere 
&  ad  abitare,che  in  quella .  Vero  è  che  per  non  effere 
egli  molto  regolato  nel  viuerfuo,  non  durò  molto 
tempo  in  vita  ;  Andandofene  di  anni  cinquanta,  o  cir 
ca,a  quella  vita  che  no  ha  fine .  Onorato  dopo  la  mor 
te  da  vno  amico,  di  quefto  epitaffio. 

GALASSVS  FERRARIEN. 

Sum  tanto ftudio  naturar»  ìmitatm3&  arte 
Dumpingo  ,*  rerum  qua  creat  Ma  parens  : 

H<ec  utjkpe  quidem,  non  pitta putauerit  a  me 
+Afc  credidertt Jedgenerata  maga , 

In  quefli  tempi  medefimi  fu  cosme  da  Ferrara  pu- 
re. Del  quale  fi  veggono,  in  San  Domenico  di  detta 
città ,  vna  cappella  ;  &  nel  Duomo,  duoi  fportelli  che 
ferrano  lo  Organo  di  quello.  Coitili  fu  migliore di- 
fegnatore  che  pittore;  &  per  quanto  io  ne  abbia  pofiu 
to  ritrarre,non  douette  dipigner  molto. 


- 


4*9 

ANTONIO     ROS- 

SELLINO  SCVLTORE 
FIORENTINO. 

,  Eramente  che  e*  fu  fèmp  re  cofà  mira 
bi!e,oltra  la  virtuofà  modeftia,  lo  ed 
fere  ornato  di  gentilezza,&di  quel- 
le rare  virtù,cheageuolmente  Ci  rico 
nofeono  nelle  onorate  azzioni  di  a  n 
tonio  rossellino fcultore; Il 
quale  faceua  quella  arte  co  tanta  gra 
zia;  che  da  ogni  Tuo  conofeente  eraftimato  affai  più 
che  huomo;&  adorato  quafiper  Santo  per  quelle  otti 
me  quahti,che  erano  vinte  alla  virtù  Tua. Fu  chiamato 
Antonio  il  Roffellino  da  I  Proconfolo  ;  per  che  e  tene 
Tempre  la  Tua  bottega  in  vn'luogo  che  cofi  Ci  chiama  in 
Fiorenza .  Era  maeitro  molto  eccellente  anzi  maraui- 
gliofo  nella  fcultura ,  ftimato  affai  mentre  che  e'  fu  vi- 
uo;&  celebratifsimo  dopo  la  morte .  Fu  Ci  dolce  &  fa 
delicato  ne  fuoi  lauori;&  di  finezza  &  pulitezza  tan- 
to perfetta  ;  che  la  maniera  fua  guidamente  Ci  può  dir' 
vera,&  veramente  chiamare  moderna.  Fece  nel  palaz 
zo  de  Medici  la  Fontana  di  marmo  che  e  nel  fecondo 
cortile  ;  nella  quale  fono  alcuni  fanciulli  che  sbarrano 
Delfìni  che  gettano  acqua:&  è  finita  con  fomma  gra- 
zia &  con  maniera  diligentifsima.Nella  chiefa  di  San- 
ta Croce  a  la  pila  della  acqua  fanta,fece  la  fepoltura  di 
Francefco  Nori3&  fopra  quella, vna  Nofìra  donna  di 
baffo  rilieuo  :&  vna  altra  Noftra  donna  in  cafi  dcTor 
nabuoni  ;  &  molte  altre  cofè  mandate  fuori  in  diuerfe 
parti,fì  come  a  Lione  in  Francia  vna  fepoltura  di  mar 
mo.  A  San  Miniato  a  Monte ,  Monaiìerio  de'  Monaci 

HH    iii 


* 


4?r>  PARTE       II. 

bianchi  fuori  de  le  Mura  di  Fiorenza ,  gli  fu  fatto  fire 
la  fepoltu  radei  Cardinale  di  Portogallo  :Laquale  fi 
marauigliofamente  fu  condotta  da  lui,&  con  diligen- 
zia  &  artifizio  cofi  grande;  che  non  fi  imagini  artefice 
alcuno,di  poter'mai  vedere  cofa  alcuna,che  di  pulitez 
za,di  fine,o  di  Grazia,  paffare  la  pofia  in  mani  era  alcu 
na .   Et  certamente  a  chi  la  confiderà  pare  impofsibi- 
le  non  che  difficile,che  ella  fia  condotta  cofi.  Veden- 
doti in  alcuni  Angeli  che  vi  fono  tanta  grazia  8c  bel- 
lezza di  arie,di  panni,&  di  artifizio,chc  e'  non  paiono 
più  di  marmo,ma  viuifsimi.     Di  quelli  l'uno  tiene  la 
Corona  della  Verginità  di  quel  Cardinale,  ilquale  fi 
dice  che  mori  vergine;  l'altro  la  Palma  della  vittoria 
che  egli  acquiftò  contra  il  Mondo.  Et  fra  le  molte  cofe 
artifiziofifsime  che  vi  fono,  vi  Ci  vede  vno  arco  di  pie- 
tra detta  macigno,che  regge  vna  cortina  di  marmo  ag 
gruppata ,  tanto  netta  che  fra  il  bianco  del  marmo,  & 
il  bigio  del  macigno,ella  pare  molto  più  fimileal  vero. 
panno,che  al  marmo. In  fu  la  cada  del  corpo  fono  alcu 
ni  fanciulli  veramentebellifsimi,  &  il  morto  llcfiojcò 
vna  Noftra  donna  in  vn'  tondo ,  lauorata  molto  bene. 
Lacaffa  tiene  il  Garbo  di  quella  di  Porfido  che  è  in 
Roma  fu  la  piazza  della  ritonda .  Quella  fepoltura  dei 
Cardinale  fu  porta  su  nel  mcccclviiii.   Et  tanto 
piacque  la  forma  fua&  la  architettura  della  cappella 
al  Duca  di  Malfi  nipote  di  Papa  Pio  I  I.che  da  le  mani 
del  macftro  medefimo  ne  fece  fare  in  Napoli  vna  altra 
per  la  donna  fiia ,  limile  a  quefta  in  tutte  le  cole,  fu  ori 
che  nel  morto.Di  più  vi  fece  vna  tanola  di  vna  Natiui 
tà  di  christo  nel  prcfepio;con  vn' ballo  di  Ange 
li  in  fu  la  Capanna  che  cantano  a  bocca  aperta  ;  in  vna 
maniera  che  ben  pare  che  dal*  fiato  in  fuori,  Antonio 
deffe  loro  ogni  altra  mouezia  &  affetto:  con  tanta  gra 
zia,&  con  tanta  puhtezza3che  più  operare  non  pofìo- 


ANTONIO   ROSSELLINO.  4M 

no  nel  marmo  il  ferro  &  lo  ingegno .  Per  il  che  fono 
{late  molto  {limate  le  cofe  fue  da  Michelagnolo,  &  da 
tutto  il  reftante  degli  artefici  più  che  eccellenti .  Nella 
Pieuc  di  Empoli  fece  di  marmo  vn  Sa  Sebafìiano ,  che 
è  tenuto  cofa  bcllifsima:&  finalmente  Ci  mori  in  Fiore 
za  di  età  d'Anni  x  l  v  i.lafciando  vn'  Tuo  fratello  archi- 
tetto &  fcultore  nominato  Bernardo,  che  in  San- 
ta Croce,fecedi  marmo  la  fepoltura  di  M.  Lionardo 
Bruni  da  Arezzo  che  fcriiTe  la  ftoria  Fiorentina .  Co- 
ftui  del  continuo  attefe  alla  architettura:  ma  per  non 
cfìere  ftato  eccellente  quanto  il  fratello,  non  fé  ne  fa 
memoria  altrimeti.  Lauorò  Antonio  Roflellino  le  fùe 
fculture  circa  il  mcccclx.  Et  perche  quando  l'o- 
pere fi  veggono  piene  di  diligenzia,  &  di  dirficultà;gli 
nuomini  iettano  d:  quelle  più  ammirati:  Conofcendo 
fi  quefie  due  cofe  mafsimamente  ne  fuoi  lauorijmeri- 
ta  egli  &  fama  &  onore,come  augumentatore  della  ar 
te;&  come  efemplo  certifsimo  donde  i  moderni  ficul- 
tori  hanno  potuto  imparare  crome  fi  debbino  fiirele 
ftatue,  che  mediante  le  difficultà  arrechino  lode  &  fa- 
ma grandifsima. Con  ciò  fia  che  dopo  DONATELLO 
aggiunfc  egli  alla  arte  della  fcultura,pulidezza  éV  fine; 
cercando  bucare  &  mondare  in  maniera  le  lue  fioure 
che  elle  apparitfero  per  tutto  &  tonde  &  finite.Et  per 
quella  infinita  grazia  che  è  mife  Tempre  nelle  fuc  cofe, 
Non  mancò  dopo  la  morte  chi  lo  onora  Aedi  quello 
epitaffi  o. 

EN  VIATORrpOTIN  EST  PRAETERE  VNTEM 
NON  COMPATÌ  NOBIS?  CHARITES  Q^VAB 
MANVI  ANTONII  ROSSELLINI  DVM  VIXIT 
SEM  PER  ADFVIMVS  H1LARES:  EAEDEMEIVS 
DEM  MANIBVS  HOC  MONVMENTO  CONDÌ- 
TIS  CONTINVO  NVNC  ADSYMYJ,  ADERI- 
TI. V$QJ£   LVGENTEi. 


43* 

FRANCESCO    DI 

GIORGIO      SCVLTORE 
ET  ARCHITETTO 

S  A  N  E  S  E. 

O  ornamento  della  virtù  di  chi  na- 
fce3non  può  efTer  maggi  or  nel  mon- 
do;che  quello  della  nobiltà,  &  quel- 
lo dei  buoni  co(tumi;i  quali  hanno 
forza  di  trarre  al  fommo,di  qual  fi  vo 
glia  fondo ,  ogni  fmarrito  ingegno, 
&  ogni  nobile  intelletto  .  Onde  co- 
lorerie praticano  con  quefti  tali ,  inuaghifcono  non 
folamente  delle  parti  buone ,  che  in  effe  veggano  ol- 
tra  la  virtu;ma  fi  fanno  fchiaui  del  fnggetto  bello  di  ve 
dere  in  vn  fol  ramo  ineftati  tanti  Saporiti  frutti  :  L'odo 
re  e'1  gufto  de' quali  recano  gli  huomini  a  effere  ricor- 
dati dopo  la  morte  &chedicfsi  di  continuo  fi  fcriui- 
no  memorie; come  veramente  merita  che  lodate  & 
ferine  fiano  le  azzioni  di  Francefco  di  Giorgio  fcul- 
tor  Sanefe  .  Ilquale  non  manco  fu  eccellente  &  raro 
fcukorejch'  egli  fi  foife  archittetto:come  apertamente 
inoltrano  le  figure  da  lui  dopo  la  morte  lafciate  a  Sie- 
na,fua  patria  :  Lequah  di  bronzo  con  bellifsimo  getto 
furono  due  Angeli  oggi  locati  fu  lo  aitar  maggiore 
delDuomo  di  quella  città,i  quali  egli  con  fua  grandif- 
fima  comodità  fece  &  rinettò.  Era  Francefco  perfona 
che  faceua  l'arte  più  per  ifpaffo  &  per  piacere  ,  fendo 
ben  nato  &  di  futficienti  facultà  dotato;che  per  auari 
zia  o  altro  comodo,che  trar  ne  poteffe.La  onde  cercò 
ancora  di  dare  opera  alla  pittura  ;&  fece  alcune  cofe 
non  cofi  perfette  però,  come  nella  fcultura  &  nella  ar- 
chitettura» 


FRANCESCO    DI   GIORGIO. 


43* 


chitettura .  Per  ilche  auendo  egli  auuiamento  perii 
Duca  Federigo  di  Vrbino,  andò  a'  fèruigi  di  quello; 
&  il  mirabile  palazzo  d*  Vrbino  ,  fattone  prima  il  mo- 
dello ,  gli  conduffe  quale  e'/ì  vede .  lidie  fu  cagione 
di  non  manco  farlo  tener  viuo  fra  glihuomini  per  tal 
memoria ,  che  per  la  fteifa  fcultura  fua .  Efe'ui  auefle 
attefb,  non  e  dubbio  ch'egli  non  ne  fofTe  reftato  lem- 
pie  famofb.  Attefb  che  infiniti  (crittori ,  perl'Acade- 
mia  che  in  tal  luogo  in  quel  tempo  fi  ritrouò ,  hanno 
talmente  celebratol'edificioi  che  ben  può  Francefco 
di  tale  opera  quanto  altro  artefice  cotentarfi.Egli  rice 
uettc  da  quel  principe  infinite  carezze,eficndo  quello 
amator  fingularifsimo  di  tali  huomini  :  et  in  oltre  per 
che  a  Siena  fé  ne  tornò  con  premio,  meritò  per  gli  ono 
%i  &  pel  grado,  che  à  Siena  fua  patria  aueua  acquifta- 
to,  effere  eletto  de'Signori  di  quella  città .  Ma  perue- 
auto  finalmente  ad  età  d'anni  xlyi  i,  per  vnmale, 
ch'allegambe  gli  venne ,  indeboli,  talmente  ;  che  poco 
tempo  durò:  negli  valfero,  o  bagni,  o  altri  rimedii  al- 
la vita. Furono  da  lui  le  ftatne  e  l'architetture!fatte  l'ari 
no  m.cccclxx.  Et  acquiftonne  quello  Epitaffio. 


^*  ib-uxi  Vrbini  <e<juata  Palatia  Coelò  ?  •, 

Qu&fculpfì  &*  mambus  plurima  fìgtut  meis  t 

lìLfìdtrnfitcitmt  ut  now  condere  te  Sia 
^ffabife,  &fauifeutj>erefìgna  btne  » 

kafeiòfuo  compagno  &carifsimo  amico  lAcora 
cozzerello,  ilquale  attefe  alla  fcultura  &  alla  ar- 
chitettura finalmente  ;  &  fece  alcunefigure  di  legno, 
che  fono  inSiena;Et  cominciò  la  architettura  di  Santa- 
Maria  Maddalena  fuori  de  la  porta  a'  Tufi;  la  quale  ri- 
male imperfetta  per  la  fua  morte. 

Il 


m 

DESIDERIO     DA 

S  E  TT I  G  N  A  N  O 
SCVLTORE. 


Annograndifsimo  obligo  al  cielo  & 
alla  natura  quegli  che  lenza  fatiche 
partorifcono  le  cofe  loro  con  vna  cer 
ta  grazia ,  che  non  fi  può  dare  alle  o- 
pere  che  altri  fa,  ne  per  i(ludio,ne  pel- 
imitazione:  Ma  è  dono  veramente  ce 
lefte  5  che  pioue  in  maniera  fu  quelle 
cofe,che  elle  portano  fempre  fcco  tanta  leggiadria  & 
tanta  gentilezza, che  elle  tirano  a  se  nò  folamente  que 
gli ,  ch'intendono  il  meftiero  ma  molti  altri  ancora, 
che  non  fono  di  quella  profefsione.Et  nafce,che  la  fa- 
cilità del  buono,quando  fi  guarda,non  e  afpra  a  gli  oc 
chi  per  moftrarii  difficile  a  non  eflere  intefa,  ma  non  è 
mirabile  &  diletteuole  nella  dolcezza,per  eflere  facilif 
{ima  a  intenderlatcome  auuenne  a  Deiiderio,che  nella 
femplicità  fua  fu  tale,che  con  la  grazia  diuina  operò  le 
fue  cofe.  Dicono  a!cuni,che  Defideno  fu  da  Settigna 
no  luogo  vicino  a  Fiorenza  due  miglia  :  alcuni  altri  Io 
tengono  Fiorentino  ma  quefto  rilieua  nulla, per  effe- 
re  fi  poca  diftanza  da  l'un'  luogo  a  l'altro .  Fu  coftui 
imitatore  della  maniera  di  Donato,  quantunque  da  la 
natura  aueife  egli  grazia  grandifsima  &  leggiadria  nel 
le  tefte  ;  Et  veggono*  l'arie  fue ,  di  femmine  &  di  fan- 
ciulli,con  delicata,  dolce ,  &  vezzofi  maniera  aiutate 
tanto  dilla  naturarne  inclinato  a  quello  lo  aueua.qua 
tu  era  ancora  da  lui  efercitato  l'ingegno  dall'arte,Fece 
nella  fua  giouanezza  il  bafàmento  del  Dauid  di  Dona 
to  3  eh'  è  in  palazzo  de'  Signori  in  Fiorenza ,  nel  quale 


DESIDERIO.  435 

Defiderio  fece  di  marmo  alcune  Arpie  bellifsime ,  & 
alcuni  viticci  di  bronzo  molto  graziofi  &  bene  intefi, 
&  nella  facciata  della  cafa  de'Gianfigliazzi  vn'  arme 
grande  con  vn'  lione,bellifsima5&  altre  cofè  di  pietra, 
lequali  fono  in  detta  città.  Fece  nel  Carmine  alla  cap- 
pella de  Brancacci  vno  agnolo  di  legno:&  in  San  Lo- 
renzo fini  di  marmo  la  cappella  del  Sacramento5iaqua 
le  egli  con  molta  diligenza  condufle  a  perfezione . 
Erauivn  fanciullo  di  marmo  tondoilqualfu  Iellato, 
&  o°-gi  fi  mette  fu  lo  altare  per  le  fede  della  Natiuità 
di  christo,  cola  mirabile  codificata;  In  cabio  del 
quale  ne  fece  vn'altroB  accio  da  monte  lvpo, 
di  marmo  pure,  che  fta  continouamente  fbpra  il  Ta- 
bernacolo del  Sacramento.In  Santa  Maria  Nouella  fe- 
ce di  marmo  la  fepoltura  della  Beata  Villana.cofa  gar- 
bata^ nelle  monache  delle  Murate  fòpravna  colon- 
na in  vn  tabernacolo  vna  Noflra  donna  piccola  di  \eg 
giadra  &  graziata  maniera ,  onde  l'una  &  l'altra  cola  è 
in  grandissima  fuma  &  in  bonifsimo  pregio  .  Fece  an- 
cora a  San  Piero  Maggiore  il  tabernacolo  del  Sacrarne 
to  di  marmo,con  la  folita  diligenza .  Et  ancora  che  in 
quello  non  fiano  figure 5e'  vi  fi  vede  però  vna  bella  ma- 
niera &  vna  grazia  infinita ,  come  nell'altre  cofe  fuc .. 
Eglifimilmentcdi  marmo ritrafTe  di  naturale  la  tefta 
della  Manetta  de  gli  Strozzi  ,  laquale  cflendo  bellifsi- 
ma  gli  riufei  molto  eccellente.  Fece  la  fepoltura  di  M. 
Carlo  Marfupini  Aretino  in  fànta  Croce,laquale  non 
folo  in  quel  tempo  fece  ftupire  gli  artefici  &  le  perfò- 
ne  intelligenti,  che  la  guardarono ,  ma  quegli  ancora, 
chealprefcnte  la  veggono,  fé  ne  marauigliano  doue 
egliauendolauoratoinvnacaffa  fogliami  benché  vn 
poco  fpinofi  &  fecchi  per  non  effere  all'ora  feoperte 
molte  antichità  furono  tenuti  cofabellifsima.  Ma  fra 
l'altre  paniche  in  detta  opra  fono,  vi  fi  veggono  alcui 

II     ii 


4}6  PARTE.       II. 

ne  ali,  che  a  vna  nicchia  fanno  ornamento  a  piede!!* 
cafla,che  non  di  marmo,ma  piumofe  fi  moftrano;  cofà 
difficile  a  potere  imitare  nel  marrnOjattefo  eh'  a  i  peli, 
&  alle  piume  non  può  lo  fcarpello  agiugnere  euuidi 
marmo  vna  nicchia  grande  più  viua,chefe  di  oflfo  prò 
prio  folfe.  Sonui  ancora  alcuni  fanciulli  &  alcun'  An- 
geli condotti  con  maniera  bella  Se  viuace;fìmi  Jmente 
è  di  fbmma  bontà  &  di  artificio  il  morto  fu  la  caffa;& 
in  vn'  tondo  vna  Noftra  donna  di  bailo  rilieuo  ,  lauo- 
rato  fecondo  la  maniera  di  Donato,  con°iudicio  & 
con  grazia  mirabilifsima.  Per  il  che  fé  la  morte  Ci  tofto 
non  toglieua  al  mondo  quello  fpirito,che  tanto  egre- 
giamente operò ,aurebbe  fi  per  lo  auenire  con  la  efpe- 
néza  &  con  lo  ftudio  operato,che  vinto  aurebbe  d'ar 
te  tutti  coloro,che  di  grazia  aueua  fupcrati .  Tronco- 
gli  la  morte  il  filo  della  vita  nella  età  di  x  x  v  1 1 1 .anni: 
parche  molto  ne  dolfèatutti  quegli,  che  ftimauano 
aouer  vedere  la  perfezzione  di  tato  ingegno  nella  vec 
chiezza  di  lui. Et  ne  rimafero  più  che  ftorditi,per  tan- 
ta perdita.  Fu  da'  parenti  &  da  molti  amici  accompa- 
gnato nella  chiefa  de  Serui  :  continuando»"  per  molto 
tempo  alla  fepoltura  fua  di  metterfi  infiniti  epigram- 
mi &fonetti.  D^'l  numero  de'  quali  mi  e  badato  met- 
tere /blamente  quefto . 


DESIDERI!  SETTINIANI  VF.NVSTISJ.  SCVL 
PTOR1S,  QJOD  MORTALE  ERA  T,  H  A  C  S  E  R- 
VATVR  VRNA.  PARCAE.  N.  INIQJISJ.  FACTI 
POENITENTIA  DVCTAE;  ID  LACHRIM1J 
NON  ARABVM,  SED  CHARITVM;  SVI  INCOM 
PARABILIS  ALVMNI  DESIDERIO  ACERBISS. 
FATA    DEFLENTIVMj    AETERNITATI.       D   D, 


^DESIDERIO.  437 

Come  uìde  natura 

Dar  DESIDERIO  a' freddi  marmi  Ulta} 

Et  poter  la /cultura 

agguagliar/ita  bellezza  alma  e  infinita-, 

Si  fermo  sbigottita: 

Et  dt/fe  ormai  farà  miagloria  o/cura. 

Et  piena  et  alto  sdegno 

Tronco  la  una  a  quel  felice  ingegno* 

Ma  m  uan  :  Perche  ifuot  Marmi 

Viueranfemprc^  unteranno  i  Carmi. 

Furono  le  (culture  fue  fatte  nel  mcccclxxxv, 
Lafciò  abbozzata  vna  Santa  Maria  Maddelena  in  pe- 
nitenzia,  la  quale  fu  poi  finita  da  Benedetto  da  Maia- 
no,laquale  è  in  Santa  Trinità  di  Fiorenza3entrando  in 
chiefà  a  man  delirai  Belli/sima  quanto  più  dir  fi  poflfa. 

MINO  SCVLTORE 

DA   FIESOLE. 

||  Vando  gli  artefici  noflri  non  cerca- 
no altro  nelle  opere  eh'  e'fanno,che 
imitare  la  maniera  del"  loro  maeftro, 
o  daltro  eccellente ,  che  gli  piaccia  il 
modo  di  quello  operare  o  nelPattitu 
dini  delle  figure  o  nell'arie  delle  ve- 
fìe,onel  piegbeggiare  de  panni  ;  & 
Audiano  quelle  foiamente:fe  bene  co'l  tempo  &  con 
lo  Audio  le  contraffanno  fimili,  non  poffono  arriuare 
con  quefto  folo.,a  la  perfezzione  dellartejauuenga  che 
manifefhfsimamentefivede,  che  rare  voltefipafsia 
ehi  fi  camma  dietro:perche  la  imitazione  della  natura 

II     ni 


4$ 


PARTE;    II. 


è  ferma  nella  maniera  di  quello  artefice  che  ha  fatto  la 
lunga  pratica,  cimentare  maniera,  conciò  fia  che  l'imi 
tazione  è  vna  ferma  arte  di  fare  apUnto  quel'che  tu  fai, 
come  fta  il  più  bello  delle  coie  della  natura  pigliando- 
la fchietta  fenza  la  maniera  del  tuo  maeftro  ò  daltri  ;  ì 
quali  ancora  eglino ridulTono  in  manierale  cote  che 
tolfono  da  la  natura .  E  fc  ben'pare  che  le  cofe  delli  ar- 
tefici eccellenti  fiano  cofe  naturali  over  fimili;nó  è"  che 
mai  fipolTa  vfar!  tanta  diligenzia  che  fi  fiicci  tanto  fimi 
le  che  elle  fieno  ccrn  efla  natura:  ne  ancora  fceglicndo 
le  migliori  3  fi  polla  fare  compofizion'di  corpo  tanto 
perfetto  che  la  arte  la  trapafsi .  E  fé  quefto  è  adunque 
le  cofe  tolte  da  lei  per  fare  le  pitture  6V  le  fati  ture  per 
fette  rimanendoci  perla  maniera  imperfettione  chiftu 
dia  flrettamente le  maniere  degli  artefici  &  non  i  cor- 
pi ò  le  cofe  naturali  è  neceflario  che  facci  l'opere  fue& 
men'Kuone  della  natura  &  da  chi  fitola  manierala 
onde  s'è  vitto  molti  denoftri  artefici  non  hauere  volti 
to  ftudiare  altro  che  le  opere  de  loro  maeftri  8c  lafcia- 
to  da  parte  la  natura ,  de  quali  né  auenuto  che  non  le 
anno  apprefe  del  tutto  &  non  paffatoil  maeitro  loro 
ma  hanno  fatto  ingiuria  grandissima  all'ingegno  che 
gli  hanno  hauuto  che  s'eglino  aueisino  ftudiato  la  ma 
niera  &  le  cofe  naturali  arebbon'fatto  maggior  frutti 
nelle  opere  loro  che  è  non  feciono .  Come  interuenne 
lopcredi  Mino  fcultore  da  Fiefole.llquale  haueua  l'in 
gegno  atto  vi  fiir  quel  che  e'  voleua  inuaghito  della  ma 
niera  di  Defìderio  daScttignano  fuo  maeftro  perla 
bella  gratia  che  daua  alle  tede  delle  femmine  &  de  put 
ti  &  d'ogni  flia  figura  parendoli  al  fuo  giuditio  me- 
glio della  natura  efercito  &  andò  dreto  a  quella  aban- 
donando  ottenendo  cofa  inutile  le  naturali  onde  fu 
più  gradato  che  fondato  inel'ai  te ,  nel  monte  di  Fiefò 
le  già  citta  antichi/sima  vicino  a  Fiorenza  nacque  Mi-* 


MINO  429 

no  di  Giouanni  {cultore  il  quale  poftoa  lane  dello 
fquadrar  le  pietre  conDefiderio  da  Settignano  è  gioua 
ne  eccellente  nella  {cultura  che  inclinato  à  quel  meftie 
yo  imparò  mentre  lauoraua  le  pietre  {quadrate  à  far  di 
terra  figure  óVconduffe  alcune  cofe  di  baffo  relieuo  ri 
tratte  dalle  cofe  che  haueua  fatte  di  marmo  Defìderio 
fi  limili  che  egli  vedendolo  volto  à  far  profìtto  inquel 
la  arte  lo  tirò  innanzi  &  lo  meife  à  lauorare  di  marmo 
(opra  le  caie  {uè  lequali  con  vna  offeruanza  grandifti- 
ma  cercaua  di  mantenere  la  bozza  di  {otto  ne  molto 
tempo  andò  feguitando  ch'egli  fi  fece  toflài  pratico  in 
quel  meftiero  del  che  fé  ne  {òdisfaceua  defiderio  infi- 
nitamente ma  più  Mino  dell'amoreuolczza  diluive- 
dedolo  continuo  a  iniegnarli  &  à  infirmilo  che  e'  fi  di 
fendevi  da  gli  errori  che  fi  poflonofarein  quell'arte 
&  in  mentre  ch'egli  era  per  venire  inquella  profefsio- 
ne  eccellente  ;  la  difgratia  fua  volle  che  Defiderio  paf. 
fàfsi  a  miglior  vita ,  la  qual'perdita  fu  di  grandifiimo 
danno  a  Mino  ilquale  comediiperato  fi  parti  da  Fio- 
renza &  fé  ne  andò  a  Roma  &  aiuto  à  maefìri  che  lauo 
rauano  al'hora  opere  di  marmo,  &  fepolture  di  Cardi 
nali  che  andorono  in  San  Pietro  diRoma  lequali  fono 
oggi  ite  per  terra,  perla  nuoua  fabbrica  tal  che  fu  co- 
nofciutopermaeftro  molto  prattico&  {ufficiente  8c 
gli  fu  fatto  fare  da  vn  Cardinale  che  li  piaceua  la  fua 
maniera  laltare  di  marmo  doue  è  il  corpo  di  San  Giro 
lamo  nella  Chicfa  di  Santa  Maria  Maggiore  con  hifto 
rie  di  baffo  nlieuo  della  vita  fua  le  quali  egli  condii ffe 
3  perfettione  ;  Auenne  che  Papa  Paulo  1 1.  Venetiano 
faceua  fare  il  fuo  Palazzo  a  San  Marco  che  vi  fi  adope 
rò  molto  &  cofiil  Papa  fi  mori  inquel  tempo,  &  Mino 
trouandofi  a  fuoi  feruigii  gli  fu  fatto  alogatione  della 
fuafepoltutadellaquale  egli  penò  duo' anni  &  al  fine 
la  menò  in  San  Pietro  che  fu  allora  tenuta  la  più  riccha 


440  FABTB       II. 

fèpolturachc  filisi  fiata  fitta  di  ornamenti  &  di  figu- 
re a  pontefice  nefluno  :  laquale  da  Bramante  fu  me- 
fa  in  terra  nella  rouinadi  San  Piero  &  quiui  flette' 
fotterrata  fra  i  calcinacci  parecchi  anni  Se  hor  nel 
MDXivii.  fu  fatta  rimurare  d'alcuni  Venetianiin  Sa 
Piero  nel  vecchio  in  vna  pariete  vicino  alla  cappella 
di  Papa  Innocenzo.  &  fé  bene  alcuni  credono  che  tal 
fepolturafia  di  mano  di  Minodel  Reame  ancorché 
fufsino  quafi  a  vn  tempoja  me  pare  alla  manieraci  ma 
no  di  Mino  da  Fiefole.Ma  per  tornare  a  lui3acquirtato 
che  gli  ebbe  nome;,  in  Roma  pertai'fepoltura&  perle 
opere  che  egli  auefta  fatte  non  irte  molto  cn  egli  eoa 
buon  numero  di  danari  auanzati,a  Fiefole  fé  ne  ritor- 
nò &  tolfe  donna.  Ne  molto  tempo  andò  eh' egli  per 
feruigio  delle  donne  delle  murate  fece  vn  taberna- 
colo di  marmo  di  mezzo  rilieuo  per  tenerui  il  Sacra- 
mento:il  quale  fu  da  lui  con  tutta  quella  diligenza  eh! 
e' fàpeua  condotto  a  perfezzione.   Ilqualenonaueua 
ancora  murato  che  intefo  le  monache  di  Santo  Am- 
bì  uogio  che  eranodefìderofè  di  far  fare  vn"  ornameto 
fonile  nella  inuenzione  ma  più  ricco  d'oFnamétoper 
tenerui  dentro  lareliquja  del  miracolo  che  fu  del  Sa- 
cramento in  quel  luogo  de  frammenti  rimarti  nel  cali- 
ce da  quell'  loro  cappellano  che  diceua  la  rneflà  lafciati 
da  lui  in  auertentemente  che  diuentoron  carne;MinQ 
li  fece  vnopera  molto  finita  &lauorata  con  diligenza^ 
che  fatisfuteda  lui  quelle  donn?  gli  diedono  tutto 
quello  eh' e'  dimandò  per  prezzo  di  queH'opera:&  cofi 
poco  di  poi  prefè  a  fare  vna  tauoletta  con  figure  d:una 
Nortra  donna  cól  figliuolo  in  braccio,  meÌJà  inmezo 
da  San  Lorenzo  &  da  San  Lionardo  di  mezo  rilieuo 
che  doueua  feruire per  i  preti  ò  capitolo  di  San  Loren 
zo  ad  inrtanzia  di  M.D-ietefalui  Neroni  ;  Ma  è  rimafta 
nella  fagreftja  della  Badia  di  Firenzc.Eta  que'  monaci 

fece 


MINO    DA    FIESOLE.  44I 

fece  vn  tondo  di  marmo,drentoui  vnaNofìra  donna 
di  rilieuo  col  fuo  figliuolo  in  collo,qual  pofono  (opra 
la  porta  principale  che  entra  in  chiefa,ilquale  piacen- 
do molto  a  l'uniuerfale,fu  fattogli  allogazione  di  vna 
fepoltura  perii  Magnifico  M.  Bernardo caualiere  di 
Giugni,  ilquale  per  eflere  flato  perfona  onoreuole  & 
molto  ftimatauneritò  quefta  memoria  da'  Tuoi  fratelli. 
Condufle  Mino  in  quella  fepoltura,  oltre  alla  cafla  & 
il  morto  che  fono  affai  belli  vna  giufb*zia,laqualeimfra 
la  maniera  di  Defiderio  molto,fe  non  auefsi  i  panni  di 
quella  vn  poco  tritati  dalla  maniera  dello  intaglio.  La 
quale  opera  fu  cagione  che  l'abate  di  quel'luogo  & 
fuoi  monaci  che  aueuano  il  corpo  del  Conte  Vgo  fi- 
gliuolo del  Marchefe  Vberto  di  Madeborgo ,  ilquale 
lafciò  a  quella  badia  molte  facilità  &  priuilegii,  &  co- 
me defiderofi  onorallo  il  piuch' e'poteuano  feciono 
fare  a  Mino  di  marmo  di  Carrara  vna  fepoltura,che  fu 
la  più  bella  opera  che  Mino  faceflfe  mairperche  ne  alcu 
ni  putti  che  tengonoll'arme  di  quel  Contenne  ftanno 
molto  arditamente  &  con  vna  fanciullefca  grazia,  ol- 
tre alla  figura  del  Conte  morto  eh' egli  feceinful'la 
cafla  &  in  mezzo  fopra  la  bara  nella  faccia  vna  figura 
d'una  Charità,  con  que  fuoi  putti  lauorata  molto  dili 
^cte,  &  accordata  infieme  molto  bene,  fimile  vna  No 
Ara  donna  nel'  mezzo  tondo  col'  putto  in  collo;imita- 
do  la  maniera  di  Defiderio  più  eh'  e'  poteua,  &  fé  egli 
aueffe  aiutato  il  far  fuo  con  le  cofe  viue  ch'egli  li  auef 
fi  ftudiatemon  è  dubio  che  egli  arebbe  fatto  grandifsì 
mo  profitto  nel'arte.  Coflò  quefla  fepoltura  a  tutte 
fue  fpefe  lire  1600.  &  la  fini  nel  M  e  e  e  e  l  x  x  x  i.  della 
quale  aquiftò  molto  onore,&  per  queflo  gli  fu  alloga 
to  a  fare  nel'  Vefcouado  di  Fiefole  1  vna  cappella  vici- 
na alla  maggiore  a  man'  dritta falcndo  credo  doueil 
facramento  vnaltra  fepoltura  per  il  Vefcouo  Lionar- 

KK 


442.  PARTE.       II. 

do  Salutato  da  Pefcia  Vcfcouo  di  detto  luogo ,  nella 
quale  egli  vi  fece  il  fuo  ritratto  in  pontificale  che  lo 
fomiglio  molto^cV  di  quella  ne  cofegui  medefima  lau- 
de che  nelle  altre  fatto  aueua .  Auenne  che  vn  giorno 
Mino  volcdo  muoucre  certe  pietre  Ci  affaticò  più  che 
il  folito  non  auendo  molti  aiuti,  &  cofi  prefe  vna  cal- 
da :&  perche  non  vi  rimediò  colcauarfi  fàngue  egli 
palfo  di  quella  ad  vnaltra  vita ,  Dolendo  a  fuoi  amici 
che rimafono  perla  perdita  fua  fconfolati molti  meu* 
per  eflere  egli  molto  grato  nella  conuerfazione,&  co- 
fi nella  chiefa  della  Calonaca  di  Fiefolegli  diedono 
fepoltura  l'anno  u  e  e  e  e  l  x  x  x  v  i.  Et  fu  per  memoria 
&  onore  di  lui,non  dopo  molto  fpazio  di  tempo  fatto 
li  quello  epitaffio. 

Vefìderando  al  pan 
Vi  Vefiderio  andar  nella  beila  arte, 
1         Mi  trottai  tra  cju€  rari 

*A  cut  uogliefibeìle  il  Cielo  comparte. 


ERCOLE   FERRA 

RESE   PITTORE. 

Ncora  che  fioriflero  in  Tofcana  db 
gni  tempo  gli  ingegni  marauiglio- 
fa mente  nelle  pitture  ;  nondime- 
no ne  l'altre  prouincie  d'Italia ,  che 
quello  intendeuano ,  fi  veniua  a  ri- 
fuegliare  sepre  qualche  perfòna,  che 
faceua  l'arte  in  que  luoghi  tenere  ec 
celiente .  Et  -certamente  doue  non  fono  gli  ftudii3  & 


ERCOLE   FERRARESE. 


44* 


glihuomìni  per  vfanza  inclinati  ad  imparare  ;  no  po£ 
fono  le  genti  ne  cofi  toflo  ne  cofi  lodate  diuenire .  Ma 
quando  in  tali  città  diticngono  alcuni  eccellenti;  fono 
da  que  popoli  ammirati,&  flimathper  la  poca  quanti- 
tà, che  il  paefe  loro  ne  produce  :  come  fu  veramente 
ammirato  &  tenuto  eccellente  Ercole  da  Ferrara  pit- 
tore ,  che  fu  creato  di  Lorenzo  Coffa ,  il  quale  Coflà 
fu  ne  fuoi  tempi  molto  (limato  ,&  infinite  opere  fe- 
ce &  in  Ferrara ,  &  per  tutta  la  Lombardia  -,  &  in  Bo- 
logna mafsimamente  ;  doue  chiamato  da  M.  Gio- 
vanni Bentiuogli3dipinfe  molte  camere  &  molte  fà- 
lenel  palazzo  di  quello;  de  le  quali  per  effere  fiate 
poirouinate,  non  accade  altrimenti  dire  ;  &  la  cap- 
pella ancora  in  San  Iacopo  con  duoi  trionfi  tenuti 
all'ora in  quella  città  vna  cora  molto  eccellente.  La- 
uorò  ancora  in  Rauenna,  nella  chiefa  di  San' Do- 
menico ,  la  tauola  a  tempera  ;  &  la  cappella  di  San  Ba- 
fìiano  a  frefeo  :  &  in  Ferrara  fu  a  patria  il  coro  di  San 
L>omenico  a  frefeo  pure  ;  &  molte  altre  opere  a  tempe 
ra  che  non  fono  da  farne  memoria.  Et  nella  Mifericor 
dia  di  Bologna  fece  alcune  pitture.  Ma  particularmen 
te  inSanGiouanni  in  monte  di  quella  città  fece  vna 
tauola  con  vnaNoflra  donna  &  certi  Santi  d'intorno; 
che  fu  finita  da  lui  l'anno  m  c  c  c  c  i  i  i  c.  Et  cosi  in  San 
Petronio  in  vna  cappella ,  vna  tauola  a  tempera  che  fi 
conofee  a  la  maniera  ;  con  vna  predella  fotto  di  figure 
piccol  e,fatte  con  gran  diligenzia.  Al  Coffa  dunque, 
menti  e  che  egli  era  in  cotanto  credito ,  fida  alcuni 
Ferravefi  dato  a  imparare  i  modi  della  arte  il  predetto 
Ercole  molto  giouane  all'ora  modeflo,&  di  acuto  in- 
gegnosi quale,  per  venire  a  quel  grado  che  e  più  bra^ 
maua  fludiando  continouamente  il  di  &  la  notte,paf- 
foinbrieue  tempo  il  maeftro  quanto  al  difcgno;ma 
per  la  reuerenzia  che  gli  portaua,non  fi  volfe  però  per 


444  parte     ir. 

quefto  partire  da  lui,  ma  continoli  ò  nel  feruizio  Tuo  fi 
no  a  la  morte  di  elfo  Colia,  con  fatiche  &  di  (agi  quali 
incredibiii.Venuta  la  morte  del  Tuo  maeftro,  che  lauo 
raua  all'ora  la  cappella  de' Garganelli  in  San  Pietro  di 
Bologna,fù  ricercato  da'! padrone  di  quello ,  fé  li  baila 
uà  l'animo  di  còdurla  a  quella  perfczzione,che'l  Cof- 
fa aueuadifegnato  .  Per  il  che  Ercole  conbonilsimo 
animo  la  prefe;&  fi  conuennero  infieme  di  dargli  quat 
tro  ducati  il  mefe,&  la  fpefa  per  lui  &  per  vn'  iuo  gar- 
zone,&  i  colori,  che  in  tale  opera  aueuano  a  porfi .  La 
onde  Ercole  meflofi  a  gara  con  l'opera, che  il  Coffa  a- 
ueua  fatta  nella  volta,  la  palio  grandemente  di  dilegno 
di  colorito,&  d'inuenzione.  Egli  figurò  in  vna  parete 
lacrocififsionedi  christo;  cofa  che  è  molto  pie 
na  &  bclla:doue  fi  vede  figurato  da  lui  oltra  il  chri- 
sto che  già  è  morto,  il  tumulto  de' Giudei  venuti  a 
vedere  il  Mefsia  in  croce:&  tra  quelli  vna  diuerfità  di 
tette  grandifsimajauendo  egli  ftudiofifsimamentecer 
cato ,  di  farle  tanto  differenti  l'una  da  l'altra ,  che  elle 
nonfilbmiglino  in  cola  alcuna  .  Et  ve  ne  fece  ve- 
ramente qualch'vna  che  feoppiado  di  dolore  nel  pian- 
to, affai  chiaramente  dimoftra  quanto  e  cercaffe  imi- 
tare il  vero.  Euui  lo  fuenimento  della  Madonna  che  e 
pietofifsimo;  ma  molto  più  compafsioneuole  lo  aiuto 
delle  Marie  in  verfo  di  quella;per  vederli  ne'loro  afpet 
ti  tanto  dolore,  quanto  è  appena  pofsibile  imaginarfì 
nel  morire  la  più  cara  cofa  che  tu  abbia;  &  Ilare  in  per 
dita  della  feconda.Ma  tra  l'altre  colè  notabili  che  vi  fo 
noè  vn' Longino  a  cauallo  in  fu  vna  befìia  fecca  in 
ileorto,  che  ha  rilieuo  grandilsimo:&  in  lui  fi  conofee 
la  impietà  nello  aucre  aperto  il  lato  di  cjhristo,& 
lapeniterazia&  conuerzione  nel  trouarfirallumina- 
to.  Similmente  in  iìrana  attitudine  figurò  alcuni  fòl- 
dati3che  fi  giuocano  la  velie  di  christo,  con  modi 


ERCOLE   FERRARESE.  445 

bizarrì  di  volti3&  abbigliamenti  nel  doflfo,  Sonui  figu 
re  inhnite3&  1  ladroni  in  croce  legati  3 &  que'  fbldati, 
die  rompono  loro  le  gamberi  quali  di  attitudini  &  for 
za,non  fi  pofTono  quafi  far'  mcglio;&  moftrano  come 
egli  aucua  intelligenza  ,  cercando  le  fatiche  dell'arte. 
Fece  ancora  nella  parete  dirimpetto  a  quella  il  tranfi- 
to  di  Noftra  donnajlaquale  e  da  gli  Apolidi  circonda 
ta,con  attitudini  bellifsimejfra  lcquali  ùcc  fei  perfone 
ritratte  di  naturale  tanto  bene ,  che  quegli  3  che  le  co- 
nobbero3arrermano  che  elle  fono  viuifsime.  Ritraffe 
in  tale  opra  le  medefimo&il  padrone  della  cappella; 
il  quale  per  lo  amore3che  gli  portò,&  per  la  fama ,  che 
di  tale  opra  confegui ,  finita  eh'  ella  fu  ,  gli  donò  mille 
lire  di  Bolognini.  Dicono  che  Ercole  flette  x  1 1.  anni 
a  finir  tale  opra  ;  fette  a  condurla  in  frefeo  ;  &  cinque 
per  ritoccarla  a  fecco.  Dicono  che  Ercole  nel  lauoro 
era  molto  fantaftico,perche  quando  e  lauoraua  aueua 
cura3che  nciTuno  pittore  ne  altri  lo  vedeffe .  Era  mol- 
to odiatola  1  pittori  Bolognefi  ,  i  quali  a  foreftieri 
Tempre  per  la  inuidia,chea  eCsi  hanno  auuto,porta- 
rono  odio3&  più  eh'  infinita  nelle  concorrenze  fra  lo- 
ro perche  s'accordarono  con  vn  legnaiuolo  alcuni  pit 
tori3&  in  chieia  fi  rinchiufero  vicino  alla  cappclla.che 
egli  ficeua  ;  &  la  notte  in  quella  entrarono  per  forza; 
onde  gli  videro  l'opera;  6V  gli  rubarono  tutti  i  cartoni 
gli  fchizzi,  &i  difegni  .  Per  laqualcofa  Ercole  fi  (de- 
gnò di  maniera,  che  finita  tale  opera  3  difegnò  partirli 
di  Bologna,  &ifuiare  di  quella  città  il  dvca  ta- 
Gliapietra  fcultore,ch'  era  cosi  nominatoli!  qua 
le  in  detta  opera,che  Ercole  dipinfe ,  intagliò  di  mar- 
mo bellifsimi  fogliami  nel  parapetto  dinanzi  a  ella 
cappella  ;&  in  Ferrara  fece  tutte  le  finefìredi  pietra 
nel  palazzo  del  Duca,chcfono  bellifsime.Laonde  già 
venutogli  a  falcidio  lo  lìar  fuori  di  cala  ,  egli  a  Ferrara 

KK     i  i  i 


44^  PARTE.       IT. 

fé  ne  tornò  in  compagnia  di  colui .  Et  fece  per  quella 
città  dell'altre  opere  fenza  numero .  Era  Ercole  per- 
fona5a  cui  molto  piaceua  il  vino;&  fpeffo  inebriando- 
fi  fu  cagione  di  accortarfi  la  vita,  laquale  condufTe  li- 
bera Tenia  alcun  male  fino  a  gli  anni  x  x  x  x  .  Poi  gli 
cadde  vn  giorno  la  gocciola  di  maniera,  che  in  poche 
ore  gli  tolfe  la  vita .  Et  da  vno  amico3non  molto  do- 
porgli  fu  fatto  quefto  epitaffio . 

HERCVLES    FERRARIEN. 

Ingerìmmftot  acre  mihi-flmìlesquc figurai. 
Natura  effinxtt  nemo  colore  magif. 

LafciÒGViDO  bolognese  Pittore iuo creato; ri 
quale  lotto  il  portico  di  S.  Piero  a  Bologna  fece  a  fre- 
feo  vn  Crocififlb ,  col  Ladroni ,  Caualli,Soldati ,  8c 
con  le  Marie.  Et  perche  egli  defideraua  fòmmamentc 
di  venire  (limato  in  quella  città  come  il  fuo  maeftro, 
fìudio  tanto  &  fi  fottomifè  a  tanti  difagi  ;  che  e'  fi  mo- 
ri di  x  x  x  v.  anni.  Et  fc  e  fi  ruffe  meifo  a  imparar'  la  a? 
te  da  fanciullezza  ,  come  e'  vi  fi  mife  di  anni  x  v  1 1 1.  lo 
arebbe  egli  non  folamente  arriuato  lenza  molta  fati- 
canna  paifatolo  ancora  di  gran'  lunga. 


■ 


M7 


IACOPO,    GIOVAN- 
NI, ET   GENTILE   BEL- 
LINI,   PITTORI 

VENIZIANI. 


E  cole  radicate  nella  virtù  ,  ancori 
che  il  fondaméto  fia  baffo  &  vile;  fòr 
montano  femprein  altezza  di  mano 
in  mano  :  Et  fino  a  che  elle  non  fono 
arriuate  in  altifsima  fublimità,  non  Ci 
arredano  opolTan'mai;  Si  come  chia 
ramentepotè  vederli  nel  debile  ,& 
baffo  principio  della  cala  de'  Bellini;  &  nella  gagliarda 
&  alta  eccellenza  doue  è  falirono  con  la  pittura.  Con- 
ciofia  che  Iacopo  Bellini  Pittore  Veneziano;  concor- 
rente di  quel  Domenico  che  infegnò  il  colorire  ado- 
lio  ad  Andrea  da'!  Caitagno:ancora  che  molto  fi  aitaci 
calle  pervenire  eccellente  nella  arte;nort  acquiftò  pe- 
rò nome  in  quella,fe  non  dopo  la  partita  di  elfo  Dome 
nico.Ma  poi  ritrouandouifi  vnico  ,  cioè  fenza  alcuno 
che  lo  pareggiaflc;acquiftan.do  credito  &  fama;  defide 
ròdi  venire  maggiore.Et  per  quello  con  ogni  fludio 
&  folìecitudine  attendendo  al  meli  iero;cominciò  a  far 
fi  lume  per  fé  medefimo:  &  la  fortuna  a  fargli  fauore; 
&aprouedergli  gagliardo  aiuto  :  ciò  è  due  figliuoli, 
Giouanni  &  Gentile  .  A'  quali,poi  che  e  furono  cre- 
feiuti  in  età  conueniente ,  infegnò  egli  fteiìb  con  ogni 
acuratezza  i  principii  del  difegnio.Etnon  pafsò  mol- 
to, che  l'uno  &  l'altro  auanzorono  di  gran  lunga  il  pa 
dre,il  quale  con  ogni  follecitudine  attendeua  ad  inani 
*riirgli;accio che  cofi  cornei Tofcani  tra lor  medefimi 


448  *  A  R,  T  E      IL 

portauano  il  vato  del  vincerli  l'un  l'altro  fecondo  che 
e  veniuono  a' la  arte  di  mano  in  mano;cofi  auefle  Gio 
uanni  a  vincer  lui;&  Gentile  poi  l'uno  &l'altro.Furo- 
no  le  prime  cofe  che  diedono  più  fama  a  Iacopo  per 
eli  aiuti  de  figliuoli  vna  floria  che  alcuni  dicono  che  e 
nella  fcuola  di  S  .  Giouanni  Vangehfta;doue  fono  le 
ftorie  della  Croce.  Lequali  furono  dipinte  da  loro  in 
tela  ,  per  auere  del  continuo  coftumato  quella  città  di 
far  lauorare  in  quella  maniera .  Dilettofsi  Iacopo  di  la 
uorare  egli  folo,&  dentro  &  fuori  di  Vinegia;  con  te- 
nere accefi  allo  ftudio  delle  difficultà  della  pittura  nel 
colorire  &  Giouanni  &  Gentile  :  il  che  feciero  amen- 
due  di  manierarne  dopo  la  morte  del  padre,  lauora- 
rono  in  compagnia  molte  cofe  lodate.  Et  cofi  fucceffe 
miglior  fortuna  nellarte  a  Giouani,il  quale  dotato  dal 
la  natura  d'ingegnio,&  di  memoria  migliorejdiuennc 
&  più  pratico,  &  di  maggiore  intelligenzia  ,  &  di  più 
giudizio,che  non  fu  Gentile.Auendo  acquifbto  Gio 
uanni  credito  &  nome  grandifsimo  da  auer  ritratto  di 
naturale  molte  perfone:&  fra  gli  altri  vn  Doge  di 
quella  città  che  dicono  efTere  ftato  da  caLoredano.  Il 
ritratto  del  quale  fu  per  la  amicizia  prefa  co  effo  cagio 
ne  che  è  faceffe  per  fuo  mezo  nella  chiefa  di  San  Gio- 
uanni &  Pauolo  (a  cappella  di  San  Tommafo  d'Aqui- 
no;per  laquale  opera, reputata  certo  bellifsima,fu  egli 
tenuto  in  quel  grado ,  che  maggior  fi  poteua  in  quel- 
la profefsione.Et  non  andò  molto,che  e'  fu  ricerco  da 
far  vna  tauola  in  Canaregio  nella  chiefa  di  Sa  Giobbo 
doue  egli  fece  dentro  vna  Noflra  donna,co  molti  San 
ti;chc  fempre  gli  ha  mantenuto  quello  ifteflb  nome  di 
celebrato,che  egli  fi  aquifìò  in  quella  città .  Spartofi 
dunque  il  nome  fuo  per  quel  paefè,erano  con  pneghi 
ìntercefTe  lopere  da  lui  &  con  mezi  grandijcome  fu  la 
tauola  che  e  oggi  in  Pefaro  difua  mano  in  San  Fran- 

cefeoj 


Bellini.  449 

cefco,  che  fu  tenuta  per  vn  tempo  coià  molto  ecceller* 
te:per  vederfi  dentro  a  quella  vna  pulitczza3&  vna  di- 
ligenzia  ftraordinaria.Fcce  nella  chiefa  di  San  Zacha- 
riadoue  Hanno  le  Monachella  coppella  di  San  Giro- 
lamo vna  tauola,che  vi  è  dentro  variati  Santi  in  torno 
alla  Noftra  donna ,  doue  è  vfato  ingegno  &  giudizio 
in  vn'  cafamento  che  ve  dentro,&  coli  nelle  figurc;La 
quale  fa  lodata  grandemente  da  gli  artefici ,  &  gentili 
huomini  di  quella  citta .  Egli  ancora  nella  fagreftia  de* 
frati  minori,  detta  la  ca  grande  ne  fece  vnaltra  3  che  di 
affai  bella  maniera  &  co  bonifsimo  difegno  fu  condoc 
ta.A  San  Michele  poi  di  Murano  lauorò  vnaltra  tauo 
la3&  a  S.Fracefco  della  Vigna5doue  fìano  frati  del  zoc 
colo,nella  chiefa  vecchia  pofe  vn  quadro  di  vn  e  hri 
sto  morto  ;  la  fama  delquale  fi  diuulgò  talmente,  che. 
Lodouico  XI.  Re  di  Francia  inuaghito  del  fuo  no- 
merò mandò  a  chiedere  a  quella  città  ;  dallàquale  con 
difficultà  gli  fu  concedo  ;  &  in  luogo  di  quello  ve  ne 
fu  meifo  vn'altro  lotto  il  nome  di  Giouan  Bellino  5iL 
quale  non  fu  fi  leggiadro  ne  fi  ben  condotto  quanto 
quello.  Perche  fi  tiene,  che  vn  Girolamo  mo- 
cetto  fuo  creato  vi  lauoraffefòpraj  fendo  la  diffe- 
renza dal  primo  tanto  diuerfamente  condotta.  Fece 
ancora  nella  confraternità  di  San  Girolamo  vna  opera 
che  ve  dentro  figure  piccole  molto  lodata:La  onde  ve 
mite  in  confiderazione  lopere  di  Giouanni,  fra  i  Gen 
tilhuomini  di  quella  città ,  la  volfero  crefeeredi  orna- 
mento^ propoflo  nel  Senato  di  far  dipignere  a  Gio- 
uanni la  fala  del  gran  configlio  per  l'eccellenza  fuafu 
vinto  il  partito  lenza  contela  alcuna.Et  cofi  ordinaro- 
no che  egli  cominciaffe  quellopera:&  dentro  vi  facef- 
fei  fatti  più  notabili  della  Repub.  Veniziana.  Onde 
egli  vi  lauorò  molte  ftorie  in  copagnia  di  Gentile  più 
di  lui  giouan  e,  fra  le  quali  dipinfe  vna  armata  di  galee, 


4$0  FARTB      li. 

che  sbarcano  alla  piazza  di  San  Marco  ;  doue  tirò  in 
profpettiua  !a  chiefa,le  caie ,  e'1  palazzo ,  &  la  piazza, 
con  infinito  numero  di  popolo  in  proceisione,co  gra- 
zia &  con  buona  maniera  condotte,  lequali  gli  fecero 
onore  &  vtile  grandifsimo .  Egli  vi  dipinte  ancora  vn' 
altra  ftoria  ,  lauorata  con  diligenza  grandifsima  con 
vno  armamento  di  galee,&  vna  battaglia  intricata;  do 
uè  combattono  i  foldati  ;  &  in  effe  diminuì  per  via  di 
profpettiua  le  barche  &  le  figure ,  &  quelle  con  gran- 
difsima ordinanza ,  &  con  bonifsima  maniera  dipinfè 
Quiui  fi  vede  il  furore,la  forzala  difefà,il  ferire  de'fbl 
dati,  &  le  diuerfè  morti ,  che  egli  andò  confiderando; 
doue  non  men  di  quelle  efprefTe  lo  intrigamento  delle 
Galee,del  tritar  lacque  co'  remi;&  la  confufione  delle 
onde ,  &  gli  altri  armamenti  marittimi ,  fatti  con  vna 
arte  certo  grandifsima.Vn'altra  ftoria e  indetto  luogo 
ancora,  nellaquale  è  quando  cauano  il  Papa,  che  era 
fiato  nafcofto  per  cuoco  fuggitofi  in  Vinegia  nel  mo- 
nafterio  della  Carità  ;  doue  fono  molte  figure  ritratte 
di  naturale,&  fimilméte  in  quelle^altre  dette  di  fopra. 
Contrafece  fi  viui  &  proprii  que  cafàmenti,  la  piazza, 
&  palazzo  di  San  Marco,  la  pefcheria,el  macello  ;  che 
meritò  per  quefto  da  la  Signoria  perpetua  prouifione. 
Laonde  auendo  egli  finita  vna  pittura  non  molto  gra 
de,nellaquale  erano  alcuni  ritratti  di  naturale  che  pa- 
reano  viui  ella  fu  portata  in  Turchia  da  vno  Amba- 
{ciadore  a  Maumetto  all'otta  Gra  Turco. Et  fé  ben  tal 
coia  era  proibita  loro  per  la  legge  Maumettana  ella  fu 
pure  di  tanto  fluporc  nel  prefentarla^  che  non  effendo 
vfato  il  Signore  vederne,  gli  parue grandifsimo  magi- 
ftero.Onde  non  iblo  prefe  la  pittura ,  ma  chiefè  loro  il 
maeftro  ,  che  l'aueua  fatta  .  Perche  a  Vjnegia  tornato 
efpofe  al  Senato  qualmente  al  Signore  doucffero  man 
«lare  Giouao  Bcllino.Ma  efsi,c<wne  quegli,che  molto 


BELLINI.  4fl 

ramauano,eflendo  egli  già  in  età,che  male  poteua  fòp 
portare  difagii  j  fi  rifoluerono  di  mandami  Gentile 
fuo  fratello;ilquale  arebbe  fatto  il  medefimo  che  Gio- 
uanni.Et  inoltre  fi  afsicurauano  di  non  perderlo  inte- 
ramente :  &  mafsime  che  egli  fèguitaua  per  il  palazzo 
le  Morie  che  egliaueua  cominciate  nella  fida del  gran 
Configlio.La  onde  meflbfi  Gentile  in  ordine  &  mon- 
tato in  fu  le  Galee,con  onoratifsimaprouifione,  per- 
venne in  Gofkntinopoli  a  faluamento.  Et  prefèntato 
dal  Balio  della  Signoria  a  Maumetto,  fu  veduto  vo- 
lentieri5&  come  cofà  nuoua  molto  accarezzato..  Et 
poi  che  egli  prefentò  a  quel  Principe  vna  vaghifsima 
pittura ,'  fu  ammirato  da  quel  Signore  ;  che  vno  huo- 
mo  mortale  auefle  in  fé  tanta  diuiniti  3  che  egli  efpri- 
mefle  fi  viuamente&  fi  naturale  lecofè  della  natura. 
Ne  vi  dimorò  molto  Gentile,che  egli  ritraife  di  natu- 
rale Maometto  che  pareua  viuifsimojalquale  come  co 
fa  inufitata  pareua  quefto  più  tofto  miracolo ,  che  ar* 
te.Et  inultimo  doppo  lo  auer  veduto  molte  efperienr- 
zie  di  quellarte,  lo  domandò  fé  gli  daua  il  cuore  di  di* 
pigner  fé  medefimo  ;  &  Gentile  rifpofecheperfatis- 
farli  fi  ritrarebbe,&  facilifiimamente .  Ne  pafsò  molti 
giorni  che  ritrattoli  a  vna  fpcra  che  fomigliaua  forte: 
lo  prefentò  al  Signiore .  Il  quale  vedendo  quel  che 
Gentile  faceua  della  pittura  3  ne  rimafe  più  amirato  & 
ftupefatto  che  prima,  per  laqual  cofà  da  fé  fteflonon 
poteua  immaginarfi  che  è  non  aueffe  qualche  fpirto  di 
nino  adoffo  .  Et  fenon  fufsi  flato  che  per  legge  tale 
efercizio  era  proibito,  &  andauane  la  morte  a  chi  ado 
raua  (tatuemon  arebbe  mai  licenziato  Gcntile;anzi  lo 
arebbe  onorato  grandemente ,  &  tenutolo  a  farli  fare 
opere  apprelfo  di  fé .  Vngiorno  lo  fece  venire  a  fe,& 
fattolo  ringraziare  de  lecortefie  vfàte;  &  datoli  lode 
infinite  per  lopere  fatte  dalluijgli  fece  dire  cheèdima- 

LL    ii 


45^  PARTE.      II. 

-dalle  quel'  che  e' volcfle  :  che  ogni  grazia  gli  farebbe 
conceduta.  Ma  Gentile  che  era  modefto  altra  cofà  no 
chiefe  faluo  che  vna  lettera  di  fauorc,chc  al  Serenifsi- 
mo  Senato  della  citta  Tua  lo  raccomandaffe .  Perciò 
Maometto  gli  fece  fare  vna  lettera  di  fauore  molto 
calda  ;.&  fopra  quella  gli  diede  molti  onorati  doni  ;  6c 
appreiìb  lo  fece  Caualicre  con  molti  prcuilegi  ,&H 
pofe  al  collo  vna  catena  lauorata  alla  Turchefca  ,  di 
pefb  di  feudi  250.  doro  :  laquale  ancora  Ci  troua  appref 
io  agli  eredi  fuoi  in  Venezia,&di  più  gliconceffe  im 
muuità  per  tutti  luoghi  del  fuo  imperio,partifsi  Gen- 
tile di  Goftantinopoli  con  grandifsima  allegrezza  ;<& 
ebbe  felicissimo  ritorno  per  il  mar e;&  atiuato  in  Vinc 
già  fu  da  Giouanni  fuo  fratello,  &  da  quafi  tutta  quel 
la  citta;molto  volentieri  veduto  ;■&  vifitato  da  chiun- 
que fecofi  rallegraua  del  grade  onore  diagli  aueuafat 
lo  Maometto  .  Fecefi  vedere  alla  Signoria  ,  laquale; 
aueuagia  obligo  per  gli  onori  che  Giouanni  faceua 
con  le  opere  a  quel  Senato  &  molto  più  a  Gentile.che 
aueua  recato  tanti  onori  di  Leuante  alla  fua  patria.Ec 
prefèntata  la.lettera  fu  cofolato  di  quel  che  chiefe,  che 
tu  vna  prouifione  di  feudi  200.  l'anno  ;  laquale  gli  du- 
rò quanto  la  vita  fua.  Fece  Gentile  doppo  il  fuo  ritor- 
no molte  opere;  ma  particularmente  vnaftoria  nella 
fcuola  di  San  Marco,  di  effo  Euangelifta  ;  &  in  quella 
fece  lo  edifìcio  di  Santa  Sofia  di  Goftantinopoli, oggi 
Mofchea  de  Turchi;è  tirato  in  profpettiua,  cofà  vera 
mente  difficile  6V  bella  per  molte  parti  che  fi  veggono 
che  egli  ha  fatto  feoprire  in  quello  edificio  .-Oltra  che 
egli  htralTe  di  naturale  tutte  le  femmine  che  fono  in 
quella  ftoria,con  gli  abiti  alla  Turchefira,  quali  egli  a- 
ueua  recati  di  Goftantinopoli  ;  &  molte  aconciature 
di  capo  che  fon  tenute  molto  belle.  Et  cofi*  fegukaru- 
db  fece  per  la  città  di  poi  molte  opere  lequali  olerà  alle 


BELLINI.  455 

richezze  die  egli  aucua  aquiftato ,  gli  donoron  fama 
immortale;per  i  buoni  coiìumi,&  la  vita  lodcuole  che 
ecli  tenne  continouamentc.FinalmentCjVicino  già  al- 
la età  di  anni  lx x  x.  pafsò  allaltra  vita;&  da  Giouanni 
fuo  fratello  gli  fu  dato  onorato  fèpolcro  in  San  Gio- 
uanni &  Paulo,  lanno  mdi.  Rimafto  Giouanni  ve- 
douo  di  Gentile  che  fempre  amo  tenerifsimamete;an- 
daua  lauorando  Se  pafTandofi  tempo  ,  ancora  che  egli 
ruffe  vecchio  :  &  per  che  e'  fi  era  dato  a  far  ritratti  di 
naturale,  introduffe  vna  vfànza  in  quella  cittàiche  chi 
era  niente  di  grado ,  fi  faceua  fare  o  dalui  o  da  altri  il 
fuo  ritrattoicome  appare  per  tutte  le  cafe  di  Venezia, 
che  fon  tutte  piene  di  quegli  :  &  vi  fi  vede  per  infìno 
-in  quarta  generazione  i  difcendenti9nella  pittura .  Ri- 
traile Giouanni  per  M.  Pietro  Bembo,  che  ancora  no 
ftaua  con  Leone  X .  la  fua  innamorata  :  da'l  quale  eb- 
be oltra  al  pagamento  vn  bellifsimo  fònetto  che  co- 
mincia. 

>9  O  Imagine  mia  ceìette  &pura 
9)  Chejplendipìu  che  il  Sole  agli  occhi  miei. 
Fece  Giouanni  vn  numero  grandifsimp  di  opere  8c 
quadri ,  che  fono  riporti  in  quelle  cafe  de  Gentilhuo- 
mini  di  Venezia  ;  de'  quali  per  la  moltitudine  non  ifea 
de  far  menzione  :auendo  io  infegnato  douefbnole 
coie  più  notabili  &  belle  che  e'facefTe  mai .  Ne  anco- 
ra dirò  tutto  quel  che  di  fuo  egli  mandò  per  il  Domi- 
nio di  VeneziajcV  molti  ritratti  di  principi  che  egli  fé-, 
ce  lenza  le  altre  colè  (pezzate  di  alcuni  quadroni  fatti 
loro  ;  come  in  Rimino  al  S .  Sigifmondo  Malatefta  va 
Quadro  d'una  Pietà  che  ha  due  puttini  che  la  reggo- 
no, la  quale  è  oggi  in  San  Franceico  in  quella  città. Eb 
te  Giouanni  molti  Difcepoli ,  a  1  quali  egli  con  gran- 
de amoreuolezzainiegniò  l'arte;  fra  i  quali  fu  in  Pado 
uà  già  60  anni  Iacopo  da  m  qntagnia,  cke 

LL    iii 


4)4 


PARTB      IL 


imitò  molto  la  Tua  maniera  per  quanto  mortrano  l'o- 
pere Tue  che  fi  veggono  &  in  Padoua  &  in  Venezia. 
Ma  quello  che  più  di  tutti  lo  imitò  &  gli  fece  maggio 
reonore,fuil  rondinello  da  Ruuenna,del  qua- 
le fi  ferui  Tempre  in  tutte  le  opere  Tue .  Cofìui  fece  in 
Rauena  molte  opere  come  in  San  Domenico  vna  ta- 
uo!a,&  nel  duomo  vnaltra,che  tenuta  molto  bella  per 
di  quella  maniera  .  Et  quella  che  pafsò  tutte  l'altre,  a* 
frati  Carmelitani  nella  chiefàdi  San  Giouan  batifta, 
doue  è  vna  Nofìra  donna  con  due  Santi  bellifsimi.Ma 
fra  tutte  le  cofe  che  vi  fono  eie  vn  Santo  Alberto  loro 
frate ,  che  èbellifsimo  nella  tetta ,  &  ne' panni,  &  per 
tutta  la  figura  :  Stè  con  feco  ,  ancora  che  faceiTe  poco 
frutto  benedetto  co  d  a  da  Ferrara  ,  che  abitò" 
a  Rimini;&  in  quella  città  fece  molte  pitture,  lafciado 
di  fé  Bartolomeo  fuo  figliuolo  che  fece  il  mede 
/ìmo.Dicefi  che  ancora  Giorgi  one  da  Castel 
franco  attefe  a  quella  arte  feco  ne  fuoi  primi  prin- 
cipe ;  Se  molti  altri  dei  Trauilano  ,  Se  Lombardi,che 
non  ifeade  farne  memoria.  &  per  tornare  a  Giouanni 
egli  già  condotto  alla  età  di  lxxxx.  anni. follando 
nome  per  le  opere  fatte  in  Venezia  fua  patria,  &  fuo- 
ri di  quella ,  pafsò  di  male  di  vecchiaia  da  quefta  vita 
ad  vna  migliore:&  nella  medefimachiefa&  in  quello 
flelfo  depofito  che  egli  aueua  fatto  a  Gentile. onorata 
mente  fu  fepelito.Ne  mancò  in  Venezia  chi  con  fonet 
ti  Volgari  &  con  epigrammi  Latini  cercafsi  di  onorar 
lo  morto  come  egri  aueua  cercato  tempre  di  onorar 
vino  la  patria  fua:  Et  molti  gli  renderono  i  verfi  che 
egli  aueua  già  fatti  nella  giouanezza  nel  dilettarli  del- 
la poefia ,  Se  quello  che  molto  più  importa,fu  lodato, 
da  il  lodatifsimo  Arioftoche  nel  far  menzione  degli 
eccellenti  pittori  moderni  net  Canto  x  xxnu  a  la  fe- 
conda lìanza  di  ffe. 


ti 


Que  cVa  no/hi  di  furo  e  fono  ancora 
Leonardo^ndreaMantcgnia ,  &  Gian  Bellino , 


455 


COSIMO  ROSSEL 

LI     PITTORE 

FIORENTINO. 

Olte  perfbne  sbeffando  &  fchernen- 
do  altrui  fi  pafcono  d'uno  ingiufto 
diletto;  che  il  più  delle  volte  torna 
lor' danno i  in  quella  ftefla  maniera 
quafi  che  tornar  fece  lo  fcherno  in 
capo  a  chi  cercò  di  auuilire  le  fatiche 
y  fue  Cofimo  Roffelli;  che  nel  fuo  tem 
pò  fu  tenuto  affai  buon  pittore,  ma  non  però  eccel- 
lente &  rarojancora  che  egli  valeffe  non  poco  in  alcu- 
ne parti  della  arte.  Coftui  nella  fua  giouanezza  fece  in 
Fiorenza  nella  chiefi  di  Santo  Ambruogio  vna  tauo- 
Ja:&  lopra  l'arco  delle  Monache  di  S.  Iacopo  da  le  mu- 
ratele figure.  Lauorò  ancora  nella  chicfa  de  Serui  la 
tauola  della  cappella  di  Sata  Barbara;&  nel  primo  cor 
tile  lauorò  in  frefco  la  fio  ri  a,  quando  il  beato  Filippo 
piglia  lo  abito  della  noftra  Donna.  A'  frati  di  Ceitello 
fece  la  tauola  dello  aitar  maggiore  ;  &  ne  fece  ancora 
un  altra  in  una  cappellai  fimilmente  in  una  cappella 
innanzi  che  s'entri  in  una  chiefètta  fopra  il  Bernardi- 
no5lauorò  una  tauola  con  molte  figure.  Dipinfe  il  fe- 
gno  a  fanciulli  della  cópagnia  di  San  Giorgio,ncl  qua- 
le è  una  Annuziata  :&  molti  qnadri  &  tódi  di  madon 
ne,a  cittadini. Alle  monache  diSantoAmbruogio  fece 
la  cappella  del  miracolo  del  Sacramelo  ;laquale  opera 
c  cofa  aflai  buona3&  delle  fue5che  fono  in  Fiorenza  te 


456  PARTE      II. 

nuta  la  migliore .  Et  in  quella  fece  di  naturale  il  Pico 
Signore  della  Mirandola  tanto  eccellentcmente;che  e' 
no  pare  ritrattola  vino.  La  onde  egioche  de  gli  ami 
ci  aueuaperla  fua  buona  cóuerfazione,  fu  co  gli  altri 
pittori  chiamato  a  far  l'opcra^che  fece  fare  Sifto  1 1 1 1. 
Pontefice  nella  cappella  del  palazzo.  Ex  coi?  in  com- 
pagnia di  Sandro  Botticello  ,  di  Domenico  Ghirlan- 
duio,dell'Abbate  di  San  Clemcnte,di  Luca  da  Corto- 
na ,  &  di  Pietro  Perugino  3  vi  dipinfè  di  fua  mano  tre 
ftorie ,  nellaquali  fece  la  fommcrlione  di  Faraone  nel 
mar  rollo  ;&  la  predica  di  christo  a' popoli  lun- 
go il  mar  di  Tiberia  3  &  la  cena  de  gli  Apoftoli  con 
christo  :8àn  quella  fece  vna  tauola  in  otto  facce  ti 
rate  in  buona  profpettiua ,  Se  (opra  quella  il  palco  in 
otto  faccelo  lpartimento,chegira  in  otto  angoli;do- 
ue  molto  bene  feortando  ,  moftrò  quanto  gli  altri  fà- 
pere  dell'arte.  Dicefi,che  il  Papa  aueua  ordinato  vn 
premio,oltra  il  pagamento,a  chi  meglio  auefle  lauora 
to:&  quefto  s'aueua  a  dare  a  chi  con  lode  &  merito  al 
giudicio  del  Pontefice  folle  paruto .  La  onde  finite  le 
ftorie  venne  fua  Santità  a  veder  l'opera  ;  &  già  ciafeu- 
no  de'  maeftri  aueua  procurato  far  fi,  che'l  premio ,  <3c 
l'onore  folTe  fuo.  Per  il  che  fentendofi  Cofimo  più  de 
bile  d'inuenzione  &  di  difegnojeercò  occultare  il  fùo 
difetto.Onde  e'eoperfetutta  quella  opera  di  finifsimi 
azurri  oltramarini ,  &  di  viuaci  colori;  &  con  molto 
oro  illuminò  la  ftoriame  albero,ne  cibarne  panno,  ne 
nuuolo  rimafe,che  lumeggiato  non  folle;  credendo»* 
che'l  Papa  come  di  quella  arte  poco  intendente,gli  do 
uelTe  donare  la  vittoria.  Venne  il  giornOjch'  ogni  mae 
fìro  doueua  la  fua  opera  feoprire  ;  perche  egli  ancora 
moftrò  la  fua  de  laquale  fu  da  que' maeftri  affai  rifo, 
&fchernito;  fi  come  quegli  che  la  fua  debolezza  più 
toftovcellauanoicheneauefTerecopafsione.  Il  Papa 

andò 


COSIMO    ROSSELLI.  ^j 

andò  a  vedere  l'opera  della  cappella  finita  ;&  giunto 
in  quella ,  l'azurro,l'oro,  &  gli  altri  be'  colori  di  Coli- 
ni o  in  vn  tratto  gli  abbagliarono  gli  occhi: perche 
quefìa  affai  più  di  tutte  l'altre  gli  piacque,come  a  per- 
donacene aueua  poco  giudicio  in  tal  profeisione.  On- 
de giudicò  Cofimo  molto  meglio  auer  fbdisfatto  ,  & 
lauorato,che  gli  altri  più  eccellenti  di  lui  no  aueuano 
fatto.  Et  cofi  fece  dare  a  Cofimo  il  premio  ordinato; 
come  a  più  valente  &  migliore  artefice  de  gli  altri .  Et 
comandò  a  coloro,che  acconciaflero  d'oro  le  loroifìo 
rie  &  le  copriffero  di  migliori  azurri:a  ciò  che  elle  fuf 
fero  flmili  a  quelle  di  Cofimo  nel  colorito  &  nella  ric- 
chezza. Laonde  i  poueri  pittori  mal  contenti  anzi  pu- 
re difperatijper  fatisfare  alla  poca  intelligenzia  del  Pa- 
dre Santo,fi  diedero  a  -guadare,  tutto  quel  buono  che 
aueuano  fatto.  Rifefi  Cofimo  di  coftoro  più  che  efsi 
non  aueuano  rido  di  lui  quando  lo  vcellauano  del  tan 
to  oro:Et  tornatofene  a  Fiorenza  onorato,  &  affai  be 
ne  agiato;attefe  a  lauorare  al  folito fuo  ;  auendo  fèm- 
preinfuacompagniaintuttelecofe5PiERO  di  Co- 
simo fuo  difcepolo,  che  lo  aiutò  in  Roma  &  per  tut 
to.Queflo  Piero  lauorò  nella  cappella  di  Sifto,&  vi  fé 
ce  molte  cofe,&  mafsimamente  vn  paefe  nella  predica 
di  christo  che  è  tenuto  la  miglior  cola  che  vi  fia. 
Stette  ancora  feco  Andrea  di  Cosimo  cheat- 
tefe  alle  grotefche.Viffe  Cofimo  anni  lx  viti.  Et  per 
vna  lunga  infermità  confumato  &  logoro  rfinalmen- 
tefimorii'anno  mcccclxxxii  u .  Et  dalla  com- 
pagnia del  Bernardino  fu  fepellito  in  Santa  Croce.  Di 
lettoisi  molto  de  la  Alchimia,  la  quale  viuo  fèmpre  lo 
confumò  ;  &  in  grandifsime  pouerta  lo  conduffe  a  la 
morte.  Dopo  la  morte  poi  in  memoria  dello  feorno 
fatto  a  Cuoi  concorrenti  nella  cappella  gli  fu  fatto  que 
{lo  epitaffio. 

MM: 


45» 


FARTB.      II. 


J>ìnjìt&  pingendofei 

Conofcer  quanto  il  bel  colore  inganna; 

Et  a  compagni  miei 

Come  talbiafina  altrui 3the fé  condanna. 

IL   CECCA  INGE- 
GNERE FIOREN- 
TINO. 


Eladuranecefsità,non  auefle  sfor- 
zati gli  huomini  ad  eflere  ingegnosi 
perla  vtilità  &  comodo  proprio;No 
farebbe  la  Architettura  diuenuta  G. 
eccellente  &  marauigliofajnelle  men 
ti  &  nelle  opere  di  coloro  che  per  ac 
quiftarfi  &  vtile  &  fama,  fi  fono  efer 
citati  in  quella,con  tanto  onore,  quanto  giornalmen- 
te fi  rende  loro,  da  chi  conofce  il  migliore  da'l  buono. 
Quefta  necefsità  primeramente  indulfele  fabbriche; 
quefta  gli  ornamenti  di  quella;quefta  gli  ordinile  fta- 
tue,  i  Giardini,  i  Bagni,  &  tutte  quelle  alte  comodità 
funtuofe ,  che  ciafeuno  brama  ,  &  pochi  poffeggono. 
Quefta  nelle  menti  degli  huomini  hi  eccitato  la  gara 
&  le  concorrenzie  non  follmente  degli  edifizii,ma 
delle  comodità  di  quegli;  Per  il  che  fono  ftati  forzati 
gli  artefici  a  diuenire  induftriofi,ne  gli  ordini  de'  tira- 
n;nelle  machine  da  guerra  ;  negli  edifizii  da  acque  ;  & 
in  tutte  quelle  aduertenzie  &  accorgimenti ,  che  fot- 
to  nome  di  ingegni  &  di  architetture,  difordinando 
gli  aduerfarii,&  accomodando  gli  amici,  fanno  &  bel 
Io  &  comodo  il  mondo  .  Et  qualunche  (òpra  gli  altri 
kà  iàputo  fare  queft?  cofe  oltra  lo  effere  vfeito  dogni 


IL   CECCA.  459 

fua  noia ,  {òttimamente  è  flato  Iodato ,  &  pregiato  da 
tutti  gli  altri;come  al  tempo  de  Padri  noflri  fu  il  Cec- 
ca Fiorentino  ,  al  quale  ne  di  Tuoi  vennero  in  mano, 
molte  cofe  &  molto  onorate  :  &  in  quelle  fi  portò  egli 
tanto  bene, nel  fèruigio  della  patria  fua;operando  con 
rifpiarmo,&  fodisfazzione5&grazia  de'fuoi  cittadini: 
che  le  ingegnofè  &induftriofe  fatiche  fu  e  lo  hano  fat 
to  famofo&  chiaro  fra  gli  altri  egregi  &  lodati  fpiriti. 
Dicefi,che  il  Cecca  fu  nella  fua  giouanezza  legnaiuo- 
lo bonifsimo  ;  &  perche  egli  aueua  applicato  tutto  lo 
intento  fuo  a  cercare  di  fapere  le  difficulti  de  gli  inge 
gnr,come  fi  può  condurre  ne'  campi  de'  fòldati  machi- 
ne da  muraglie,fcale  da  fàlire  nelle  città^arieti  da  rom- 
pere le  mura,difefe  da  riparare  i  foldati  per  combatte- 
re \3c  ogni  cofa  che  nuocere  poteffe  a  gli  inimici  ,& 
«quelle  che  a  flioi  amici  poteflero  giouar,  effendo  egli 
perfonadigrandifsima  vtilità  alla  patria  fua  3  meritò, 
che  la  Signoria  di  Fiorenza  gli  defle  prouifione  conti 
nua .  Per  il  che  quando  non  fi  combatteua ,  andaua 
per  il  dominio  riuedendo  le  fortezze ,  &  le  mura  delle 
città  &  caitelli,ch'  erano  debili,  &  a  quelli  daua  il  mo* 
do  de'  ripari,& d'ogni  altra  cofà,  che bifognaua.  Et 
chcefi,  che  lenuuole,  che  andauano  perla  fefta  di 
SanGiouanniin  Fiorenza  a  procefsione  furono  in- 
gegno fuo,  che  certo  fono  tenute  cofabellifsima .  Fe- 
ce egli  ancora  vno  edifìcio,  che  per  nettare  &  raccon- 
ciare ilmufàico  nella  tribuna  di  San  Giouanni  fi  gira- 
ua^alzaua^  abbaflaua,&  accofìaua,  che  due  perfb- 
nelo  poteuano  maneggiare,  cofa  che  diede  al  Cecca 
riputazione  gradifsima.  Auuenne  al  fuo  tempo  che  lo 
efercito  de' Signori  Fiorentini  era  intorno  a  Piancal- 
doli,&  egli  con  lo  ingegno  fece  fi ,  che  i  foldati  vi  en- 
traron  dentro  per  via  di  mine  fenza  colpo  di  fpada;& 
fegukando  più  oltre  a  certi  camelli ,  fece  la  mala  forte 

MM    il 


460  PARTE      II. 

fua,che  volendo  egli  vn  giorno  mifurare  alcune  altea 
xe  in  vn  luogo  difficile, mciTe  il  capo  fuori  della  mura 
glia ,  per  mandare  vn  filo  a  bado,  accio  potcffe  fàpere 
l'altezza  di  quella. Ma  eflendo  egli  mortalifsimamente 
odiato  da  inimici  che  molto  più  tcmeuano  lo  ingegno 
fuo  che  le  forze  cjuafi  de  gli  aduerfàrii3continouamen 
te  teneuano  gli  occhi  a  doflb  a  lui  folo.  Per  il  che  ve- 
duta quella  opportunità ,  vn  prete  con  vna  baleftra  a 
panca  gli  traile ,  &  con  vn  verettone  lo  colfè  nella  te- 
tta fi  fieramente  che  il  pouero  Cecca  di  fubito  fi  mori. 
Dolfe  molto  a  tutto  lo  efercito  &  a  fuoi  cittadini  il 
danno  &  la  perdita ,  che  fecero  nella  morte  di  lui ,  Ma 
non  vi  effendo  rimedio  alcuno ,  ne  lo  rimandarono  in 
cafla  a  Fiorenza  :  &  le  forelle  fue  in  S.Pietro  Scherag- 
gio gli  diedero  onorata  fepoltura:&  folto  il  ritratto 
fuo  di  marmo  fecero  porre  lo  infraferitto  epitaffio. 


PABRVM  M  AGISTE*.  CICCA,  NATVS  O  P  P  I- 
DIS  VEL  OBSIDENDIS  VEL  TVENDIS  HIC  IA 
CET.  VIXIT  ANN.  XXX  XI  MEN.  IV.  DIES  XIII I. 
OBIIT  PRO  PÀTRIA  TELO  ICTVS  .PIAI  $0- 
RORES  MONIMENTVM  FECERVNT. 
MCCCCLXXXVIII. 


4& 

ANDREA  VERROC 

CHIO   SCVLTORE 
FIORENTINO. 


Olti  per  lo  ftudio  imparano  vna  arte; 
che  fé  e'  fofTero  nella  maniera  di  quel 
la  aiutati  dalla  Natura;  accozzandoli 
naturale  conio  accidentale ;fupere- 
rebbono  non  tanto  quegli  che  fono 
itati  auanti  di  loro:  ma  quegli  che  do 
pò  la  morte  loro  arebbono  a  nafcere . 
Et  di  quanta  importanza  fia  alle  perfòneeccellenti  que 
Ita  parte  congiunta  con  efTa,ogni  di  fé  ne  vede  lo  efern 
pio  in  molti ,  i  quali  mentre  che  ftudiano ,  fanno  infi- 
niti miracoli  &  mancando  quello  iìudio,per  no  eflère 
accompagnato  con  la  natura  ,  fé  fìanno  pure  tre  gior- 
ni che  non  s'affatichino,  ogni  cofa  fi  parte  de  l'animo 
loro.  Et  pigliano  quefh  tali  fèmpre  vna  maniera  cru- 
da &  fenza  dolcezza  alcuna;  di  cne  è  cagione  l'afprez- 
2a  delle  fatiche,che  e'durano  malgrado  della  natura. 
Et  ben  fi  vede,  che  chi  sforza  quella,  fa  effetti  contra- 
lti alla  voglia  fua:  Et  cofi  per  lo  oppofito ,  fcguitando 
la  con  piacere ,  conduce  cofe  marauigliofe .  La  onde 
non  debbe  certo  parere  ftrano,  fé  Andrea  del  Vcrroc- 
chio,che  aiutato  più  dallo  ftudio  che  dalla  Natura  per 
uenne  tra  gli  fcultori  al  fommo  de'gradi,&  intefe  l'ar- 
te perfettamente;  fu  tenuto  duro  &  crudetto  nella  ma 
niera  de'fuoi  lauori:  &  fempre  tali  fono  apparite  le  co- 
fe fu  e ,  ancora  che  fieno  mirabili:  nel  cofpetto  di  chi  le 
conofee  ;  Coftui  per  patria  fu  Fiorentino,  ne'fuoi  tepi 
(cultore,intagliatore,pittore,&  mufico  perfettifsimo, 
&  dalla  natura^  d'ogni  cofa  fommam ente  dotato;&  at 

MM    Hi 


462  PARTE      II. 

tefe  alle  fcienze;  perche  molto  della  Geometria  fi  dilet 
tò  nella  fua  giouanezza;  &  in  quella ,  perche  attende- 
te allo  Orefice,lauorò  di  argento  due  ftorie  nelle  te- 
fìe  dello  aitar  di  San  Giouanni, delle  quali  quando  elle 
furono  meflein  opera,  acquiftò  lode  &  nome  grandif 
fimo.  Mancauano  in  quefto  tempo  in  Roma  alcuni  di 
quelli  Apoftoli  gradi  cheordinariamete  foleuanofta 
re  in  fu  l'altare  in  cappella  del  Papa  co  alcune  altre  ar- 
géterie,che  erano  fiate  disfatte  ;  Perilche  fu  mandato 
per  Andrea  con  gran  fauore  da  Sifto  1 1 1 1  ;  &  condot 
to  a  Roma,  &  allogatoli  quel  tanto  che  il  Papa  defide- 
raua  ;  &  egli  tutto  conduftV  a  perfezzione ,  con  arte  , 
diligenzia  &  ingegno  marauigliofo .  Ma  veduto  nel- 
la ftanza  di  Roma  ritronafi  molte  ftatue  di  varie  forti, 
&  particularmente  quel  cauallo  di  bronzo  che  dal  Pa- 
pa fu  fatto  porre  a  Santo  Ioanni  laterano;&  che  de* 
fragmenti  non  che  de  le  cofe  intere  che  ognidi  fi  troua 
nano ,  fi  faceua  ftima  grandifsima;  deliberò  di  attende 
re  alla  fcultura .  Et  cofi  abbandonato  in  tutto  lo  Ore 
fìce ,  fi  mife  a  gittare  di  bronzo^  alcune  figurette  ;  che 
gli  furono  molto  lodate  ;  la  onde  prelo  maggiore  ani- 
mo,fi  mife  alauoraredimarmo.  EtauuennecheeC 
fendo  morta  di  parto  in  que  giorni  in  Roma  la  moglie 
diFrancefcoTornabuoni;&  volendo  il  marito  che 
affai  la  amaua ,  onorare  quel  corpo  ;  dette  a  fare  la  fè- 
poltura  ad  Andrea .  Et  egli  fopra  vna  cafla  di  marmo 
intagliò  in  vna  lapida,  la  donna ,  il  partorire  &  il  paflà 
re  a  quella  altra  vita  con  molte  altre  figurette  fi  belle  , 
&  fi  bene  condotte  ;  che  quefta  per  la  prima  opera  fua 
di  marmo  fu  tenuta  molto  buona .  Ritornato  poi  a 
Fiorenza  con  danari  &  fama  &  onore ,  gli  fu  fubito 
allogata  vna  figura  dun'Dauit  di  braccia  due  &  mezo 
per  farla  d' bronzo  :  la  quale  da  lui  condotta  a  perfe- 
zione, fu  polla  &  è  ancora  oggi  nel  palazzo  Ducale  al 


ANDREA    VERROCCHIO  46? 

{òmmo  della  fcala  doue  ita  la  catena;Et  fu  /òmmamen 
te  lodata  da  ciafeheduno.  Mentre  che  egliconduce- 
ua  la  (tatua  detta ,  fece  ancora  quella  noftra  Donna  di 
marmo,  ch'è  fopra  la  fepoltura  di  M.  Carlo  Bruni 
Aretino  in  Santa  Croce  ;Iaqualelauorò  egli  e/Tendo 
ancor*  Giouane  per  Bernardo  ros sellini 
scvltore,  il  quale  condufTe  di  marmo  tutta  quel 
la  opera  .  Perle  quali  cofe  acquietando  Antonio  no- 
me di  eccellente  maeftro  ,  &  mafsimamente  nelle  cofe 
di  metallo  ,  delle  quali  egli  fi  dilettaua  molto  ;  fece  di 
bronzo  tutta  tonda  in  San  Lorenzo  la  fepoltura  di 
Giouanni  &  di  Piero  di  Cofìmo  de  Medici;  dou  e  vna 
caffa  di  porfido,retta  da  quattro  cantonate  di  bronzo, 
congiraridi  foglie  molto  eccellentemente  lauorate, 
&  finite  con  infinita  fottilità  &  diligenza  la  quale  è  pò 
(la  fra  la  capella  del  Sacramento  &  la  fagreftia  :  della 
quale  non  fi  può  lauorare  di  bronzo,ne  dì  getto  far  co 
là  meglio.  Auuennechegiailmagiftrato  de  fei  della 
mercatantiain  Fiorenza  quando  viueua  Donato,  gli 
allogarono  a  far  di  marmo  vn  tabernacolo;  che  e  oggi 
dirimpetto  a  San  Michele,  nell'oratorio  di  fuori  di 
ort  Santo  Michele:che  finito  da  lui,&  mcfTo  in  opera, 
volendo  i  Sei  far  fare  di  bronzo  San  Tommafo  che  a 
e  H  R  r  s  t  o  mette  il  dito  nella  piaga  ;  furono  in  disfe- 
renzia  del  prezzo;  non  per  altro  che  per  la  gara  di'ìalcu 
ni,  che  fauoriuano  Donato;  &  altri  che  voleuano  che 
le  facefsi  Lorenzo  Ghiberti.&  fi  quefta  caparbietà  de' 
Cittadini  andò  feguitando  ;  che  perfino  chcjnonfu 
morto  &  Donato  &  Lorenzo ,  non  meflbn'mai  in  eie 
cuzione  il  loro  proponimento .  Per  ilche  Andrea  ^ia 
fattofi  conofeere  per  la  fottilità  del  fuo  magiftero,  per 
l'uniuerfàlità  della  buona  pratica  firn  ,  fi  nel  conuerfà- 
re,  come  al  lauoro  che  egli  fiiceua,fu  da  fuoi  amici  prò 
pollo  che e'facefle3  <]ueite  due itatue di  ch r i  s t  o 


-ton<ir<£o 


464  PARTE     II. 

&  di  San  Torfìmafò.  Le  quali  allogateli;  con  fatica  & 
orande  ftudio  fiutone  i  modelli;&  fatto  le  forme  ebbe 
nel  getto  grandifsima  fortuna;  che  gli  vennono  tutte 
vnitamente  di  bontà  falde  &  intere .  Onde  meiìbfi  a 
ricettarle  &  fìnirlc;le  ndufle  a  quella  perfezzione,che 
elle  fi  veggono  al  prefente;  &  fi  comprende  nell'attitu 
dine  di  quel  SanTommaio  vna  certa  incredulità,&  fu 
bita  voglia  di  toccarlo  intero  che'l  fuo  ftare  in  dubbio 

10  faceua  ftare  oftinato  :  &  conofcefi  quanto  con  amo 
re  egli  tocchi  con  mano  quelle  cicatrici  di  christo 

11  quale  con  liberalifsima  attitudine  alzavn  braccio, 
&  apre  la  vede ,  per  chiarire  il  dubbio  del  fuo  difcepo 
lo.che  veftito  di  bellifsimi  panni  l'uno  &  l'altro  fece  co 
nofcere  Andrea  in  quell'arte  non  meno  fàperla  eferci 
tare,che  fi  facefsi  Se  Donato  &Lorenzo  &  gl'altri  feul 
tori,che  haueuono  operato  innanzi  a  luida  quale  ope 
ra  fu  locata  nel  tabernacolo  che  aueua  già  fatto  Dona 
to;&  allora,  &  poi,  è  fempre  fiata  tenuta  in  pregio.La 
onde  non  potendo  lafamafua  più  crefeere  in  quella 
profefsione,come  perfona  che  gli  piaceuon'gli  ftudi& 
ogni  cofa  douc  fi  haueua  a  durare  fatica,non  glibaflan 
do  in  vna  fola  elTer  tenuto  valente,  voleua  anchora 
in  altre  che  egli  non  fapefsi  impararle  per  fare  il  mede 
fimo  &  cofi  volto  l'animo  a  volere  ancora  laflare  ope- 
re di  Pittura;fece  cartoni  di  alcune  norie  &  quadri;  & 
cominciò  a  metterci  in  opera  di  colori.E.Et  mentre  che 
egli  alla  pittura  attendeua;  non" mancaua  attendere  al- 
le cofe  della  Geometria  ;  auendo  animo  valerfene  vn 
di  nelle  cofe  della  Architettura.  &  con  quefto  fuo  mo 
do  di  procedere  caminando,  andaua  virtuofamente 
fpendendo  il  tempo .  Fu  in  que  giorni  finito  di  mura 
re  la  lanterna  della  Cupola  di  Santa  N4aria  del  Fiore; 
&  riflrettofi  infieme  gli  operai  di  quella  fibrica  ,Vifol- 
uerono  fra  molte  diipute  &  ragionamenti  fra  loro;chc 

fi  dou  efsi 


ANDREA    VERROCCHIO  46$ 

/ìdoucfsi  fare  la  Palla  che fbpra  quello  edifizio  per  or 
dine  già  di  Filippo  morto  fi doueua  porre  per  finimen 
to  di  quello, &  mandato  per  Andrea  innanzi  che  fi 
partifle  da  loro,  gli  feciono  allogazione  di  detta  palla 
che  ruffe  di  mifura  di  braccia  &  che  egli  au  ef 

fé  la  cura  di  farla  pofàre  in  fìir  un  bottone  ;  &  incate- 
narla di  maniera  chivolendoui  mettere  fu  la  Croce, 
la  potefsi  règgere.  La  quale  opera  Andrea  fini  &  mef 
fé  fu  con  grandifsima  fefta  del  popolo  con  fuochi  & 
con  molte  altre  allegrezze.  Ma  fu  meftiero  adoperar 
ci  induftria&  ingegno,  nello  ordinarla  talmente  che 
e'ui  fi  poteffe  entrar'dentro ,  &  ad  armarla  con  buone 
fortificazioni,  che  i  venti  non  le  noceffero .  Sono  an- 
cora in  detta  città  molte  altre  cofe  la  uorate  da  lui.Di- 
pinfe  ancora  a  Frati  di  Valle  Ombrofa  vna  tauolaa 
San Salui,  fuor  della  porta  alla  Croce  jnellaquale e,, 
quando  San  Giouanni.  batteza  e  hr  i  s  t  o:  &  Lionar 
do  da  Vinci,  fuo  difcepolo,  che  allora  era  giouanetto 
vi  colori  vno  angelo  di  fua  mano ,  ilquale  era  molto 
meglio,che  le  altre  cofe.Aueua  giaco  simo  de  me 
dici  condotto  da  Roma  alcune  anticaglie  ;  fra  le 
quali  aueuameflo  nel  fuo  giardino ,  alla  porta  che  ri- 
efee  nella  via  de'Ginori  vn  Marfia  di  marmo  biaco,  in 
piccato  ad  vn  tronco,  per  douere  effere  feorticato,  co 
fa  tenuta  molto  marauigliofa.  A  Lorenzo  umilmen- 
te dopo  la  morte  di  Cofìmoera  peruenuto  vn  torfo 
con  la  teftavdWaltro  Marfia;  antichifsimo  &  bello 
molto  più  da  quello  .  Et  perche  chi  l'aueua  fatto,  con 
fiderò  che  quando  Marfia  rimafe  feorticato  fi  vedeua- 
no  imufcoli  rofsi,&  alcuni  nerbicini  per  la  figura  j 
tolfe  vna  pietra  che  è  marmo  roflbj.&  in  quel  faflb  che 
aueua  alcune  vene  bianche  fonili  ,  intagliò  quello 
Marfia  :  che  doueua  parere -,  quando  egli  aueua  il  pulì 
mento  cofa  viuifsima  ;  fé  ora  a  chi  lo  confiderà ,  fa  ve 

NN 


4^6  PARTE.       II. 

tur  confiderazione  dello  auer'quello  Artefice  con  fi 
propia  &  bella  arte,ridotto  tale  opera  a  fine  :  Per  ilchc 
volendo  Lorenzo  de'  medici  accompagnarlo 
a  quell'altro,di  maniera  che  e'mettelsino  in  mezo  quel 
la  porta  ;  mancandogli  le  braccia ,  le  cok\Cj  &  le  gam- 
be; mandò  per  Andrea: donde  egli  con  quello  inge- 
gno che  egli  aucua  glielo  rindirizzò  in  piede  ;  &  ag- 
giunfegli  i  pezzi  di  marmo  roiìb,con  tanta  diligenzia 
che  Lorenzo  ne  rimafe  fatisfattiftimo .  Auuenne  che 
la  Signoria  di  Vinezia  auendoauuto  molte  vittorie, 
per  la  virtù  di  Bartolomeo  da  Bergamo,  volendo  ono 
rare  la  virtù  di  quel  Signore;  &  dare  animo  a  gli  altri 
loro  capitani  ;  delibero  in  Senato  che  e  fegli  facefsi 
vna  ftatua  a  cauallo  di  Bronzo,  &  dorata  ;  per  porfi  in 
fu  la  piazza  di  Santo  Giouanni&  Polo.  &  trouando 
il  nome  d'Andrea  fparfo  per  tutta  Italia  &  fuora  fbpra 
ogni  altro ,  mandarono  per  lui  a  Fiorenza .  &  condot 
tolo  a  Venezia  con  grandissima  prouifione  gli  fecion" 
fare  vn  modello  di  terra,grande  appunto  quato  aueua 
da  elTere  .  Il  quale  poi  che  egli  ebbe  finito  di  terra  ,  & 
cominciato  ad  armare,  per  gettarlo  di  bronzo,  eraci 
molti  Gentilhuomini  che  voleuano,  che  il  Vellano  da 
Padoua  facelTe  la  figura ,  &  Andrea  il  cauallo .  De  la 
qual  cola  fdegnatofi  egli  fé  ne  tornò  a  Fiorenza  :  auen 
do  prima  {pezzato  al  cauallo  le  gambe  &  la  tetta.  Ilchc 
intendendo  la  Signoria,gli  fece  intendere,che  non  tor 
nafte  loro  nelle  mani,  perche  gli  farebbe  tagliato  il  ca- 
po .  La  onde  egli  le  fcrilìe,  che  fapeua  rifare  il  capo  a' 
caualli,  ma  ch'cisi  non  aurebbono  già  faputo  impicca- 
re la  tefta  a  gli  buomini,  ne  vna  fimile  a  quella  di  An- 
drea .  Quella  pronta  ri/porta  piacque  molto  a  quei 
Signori,  &  con  doppia  prouifione  lo  fecero  ritorna- 
re. Et  non  dopo  molto  tempo  racconciò  il  model- 
lo ;  Et  gettandolo  di  Bronzo ,  nfcaldò  &  raffreddo , 


ANDREA   VERROCCHIO  467 

di  maniera:  che  e' fini  la  vita  in  Vinezia,  lafciando  im- 
perfetta non  (blamente  quefta  opera ,  ma  vn'altra  che 
efaceua  in  Phìoia,  ciò  èia  fepultura  del  Cardinale  For 
tcgucrra ,  con  tre  virtù  Teologiche  ,  &  vn  dio  pa- 
dre   fopra,la  quale  fu  finita  dipoi  da    l  o  r  e  n- 
zetto    (cultore  Fiorentino .   Àueua  Andrea  quan 
do  e  morì  anni  lvi.  Et  dolfe  la  morte  fua infinita- 
mente a  gli  amici  &  a* Cuoi  difcepoli  che  non  erano  po- 
chi, &  maisimamente  a    nanni  grosso,  (cul- 
tore ,  perfona  molto  attratta  &  nella  arte  &  nel  vi- 
li ere  .  Dicefi  di  coftui,  che  enon  arebbe  lauorato  fuo 
ri  di  bottegaio  a  Monaci,oFrati  fé  e'non  aueffe  auuto 
per  ponte  l'ufcio  della  volta,per  potere  andare  a  bere  a 
fua  pofta,  &  fenza  licenzia  .  Lauoraua  mal  volentie- 
ri^ per  ogni  piccola  alterazione  ,  fi  faceua  portare  a 
lo  (pedale  :  &  quiui  fi  ftaua ,  fino  a  che  e'fuffe  guarito 
in  tutto  .    Et  fra  l'altre  effendo  egli  vna  volta  torna- 
to fano  d'una  fua  infermità ,  gli  amici  che  lo  vifitaua- 
no  ,  lo  dimandorono  come  egli  ftaua  ;  Et  rifonden- 
do egli    male  ;  gli  (òggiunfero  ,  tu  fei  pur  guari- 
to: Et  però  fio  io  male  replicò  egli.  Imperò  che  io 
arei  bifogno  d' vn' poco  di  febbre,  per  potermi  in 
trattenere  qui  agiato  &feruito.    Coftui  venendo  a 
morte  nello  fpedale,&  vedendoli  porto  innanzi  vn 
Crocififfo  di  legno  affai  goffo;  pregò  che  lo  leuafsino 
via,  &  vene  mcttefsino  vno  di  mano  di  Donato. 
Affermando  che  (è  e'  non  lo  leuauano,  fi  morrebbe  di 
fperato  ;  tanto  era  lo  amore  che  e'portaua  alla  arte . 
Ma  per  tornare  ad  Andrea,  le  fue  cofc  rimafero  a  lo- 
renzo   di  credi  difcepolo  &  amicofuo  carifsi- 
mo,&  l'offa  ricondotte  da  Venezia,  furono  (èpellite 
nella  chiefa  di  Santo  Ambruogio, nella  fepoltura  di 
Ser  Michele  di  Cione,  douc  fopra  la  lapida  fono  inta- 
gliate -quelle  lettere * 

NN    u 


46S  *ARTE      II. 

SER  MICHAELIS  DE  CIONIS  ET  SVORVM'HIC 
OSSA  IACENT  ANDREAE  VERROCCHII,  Q^VI 
OBIIT    VENETIIS     M.    CCCC.    LXXXVlII. 

Fu  niente  di  manco  onorato  di  poi  con  quello 
epitaffio . 

IL  VERROCCHIO 

Se  il  Mondo  adorno  refi 

Mercè  delle  belle  opre  alte  &Jùperne  ; 

Sondi  mclwniaccefì 

Fabricbe  ,  Bron^Marmiin  {fatue  eterne* 


LO    ABATE    DI 

SAN    CLEMENTE 
MINIATORE. 

Are  volte  fuole  auùenire,(e  vno  è  da 
nimo  buono  5  &  di  vita  efemplare; 
che  il  cielo  nonio  proueggo  d'amici 
ottimi ,&  di  abitazioni  onorate,  & 
che  per  i  benigni  coftumi  fuoi  3  e'  no 
fiaviuo3in  venerazione;  &morto,in 
^grandissimo  defìderiodi  qualunque 
lo  ha  conofeiuto;  come  poco  alianti  di  quefta  età  5  fa 
Don  Piero  della  Gatta  Abate  di  San  Clemcte  di  Arez 
20, eccellente  in  diuer{ccofè5& coturnato  fra  tutti 
gli  altri.Coftui  fu  frate  de  gli  Agnoli,  cVnella  fua  gio 
uanezza  miniatore  fingulari{simo,&  dotato  di  bonik 
lìmo  difègno:come  ne  fanno  fede  le  miniati!  re  lauora 


ABATE   5.   CLEMENTE.  469 

te  da  lui  a'  monaci  di  Sata  Fiora,  &  Lucilla  nella  badia 
di  Arezzo;&  ancora  in  S.  MartinOjDuomo  di  Lucca. 
Fu  amato  molto  nel  Tuo  tepo  dal  Generale  di  Camal- 
dolese fu  Mariotto  Maldoli  Aretino:ilquale parcdo 
il  Don  Piero  perfona,che  per  le  fue  virtù  meritafle  tal 
beneficio  liberaméte glieli  donò;  Et  colui  come<*rato 
lauorò  poi  molte  opre  per  quella  religione.  Véne  la  pe 
fìe  del  m  e  e  e  e  l  x  v  1 1 1.  &  non  potendoli  allora  con 
molti  praticare,Lo  Abate  fi  diede  adipignerc  le  figure 
gradi:&  la  prima  fu  vn  S.Rocco3che  e'  fece  in  tauola  a 
rettori  della  fraternità  d'Arezzo  ,  nella  vdieza  doue  e' 
fi  ragunano;laquale  figura  raccomanda  alla  Noftra  do 
na  il  popolo  Aretino .  Et  in  pochifsimi  mefi  imparò 
benifsimoa  lauorare  a  frefeo  in  muro,-  &  in  tauola 
ancora:&lauorando  affai,  diuenne  pittore  eccellen- 
te &  raro  .  Fece  in  Arezzo  vna  tauola  in  San  Pietro, 
doue  (tanno  i  frati  de  Serui3dentroui  vno  agnolo  Ra- 
faello;  &  ancora  lauorò  il  ritratto  del  Beato  Iacopo  Fi 
lippo  da  Piacenza. Fu  condotto  a  Roma  nella  cappella 
di  Sifto  1 1 1 1.  &  in  compagnia  di  Luca  da  Cortona, 
&  di  Pietro  Perugino  lauorò  quiui  vna  ftoria.Et  tor- 
nato in  Arezzo  fece  nella  cappella  de'  Gozzari  in  Ve- 
{couado  vn  San  Gierolamo  in  penitenzia,  il  quale  ma 
grò  &  raio  con  gli  occhi  fermi  attentifsimamente  nel 
Crocififfo  percotendofi  il  petto,  affai  bene  fa  conofee 
re,quanto  lo  ardere  di  amore  in  quelle  confumatifsi- 
me  carni5poffa  trauagliarela  virginità.  Et  per  quella 
opera  fece  vn  Caffo  grandifsimo,  con  alcune  altre  erot 
te  di  fàfsufra  le  rotture  dellequali  nel  paefe  fece  le  ito- 
ne di  detto  San  Girolamo. Poi  lauorò  in  Santo  A^ofti 
no  di  detta  città  vna  cappella  alle  monache  del  terzo 
ordine,doue  a  frefeo  è  vna  coronazione  di  Noltra  do- 
na molto  lodata ,  &  molto  ben  fatta;&  /otto  vn'altra 
cappella  vna  All'unta  con  alcuni  angeli  in  vna  gran  ta- 

NN    iii 


4jO  FARTB    II. 

uola  che  molto  bene  fono  abbigliati  di  panni  lottili; 
&  è  veramente  tenuta  vna  pittura  molto  lodata ,  per 
edere  lauorata  a  temperaci  buon  difegno,  &  condor 
ta  con  diligenzia  ftraordinaria .  Nella  badia  di  Santa 
Fiore  in  detta  città  è  vna  cappella  all'entrata  della  chie 
fa  per  la  porta  principale,  con  San  Benedetto ,  &  cor* 
altri  Santi,fimta  con  grazia,con buona  pratica,&  con 
dolcezza .  Et  certo  egli  era  in  quella  città  adorato ,  & 
riuerito:perche  e*  valeua  non  Colo  nella  pittura,  ma  in 
molte  ancora  di  quelle  arti  che  ricercano  industria  6>C 
ingegno.  Auuenne  al  fuo  tempo,  che  Gentile  Vicina- 
te Vefcouo  Aretino  molto  amico  della  Tua  virtù  rifé- 
deua  in  Arezzo  ;  &  del  continuo  viueuano  infieme: 
La  onde  il  Vefcouo,  che  fi  dilettò  Tempre  d'ogni  virtù 
gli  fece  dipignere  nel  palazzo  fuo  vna  cappella ,  nella- 
quale  è  vn  e  h  R  i  s  t  o  morto;  &  fu  vna  loggia  ritrarre 
elfo  Vefcouo,  &  fé  medefimo  con  alcuni  canonici  del 
la  città .  Fecegli  fare  al  Duomo  vecchio  fuor  d'Arez- 
zo vna  cappella ,  dellaquale  parte  ne  pagò  il  Vefcouoy 
&  parte  gli  operai,  &  è  vna  Mifericordia  con  certi  An, 
geli  in  alto ,  con  alcuni  panni  bianchi  fottili ,  che  cir- 
condano lo  igni udo  certamente  bellifsimi .  Et  con*  vn 
San  Sebafliano  ,  &  vn  San  Rocco  con  certi  tondi  in 
chiaro  &  fcuro,dentroui  le  Itone  loro.  Lauorò  oltre  a, 
queftoper  tuttala  città  in  diuerfi  luoghi,  come  nel 
Carmino  tre  figure;&  la  cappella  delle  monache  di  Si 
ta  Orfina;&  infinite  opere,  che  al  prefenre  fi  veggono 
per  quella  città;  &  a  Caitighone  Aretino  nella  pieue 
di  San  Giuliano  vna  tauola  a  tempera  alla  cappella  dei 
lo  aitar  maggiore  doueè  vna  Noftra  donna  bellifsN 
ma,&  vn'  San  Giuliano ,  &  San  Michelangelo,  figure 
molto  ben'lauorate,&  benifsimocondoue;&mafsi- 
meilSan  Giuliano,  che  auendo  affi  fa  ti  gli  occhiai 
c  H  f,  1  s  t  o  che  è  in  collo  alla  noftra  Donna ,  fare  che; 


ABBATE   S.    CLEMENTE.  47! 

oltre  a  modo  fi  affligga  di  auere  vccifòil  padre  &la 
madre.  Similmente  ad  vna  cappella  poco  di  fotto,  e  di 
fua  mano  vn  portello  che  foleua  ftare  ad  vno  organo 
vecchio ,  nel  quale  è  dipinto  vn  San  Michele  ,  tenuto 
cofa  marauigliofà  :  Et  in  braccio  d'una  donna^vn'  put 
to  fafaato,che  par  viuo,viuo.Fece  in  Arezzo  alle  mo 
nache  delle  Murate  la  cappella  dello  aitar' maggiore 
pittura  certo  molto  lodata.Et  al  monte  San  Sauino  vn 
tabernacolo  dirimpetto  al  palazzo  del  Cardinale  di 
Monte,chefutenutobellifsimo.Etal  Borgo  San  Se- 
polcro in  Vefcouado  fece  vna  cappella,  onde  lode  & 
vtile  grandifsimo  ne  trafle.  Fu  perfòna  molto  fattibile 
&  buono  &  vero  amatore  di  tutte  le  virtù  ;  &  aueua 
l'ingegno  tanto  verfàtile,ch'  oltre  a  tante  altre  fue  do- 
tterà mufico  perfetto  ;  &  faceua  gli  organi  di  piombo 
di  man  fua.  Et  in  San  Domenico  fi  vede  ancora  vno 
de  cartoni  di  fua  mano,  che  dolce  fempre  se  mantenu 
to.In  SanClemente  ve  ne  era  vnaltro  purdi  fua  mano, 
Doueaucua  fatto  l'organo  in  alto  &  la  taratura  era 
bada  al  piano  del  coro;&  quefta  confiderazionegli 
venne,perche  egli  erano  pochi  monaci  a  cantare  meo- 
ro,&  voleua  che  lorganifta  cantaisi  &  fònafsi.  Colt  ui 
molto  bonificò  quel  luogo  di  muraglie  &  di  pitture: 
auedo  rifatta  la  cappella  maggiore  di  quella  chiefa  do 
uè  era  dentro  quell'organo, &  perla  chiefa  molte  altre 
pitture;  lequali  gran  danno  fu,che  infieme  con  la  chic 
{à  &  conuento  fuflero  rouinate .  Ma  con*  era  nccefia- 
rio  volendo  ornare  &  fortificare  quellacittà  lo  Illu- 
{trifs.  Duca  e  o  s  1  m  o  de  Medici.  Uquale  nella  repara - 
iione  delle  nuouc  mura,è  flato  necefsitato  riitrignerc 
tra  la  detta  chiefa  &  la  porta  di  Santo  Spirito,  vn  terzo 
della  città,  &  atterrare  molte  cafe  di  Cittadini ,  infie- 
me con  vn  quarto  d'u:V  Colifeo  antico  &  confumato 
dietro  al  conuento  di  San  Bernardo  ,&  l'ultime  reli- 


4.71  PARTE.       II. 

quie  dW Teatro fotto la  cittadella.  Ma  tornando  a 
lo  Abate,egli  fu  parco  &  coturnato  nel  vinere  ;  &  la- 
feiòfuo  difcepolo  nella  pittura  Matteo  di  ser 
Iacopo  la  p  poli  aretino  molto  pratico  :  il- 
quale  imitando  la  Tua  maniera  ,  meritò  lode  ;  come  ne 
fa  fede  nella  Pieuefotto  il  pergamo ,  doue  fi  predica 
un  Chris  to  con  la  croce,  &  infinite  altee  pitture 
difuamano.  Et  in  compagnia  lafciò  Domenico 
peco ri  ilquale  molte  delle  fue  opre  fini;  come  in 
S.  Pietro  di  quella  città  la  tauola  di  Sa  Fabiano,  &  San 
Sebafìiano  de  Bonucci;&  la  tauola  di  Santo  Antonio, 
&  la  espella  di  San  Giuliano,  condotta  con  fuoi  dife- 
gni.  Era  Domenico  bene  ftante,&  fece  l'arte  della 
pittura  più  per  trattenimento,che  per  bifogno  ,  onde 
fempre  in  compagnia  faceua  i  fuoi  lauori ..  Fece  in 
Arezzo  nella  Trinità  una  tauola,che  uno  Spagnuolo 
colori;  &  umilmente  nella  pieue  alla  capella  della  Ma- 
donna &  un'altra  che  fu  l'ultima  per  M.  Donato  da 
Chiari  in  Vefcouado  che'l  capanna  san  e  se  gli 
fìnijch'ecofalodata.Diedefi  poi  alle  fineflre  di  uetro, 
&  tre,ch'eranoin  Vefcouado,nelauorò,runa  delie- 
quali  per  le  guerre  dall'artiglieria  fu  ruinata.Fu  anco- 
ra fuo  creato  angelo  di  lorentino  pitto- 
re ,  il  quale  aueua  affai  buono  ingegno,  &  lauorò  l'ar- 
co fòpra  la  porta  di  San  Domenico  :  &  fé  hauefle  auu 
to  aiuto3farebbe  diuentatobonifsimo  maeftro .  Mo- 
ri Don  Pietro  d'età  d'anni  l  xxxi  il.  &  da  un  mal  di 
petto  ftretto  pafsò  di  quefta  uita ,  il  che  a  quella  città 
fu  di  grandifsimo  danno  ,  mafsimamente  lafciando 
egli  alla  fua  morte  imperfetto  un  tempio  della  Noflra 
donna  dalle  lagrime,del  quale  aueua  fatto  il  modello, 
che  da  diuerfe  è  poi  flato  finito  .  Merita  dunque  affai 
lode,per  auere  intelo  il  miniare,l'architettura,Ia  pittti 
ra3&  la  mufica .  Gli  diedero  i  fuoi  monachi  fepolcnra 

in  San 


ABATE   S.    CLEMENTE.  47$ 

in  San  Clemente  flia  badia .  Et  tanto  fono  fiate  {lima- 
te Tempre  le  cofe  Tue  in  detta  citd;ch  e  egli  n  e  ha  auu- 
to  quello  epitaffio. 

Ptngehat  dotte  Zeufis  ;  condehat  &*  tedes 
NÌcon;Pan  capripes  fifìulaprima  tua  eft. 

Non  tamen  ex  uobis  mecum  certauerit  uIIhs: 
i^«<e  tre  sfectfÌKiUnkuihxc facto. 

Morì  nel  mcccclxi.  Aggiunfè  all'arte  della  pittu- 
ra nella  miniatura  quella  bellezza  che  fuor  nella  ma- 
niera vecchia  s'è  villo  poi  nell'opre  di  gierolamo 
FADOvano  fatte  in  Santa  Maria  nuoua  di  Fioren- 
za ne  libri  da  lui  miniati ,  &  in  quegli  di  Gherar- 
do miniatore  fuo  creato  3  come  ancora  fi  vide 
pervn  vante  miniator  fiorentino,  & 
gierolamo  milanese,  che  mirabilifsime opre 
fece  in  Milano  fua  patria. 


DOMENICO  GHIR 

LANDAIO   PITTORE 
FIORENTINO. 

Olte  volte  fi  truouano ,  ingegni  eie- 
uati  &  fottili,  che  volentieri  fi  dareb 
bonoalle  arti&  allefcienze,  &  ec- 
cellentemente le  eferciterebhono;fe 
i  Padri  loro  gli  indirizzafTero  nel 
principio  a  quelle  fleffe  a  le  quali  na 
turalmente  fono  inclinati.Ma  fpeflb 
auiuene  che  chi  eli  gouerna  non  conofeedo  forfè  più. 

OO 


474  PARTE      II. 

oltre ,  ftraccura  quello ,  di  che  più  domerebbe  curarfi; 
"&  cofi  è  cagione, che  gli  ingegni  prodotti  dalla  natu- 
ra ad  ornamento  &  vtile  del  mondo  ,  di  futilmente  ri- 
mangon'  perfi.  Et  quanti  abbiamo  noi  veduti  feguire 
vna  profefsione  lungo  tempo ,  folo  per  tema  di  chi  li 
gouernajche  arriuati  poi  a  gli  anni  maturi  l'hanno  la- 
Iciata  in  abbandono  per  vn'altra ,  che  più  loro  aggra- 
da^Et  è  tanta  la  forza  della  natura;  che  lo  inclinato  ad 
vna  profefsione;  molto  più  frutto  vi  fa  in  vn'mcfè, 
che  con  qualunche  ftudio  ò  fatica  non  farà  vn  altro  in 
molti  anni .  Et  aduiene  bene  fpeiìb  che  continuando 
poi  quefti  tali,  per  lo  inftinto  che  ve  gli  tira,fanno  ara 
mirare  &  ftupire  infieme  l'arte  &  la  natura  ;  come  a  ra 
gion'  le  fece  ftupire  Domenico  di  Tommaio  Ghirlan 
daio,ilquale  fu  porto  all'arte  dello  orefice; &  non  pia- 
cendoli quella ,  non  reftò  di  continuo  di  difègnare  . 
Perche  effendo  egli  dotato  dalla  natura  d'uno  fpirito 
perfetto  &  d'un  gufto  mirabile,&  giudiciofb  nella  pit 
tura  ;  quantunque  Orafo  nella  fua  fanciullezza  fone, 
fempre  al  difegno  attendendo;venne  fi  pronto  &  pre- 
do &  facile;che  molti  dicono ,  che  mentre  che  all'ore- 
fice dimoraua,ritraendo  1  contadini,  &  ogni  altra  per 
fòna,che  da  bottega  paflaua  li  faceua  fubito  fomiglia 
re.Come  ne  fanno  fede  ancora  nell'opre  fue  infiniti  ri 
tratti,  che  fono  di  fimilitudini  viuifsime  .  Furono  le 
fue  prime  pitture  in  Ogni  Santi  la  cappella  de'  Vefpuc 
cijdouevn  christo  morto,& alcuni  Santi,&ib- 
pra  vno  arco  vna  mifericordia  ;  &  nel  Refettorio  di 
detto  luogo  vn  cenacolo  a  frefeo.  Dipinfe  &  in  Santa 
Croce  all'entrata  della  chi  eia  a  man  deitra  la  ftoria  di 
San  Paolino.  Et  acquiftando  fama  grandifsima  in  cre- 
dito venuto,  a  Francefco  Saifcti  i  lauorò  in  Santa  Tri 
ruta  vna  cappella  con  iftorie  di  San  Francefco;laquaIe 
opra  è  mirabilmente  c6dotta5&  da  lui  con  grazia  con 


DOMENICO    GHIRLANDAIO.  475 

pulitezza  &  con  amor  lauorata.  In  quella  contrafece 
egli  &  ritratte  il  Ponte  a  Santa  Tnnita3coì  palazzo  de 
gli  Spini:  fingendo  nella  prima  faccia  la  ftoria  di  San 
Fracefco  quado  apparifee  in  aria;  &  refufeita  quel  fan 
ciullo.  Done  fi  vede  in  quelle  donne  che  lo  veggono 
re-fufeitare ,  il  dolore  della  morte,  nel  portarlo  allale- 
pohura  ;  &  la  allegrezza  &  la  marauiglia  della  fua  re- 
furrefsione  .  Contrafecieui  i  frati  che  efeon  di  chiefa 
co'bechini  dietro  alla  crocc,perfotterrallo,fatti  mol- 
to naturalmente.  Et  cofi  altre  figure  che  fi  marauiglia 
no  di  quello  efFetto,che  non  danno  altrui  poco  piace- 
re,In  vnaltra  fece  quando  San  Francefco  prefenteil  vi 
cario  rifiuta  la  eredita  a  Pietro  Bernardone  fuo  pa- 
dre:&  piglia  l'abito  di  lacco  cigniendofi  con  la  corda. 
Et  nella  faccia  del  mezo,quando  egli  va  a  Roma  a  Pa- 
pa Onorio  &  fa  confermar  la  regola  fua  ;  prefentando 
di  Gennaio  le  Rofe  a  quel  Pontefice .  Nellaquale  fto- 
riafinfela  faladelConcifloro  co* Cardinali  chefede- 
uano  intorno;  &  certe  fcalee  che  faliuano  in  quella.ac 
cennando  certe  meze  figure  ritratte  di  naturile  acco- 
modandoui  ordini  di  appoggiatoi  perla  falita.  Et  fra 
quegli  ritraile  il  magnìfico  Lorenzo  vec- 
chio de  m  e  Die  i.Dipinfeui  medefimamentequa 
do  San  Francefilo  riceuc  le  ftimite .  Et  nella  vltima  fe- 
ce quando  egli  è  morto,  6V  che  i  frati  lo  piangonojdo- 
ue  u  vede  vn  frate  che  gli  baciale  mani;  &  inuero 
quello  effetto  non  fi  può  cfpi  imer  meglio  nella  pittu- 
ra ,  fenza  che  e'vè  vn  Vefcouo  parato  con  gli  occhiali 
al  nufo  che  gli  canta  la  vigiliajche  il  non  ientirlo  (bla- 
mente lo  dimofìra  dipinto.  Ritraffe  in  due  quadri  che 
mettono  in  mezolatauola,  Francefco  SaflTetti  gino- 
chioni  in  vno,&  ne  l'altro  la  fua  donna.Oltrache'èfe 
ce  nella  volta  quattro  Sibille  &  fuori  della  cappella  vn 
ornamento  (òpra  larco  nella  faccia  dinàzi ,  co  vna  iìo- 

OO     ii 


466  PARTE      II. 

ria  dentroui  quando  la  Sibilla  Tiburtina  fece  adorar 
christo  a  Octauiano  Imperatore:che  per  opera  in 
frefco  è  molto  praticamente  condotta:&  con  vna  alle 
grezza  di  colori  molto  vaghi .  Et  infiemi  acompa- 
gniò  quefto  lauoro  con  vna  tauola  pur  di  Tua  mano  la 
uorata  attempera  :  quale  ha  dentro  vna  natiuità  di 
christ o,di far  marauigliare molto  ogni  perfbna  in 
telli°"cnte,  doue  ritraffc  fé  medefimo  &  fece  alcune  te 
fte  di  paftori3che  fono  tenuti  cofa  diuina.  Dipinfe  a 
frati  Giefuati  vna  tauola  per  lo  aitar  maggiore  con  al 
cuni  Santi, in  compagnia  di  vna  Noftra  donna  bellifsi 
ma  Et  nella  chiefa  di  Ciftello  fece  vna  tauola  finita  da 
Dauid  &  Benedetto  fuoi  fratelli;dentroui  la  vifitazio 
ne  di  Noftra  donna,  con  alcune  tefte  di  femmine  va- 
ghifsime  &  bellifsime.Nella  chiefa  de  gli  Innocenti  fé 
ce  vna  tauola  de  Magi,molto  lodata  &  ftimatajdie  fu 
a  tempera.  Nellaquale  fono  tefte  bellissime  d'aria  & 
di  fifonomia  varie  cofi  di  giouani  come  di  vecchi  ;  & 
particularmentc  nella  tefta  della  Noftra  donna  fi  co- 
nofee  quella  onefta  bellezza  &  grazia,  che  nella  Ma- 
dre del  vero  d  i  o  può  efler  fattada  mano  vmana .  Et 
in  San  Marco  al  tramezo  della  chiefa  vn'altra  tauola, 
&  nella  foreftieria  vn'  cenacolo  con  diligenza  l'uno  & 
l'altro  condotto  :  &  in  cafa  di  Giouanni  Tornabuoni 
vn  tondo  con  la  ftoria  de'  Magi  fatto  con  diligeza.  Al- 
lo Spedaletto  per  Lorenzo  vecchio  de  me- 
dici amato  &ftimato  da  lui,  la  ftoria  di  Vulcano, 
doue  lauorano  molti  ignudi  fabricando  con  le  martel 
la  folgori  o  faetti  a  Gioue.  Et  in  Fiorenza  nella  chiefa 
do' gni  Santi  a  concorrenza  di  Sandro  di  Botticello,di 
pmfe  a  frefco  vn'  San  Girolamo ,  che  oggi  è  allato  alla 
porta  che  va  in  chioftro;  intorno  al  quale  fece  vna  in- 
finita di  infìrumenti  di  libri  da  perfone  ftudiofe.  Di- 
pinfe ancora  l'arco  fopra  laporta  di  Santa  Maria  Vghi 


DOMENICO   GHIRLANDAIO  467 

&  vn  Tabercolino  dietro  a  la  arte  de'Linaiuoli  ;  fimil- 
mente  vn'San  Giorgio  molto  bello  che  ammazza  il  fèr 
pente .  Et  per  il  vero  egli  intefè  molto  bene  il  modo 
del  dipignere  in  muro  :  &  ficilifsimamente  lo  lauorò; 
cffendo  niente  dimanco  nel  comporrele  Tue  cofe  mol 
to  leccato.  Fu  chiamato  a  Roma  da  Papa  Sifto  UH. 
a  dipignere  con  altri  mac-ftri  la  fua  cappella  ;  Et  dipin- 
feui  quando  christo  chiama  a  fé  da  le  reti,  Pietro 
&  Andrea  ;  Et  la  refurrefsione  di  eflb  1  e  s  v  chri- 
sto; della  quale  oggièguafta  la  maggior  parte  per 
eflere  ella  fòpra  la  porta  ;  refpetto  alo  aueruifi  auuto  a 
rimettere  vno  architraue,  che  rouinò .  Era  in  quefti 
tempi  medefimi  in  Roma  FranccfcoTornabuoniono 
rato  &  ricco  mercante ,  &  amicifsimo  di  Domeni- 
co, alquale  effendo  morta  la  donna  fòpra  parto  ;  8c 
auendo  per  onorarla  come  fi  conuenia  alla  nobiltà  lo- 
ro ;  fattole  fare  vna  fepoltura  nella  Minerua  con  alcu- 
ne ftori  e  di  marmo;  piacque  ancora  che  Domenico  di 
pigniefìe  tutta  la  faccia  doue  ell'era  fepolta .  Et  oltre 
a  quello  vi  facefle  vna  piccola  tauoletta  a  tempera. La 
onde  in  quella  pariete  fece  quattro  ftorie  :  dua  di  San 
Giouanni  Batifta,  &  due  della  noflra  Donna  ;  le  qua- 
li veramente  gli  furono  allora  molto  lodate.  Et  prouò 
tanta  dolcezza  nella  pratica  diDomenico;  che  tornai* 
dofene  quello  a  Fiorenza  con  onore  &  con  danari,  lo 
raccomandò  per  lettere  a  Giouanni  fùo  parente fcriue 
doli  quanto  c'ioauéflè  fèruito  bene  in  quella  opera; 
&  quanto  il  Papa  fu  (Te  fàtisfatto  de  le  fue  pitture .  Le 
quali  cofe  vdendo  Giouanni,  cominciò  a  difegnare  di 
metterlo  in  qualche  lauoro  magnifico  da  onorare  la 
memoria  di  fé  medefimo ,  &  da  arrecare  a  Domenico 
fama  &  guadagno .  Era  per  auuentura  in  Santa  Ma- 
ria Nouella,  conuento  de'frati  predicatori  la  cappella 
maggiore  3  dipinta  già  di  Andrea  Orgagna  ;  La  quale 

(DO     iii 


47^  PARTE       II. 

per  edere  (lato  mal  coperto  il  tetto  della  volta ,  era  in 
più  parte  contaminata  &  guada  da  la  acqua .  Perilche 
già  molti  Cittadini  la  aueuano  voluta  raffettare  o  ve- 
ro ridipignierla di  nuouo:  Mai  padroni  che  erano  de 
la  famiglia de'Riccij  no  fé  n'erano  mai  contentati;noa 
potendo  efsi  far  tanta  fpefà  ;  ne  volendoli  rifoluere  a 
concederla  adaltrui  che  la  facefsi  ;  per  non  perdere  la 
iu riduzione  del  padronato, &  il fegno  dellarme  loro 
lafciatagh  dai  loro  antichi.  Giouanni  adunque  defl- 
derofo  che  Domenico  glifacefle  quella  memoria,  fi 
mefTe  intorno  a  quefta  pratica;tentado  diuerfe  vie  :Et 
inultimo  promette  a  'Ricci  far  tutta  quella  fpefa  egli , 
&che  glincompenierebbc  in  qual  cofa;  &  farebbe  met 
ter  (arme  loro  nel  più  eludente  &  onorato  luogo,  che 
fu  (Te  in  quella  Cappella .  Et  coli  perfuafi  5  diede  loro 
vn  beueraggio  pervna  certa  amoreuolezza  ;&  fece 
fare  vno  inftrumento  rogato  molto  dreno  de'l  fenfb 
ragionato  di  fopra .  Et  allogò  a  Domenico  quefta  opc 
ra ,  con  le  florie  medefime  che  erano  dipinte  prima*,  & 
feciono  che  il  prezzo  fufsi  ducati  mille  dugento  doro 
larghi;  &  in  calo  che  lopera  gli  piacefie,fufsino  dugea 
to  più  .  Per  ilchè  Domenico  miiTe  man  alla  opera:  ne 
reftò  che  egli  in  quattro  anni  l'ebbe  finita  ilchc  fu  nel 
Mccccixxxv.  con  grandifsima  fatisfazzione  Se  eoa 
tento  di  elfo  Giouanni .  Il  quale  chiamandoli  ferui- 
to,  6c  confelfando  ingenuamente  che  Domenico  auc 
uà  guadagniati  i  dugento  ducati  del  pitiidiiTe  che  area 
he  piacere ,  che  e'  fi  contcntaffe  del'primo  pregio  :  Et 
Domenico  che  molto  più  ftimaua  la  gloria  &  l'onore  , 
che  le  ricchezze, gh  largì  fubito  tutto  il  reilante;  Affer 
mando  che  aueua  molto  più  caro  lo  auergh  fatisfatta 
de'l lauoro  ;  che  lo  edere  contento  del  pagamento. 
Appreffo  Giouanni  fece  fare  due  armi  grandi  di  pie- 
tra  l'vna  de'Tornaquinci  3  laltra  de  Tornabuoni  j  <2c 


DOMlNTCO  GHIRLANDAIO 


479 


metterle  ne  pilafìri  fuori  d'eflà  Cappella  :  E  «quando 
poi  Domenico  fece  la  tauola  dello  altare,  nello  orna- 
mento dorato/otto  vn'arco  che  per  fine  diquella  tauo 
la  fece  mettere  il  tabernacolo  del  Sacramento  belli/si 
mo  ;  &  nel  frontifpi'zio  di  quello  fece  vn  Scudicciuo- 
lo  d'vn  quarto  di  braccio  ;  dentroui  larme  de'Padi  on 
detti.Et  il  bello  fu  allo  {coprire  della  Cappella  ,  quelli 
cercoronocon  gran'romore  de  l'arme  loro  ;  &  final- 
mente non  vela  vedendo  ;  fenandarono  al  Magiftrato 
degli  Otto  ;  portando  il  contratto  .  Per  ilche ,  non 
Giouanni  che  era  morto  allora  ,  ma  gli  eredi  fuoi  per 
commilsione  lafciatadallui  moftrarono  efìerui  pofta 
nel  più  eludente  &  onorato  luogo  di  quell'opera  .  & 
benché  quelli  efclamafsino,  che  ella  non  fi  vedeua  :  fu 
lor  detto,  che  eglino  aueuano  il  torto  ;  &  che  auendo 
gli  fatti  metter  Giouanni  di  fopra  a  e  h  r  i  s  t  o,  fé  ne 
doueuano  contentare .  Et  con"  fu  decifo  che  douek 
fé  lare  ;  per  quel  magifìrato  come  al  prefente  fi  vede  . 
Ma  fé  quefto  parefle  ad  alcuno  fuor  delle  cofe  della  vi 
ta  che  fi  ha  da  fcriuere  ;  non  gli  dia  noia  ;  perche  tutto 
era  nel  fine  del  tratto  della  mia  penna .  Et  ferue  fé  non 
ad  altro ,  a  moiìrare  quanto,  la  pouertà  epreda  delle 
ricchezze;^  che  le  ricchezze  acompagniate  dalla  pru 
denzia,  conducoro  a  fine  &  fenza  biaììmo  ciò  che  al- 
trivuole.  Ma  per  tornare  alle  belle  opere  di  Domenì 
co  ;  fono  in  quella  capella  primieramente  nella  volta  ì 
quattro  Euangelifti  maggiori  del  naturale:  &  nella  pa 
riete  della  fineftra,  ftone  di  San  Domenico,&  San  Pie 
tro  martire,&  San  Giouanni  quando  va  al  deferto,  & 
la  Noftra  donna  annunziata  dall'angelo  &molti  Santi 
auuocatidi  Fiorcza,  Ginocchioni  fopra  le  fincfìre;& 
dappiè  ve  ritratto  di  naturale  ginocchioni  Giouanni 
Tornabuomdamanritta&ladonnafua  da  man  fini- 
fila  che  dicono  efier  molto  naturali.Neila  facciata  de- 


PARTI     1 1. 

ftra  di  poi  e  fette  ftorie,fcompartite  Tei  di  /òtto  in  qua 
dri  quanto  tien  la  facciata ,  &  vna  vltima  di  fopra  lar- 
ga quanto  fon  due  iftorie ,  &  quanto  ferra  l'arco  della 
volta,Et  nella  finiftra  altrettante  di  San  Giouanni  Ba 
tifta .  La  prima  della  facciata  delira  è  quando  Giouac 
chino  fu  cacciato  del  Tempio  ;  doue  fi  vede  nel  volto 
di  lui  efpref  fa  la  pacienzia;  come  in  quel  di  coloro  il  di 
fpregio,&  l'odio  che  efsi  Giudei  aueuano  a  quelli,che 
fenza  auere  figliuoli  veniuano  a'1  tempio .  Et  fono  in 
quefta  ftoria  da  la  parte  verfo  la  fineftra,  quattro  huo- 
mini  ritratti  di  naturale ,  l'un  de  quali  ciò  è  quello  che 
e  vecchio,  &  rafo,  e  in  Cappuccio  roflò;  è  Aleffo  Bai- 
doui netti ,  maeftro  àdi  Domenico  nella  pittura,  &  nel 
Mufaico. L'altro  che  è  in  capegli,&  che  fi  tiene  vna  ma 
no  al  fiancho  &  ha  vn  mantello  rollò,  &  fotto  vna  ve 
iticciuola  azurra,  è  Domenico  fteifo  maeftro  dellope- 
ra  ;  ritrattoli  in  vno  fpecchio  da  fé  medefìmo  ;  Quello 
che  ha  vna  zazzera  nera  con  certe  labbra  grò  fife ,  è  B  A 

STIANO    DA    SAN    Gì  VM  I  GN  I  A  N  O  fuO  difcepolo 

&  cogniato,  &  l'altro  che  volta  le  {palle  &  ha  vn  beret 
tino  in  capo,  è  Dauitte  Ghirlandaio  pittorefuo  fratel 
lo;  i  quali  tutti  per  chi  gli  ha  conofciuti  fi  dicono  effer 
veramente  viui ,  &  naturali.  Nella  feconda  ftoria,è  la 
natalità  della  Noftra  donna  fatta  con  vnadiligenzia 
grande;&  tra  le  altre  cofe  notabili  che  egli  vi  faceto  , 
nel  cafamento  o  profpettiua ,  è  vna  fineftra  che  dai  lu 
me  a  quella  camerata  quale  inganna  chila  guarda.. 
Oltra  quefto  mentre  fanta  Anna  ènei  letto ,  e  certe 
donne  la  vifitano ,  pofe  alcune  femmine  che  lauano  la 
Madonna  con  gran  cura,Et  chi  mette  acqua,  &  chi  fa 
le  fafeie,  &  chi  fa  vn  feruizio ,  &  chi  vn'altro  ,  &  men 
tre  ogniuna  attende  al  fuo ,  vi  è  vna  femmina  che  ha 
in  collo  quella  puttina,&  ghigniando  la  fa  ridere,  con 
vna  grazia  donnefcha  degnia  veramente  di  vnopera 

fini  ile 


DOMENICO    GHIRLANDAIO  ^Sl 

jfìmile  aquefta,'oltre  a  molti  altri  affetti  che  fono  in 
ciafcuna  figura. Nella  terza  che  e' la  prima  fòpra,è  qua 
do  la  Noftra  donna  fàglie  i  gradi  del  Tempio,  doue  è 
vn  cafàmento  che  fi  allontana  affai  ragioneuolmente 
da  l'ochio.  oltra  che  ve  vno  ignudo ,  che  gli  fu  allora 
lodato;  per  non  fène[vfàr  moltijancor  che  e'  non  vi  fuf 
fé  quella  intera  perfezzione;  come  a  quegli  che  fi  fon 
fatti  ne'tempi  noflrijper  non  eifere  eglinotanto  eccelle 
ti.  Accanto  a  quefta  è  lo  fpofàlizio  di  Noftra  donna;da 
uè  dimoftrò  la  collora  di  coloro  che  fi  sfoeano  nelrom 
pere  le  verghe ,  che  non  fiorirono  come  quella  di  Giù 
leppo  :  la  quale  ifloria  è  copiofa  di  figure  in  uno  acco- 
modato cafàmento.  Nella  quinta  fi  veggono  attillare 
i  Magi  in  Bettelem  con  gran  numero  di  h.uomini,  ca- 
ualh,  e  dromedarii,&  altre  cofe  varie;  ftoria  certamen 
te  accomodata.  Et  accanto  a  quefta,  è  la  fella  la  quale 
e  la  crudele  impietà  fatta  da  Erode  a  gli  innocenti;do- 
ue  fi  vede  vna  baruffa  bellifsimadi  femmine,  &  di  fal- 
dati, &  caualli,  chele  percuotono,^  vrtano  &  nel  ve 
ro  di  quate  ftoiie  vi  fi  vede  di  fuo,quefta  è  la  migliore; 
perche  ella  è  condotta  con  giudizioso  ingegno,  &  ar 
te  grade .  Conofceuifi  l'impia  volontà  di  coloro ,  che 
comadati  da  Erode  fenza  riguardare  le  madri,vccido- 
noque'poueri  fanciullini:  fra  i  quali  fi  vede  vno  che  an 
cora  apiccato  alla  poppa ,  muore  per  le  ferite  riceuute 
nella  gola  da  vn  foldato;&  fugge,per  non  dir  beu e  col 
petto  non  meno  fangue  che  latte  ;  cofa  veramente  di 
fua  natura:  &  per  effer  fatta  nella  maniera  che  ella  è,da 
tornar  viua  la  pietà  doue  ella  fuffe  ben  morta  .   Et  cer 
to,fu  ventura  di  Erode,  che  tal  cafo  non  vi  fuffe  confi 
derato .  Euui  ancora  vn  foldato  che  ha  tolto  per  for- 
za vn  putto;  &  mentre  correndo  con  quello  fé  lo  fìrin 
gè  in  fui  petto  per  amazzarlo,fe  li  vede  appiccata  a  ca- 
pegli  la  madre  di  quello  con  grandifsima  rabbia  :  &f& 

PP 


4$1  PARTE.      II. 

cendoli  fare  arco  della  fchiena,  fa  che  Ci  conofca  in  lo- 
ro tre  effetti  bellifsimr,  vno  è  la  morte  del  putto  che  fi 
vede  crepare ,  l'altro  l'impietà  del  fòldato,che  per  fèn- 
tii  fi  tirare  11  {lranamcnte3moil;ra  l'affetto  del  vendicar 
Ci  di  eilo  putto.ll  terzo  è  che  la  Madre  nel  veder  la  mor 
te  del  figliuolo,  con  furia  &  dolore  «Se  fdegno  cerca 
che  quel  traditore  non  parta  fenza  vendetta:  cofà  vera 
mente  più  da  Filofofo  mirabile  di  giudizio,  che  da  pit 
tore.  Sonui  efprefsi  molti  altri  affetti ,  che  chi  li  guar- 
da conofeerà  fenza  dubbio  quefìo  maeftro  effer  flato 
in  quel  tempo  eccellente.  Sopra  quefta  nella  fettima 
che  piglia  le  due  ftorie ,  e  cigne  laico  della  volta , è  il 
tranfitodi  Noftradonna,&lafuaaffunzionecon  infi 
nito  numero  d'angeli ,  &  infinite  figure,&  paefì,  &  al 
tri  ornamenti,  di  che  egli  fòleua  abbondare  ,  in  quella 
Tua  maniera  facile  &  pratica.Da  l'altra  faccia,doue  fo- 
no le  fiori  e  di  San  Giouanni, nella  prima  è  quando  Za 
cheria  facrificando  nel  tempio,L'angelo  gli  appare,  & 
perno  credergli  amutohfce.  Nella  quale  ftoria,moftra 
do  che  a'facrifizii  de  tepii  concorrono  femprc  le  perfo 
ne  più  notabili  per  farla  più  onorata  ritrafTevn  buo  nu 
mero  di  Cittadini  Fioretinichejgouernauono  allora 
quello  fìato;&particularméte,  tutti  quelli  di  cafa  Tor 
nabuoni,  i  giouani  &i  vecchi  &  altri  JOltre  a  queflo, 
per  inoltrare  che  quella  età  fioriua  in  ogni  forte  di  vir 
tu ,  Se  mafsime  nelle  lettere  ;  fece  in  cerchio  quattro 
meze  figure  che  ragionano  infieme  appiè  delle  iftoria; 
i  quali  erano  i  più  feienziati  huomini,  che  in  que'tem 
pi  Ci  trouaffero  in  Fiorenza  :  Se  fono  quefti  II  primo  e 
Meffcr  Marfilio  Ficino  che  ha  vna  vede  da  canonico, 
il  fecondo  con  vn'mantello  rodo,  &  vna  becca  nera  al 
collo,  è  Criftof  ino  Landino, Se  Demetrio  Greco  che 
{è  liuolta,  Se  inmezzo  a  quefti  ,  che  alza  alquanto  vna 
mano  è  Meifer  Angelo  Poliziano,!  quali  fon  viuifsimi 


D  OMENICO   GHIRLANDAIO  483 

epronti .  Seguita  nella  feconda  allato  a  qu efiala  visita- 
zione di  Noftra  donna  a  Santa  Elifàbetta  ;  nella  quale 
fono  molte  donne  che  laccompagnano,  con  portature 
di  que'  tempi;  e  fra  loro  fu  ritratta  la  Gincura  de'Ben- 
ci  ,  allora  bellifsima  fanciulla.  Nella  terza  fìoria  fòpra 
alla  pnmaèlanafcità  di  San  Giouanni;  nella  quale  e 
vna  auuertenzia  bellifsima:  che  mentre  Santa  Elifabet 
ta  e  in  letto  :  &  che  certe  vicine  la  vengono  a  vedere  , 
&  la  balia  ftando  a  federe  allatta  il  bambino ,  vna  fem  - 
mina  co  allegrezza  gniene  chiede,per  moftrare  a  quel 
le  donne  la  nouitàchein  fuavechiezzaaueua  fatto  la 
padrona  di  cafa .  Et  finalmente  vi  è  vna  femmina  che 
porta  a  la  vfanza  Fiorentina  ,  frutte  e  fìafchi  da  la  vil- 
la ;  la  quale  è  molto  bella.  Nella  quarta  allato  a  quella 
e  Zacheria  che  ancormutolo  flupifce  conio  intrepido 
dello  animo,  che  fia  nato  di  lui  quel  putto;  e  mentre 
glie  dimandato  del  nome  ,fcriuein  fui  ginocchio  a£ 
filando  gli  ochi  al  figliuolo  ;  quale  è  tenuto  in  collo  da 
vna  femmina  con  reuerenzia,  poftafi  ginocchione  in- 
nanzi a  lui ,  fegna  con  la  penna  in  fui  foglio,  Giouan 
ni  farà  il  fuo  nomejnó  fenza  ammirazione  di  molte  al- 
tre figure ,  che  pare  che  fìiano  in  forfè  fé  egli  è  vero  o 
nò.  Seguita  Ja  quinta,  quando  e  predica  alle  turbe; 
nella  quale  ftoria  fi  conofee  quella  affezione  che  dati 
no  i  popoli  nello  vdir  cofe  nuoue  ;  &  mafsime  nelle  te 
{te  degli  Scribi  cheafcoìtano  Giouanni  ;i  quali  pare 
che  con  vn'certo  modo  del  vifo,sbeffino  quella  legge; 
anzi  l'abbino  in  odio  ;  doue  fono  ritti  &  a  federe  Ma- 
felli  &  femmine  in  diuerfe  fogge  .  Nella  fefta  fi  vede 
San  Giouanni  battezare  christo;  nella  reuerenzia 
del  quale  moftrò  interamente  la  fede  che  fi  debbe  aue- 
re  a  facramento  tale.  E  perche  queflo  non  fu  fenza 
grandifsimo  frutto, vi  figurò  molti  già  igniudi,& 
icalzi,  che  affettando  d'euere  battezzati,moftrano  la* 

pp  a 


484  PARTE      II. 

fede,  &  la  voglia  {colpita  nel  vifò .  Et  infra  glialtri  vi 
è  vno ,  che  fi  caua  vna  fcarpetta  ,  che  rapprefcnta  la 
prontitudine  ifteffa .  Nella  vltima ,  ciò  e  nello  arco  ac 
canto  alla  volta  vi  è  la  funtuofifsima  cena  di  Erode, 
co'l  ballo  di  Erodiana  ;  con  infinita  di  feriti  che  fanno 
diuerfi  aiuti  in  quella  ftonaiOltra  la  grandezza  di  vno 
edifizio  tirato  in  profpettiua  che  moiìracome  nellal- 
tre  cofe  apertamente  la  virtù  di  Domenico  infieme  co 
le  dette  pitture.  Conduife  a  tempera  la  tauola  ifolata 
tutta ,  &  le  altre  figure  che  fono  ne'fei  quadri  ;  che  ol- 
tre alla  Noftra  donna  che  fiedein  aria  col  figliuolo  in 
collo,&  glialtri  Santi  che  gli  fono  intorno,oltra  il  San 
Lorenzo  &  il  Santo  Stefano  che  fono  interamente  vi- 
llici e  il  San  Vincenzio  Se  il  San  Pietro  Martire;  che 
non  li  manca  fé  non  la  parola  .  Vero  è  che  di  q  uefta  ta 
uola  ne  rimafe  imperfetta  vna  parte ,  mediante  la  mor 
te  fua,per  ilche  auendo  egli  già  tiratola  tanto  innanzi, 
che  e' non  le  mancati  a  altro,  che  il  finire  certe  figure 
dalla  banda  di  dietro  doue  è  la  Refurrefsione  di  chri 
$  t  o  &  tre  figure  che  fono  in  que'quadri;finiro.x>  poi 
il  tutto  Benedetto ,  &  Dauitte  Ghirlandai  fuoi  fratt- 
ali. Quefta  cappella  fu  tenuta  cofa  belhfsima,grande, 
garbata ,  Se  vaga,per  la  viuacità  de'colori,per  la  prati- 
ca &  pulitezza  del  maneggiargli  nel  muro;  Se  perii  pò 
co  ritoccargli  a  fecco ,  oltrala  inuenzione  Se  colloca- 
zione delle  cofe.  Et  certamente  ne  merita  Domenico 
lode  grandifsima  per  ogni  conto  ;  &  mafsime  per  la  vi 
uezza  delle  tette,  le  quali  per  efière  ritratte  di  naturale 
rapprefèntano  a  chi  verrà,le  viuifsim  e  effigie  di  molte 
perfòne  fegnalate .  Fece  ancora  nel  palazzo  della  Si- 
gnoria ,  nella  fida  doue  è  il  marauighofò  Orologio  di 
Lorenzo  della  v  o  l  pa  i  a  ,  molte  figure  di  San 
ti  Fiorentini,  con  bellifsimi  adornamenti.  Et  tanto 
fu  amico  del  lauorare ,  Se  di  fatisfare  ad  ognuno ,  che 


DOMENICO   GHIRLANDAIO  48^ 

tgli  aueua  commcOo  agarzoni,che  e'fi  accettafle  qua 
lunche  lauoro,  che  capitale  a  bottega,fè  bene  fuffero 
cerchi  da  paniere  di  donne  ■>  perche  non  gli  volendo  fa 
re  efsi ,  gli  degnerebbe  da  Te,  a  ciò  che  nefluno  fi  par 
tifie  (contento  da  la  Tua  bottega .  Doleuafi  bene  quan 
do aueua cure  familiari,  &perquefto  detteaDauid 
fuo  fratello  ogni  pefò  di  fpendercdicendoglijlafcia  la- 
uorare  a  me,  &  tu  prouedi ,  che  ora  che  io  ho  comin- 
ciato a  conofeere  il  modo  di  quefta  arte,mi  duole  che 
non  mi  fia  allogato  a  dipignere  a  florie,  il  circuitoci 
tutte  le  mura  della  città  di  Fiorenza,moftrado  cofi  ani 
mo  inuittifsimo  in  ogni  fua  imprefà,&  risoluto  in 
ogni  fua  azzione.Lauorò  a  Lucca  in  SanMartino  vna 
tauola  di  San  Pietro  &  San  Paulo ,  &  dipinte  a  San  Gi 
mignano  .  In  Fiorenza  lauoro  ancora  molti  tondi 
quadri  &  pitture  diuerfè,  che  non  firiueggono  altri 
menti ,  per  effere  nelle  cafe  de'  particulari .  In  Pifa 
fece  la  nicchia  del  Duomo  allo  aitar  maggiore ,  &  la- 
uoro in  molti  luoghi  di  quella  città,  come  alla  fac- 
<iata  dell  opera,  quando  il  Re  Carlo  raccomanda  Pi- 
fa ;  &  in  San  Girolamo  a'  frati  Giefuati  vna  tauola. 
Dicono ,  che  ritraendo  anticaglie  di  Roma ,  archi, 
terme  colonne,  colifei , aguglie ,  amfiteatri,  aqui- 
dotti,era  fi  giufìifsimo  nel  difegno,che  le  fàceua  a  oc- 
chio,fenza  regolo  o  fcfte  &  mifure:&  mifurandole  da 
poi  fatte  che  le'  aueua  ,  erano  giuftifsime  come  fé  e'  le 
aueffe  mifurate.  Et  ritraendo  a  occhio  il  Coliico,vi  fé 
ce  vna  figura  ritta  appiè;  chemifurando  quella  ,  tutto 
l'edificio  fi  mifuraua  :  &  fattone  efperienza  da  mae- 
ftri  dopo  la  morte  fua ,  ritornaua  giuftifsimo .  Fe- 
ce a  Santa  Maria  Nuouanelcimiterio  (òpra  vna  por-' 
ta  vn  San  Michele  in  frefeo  armato  belhfsimo  con  ri- 
uerbcrazione  d'armadurc ,  poco  vfàte  inanzi  a  lui  :  & 
aUa  badia  di  Pafsignano3  luogo  de  Monaci  di  Valle 

P  P     iii 


4S6  PARTE       II. 

Ombro{a,lauorò  in  compagnia  di  Dauid  Tuo  fratello 
&diBaftianoda  SanGimignano.  Do  uè  trattandoli! 
monaci  male  de'l  viuere inanzi  la  venuta  di  Domeni- 
co^ richiamarono  all'Abate,  pregandocene  meglio 
feruirc  li  faceflTe;non  effóndo  onefto ,  che  come  mano- 
uali  foffero  trattati .   Promifè  loro  l'Abate  di  farlo;  & 
fcufofsi,chequefto  più  auueniua  per  ignoranza  ,  che 
per  malizia. Venne  Domenico^  tuttauia  fi  continuò 
nel  medefimo  modo.Per  il  che  Dauid  trouando  vn'al- 
travoltalo  Abbate  fifeusò  dicendo;  chenonfaceua 
quello  per  conto  fuo  ,  ma  per  li  meriti  &  per  la  Virtù 
del  fuo  fratello .  Ma  lo  Abate,  come  ignorante  eh'  egli 
era,altra  rifpofta  non  fece.La  fera  poftifi  a  cena, venne 
il  foreftario  de' monaci  con  vna  affé  piena  di  Scodelle 
Se  tortacce  da  manigoldi  pur  nel  folito  modo.che  l'al- 
tre volte  fi  faceua.  Dauid  falito  in  colera  riuoltò  le  mi 
neflre  adoffo  al  frate,&  prefb  il  pane,  che  era  fu  la  ta- 
uola  auetandolo,al  frate,lo  percofle  di  modo,  che  mal 
viuo  a  la  cella  ne  fu  portato.Lo  Abate,che  già  era  a  lei 
to,leuato(ì  Se  coi  fo  al  rumore,credette,chel  monifte- 
ro  rouinaffe  :  &  trouando  il  frate  mal  concio,  comin- 
cio a  contendere  con  Dauid.  Perii  che  infuriato  Da- 
uid gli  1  ìfppfe ,  che  fi  gli  toglieffe  dinanzi,  che  valeua 
più  la  virtù  di  Domenico,  che  quanti  Abati  porci 
fiioi  pari  furon  mai  in  quel  moniftero .     La  onde  lo 
Abate  riconofeiutofi  da  quell'ora  inanzi ,  s'ingegno 
di  trattargli  da  valenti  huominì  come  elli  erano  . 
Finita  l'opera  tornò  a  Fiorenza,  Se  al  Signor  di  Car- 
pi dipinfè  vna  tauola  ,  vn'altra  ne  mando  a  Rimino 
a'1  Signor  Carlo  Malatefta  ,  chela  fece  porre  nella  fua 
cappella  in  San  Domenico. Quelta  tuuola  fu  a  tempe- 
ra,con  tre  figure  bellifsime ,  con  iftoriette  dilotto  ;  & 
dietro  figure  di  bronzo  finte,  con  difegno  Se  arte  già 
difsima.  Vna  altra  tauola  fece  nella  Badia  di  Volterra; 


DOMENICO   GHIRLANDAIO.  a%j 

&condottopoiaSienapermezo  del  Magnifico  Lo- 
renzo de*  Medici  che  gli  ent  rò  mallcuadore  a  que- 
fta  opera  di  ducati  ventimila  ,  Tolfe  a  fare  di  mufaico 
la  facciata  del  Duomo  .  Et  cominciò  a  lauoiare  con 
buono  animo  ,  &  miglior  maniera  .  Ma  preucnuto  da 
la  morte  lafciò  l'opera  imperfetta.  Come  per  la  morte 
del  predetto  Magnifico  Lorenzo,  rimafe imper- 
fetta in  Fiorenza  la  cappella  di  San  Zanobi  comincia- 
ta a  lauorare  di  mufaico  da  Domenico  m  compagnia 
di  Gherardo  Miniatore. Vedefi  di  mano  di  Domenico 
fopra  quella  porta  del  fianco  di  Santa  Maria  del  Fiore 
che  va  a  Semi  vna  Nunziata  di  mufaico  belli/sima  : 
dellaquale fra' maeftri moderni  di  mufaico  non  se  ve 
duto  ancor  meglio .  Vfàua  dire  Domenico,  la  pittura 
eflere  il  difegno;&  la  vera  pittura  per  la  eternità  edere 
il  mufaico.  Stette  (èco  in  compagnia  a  imparare  Ba- 
stiano ma  in  ardi  da  San Gimignano ,  ilquale 
in  frefeo  era  diuenuto  molto  pratico  maeftro  di  quel- 
la maniera;per  il  che  andando  con  Domenico  a  S.  Gi- 
mignano ,  dipinfei  o  a  compagnia  la  cappella  di  Santi 
Fina,Iaquale  è  cofa  belli  (sima .  Onde  per  la  fèruitù  & 
gentilezza  di  Baftiano,  fendofi  cofi  bene  portato ,  giù 
dico  Domenico,  che  e  foffe  degno  d'auere  vna  fuafò 
rella  per  moglie  ;  &  cofi  l'amicizia  loro  fu  cambiatain 
parentado;hbcralitàdi  amorcuole  maeftro,rimunera- 
tore  delle  virtù  del  difcepolo,acquiftatecon  le  fatiche 
delle  artc.Auuenne  poi  che  Domenico  ammalò  di  gra 
mfsima  febbre,la  pcftileza  dellaquale  in  cinque  giorni 
gli  tolfe  la  vita.EiTendo  infermo  gli  mandò  Giouanni 
Tornabuoni  à  donare  ceto  ducati  d'oro,  moftrado  la 
micizia  &  la  familiarità  fu  a ,  &  la  feruitù,  che  Dome- 
nico à  Giouanni  auea  fempre  portata  .Vifìe  Domeni- 
co anni  XLI1II.  &  fu  con  molte  lagrime  &  co  pietofi 
fofpiri  daDauid  &  da  Benedetto  fuoi  fratelli,^  da  Ri 


488  PARTE     II. 

dolfo  fuo  figliuolo  con  belle  efècjuiefepellito  in  San- 
ta Maria  Nouella,&fu  tal  perdita  di  molto  dolore  agli 
amici  Tuoi.  Perche  intefà  la  morte  di  lui,molti  eccellen 
ti  pittori  foreflieri  fcriflero  a  Tuoi  parenti,dolédofi  del 
la  fu  a  acerbissima  morte.Refìarono  fuoi  difcepoli  d  a- 

VID    OC   BENEDETTO    GHIRLANDAI,    BASTIA 

ko  mainardi  da  San  Gimii>nano>&  miche- 
le AGNOLO  BVON  ARO  TT  I  Fiorentino,  FRAN- 
CESCO granaccio,  Niccolo'  cieco,  Ia- 
copo DEL  TEDESCO.  IACOPO  DELL  INDA- 
CO,   BALDINO    BALDINELLIj&altrimaeftritUttl 

Fiorentini.  Mori  nel  mccccxciii.  Etéftatopoi 
onorato  con  cjuefli  verfi. 

DOMENICO    GHIRLANDAIO. 

Troppo  predo  la  morte 

Tronco  il  mio  alla f amache  a  le  flette 

Penfàt  correndoforte 

Zaffar  Zeuft  &  P arra/io,  &  Scopale  spelte* 

Arricchì  Domenico  l'arte  della  pittura  del  mufàico 
più  modernamente  lauorato,che  non  fece  nefìun  To 
fcano,  d'infiniti  che  fi  prouorono,come  lo  moftrano 
le  cofè  fatte  da  1  ui  per  poche  eh'  elle  fi  fiano.  Onde  per 
tal  ricchezza  &  memoria  nell'arte  merita  grado  & 
onore,&  edere  celebrato  con  lode  ftraordinarie  dopo 
la  morte. 


GHERARDO 


489 

GHERARDO    M I- 

NIATOR    FIO- 
RENTINO. 

Eramente  che  di  tutte  le  cofe  perpe- 
tue, che  fi  fanno  con  colori ,  nefliina 
più  refta  alle  percofie  de'  venti  &  del 
racque,che'lmufàrco.Et  bene  lo  co- 
nobbe in  Fioréza  ne*  tempi  Tuoi  l  o- 
renzo  vecchio  de  m  e  di  c  i,  il  qua 
le  come  perfona  di  fpirito  &  fpecula 
tore  delle  memorie  antiche,  cercò  di  rimettere  in  vfctf, 
quel  che  molti  anni  s'era  tenuto  aicofcncV  perche  gra 
demente  fi  dilettaua  de  le  pitture  &  de  le  fculturejnon 
potette  non  dilettarfi  ancora  de'l  mufaico .  La  ondfe 
veggendo,  che  Gherardo  miniatone  allora  ceruello  Co 
fiiìico  cercaua  le  difficulta  di  tal  magiftero;  come  per- 
fbna ,  che  Tempre  aiuto  chi  ne'  auctia  bifbgno,lo  fauo 
ri  grandemente;  &  meflTolo  in  compagnia  di  Domeni- 
co del  Ghirlandaio ,  gli  fece  fare  da  gli  operai  di  Santa 
Maria  del  Fiore  allogazione  de  le  cappelle  delle  erode 
re;onde  per  la  prima  gli  fece  allogare  quella  del  facra- 
méto  doue  è  il  corpo  di  S.Zanobi\.Per  il  cheGherardo 
afTbttighando  l'ingegno,  arebbe  fatto  con  Domenico 
mirabilifsiroe  cole,  fé  la  morte  non  vi  fi  fuife  interpo- 
la.Era  Gherardo  gentilissimo  miniatore  ;$t  fece  an- 
cora figure  gradi  in  muro,&  fuor  della  porta  alla  Cro 
ce  vn  tabernacolo  in  frefeo  .  Fece  ancora  vn'  altro  ta* 
bernacolo  in  Fiorenza  a  fòmmo  della  via  larga  molto 
lodato;&  nella  facciata  della  chiefa  di  San  Gilio  a  San 
ta  Maria  Nuoua  dipinfè  la  cofàgrazione  di  quella  chi* 
fa  per  il  Papa.  Et  quiui  miniò  vna  infinità  d«  libi  i^6t 


& 


fato  PARTE      II. 

interne  con  quegli  ne  fece  per  Santa  Maria  del  Fiore 
di  Fiorenza ,  &  fuora  per  il  Re  Mattia  de  Vnghcria  al 
cuni  altrhperche  accresciuto  d'animo  di  miniatore  di- 
uentò  pittore.Nel  mufàico  fu  concorrente  &  compa- 
gno di  Domenico  Ghirlandai^  quello  molto  ben  la 
uorò.Fece  vna  teda  di  S.Loi  ezo  a  concorrenza  di  Do 
menico  &  cofi  cominciò  il  mu{aico,nelquale  molto  te 
pofpefèaritiouareifegretupercio  Lorenzo  fece 
loro  ordinare  continua  prouifìone ,  accio  in  quel  luo- 
go fi  lauoraife  fempre .  Ma  tale  impedimento  a  quella 
opra  diede  la  morte  di  Lorenzo,che  il  lauoro  fi  rima* 
feimperfctto;&  Gherardo  quafi  per  lo  dolore  pafsò  di 
quefla  vita  nella  età  d'anni  lxiii.  Furono  le  fue  fa- 
tiche fatte  Tanno  mcccclxviii. 

SANDRO    BOTTI 

CELLO   PITTOR. 
FIORENTINO. 


Forzali  la  natura,a  molti  dare  la  vir- 
tù^ in  contrario  gli  mette  la  trafeu 
rattaggine  per  rouefeio:  perche  non 
penfando  al  fine  della  vita  loro,orna 
no  fpeflolo  fpedale  della  lor  morte 
come  con  l'opre  in  vita  onorarono 
il  mondo.  Quefti  nel  colmo  delle  fe- 


licità loro  fono  de  i  beni  della  fortunatroppo  carichi; 
&  ne  bifogni  ne  fon  tanto  digiuni ,  che  gli  aiuti  vma- 
nida  la  bestialità  del  lor  poco  gouernotalméte  -fi  fug- 
gono; che  co'l  fine  della  morte  loro  vituperano  tutto 
lonore,&  la  gloria  della  propria  vita .  Onde  non  fareb 
bepoca  prudenzia  ad  ogni  virtuofo,&  particularme- 


SANDRO    BOTTICELLA 


491 


te  a  gli  artefici  noftri,quando  la  forte  gli  concede  i  be 
ni  della  fortuna,  falciarne  per  la  vecchiezza,  &  per  gli 
incomodi  vna  parteuccio  il  bifogno ,  che  ogni  ora  na 
fee,  non  lo  percuota-.come  (Vanamente  percolile  San- 
dro Bottinilo,  che  cofi  fi  chiamò  ordinanamente,per 
la  cagione  che  appreffo  vedremo.  Coftui  fu  figliuolo 
di  Mariano  Filipepi  cittadino  Fiorentino;  dal  quale 
diligenteméte  alleuato  &  fatto  inftruire  in  tutte  quei 
le  cofè  che  vfànza  è  di  miegnarfi  a  fanciulli  in  quella 
citta ,  prima  che  e' fi  ponghino  a  le  botteghe  ;  ancora 
che  ageuolmente  apprcndefle  tutto  quello  che  è  vole 
uajera  nientedimanco  inquieto  fempre;ne  fi  contenta 
uà  di  fcuola  alcuna,  di  leggere,di  fcriuere  o  di  abbaco 
di  maniera  che  il  padre  infaftidito  di  quello  ceruello 
fi  ftrauagante ,  per  disperatolo  pofe  alo  orefice  con 
vn  fuo  compare  chiamato  Botticello,aflai  competen- 
te maeftro  all'ora  in  quella  arte ..  Era  in  quella  età  vna 
dimetti  chezza  grandifsima,&  quafi  che  vna  contino- 
ua  pratica  tra  gii  orefici  &  1  pittori  ;  per  la  quale  San- 
dro che  era  detta  perfona,  &  fi  era  volto  tutto  al  dile- 
gno ;  inuaghitofi  della  pittura,  fi  difpofe  volgerli  a 
quella .  Perii  che  aprendo  liberamente  l'animo  fuo  al 
padre,da  lui  che  conobbe  la  inchinazione  di  quel  cer- 
uelle  fu  condotto  a  Fra  Filippo  del  Carmine  eccellen- 
tifsimo  pittore  ali  ora ,  &  acconciato  fèco  a  imparare 
come  Sandro  fteflb  defideraua .  Datofi  dunque  tutto 
a  quella  arte,  feguitò  &  imitò  fi  fattamente  il  Maetti  o 
fuo ,  che  Fra  Filippo  gli  pofe  amore  :  &  infegnolli  di 
maniera  che  e'  peruene  torto  ad  vn  grado ,  che  neiTu- 
no  lo  arebbe  ftimato:  Dipinfe  eitendo  giouanetto  nel 
lamercatantiadi  Fiorenza  vna  fortezza  fraletauole 
delle  virtu,che  Antonio,  &  Piero  del  Poliamolo  lauo 
rarono  *  In  S.  Spinto  di  Fiorenza  fece  vna  tauola  al- 
la cappella  de  Bardi,  laquale  è  con  diligenza  lauorata 


49*  PARTE.      IT. 

&  a  buon  fin  condotta;doue  fbno  alcune  oliuCj&  pai 
me  huorate  con  fommo  amore. Lauorò  nelle  conuer- 
titevna  tauolaa  quelle  monache  ,&  a  quelle  di  San 
Bamabà,fimilmente  vn'altra.  In  Ogni  Santi  dipinfe  a 
Frefco  nel  tramezzo  alla  porta ,  che  va  in  coro  per  1  Ve 
Ipucci  vn  Santo  Agoflmo,  nel  quale  cercando  egli  al- 
lora di  pafìare  tutti  coloro,  eh'  al  fuo  tempo  dipinfero 
molto  s  affaticò,  laquale  opera  riufeì  lodatifsimapcr 
auere  egli  dimoftrato  nella  tetta  di  quel  fànto ,  quella 
profonda  cogitazione  >&  acutifsima  fottigliezza  che 
ìuole  e  fiere  nelle  perfone  fenfate  ,  &  attratte  contino- 
liamente  nella  inueftigazione di  cofè  altiisime&  mol 
to  difficili.Per  il  che  venuto  in  credito  &  in  riputazio 
he,  dall'arte  di  Porta  Santa  Maria  gli  fu  fatto  fare  iti 
San  Marco  vna  incoronazione  di  Noftra  dona  in  vna 
tauola,&  vn'  coro  d'angeli  ;  laquale  fu  molto  ben  dife- 
gnata  &  condotta  da  lui. In  caia  Medici  blorenzo 
vecchio  lauorò  molte  cofè,&  mafsimamente  vna  Pal- 
lade  fu  vna  imprefà  di  bronconi ,  che  buttauano  fuo- 
co ,  laquale  dipmfe  grande  quato  il  viuo  &  ancora  vn 
S.  Sebaftiano  in  Santa  Maria  maggior'  di  Fioréza.  Per 
la  citta  in  diuerfe  cafe  fece  tondi  di  fua  mano,  &  fem- 
mine ignude  affai ,  dellequali  oggi  ancora  a  Cartello, 
luogo  del  Duca  e  o  s  1  m  o  di  Fiorenza  fono  due  qua- 
dri figiiratijl'uno  Venere,che  nafee ,  &  quelle  aure  & 
venti,che  la  fanno  venire  in  terra  con  gli  amori:&  co 
{\  vn'altra  Venere,  che  le  grazie  la  fiorifeono  dinotan- 
do la  prima  vera  ;  lequali  da  lui  con  grazia  fi  veggono 
efpjette.  Nella  via  de  Semi  in  cala  Giouanni  Vefpucci 
oggi  di  Piero  Saluiati,  fece  intorno  vna  camera  molti 
quadri  chi  ufi  da  ornamenti  di  noce  per  ricignimen- 
to  &  fpalliera,  con  molte  figure ,  &  viuifsime,&  bel- 
le. Ne' monaci  di  Ceftelloavna  cappella  fecevna 
tauola  d'una  Annunziata .     In  San  Pietro  Maggio- 


SANDRO    BOTTICELLO 


49* 


renila  porta  del  fianco  fece  vna  tatiola  per  Matteo 
Palmieri  con  infinito  numero  di  figure  ,  la  a()un- 
Zione  di  Nolìra  donna  con  le  zone  de'cieli  ,  come 
fon  figurare ,  i  Patriarchi ,  i  Profeti,  gli  A  portoli ,  oli 
Euangelifti,i  Marcirai  Confetto ri,i  Dottorale  VerVj 
ni,&  le  Gerarchie;  difègno  datogli  da  Matteo  ,  ch'era 
litterato .  La  cjuale  opra  egli  con  maeftria  &  finiti/si- 
ma diligenza  dipinfe.   Euui  ritratto  appiè  Matteo  in 
ginocchioni  ,  &  la  fua  moglie  ancora .    Ma  con  tutto 
che  quefta  opera  fia  bellifsima,&  che  ella  doueflc  vin- 
cerei inuidia  ;  furono  però  alcuni  maliuoli  &  detrat- 
tori, che  non  potendo  dannarla  in  altro  rdiffero  che 
&  Matteo  &  Sandro  grauemente  vi  aueuamo  peccato 
in  Ercfia;  ìlche  fé  e  vero  o  non  vero,  non  fé  ne  afpetta 
il  giudiziora  me  baila  che  le  figure  che  Sandro  v:  fé  ce, 
veramente  fono  da  lodare,per  la  fatica  chee'durò  nel 
girare  i  cerchi  de'Cich  &  tramezare  tra  figure  &  figu 
re  d'Angeli,  &  feorci,  &  vedutein  diuerfi  modi  diuer 
fornente,  &  tutto  condotto  con  buono  difègno.   Fu 
allogato  a  Sandro  in  quefto  tempo  vna  tauoletta  pie-» 
cola  di  figure  di  tre  quarti  di  braccio  l'vna  -,  La  quale 
fu  pofta  m  Santa  Maria  Nouella  fra  le  due  porte  nella 
^cerata  principale  della  chiefa  nello  entrare  per  la  por 
ta  del  mezo  ^  (miftra:Et  cuui  dentro  la  adorazione  de" 
Magi  ;  Dou  e  fi  vede  tanto  affetto  nel  primo  vècchio  ; 
che  baciando  il  piede  al  noftro  Signorc,&  ftrm»gendo 
fi  di  tenerezza  ,  benissimo  dimoitra  auere  conìeguito 
la  fine  del  kinghifsimo  fuo  viaggio  :  Et  la  figura  di 
quefìo  Kc  -,  è  il  proprio  ritratto  di  Cosimo  vecchio 
de'Medici:  di  quanti  a'di  noli  ri  le  ne  ntruouano  il  più 
viuo&  più  naturale.  Il  fecondo,  che  è  gì  v  li  ano 
de'Medici  Padre  di  papa  clemente  vii.  Si  ve 
decheintentiffimocon  l'animo, diuotamente  rende 
reucrcnzia  a  quelputto>&  gli  altegna  il  prefento  fuo. 


PARTE -II. 


494 

Il  terzo  inginocchiato  egli  ancora,  pare  che  adorando 
lo,  gli  renda  grazie;&  lo  confefsi  il  vero  Mefsia  .Ne  fi 
può  deferi uere  la  bellezza  che  Sandro  moitrò  nelle  te- 
de che  vi  fi  veggono;le  quali  co  diuerfe  attitudini  fon' 
cirate,quale  in  faccia,quale  in  proffilo,quale  in  mezo 
OCchio,&  qual  chinata,&  in  più  altre  maniere;Et  di- 
uerfità.  d'arie  di  giouani,di  vecchi;  co  tutte  quelle  ftra 
uagazie  che  poìfono  far  conofeere  la  perfezzione  del 
fuo  magifterio.  Auendo  egli  difìinto  le  corti  di  tre  Rè, 
di  maniera  che  e  fi  coprende,quali  fiano  i  feruidon  del 
l'vno ,  &  quali  dell'altro .  Opera  certo  mirabilifsima; 
Et  per  colorito,  per  difegno,&  per  componimento,ri 
dotta  fi  bella  ;  che  ogni  artefice  ne  refta  oggi  maraui- 
cliato;  Et  all'oragli  arrecò  in  Fiorenza  &  fuori  tanta 
Sfama  che  Papa  Sifto  II II.  auendo  fatto  fabbricare  la 
cappella  in  Palazzo  di  Roma  ;  &  volendola  dipignere, 
otdinò  ch'egli  ne  diuenifìe  capo;onde  in  quella  fece  di 
fua  mano  le  infraferitte  ftorie  cio,è  quado  chruto 
è  tentato  dal  diauolo;  quando  Mofe  amazza  lo  Egiz- 
io, &  che  riceue  bere  da  le  figlie  di  Ietrò  Madianite . 
umilmente  quando  facrificando  i  figliuoli  di  Aaron 
venne  fuoco  da  cielo  ;&  alcuni  Santi  Papi  nelle  nic- 
chie di  fopra  alle  ftorie .  La  onde  acquiftato  fra  molti 
concorrenti  che  feco  lauorarono ,  &  Fiorentini,  &  di 
altre  citta,fama  &  nome  maggiore;ebbe  dal  Papa  buo 
na  fomma  di  danari  ;  i  quali  ad  vn'tempo  deftrutti ,  & 
confumati  tutti  nella  flanza  di  Roma,  per  viuere  a  ca- 
io jcome  era  il  folito  fuo;  &  finita  infieme  quella 
parte  che  egli  era  (lata  allogata,  &  fcopertala,fe  ne  tor 
nò  fubitamente  a  Fiorenza.  Doue  per  eifere  perfona 
fofiftica,comentò  vna  parte  di  Dante  :  &  figurò  lo  in- 
ferno, &  lo  mife  in  Stampa  dietro  al  quale  confumò  di 
molto  tempo,perilche  non  lauorando  fu  cagione  di  in 
finiti  difordini  alla  vita  fua .  Mife  in  ftampa  ancora  il 


SANDRO   B0TTICELL9  4175 

trionfo  della  Fede  di  fra  Girolamo  Sauonnrola  da  Fer 
rara,&  fu  molto  partigiano  a  quella  fetta.  Ilche  fu  cau 
fa,  che  abbandonando  il  dipigncre,  &  non  auendo  eri 
trate  da  viuerc  precipitò  in  dilordine  grandifsimo  . 
Perche  oiìinato  alla  fetta  di  quella  parte,faccendo  con 
tinuamente  il  piagnone  &  deuiandofida'l  lauoro,  in 
vecchiando,  &  dimenticando  fi  condufTe  in  molto 
mal'effere.  Aueua  lauorato  molte  cole  in  quel  di  Voi 
terra  &  molte  aLORENzo  vecchio  di  Medici^!  qua 
le  mentre  vilTefempre  lo  fouuenne.  E  in  San  France- 
fco  fuor  della  porta  San  Miniato ,  vn  tondo  con  vna 
Madonna,con  Angeli  grandi  quanto  il  viuo ,  il  quale 
fu  tenuto  cofa  bellifsima .  Dice/ì  ,  che  Sandro  era  per 
fona  molto  piaceuole  &  faceta,  &  tempre  baie  &  pia- 
ceuolezze  fi  faceuano  in  bottega  (uà,  doue  continoua 
mente  tenne  a  imparare  infiniti  giouani,  1  quali  molte 
giolìrc  &  vccellamenti  vfauano  ùrfi  lun  laltro  &  San- 
dro flelTo  .accufò  per  burla  vno  amico  fuodi  Erefia  a 
gli  Otto,iIl  quale  comparendo  domandò  chi  l'aueua 
accufato  Sadiche,  perche  fendogli  detto  che  Sandro 
era  flato, il  quale  diceuach'ei  teneua  l'opinione  degli 
Epicurei ,che  l'Anima  monlTe  col  corpo,  rifpofè  , 
&  dille,  egli  è  vero  che  io  ho  quefta  opinione  dell'ani 
ma  flia.,  ch'è  beftia,&  bene  é  egli  Eretico;  poi  che  len- 
za lettere  comenta  Dante,  &  mentoua  il  fuo  nome  in 
vano.  K)icefi,ancora  che  molto  amaua  qucglijche  ve- 
deua  ftudiofi  della  arte;&  dicono  che  guadagnò  mol- 
to ;&  tutto  per  trafcurataggine  fenza  alcun  Ifrutto 
mandò  in  mala  parte.  Fu  da  Lorenzo  vecchio  mol- 
to amato,&  da  infiniti  ingegni ,  &  onorati  Cittadini 
ancora .  Ma  finalmente,  condottoli  vecchio  &  difu- 
tile, camminaua  per  terra  con  due  mazze,  paniche  no 
potendo  più  far  niente,  infermo  &  decrepito,  ridotto 
in  miferia^  pafsò  di  quefta  vita  d'anni  l  x  x  v  i  i  i:  &  in 


496  PARTE     ir» 

Ogni  Santi  dì  Fiorenza  fu  fcpolto .  Lanno  M  DXV. 
Meritò  veramente  Sandro  grm'Lode  in  tutte  le  pit- 
ture che  e  fece  doue  lo  ftrigneua  lo  amore  cVlaaf- 
fezzione;Et  ancora  che  eli  fulTè  indiritto  comefi 
diflc  a  le  cofe ,  che  per  la  ipocrefia  C\  recano  a  noia  le 
bellifsime  confiderà/ioni  della  arte  ;  E'non  refta  perà 
chclefuecofe,nonfiano&  belle  &  molto  lodate:  Ec 
mafsimamente  la  tauola  de'Magi  di  Santa  Maria  No- 
vella .  In  fu  la  grandezza  della  quale  fi  vede  oggi  di 
fuo  appretto  di  Fabio  Segnivna  tauola  dentroui  la  Ci 
lumnia  di  Apelle  ;  doue  Sandro  diurnamente  imitò  il 
Capriccio  di  quello  antico  Pittore;  Et  la  donò  ad 
Antonio  Segni,  fuo amicifsimo.  Et  èfibellaquefta 
Tauola  che&  perla  inuenzione  di  Apelle  ,"&  perula 
pittura  di  Sandro  3  e  ella  (lata  onorata  di  quefto  Epi* 
gramma . 

Inebrio  cjuemquitm  nefalfo  l&dere  tentent 
Terrarum  Reres  parua  Tabella  monet  • 

Hmcfimiltm  <AEgypù  Regi  donauit  ~4pelles  • 
Rexfmt  x  &*■  dto-nus  rmnens  ;  rmnits  eo  . 


ANTONIO. 


•497 

ANTONIO      ET 

PIERO    POLLAIVO 

LI,  PITTORI  ET 

' 

SCVLTO.RI  Fio- 

rentini. 

Ohi  di  animo  vile  ,  cominciano  cofè 
bafTe;a'quali  credendo  poi  l'animo 
con  la  virtù,  crefce  ancora  la  forza  & 
il  valore  :Di  maniera  che  falendo  a 
maggiori  imprcfe,  aggiungono  vici- 
no al  cielo,  co'bellifsimi  penfier'loro . 
Et  inalzati  dalla  Fortuna,  fi  abbatto 
no  bene  fpciìb  in  vn'Principe  buono  &  Santo  ;,  che  ag 
giufta  fede  fi  falda  alle  loro  parole  :  che  fidatoli  di  efsi, 
&trouando.fene  benferuito  ne'fuoi  dilegni  ;  è  forza- 
to remunerare  in  modo  le  lor'fatiche  :  cheiPoiteri  di 
quegli'fino  in  quinta  generazione, ne  lenti no  larga- 
mente ejd'utile,  &  comodo  .  La  onde  quefti  talica- 
minanoin  quefta  vita  con  tanta  gloria  a  la  fine  loro; 
chedifelafcianofègnial  Mondo  dimarauiglia;come 
fecero  Antonio  &  piERodeJPollaiuolo;.molto 
fìimati  ne'tempi  loro,  per  quelle  rare  virtù  che  e'fiaue 
uano  guadagnate  co'loro  fudori .   Nacquero  coftoro 
nella  citta. di  Fiorenza ,  pochi  anni  l'vno  dopo  l'altro  , 
di  padre  aflai  baffo,  &  non  molto  agiato .  Il  quale  co- 
nofeendo  per  molti  fegni,ilbuono  &  acuto  ingegno 
de'fuoi  figliuoli  i  non.auendo  il  modo  a  indirizzargli 
a  le  lettere ,  pofe  Antonio  alla  arte  dello  Orefice  con 
Bartoluccio  Ghiberti ,  Maefìro  ali  ora  molto  ecceller* 
te  in  tale  efercizio  j  Et  Piero  mifle  al  pittore  con  Ari- 


49$  FAITE.      II. 

drea  del  Caftagno  che  era  il  meglio  allora  diFiorenza.' 
Antonio  dunque  tirato  innanzi  daBartoluccio;oltra 
il  legare  le  Gioie,&  lauorare  a  fuoco  (malti  d  argenroj 
era  tenuto  il  più  valente  che  maneggiale  ferri  in  quei 
laarte.  Laonde  Lorenzo  Ghiberti  che  all'ora  lauora 
uà  le  porte  di  San  Giouanni,dato  di  occhio  alla  manie 
ra  d'Antonio ,  lo  tirò  al  lauoro  (uo .  in  compagnia  di 
molti  altri  giouani.  Et  portolo  intorno  advno  di 
quefeftoni,  che  allora  aueua  tra manojAntonio  vi  fé 
ce  fu  vna  Quaglia  che  dura  ancora  ;  tanto  bella  &  tati 
to  perfetta,  che  non  le  manca  fé  non  il  volo.  Non  con 
fumò  dunqueAntonio  molte  letamane  in  quefto  efer 
cizio  ;  che  e'  fu  conofciuto  per  il  meglio ,  di  tutti  que' 
che  vi  lauorauano ,  di  difègno,  &  di  pazienzia;Et  per 
il  più  ingegnofo  &  più  diligente  che  vi  fuife.  La  onde 
crefcendo  la  virtù  6c  la  fama  fua ,  fi  parti  da  Bartoluc- 
cio  &  daLorenzo;Etin  mercato  nuouo  in  quella  città 
aperfè  da  fé  vna  bottega  di  Orefice,  magnifica  &  ono 
rata .  Et  molti  anni  feguitò  l'arte,  difegnando  conti- 
nouamente:  &  faccendo  di  riheuo  Cere  &  altre  fanta 
fìe;che  inbriene  tempo  lo  fecero  tenere  (  come  egli 
era)  il  Principale  di  quello  efercizio.  Era  in  quello 
tempo  medefimo  vn'altro  Orefice  chiamato  ma  s  o  fi 
Nigverr  A, il  quale  ebbe  nome  ftrafordinario,&  me 
ritamente  ;  che  per  lauorare  di  Bulino ,  &  fare  di  Niel 
lo;  non  fi  era  veduto  mai,  chi  in  piccoli ,  o  grandi  fpa- 
2Ìi,facefìe tanto  numero  di  figure,  quante  nefaceua 
egli  ;  Si  come  lo  dimoftrano  ancora  certe  Paci,  lauora 
te  da  lui  in  San  Giouanni  di  Fiorenza  con  iftorie  mi- 
nutifsime  de  la  pafsione  di  e  h  r  i  s  t  o.  A  concorrenza 
di  coftui  fece  Antonio  alcune  iftorie,  doue  lo  parago- 
nò nella  diligézia;  &  fuperollo  nel  difègno.Per  la  qual 
cola  i  Confoh  della  arte  de'Mercatanti  vedendo  la  ec- 
lcnzia  diAntonio  deliberarono  tra  loro5che  auendofi, 


ANTONIO   ET    PIERO    POLLAIVOLI      499 

a  fare  di  Argento  alcune  iflorie  nello  altare  diSan  Gio 
uanni.fi  come  da  varii  maeflri  in  diuerfi  tempi,fèmpre 
era  flato  vfanza  di  fare  ;  che  Antonio ,  egli  ancora  ne 
lauorafle  :  Et  cofi  fu  fatto .  Et  riufcirono  quelle  fue 
cofe  tanto  eccellenti:  che  elle  fi  conofcono  fra  tutte  l'ai 
tre  per  le  migliori. Per  ilchè  gli  allogarono  i  detti  Con 
foli,  i  candellieri  de  l'argento,  di  braccia  1 1 1.  l'vno  ;  & 
la  Croce  a  proporzione  ;  Doue  egli  lauorò  tanta  roba 
d'intaglio,&  la  condufìe  a  tanta  perfezzione;che  &da* 
Foreftieri ,  &  da'terrazzani ,  fempre  è  fiata  tenuta  co 
fa  marauigliofa .  Durò  in  queflo  mefìiero  infinite  fa- 
tiche ;  fi  ne'  lauori  che  e  fece  doro  :  come  in  quelli  di 
fmalto,  &  di  argento  .  Le  quali  cofè  in  gran'parte,per 
ibifbgni  della  Città  nel  tempo  della  Guerra ,  fono  fia- 
te dal  fuoco  deftrutte  &  guafle.  La  onde  conofeendo 
egli  che  quella  arte  non  daua  molta  vita  alle  fatiche  de* 
fuoi  artefici;  fi  nfoluè ,  per  defiderio  di  più  lunga'me- 
moria,  non  attendere  più  ad  efTà.  Et  cofi  auendo  egli 
Piero  fuo  fratello  che  attendeua  alla  pitturaci!  accollo- 
a  quello,per  imparare  i  modi  del  maneggiare  &  adope 
rare  i  colori  :  Parendoli  pure  vna  arte  tanto  differente 
da  l'orefice;  che  fé  egli  non  aueffècofi  prettamente  re~ 
folutodi  abbandonare  quella  prima  in  tuttoje'iarebbe 
forfè  fiata  ora,  che  e'non  arebbe  voluto  efferuifi  volta 
to  .  Per  la  qual  cofa  fpronato  dalla  vergogna,  più  che. 
dallo  vtile,  apprefà  in  non  molti  mefi  la  pratica  del  co- 
lorire, diuemò  maeflro  eccellente,  Et  vnitofi  in  tutta 
con  Piero  lauorarono  in  compagnia  di  molte  pitture- 
fra  le  quali  per  dilettarci  molto  del  colorito,  fecero  al, 
Cardinale  di  Portogallo  vna  tauola  ad  olio  in- San  Mi 
Biato  al  Monte  fuori  di  Fiorenza;  la  quale  fu  pofla  fa 
lo  altare  della  fua  cappella,  Et  vi  dipinfero  dentro  San* 
Jacopo  Apoflolo,  Santo  Euftachio,&  fan  Vincenzio, 
àke  fono  (teti  molto  lodati .  Dipinfero  ancora  in  Sar* 

RR    ii 


fOO  FAJTE       If. 

Michele  in  Orto  in  vno  pilaftro  ,  in  tela  ad  olio ,  vno 
Angelo  Raffaello  con  Tobia;  &  fecero  nella  Merca- 
tantia  di  Fiorenza  alcune  virtù ,  in  quello  ileffo  luo- 
go doue  fiede  prò  Tribunali  il  magiftrato  di  quella . 
Nel  Proconfolo  fece  il  Poggio  di  naturale,  &  vn'altra 
figura,  &  nella  cappella  de'Pucci  a  San  Sebaftiano  da* 
Serui  fece  la  tauola  dello  altare,  che  è  cofà  eccellente 
&  rara,  doue  fono  cauallimirabili,  ignudi,  &  figure 
bellifsime  in  ifcorto,&  il  San  Sebaftiano  fteflo  ritratto 
dal'  viuo  ciò  è  da  Gino  di  Lodouico  Capponi,  &  fu 
quella  opera  la  più  lodota  che  Antonio  fàcefCe  già 
mai .  Con  ciò  fìa  che  per  andare  egli  imitando  la  Na- 
tura il  più  che  e  poteua,pofe  in  vno  di  que  Saettatori, 
che  appoggiatala  Baleltra  alpetto,fi  china  a  terra  per 
caricarla ,  tutta  quella  forza  che  può  porre  vno  forte 
di  braccia, in  caricare  quello  inftrumento.  Imperò 
che  t'Ci  conofee  in  lui  il  gonfiare  delle  vene  &  de'  mu- 
fcoli,  &  il  ritenere  del  fiato,per  fare  più  forza.  Et  non 
e  quello  folo  ad  effere  codotto  co  aduertenzia,che  tut 
ti  gli  altri  ancora  con  le  diuerfe  attitudini ,  affai  chiara 
mente  dimoftrano  lo  ingegno&  la  confìderazione  che 
«gli  aueua  pollo  in  quella  opera  la  quale  fu  certamen- 
te conofeiuta  da  Antonio  Pucci, che  gli  dono  per 
queflo  ecc. fcudi,affermando  che  non  gli  pagaua ap- 
pena i  colori.  Crebbeli  dunche  da  quello  l'animo  &  a 
San  Miniato  frale  torri  fuor  della  porta,  dipinte  vrt 
San  Criftofano  di  x.braccia;  cofà  molto  bella ,  &  mo- 
dernamente lauorata .  Poi  fece  in  tela  vn  Crocififlb 
co  Santo  Antonino,ilquale  è  pollo  alla  fua  cappella  in 
S.Marco.  In  palazzo  della  Signoria  di  Fiorenza  lauo- 
rò  alla  porta  della  catena  vn  San  Gio.  Batifta:&  in  ca 
là  Medici  dipinfè  a  Lorenzo  vecchio  tre  Er- 
coli in  tre  quadrighe  fono  di  cinque  braccia  ;  l'uno, 
de  quali  feoppia  Anteo,  figura  bellifsima  j  nellaqualc 


ANTONIO   ET   PIERO   P0LLAIV0L1.       501 

fi  propriamente  fi  vede  la  forza  di  Ercole  nello  ftrigne 
re:chei  mufcoli  della  figura  &  ineruidi  quella  fono 
tutti  raccolti, per  fare  crepare  Anteo  .  Et  nella  tetta  di 
eflb  Ercole  fi  conofce  il  digrignare  de'  denti  accorda- 
to in  maniera  con  l'altre  parti;  che  fino  a  le  dita  de'  pie 
di  s'alzano  per  la  forza. Ne  vsò  punto  minore  aduerte 
zia  in  Antco,che  ftretto  daje  braccia  d'Ercole,fi  vede 
mancare  &  perdere  ogni  vigore,&  a  bocca  aperta,ren 
dere  lo  fpirito.  L'altro  ammazzando  il  Lcone,gli  ap- 
punta il  ginocchio  finiftro  al  petto;  &  afferrata  la  boc 
era  del  Leone  con  ammenduele  fuemani,  ferrando  1 
denti,  &  {tendendo  le  braccia  lo  apre  &  sbarra  per  vi- 
lla forza;ancora  che  la  fiera  per  fua  difefà ,  con  gli  vn- 
ghioni,  malamente  gli  graffi  le  braccia .  Il  terzo,  che 
amazza  ridra,è  veramente  cofà  marauigliofa,6Y  mafsi 
inamente  il  ferpente;  il  colorito  delquale  ,  cofiviuo 
fece  &  fi  propriamente,  che  più  viuo  far  non  fi  può . 
Quiui  fi  vede  il  velenosi  fuoco,  la  ferocità ,  l'ira,  con 
tanta  prò ntezza;ch e  merita  efTercelebrato,&  da  buo- 
ni artefici  in  ciò  grandemente  imitato.  Alla  compa- 
gnia di  Santo  Angelo  in  Arezzo  fece  in  fui  drappo  a 
olio  vn  San  Michele,che  combatte  col  ferpe,tanto  bel 
lo, quanto  cofà, che  di  fua  mano  fi poffa  vedere;  per- 
che v  eia  figura  del  San  Michele,che  con  vnabrauura 
affrontai!  ferpente,  ftringendoi  denti  e  increfpan- 
dole  cigliacene  veramente  pare  difcefbda'l  Cielo  per 
fare  la  vendetta  di  Dio  contra  la  fuperbia  di  Lucifero 
&  è  certo  cofa  marauigliofà .  Da  l'altra  bada  vi  fece  vn 
CrocififTo.  Eglis'intcfede  gli  ignudi  più  modcrname 
te  ,  che  fatto  non  aueuano  gli  altri  maeftri  inanzi  a  lui 
&  fèorticò  molti  huomini ,  per  vedere  la  notomia  lor 
(òtto.Et  fu  primo  a  moftrare  il  modo  di  cercare  i  rau- 
{coli,che  auefsero  forma,  &  ordine  nelle  figure  ;  &  di 
quegli  tutti  cinti  d'una  catena  intagliò  in  ramevna 

RR  Hi 


H 


501  PARTE    II. 

battaglia,&  fece  altre  fìampe  di  Tua  manocon  miglio- 
re intagliojche  non  aueuano  fatto  gli  altri .  Per  il  che 
nella  morte  di  Siilo  III  I.fu  da  Papa  Innocenzo  con- 
dotto a  Roma  :  Et  (cce  di  metallo  la  fepoltura  di  que- 
llo potefice ,  &  fìmilmente  la  fepoltura  di  Papa  Siilo 
fuo  antecefTore ,  nella  fua  cappella  medefima  in  San 
Pietro ,  ifola  ta  intorno  &  tutta  di  bronzo ,  lacuale  fu 
cagione, eh'  egli  nello  impacciarli  co  i  grandi,  ricono- 
fciuto  della  virtù  fua,  &  di  continuo  più  inal/.andofì, 
ricchifsimo  diuenne .  Bene  è  vero  che  non  molto  do- 
po il  fine  di  detta  opera  l'uno  dopo  l'altro  in  poco  tem 
pò  fé  ne  morirono  nel  m  e  e  e  e  1 1  e.  Lafciarono  molte 
facultà,  &  da  paréti  in  S.Pietro  in  Vincula  in  Roma  fu 
rono  fepohi:&  in  memoria  loro  allato  alla  porta  di  me 
20  a  man  finiflra  entrando  in  chiefa  in  duoi  tondi  di 
inarmo  fono  i  ritratti  loro  con  quello  epitaffio . 

ANTONIVS  PVLLARIVS  PATRIA  FLOREM 
TINVS  PICTOR  INSIGN.  QVI  D  V  O  R  .  PONT, 
X1STI  ET  INNOCENTI  AB  REA  MONIM  ENT- 
MIRO  OPIFIC  EXPRESSIT.  RE  FAMIL.  COM* 
POS  ITA  EX  TEST.  HIC  SE  CVM  PETRO  FRA. 
TRE  CONDÌ  VOLVIT.  VIX.  ANN.  LXXII.  O- 
E  1 1  T    ANNO    S  A  L.       M.    1 1 D. 

Et  non  e  mancato  di  poi  chi  con  quello  altro  lo  ab- 
bia onorato., 


ANTONIO    POLLAIOLO. 


véerc  magujòlersjicjiiidi'sue  coloYibm  alter 

Non f Hit  heroas  poncre  fitte  Deos. 
argento  aut  *Auro  nunquampreflantm  alter 

Viuma  potuti  fingere  fona  metro* 
Thu/ca  ì*itur  teline  magis  hoc  fi  iati:  et  alumno  , 

Gruia  qtiàm  quondam  ParrbaJio^aHt  phids& 


ANTONIO   IT   PIERO  POLLAIOLO. 


5°* 


Et  aucua  Antonio  quando  mori  anni  lxxii.&  Pie- 
tro anni  lxv.  Lafciò  molti  difcepolj ,  &  fra  gli  altri 
Andrea  San  follino.  Ebbe  nel  tempo  fuo  felicissima  vi 
ta.trouando  Pontefici  ricchi  &  la  fua  città  in  colmo, 
che  fi  dilettaua  di  virtù:  perche  molto  fu  Rimato  ;& 
forfè  auendo  auuto  contrari  i  tempi  non  aurebbe 
fatto  que  frutticene  è  fece.eiTendo  inimici  molto  i  tra 
uagh  alle  fcienze,dellequali  gli  huomini  fanno  pro- 
fusione^ prédono  diletto.  Et  per  qu  elio  in  tal  quic 
te  furono  fatte  condurre  con  fuoi  difegni  in  San  Gio 
uanni  di  Fiorenza  duetonicellc,  &  vna  pianeta  &  pi-i 
uiale  di  broccato  riccio  fopra  ricci  o,teiTu  ti  tutti  d'un' 
pezzo,fenza  alcuna  cucitura  :  &  per  fregi  &  ornamen 
ti  di  quelle ,  furono  ricamate  le  ftone  della  vita  di  San 
Giouanni5con  fòtilifsimo  magift  erio  óV  arte  di  P  a  v- 
LO  da  verona,  diuino  in  quella  profefsione  fo- 
pra ogni  altro  ingegno  rarifsimo .  Dalquale  non  fono 
condotte  manco  bene  le  figure  con  l'ago ,  che  fé  le  di- 
pignefle  Antonio  co'l  pennello.Di  che  fi  debbe  auerc 
obligo  non  mediocre  alla  virtù  dell'uno  nel  difegno, 
&  alla  pazienza  dell  altro  nel  ricamare .  Durò  a  con- 
durli quella  opera  anni  xxvi. 


5°4 

BENEDETTO    DA 

MAIANO    SCVLT. 

Ran  dote  ricene  dal  Cielo  colui,  che 
oltra  la  grandezza  della  natura,  nelle 
azzioni  della  virtù ,  &  in  ogni  cofà  G 
mette  confiderato,animofo,  &  pru- 
dente ;  onde  perciò  ne.  li  viene  mag- 
gioranza  fopra  tutti  gli  artefici,&  ol 
tre  a  quello  vtilita  perpetua.  Ma  co* 
loro  che  mofsi  dal  genio  loro  imparano  vna  faenza, 
&  in  quella  fi  conducono  perfctti;&  condotti  &  gua- 
dagnato il  nome,  inanimiti  perla  gloria , falgono  poi 
da  vna  imperfetta  a  vna  perfetta,da  vna  mortale  a  vna 
etcrnajQueflo  certamente  è  gran  lume,in  tal  vita  co- 
nofcere ,  della  fama  che  i  mortali  filafciano  la  più  im- 
mortale ;  &  quelle  operando  far  di  fé  vita  eterna  nelle 
cofe  del  mondo;  come  certamente  conobbe  &  fece  il 
non  meno  prudente  che  virtuofb  Benedetto  da  Maia 
no  fcultor  Fiorentino ,  Ilquale  nellafua  fanciullezza 
niellò  allointagliator  di  legnami,  quegli  intagliò  tan- 
to egregiamente ,  che  meritò  lode  del  più  bello  inge- 
gno,che  in  quel  tempo  tenefTe  di  quello  effercizio  fer 
ri  in  mano .  Auuenne  che  per  li  modi  di  Paolo  Vccel- 
lo ,  &  di  Filippo  Brunellefchi ,  s'era  dato  in  Fiorenza 
fortemente  opera  alle  cofe  di  legnOjCommefle  in  prò- 
jpettiua ,  con  quei  legnami  tinti  di  bianchi  &  neri,  & 
di  quei  di  legno  di  filio  bianchi  còmefsi  nel  noce,&  ri 
pieni  di  fegatura  di  noce  &  di  colla  profilati,  de  ì  qua- 
li Benedetto  da  Maiano  fu  il  più  eccellente  maeftro, 
che  di  tal  profefsione  fi  vedette  nel  fuo  tempo  :  come 
ne  fanno  fede  perle  cafe  di  molti  cittadini  in  Fioren- 
za opere 


BENED.   DA   MAIANO.  $0$ 

za  opere  di  fuo;&  particularméte  tutti  gli  armarii  del- 
la fàgreflia  di  Santa  Maria  del  Fiore .  Perche  venuto 
per  la  nouità  di  tale  arte  in  grandifsimo  nome,fece  di- 
uerfìlauoridi  legnami  di  caflbni  &  altre  opere  man- 
date a'  Principi  Italiani,  &  foreftieri  ancora .  Viueua 
allora  Mattia  Cornino  Re  d'Vngheria  ;  ilquale  auen- 
do  nella  fua  corte  Fiorentini  ,  che  lauorauano  opere, 
fisi  infìnitament  egli  lodarono  le  cofè  di  Benedetto, 
&  l'ingegno  di  lui  .  Per  il  che  volle  faggio  dell'opera 
fua,&  piaciutogli],  fu  mandato  per  eflb .  Onde  egli, 
gli  fece  vn  paio  di  caffè  con  difficilifsimo  magifterio, 
Se  con  fatica  incredibile  di  commefsi  di  legni.  Et  ordì 
nato  da  quel  Re,che  l'opere  &  effoin  Vngheria  andaf 
fé ,  l'opere  armate  di  legni  &  falciate  in  acqua  mefìfe 
per  nane  infìeme  con  lui  arriuarono  in  Vngheria. Per 
che  egli  primieramente  al  Re  fatto  riuerenza  fu  raccol 
to;&  quegli  onori  reali,  che  fu  pofsibile  a  perfona  ver 
tuofa  &  di  fama  gli  furono  fatti .  ApprefTb  fatto  veni- 
re l'opera,il  Re  fi  volle  trouare  a  vederla  sballare  per  la 
volontà  &  defìderio  ;  &  con  trombe  &  altri  fuoni  ne 
fece  far  molta  fefta.La  onde  cominciato  a  fcafTar  le  caf 
fe,&ifdrufcire  ghincerati,vide  Benedetto  che  l'umi- 
dità dell'acqua  ,  e'1  mucido  del  mare  aucua  tutta  fatta 
intenerire  la  colla:&  nello  aprir  gli  incerati  quaiì  tut- 
ti i  pezzi  ,  che  erano  alle  caffè  appiccati,  caddero  in 
terra:onde  Benedetto  ammutolito,i'uno  &  l'altro  per 
il  cocorfo  di  tati  Signori, &  per  la  fama  di  quelle  reca- 
rono vcellati.  RimefTe  nientedimeno  Benedetto  il  fuo 
lauoro  infieme  il  meglio  che  e'  potette  ;  &  in  maniera 
pure  che  il  Re  nefùfatisfatto:Manon  egli  che  recato- 
li a  noia  quel  mefliero,non  lo  poteua  più  patire,per  la 
vergogna  che  e'  ne  aueua  riceuuto.  Et  coli  per  diff- 
razione rinegato  tale  arte,fì  mife  in  animo  non  voleri- 
la  più  fare. Et  alzato  l'animo,  vinta  la  timidità,  prefe  la 

S  S 


;^o5  '  ?ARTE      IT. 

(cultura  per  arte.Et  non  partì  d^gheria^c*  fece  co 
nofcere  a  quelRe,chela  colpa  era  dello  efìercizio,  eh' 
era  baflb,&  non  dello  ingegno  fuo,ch'  era  alto  &  pel- 
legrino .  Diedefi  dunque  a  operare;  &  fece  modelli  di 
terra,  &  alcune  cofe  di  marmo;&  a  Fiorenza  per  lo  de 
fiderio  d'oprare  in  ciò  ritornato ,  fece  &  di  terra  &  di 
legno  molte  opre.  Auuéne  che  la  Signoria  di  Fioren- 
za volfe  far  fare  la  porta  doppia  di  marmo  della  vdien 
za  loio  nel  palazzo,&  la  allogarono  a  Benedetto  ;  do- 
ue  oltra  l'ornamento  eh'  è  molto  bello  ,  &  alcuni  fan- 
ciulli, che  fettoni  reggono  bellifsimi,&  vna  figura 
tonda  di  due  braccia  &  mezo  d'un  San  Giouanni  gio- 
uanetto3laquale  è  tenuta  di  dolcezza  &  di  bellezza  fin 
giriate, nella  fala  di  dentro  alla  vdienza  è  vna  giuftizia 
a  federe  di  marmo  fopra  l'arco  di  eflfa,ch'  è  molto  lode 
noie.  Et  a  quella  opra  fece  di  fua  mano  ancora  la  por- 
ta di  que  legni  commefsi,doue  fece  per  ciafeuna  parte 
della  porta  vna  figura  Dante  Alighieri  &  M.  France- 
sco Petrarca.  Fece  in  Santa  Maria  Nouella  di  Fioren- 
za,doue  Filippino  dipinfe  la  cappella,vna  fepoltura  di 
marmo  nero,  &  vn  tondo  con  la  Noftra  donna3&  cer 
ti  Angeli  di  marmo  per  Filippo  Strozzi  vecchio;laqua 
le  è  con  fomma  diligenza  lau  orata.Volfe  fare  il  magni 
fico  Lorenzo  vecchio  in  Santa  Maria  del  Fio 
re  la  memoria  del  ritratto  di  Giotto  Pittore  Fiorenti- 
no^ l'allogò  a  Benedetto,  ilquale  fopra  quello  epitaf 
fio  fece  di  marmo  la  figura  che  dipigne,la  quale  è  mol- 
to lodeuole.Aueualauorato  molte  cofe  a  Napoli  Giù 
lianofuoZio,penlRe  Al  fon  fo  inficine  con  efìb,& 
per  effere  egli  morto  a'  feruigi  di  quello,gli  conuenne 
per  la  eredità  &  robe  fu  e  trasferirli  a  Napoli  :onde  pre 
fé  a  fare  opere  a  quel  Re,&  in  oltre  fece  al  Contedi 
Terra  Nuoua  vna  tauola  di  marmo  nel  monifterode 
monaci  di  Monte  Olmeto, dentroui  vna  Nunziata 


BENED.    DA    MAIANO. 


507 


con  certi  fanti  &  fanciulli  intorno  bellifsimi,che  reg* 
j*ono  alcuni  feftoni;&  molti  baisi  rilieui  lauorò  nella 
predella  di  detta  opera.  Chiamato  o  Faenza,  lauorò 
nel  Duomo  di  quella  vna  bellifsìma  fepoltura  di  mar. 
mo,  per  il  corpo  di  San  Sauinomella  quale  fece  di  bafc 
fo  nlieuo  fei  iftorie  de  la  vita  di  quel  ìànto,con  gran- 
difsima  diligenzia  &  arte  &  difegno,&  ne'cafamenti 
&  nelle  figure. Di  maniera  che  per  quefta  &  per  l'altre 
opere  fue  fu  conofeiuto  perhuomo  eccellente  ,  &  di 
grande  ingegno  .  A  Fiorenza  tornato  fece  a  Pietro 
Melimi  in  Santa  Croce  il  pergamo  di  marmo,cofa  ra- 
rifsima,&  tenuta.bella  fopra  ogni  altra  di  quel  grado, 
per  vederfi  lauorate  le  figure  di  marmo  nelle  fìorie  di 
S.Francefco,con  tanta  bontà  &  diligenza,che  di  mar- 
mo non  fi  potrebbe  defiderar  meglio. Auendo  egli  co 
artificio  di  buona  maniera  intagliato  alberi,  falsi,  caia 
menti,profpettiue,&  alcune  cofemarauigliofamente 
{piccate  :  &  in  oltre  in  terra  vn  nbattimento  di  detto 
pergamo  per  la  lor  fepoltura ,  con  tanto  difegno ,  che 
impofsibile  è  lodarlo  tantoché  balli .  DìcqCi  che  egli 
ebbe  diflficulti  con  gli  operai  di  Santa  Croce  :  perche 
fendo  appoggiato  detto  pergamo  a  vna  colonna,  che 
rce^e  gli  archi,  i  quali  foilengono  il  tetto  dello  edifi- 
ciojvoleridola  forare  per  fire  la  (cala  per  fàlire  a  predi- 
care, non voleuano  confentire;  perche dubbitauano 
d'indebolirla  col  vacuo  della  falita ,  &  che  il  detto  pe- 
fò  non  la  sforzaife  fi,che  ruinafle  il  tempio.  Per  il  che 
diede  loro  fedirti  che  finirebbe  l'opra  lenza  alcun  da 
no  della  chi  efa.  Onde  fprangho  di  fafeie  di  bronzo  di 
fuori  la  colonna  che  è  ricoperta  dal  pergamo  ingiù 
di  pietra  forte  ;&  lafcaladi  dentro  per  falirui  tanto 
quanto  egli  bucò  per  farla  di  fùora  ingrofsò  detto  la* 
uoro  d>  quella  pietra.  Et  quello  con  ftuporedi  chi  lo 
vede  alj>ieferìte  aperfezzione  lidufTemoitrando  nel* 

SS     li 


f08  PARTE.      II. 

la  piccolezza  delle  figure  di  detta  opra ,  la  bontà  &  la 
viuezza,che  i  rari  moftrano  nelle  grandi .  Dicefi  che 
Filippo  Strozzi  vecchio ,  volendo  fare  il  palazzo  fuo, 
ne  prefè  parere  con  Benedetto ,  &  che  egli  ne  fece  vn' 
modello ,  in  fui  quale  fi  cominciò  lo  edifizio  3  che  fu 
poi  finito  dal  Cronaca  perla  morte  di  efìb  Benedetto. 
Il  quale  auendofi  acquiftato  modo  di  viuere,poche  ai 
tre  opere  volfe  far  poi;  ne  più  lauorò  di  marmo:ma  fi- 
nì in  Santa  Trinità  vna  Santa  Maria  Maddalena,  an- 
nunciata da  Defiderio  da  Settignano;&  fece  ancora  il 
Crocififlfo  che  è"  fopra  lo  altare  di  Santa  Maria  del  Fio 
re,& alcuno  altro  perla  citta,  &  condottoli  ad  anni 
Lini,  venne  a  morte  l'anno  M  e  e  e  e  1 1  e.  &  con  efè 
quk  onorate  fu  fepellito  nella  chiefa  di  San  Lorenzo. 

ANDREA     MAN 

TEGNA    MANTO- 
VANO, 


Vanto  poflà  il  premio  nella  virtù,Co 
lui  che  opera  virtuofàmetelo  si;  che 
non  fente  il  freddo ,  gli  incomodi ,  ì 
difàgi,ne  lo  flento;  folo  per  venire  al 
lo  effetto  dello  effer  premiato  :  &  ha 
tanta  forza  l'ambizione  nel  vederfi 
onorare  &  guiderdonare,che  la  vir- 
tù fi  fa  ogni  giorno  più  vaga,  più  lucida^iu  chiarar& 
più  diuina .  Onde  chi  fenza  quella  fi  muoue  ad  alzarfi 
in  buon  credito  fra  gli  huomini;  indarno  confuma  fé 
medefimo  nelle  fatiche;  &  fi  empie  d'amaritudine  l'ani 
mo  &  la  mente  fenza  far  frutto .  Perche  vedendo  pre- 
miare più  di  fé  chi  noi  merita ,  cadono  nella  mente  & 


ANDREA   MANTEGNA  5O9 

nello  animo  penficri  tanto  maligni ,  che  Ci  /corda  in 
vna  ora ,  quel  che  in  molti  anni  e  con  molte  fatiche 
aueua  dal  Cielo  e  dalla  natura  confeguito .  Per  ilchc 
(Ida in  predail  valore  alla  defperazione,di  manierai 
che  deuiano  dal  primo  eflère  &  vanno  in  abbandono 
i  principii  buoni  cominciati  altamente .  Onde  viene 
che  gli  (piriti  eccellenti^s'attofcano ,  &  non  produco* 
noi  Frutticene  tengono  viui  i  nomi  dopo  la  morte. L» 
ondeveggiamo  quello  che  auuenne  nella  remunera* 
zione  &  nella  forte  in  Andrea  Mantegna,  il  quale  feri 
do  (limato  onorato5&  premiato  ,  non  Fu  marauiglia  , 
fé  la  virtù  che  aueua  ,  fempre  andò  crefeendo .  Et  fu, 
grandifsima  ventura  la  fua5  che  fendo  nato  d'umilifsi- 
ma  dirne  in  contado  ,  &  pafeendo  gli  armenti ,  tanto 
s'alzafle  co'l  valore  della  forte  &  della  virtù,ch'egli  me 
ritafle di  venire  caualiere  onorato .  Nacque  fecondo 
la  opinione  di  molti  Andrea  in  vna  villa  vicino  a  Man 
toua,&  col  tempo  condotto  in  quella  città1,  imparò 
l'arte  della  pittura.Et  fece  molte  opere  nella  fua  gioua 
nczza  che  li  diedon  nome  e  lo  fecion  conofeiere  &  da 
chi  vide  lopere  fuefu  molto  auuto  in  pregio  &  mafsi 
me  in  Lombardia  daque'Signori  fu  poi  molto  fumato 
&in  molte  citta  fuor  di  quella  prouincia  ancora.  Ec 
perche  fu  amicifsimo  del  Marchefe  Lodouico  di  Man 
joua,in  fua  giouentù  fama  &  grazia  grandifsima  &  Fi 
uori  infiniti,ebbe  appreffo  di  lui.Et  egli  in  molte  cofè 
polirò  di  fumar  molto  la  virtù  fua;&  d'auerla  in  gra- 
do,&  in  bonifsimo  pregio .  Perche  Andrea  gli  dipinfe 
nel  caflello  di  Mantoua  nella  cappella  di  quello,vna  ta 
uoletta;  nella. quale  con  ftorie  di  figure  no  molto  gran 
di  5  moiìrò,che  meritaua  gli  onori,  che  gli  erano  fatti; 
perche  quefta  opera  è  molto  iìimatafìno  al  prefèntc  da 
tutti  i  lodati  ingegni.  In  detto  luogo  fìmiimente  è  vna 
camera  con  vna  volta  lauorata  infrefcojdoue  fono 

SS     iii 


}IO  PARTE       II. 

dentro  moire  figure,  che  fcortano  a!  diiotto  in  fu,mo1 
to  lodate  certamente,  &  da  lui  benifsimo  confederate; 
Et  ancora  ch'egli  aueffeil  modo  del  panneggiar  fuo 
crudetto,  &  fottile,  &  la  maniera  alquanto  fecca  ;  e'ui 
fono  però  cofe  con  molto  artificio,&con  molta  bontà 
daini  lauorate&ben  condotte.  Fece  ancora  in  Vero 
na  nella  chiefa  di  SantaMana  in  Organo  aFrati  di  ma 
te  Oli  ueto  la  tauola  dello  aitar  maggiore;  la  quale  an- 
cora oggi  é  tenuta  cofa  lodatifsima,  &  ancora  fono  al- 
tre pitture  di  Tua  mano  in  quella  città.  Alla  badia  di 
Fiefole  fuor  di  Fiorenza  al  monaftero  de  canonici  re- 
golari è  vn  quadro  d'vnameza  Noftra  donna  (opra  la 
porta  della  libraria ,  con  diligenza  lauorato  da  lui . 
Fece  ancora  a  Vinegia  alcune  cofe,  che  fono  lodatici 
me;  &  al  detto  Marchete  per  memoria  dell'vno  &  del- 
l'altro nel  palazzo  di  San  Sehaitiano  inMantoua  dipm 
fé  il  tnomfo  di  Cefare,  intorno  a  vna  fala,  cofa  di  Tua 
la  migliore  ch'e  facefle  già  mai .  Quiui  con  ordine  bel 
lifsimo  fituò  nel  trionfo  la  bellezza  &  l'ornamento  del 
carro  ;  colui  che  vitupera  il  trionfante ,  i  parenti  1  pie* 
fumi,  gli  incenfi,i  facrifizii  &ifacerdoui  prigioni  & 
le  prede  fatte  per  gli  fbldati,  &  l'ordinanza  delle  fqua- 
dre,&  tutte  le  fpoglie  &  le  vittorie;  &  le  citta  &  le  roc 
che  in  vari  carri  contrafece  con  vna  infinità  di  Trofei 
in  fu  le  afte ,  &  vatie  armi  per  intefta  &  per  indotto , 
acconciature,  ornamenti  ÒV-vafi  infiniti;  &  tra  le  mol- 
titudine de  gli  fpettatori ,  vna  donna  che  ha  per  la  ma- 
no vn'putto  che  eiìendofeli  fitto  vna  fpina  in  vn  pie- 
de,lo  moftra  alla  madre  &  piagne,cofa  bclhfsima  &  na 
turale.  Et  certo  che  in  tutta  quefta  opera  pofe  il  Man 
tegna  grandiligenzia&  fatica  non  punto  piccola;non 
guardando  ne  a  tempo  ne  a  induftna  nel  lauorare:  Se 
di  continuo  moftrò  auèreaquel  principe  afFezzion' 
grandifsima;  da  che  efaceua  cortefie  fi  rare  alla  fua  vii 


ANDREA    liAKTEGNA  jij 

tu  immotato  in  tutto  di  quella.  Finita  quella  opera, 
fece  a  San  Zeno  in  Verona  la  tauola  dello  aitar  maggio 
re,  de  la  quale  dicono,  che  elauorò  permoftra  vna  fi- 
gura bellifsima,auendo  gran  volontà  di  condurre  tal 
lauoro.Le  cofè,  che  fece  in  Mantoua,  &  mafsimamen 
te  quella  fiala,  furon  cagione,che  egli  fu  tanto  nomina 
to  per  Italia  ;  ch'altro  non  lì  vdiua  che'l  grido  del  Man 
tegna  nella  pittura.  Auuenne  che  efìendo  la  virtù  fua, 
accompagnata  da  coftumi  &  da  modi  buoni,  vdì le 
fue  marauiglie  Papa  Innocenzio  vili.  Il  quale  auen- 
do  fabneato  a  Roma  la  muraglia  di  Beluedere  _,  con  pa 
eli  &  pitture  bellifsime  defideroio  di  adornarle ,  man- 
dò a  Mantoua  per  il  Mantegnaj&  egli  fubito  fé  ne  ven 
ne  a  Roma  con  gran'fauore  del  Marche/è,che  per  mag 
gior  efaltazione  &  grandezza  lo  fece  all'ora  caualiere 
a  fpron  doro.  Il  Papa  fattoli  gran'fauori  in  quella  arri 
uata&  vedutolo  lietamente  gli  fece  fare  vna  cappella 
picciola  in  detto  luogo  ;  la  quale  con  diligenza  &  con 
amore, lauorò  minutifsimamentedital  maniera, che 
&la  volta,&  le  mura,paiono  quali  piutofto  cofa mi- 
niata che  dipintura^:  le  maggiori  figure,che  vi  fieno, 
fonofòpra  l'altare,le  quali  egli  fece  in  frefeo  come  le  al 
tre ,  il  batt  efimo  ciò  è  di  christo  per  San  Giouan- 
ni  Batilìa  ^  che  lo  accompagnò  con  angeli  &  con  altre 
figure  ;  e  iin  quella  fece  ancora  i  popoli ,  che  fpoglian- 
dofi  fanno  fègno  di  volerli  battezzare .   Et  fra  gli  altri 
gli  venne  capriccio  di  fate  vna  figura ,  che  fi  caua  vna 
calza  che  per  eiferfi  per  il  fudore  appiccata  alla  gamba, 
colui  la  tira  a  roueicio,appoggiando!ela  allo  altro  ftin 
co,  con  tanta  forza  &  difagio  che  &  l'vna  &  l'altro  gli 
appare  nel  vifò  ;  colà  che  fu  tenuta  molto  in  que  tem- 
pi in  marauiglia  &  venerazione .  Dicefi,  che  Papa  In 
nocenzio  per  le  occupazioni,  che  aucua,  non  daua  co 
iti  fp  e  fio  danari  al  Mantegna,  come  elfo  aurebbe  volu- 


511  tMLTÉ     II. 

to;  per  ilche  fi  rifòlfc  di  dipignere  in  tal  Iauoro  alcune 
virtù;  di  terretta,&  fra  l'altre  fece  la  difcrezione.Onde 
il  Papa  vn  giorno  venuto  a  veder  l'oprargli  domandò, 
che  figura  fotte  quella;  egli  rifpofe  efTere  la  difcrezio- 
xie.  Allora  difTe  il  Papa  ;  fé  vuoi ,  ch'ella  ftia  meglio  , 
fauui  aliatola  paziezia;&  cofi  fu  cagione,  che  Andrea 
fi  tacque  ,  &  afpettò  il  fine  dell'opera  :  la  quale  poi  che 
fu  finita,  ilPapa  con  onoreuoli  premii  al  fuo  Duca  lo 
rimandò .  Fece  poco  da  poi  in  Padoua  (òpra  la  porta 
del  Santo,  vno  archetto  doue  fi  vede  fcritto  il  fuo  no- 
me :  Et  ne'Serui  della  medefima  città,dipinfela  cappel 
la  di  San  Chriftofano  con  bellifsima  grazia.  Apprefìb 
ritornato  a  Mantoua,murò  &  dipinfe  per  vfo  fuo  vna 
bellifsima  cafa:  la  quale  Ci  godette  mentre  che  e'uifle. 
Dilettofsi  ancora  de  l'architettura  :  &  accomodonne 
molti  fuoi  amici .  Perilche  auendoégià  pieno  il  mon- 
do di  fama  8c  di  opere ,  con  di/piacere  grandifiimo  di 
chi  lo  amaua ,  fi  mori  nella  età  di  anni  lxvi.  nel' 
W  d  x  v  1 1.  Et  con  efequie  onorate  fu  fepelito  in  Santo- 
Andrea  ;  &  gli  fu  fatto  quefto  Epitaffio . 

£>ffc  pctrcm  hmcnom  7fi non  pr tponis  spelli  > 
^Enea  Mantine*  qwfimuUcra  uìdes* 

Tieni!  ancora  memoria  grandifsima  dello  onorato  vi- 
tterfuo  '■  &de  coftumi  lodeuoli  che  egli  aucua;  &  del 
lo  amore  co'l  quale  infegnaua  l'arte  a  gli  altri  Pittori . 
Lafciò  coitui  alla  pittura  la  difficultà  degli  (corti  delle 
figure  al  di  (otto  in  sii:  inuenzione  difficile  &  capric- 
ciofa  ;  Et  il  modo  dello  intagliare  in  Rame  le  Stampe 
delle  figure;  comodità  fingularifsima  veramente  ;  per 
la  quale  ha  potuto  vedere  il  Mondo,non  folamente  la 
baccanaria  la  battaglia  de'moftri  marini;  il  deporto  di 
croce;  il fcpelimento di  e hri  s  t o  la  Refurrefsione 

CO» 


ANDREA   MANTEGNA 


5»5 


con  Longino  &  con  Santo  Andrea,opere  di  erto  Man 
tegna ,  Ma  le  maniere  ancora  di  tutti  gli  artefici  3  che 
fono  ftati . 

FILIPPO    LIPPI 

PITTOR   FIOREN- 
TINO. 

Oloro ,  che  con  qualche  macchia  na 
feono  al  mondo  (qualunche  ella  fi 
fia  )  lafciatagli  da  1  Tuoi  maggiori;  & 
quella  cuoprono  con  la  modeftia  del 
viuere,&  con  la  gratitudine  delle  pa 
role,&  con  fatti  egregi  il  più  che  fan 
no  in  tutte  l'azzioni,  &  in  tutte  l'o- 
pere loro:  nonfolamcnte  meritano  lode  de  la  prima 
virtùjma  infiniti  premi  de  le  feconde  azzioni:  conofee 
dofì  apertamente,  che  il  vincolo  della  virtù,  che  è  info 
fa  in  vn  animo,  che  fia  in  quella  raro  &  eccellente;  è  il 
maggiore  ornamento ,  che  fia,  &  che  fi  poffa  hauere  y 
cV  la  correda  fra  l'altre  virtuali  più  delle  volte  è  quella* 
che  taglia,fpezza,  &  rompe  gli  animi  indurati  nelle  in 
uidie ,  &  orile  maledicenzie  de  gli  huomint .  Qjiefta 
fola  virtù  rende  molli,&  facili  i  penfieri  ignoranti;  per 
che  fi  vede ,  che  chi  continua  i  mezi  del  non  dar  men- 
da ad  altrui,&  in  tutto  il  fuo  procedere  fi  ingegna  fem, 
pie  giouare  a  ciafcuno,coitui  ficuramente  fi  tira  a  la  fé 
poltura  prigione  il  mondo  mal  grado  fuo  ;  &  triomfa 
delamalitiaedell'inuidie  degli  huomini  ;  come  fece 
Filippo  .  Il  quale  continuando  i  modi  foprafe ritti,  fu 
pianto  alla  morte  non  folo  dachi'l  conobbe,ma  da  mol 
t'altri  anzi  da  tutto  Faenza,  perche  veramente  coloro 

TT 


$T4  PARTE    II. 

che  fcntono  (blamente  ragionare  delle  (uè  virtù ,  (e 
ben  non  lo  conobbero  altrimente  viuendo  fi  dolgono 
ancora  del  Tuo  fine  .  Fu  Filippo  figliuolo  di  fra  Filip 
pò  del  Carmino  ;&  feguitando  nella  pittura  le  vefti- 
gie del  padre  morto  mentre  che  egli  era  ancor'gioui- 
netto  ;  fu  tenuto  in  gouerno,  &  amaeftrato ,  da  San- 
dro di  Botticello  ;  &  auendolo  Fra  Filippo  alla  morte 
fua  raccomandato  a  fra  Diamante,  &  a  lui  datolo,che 
i  modi  dell'arte  buoni  gli  iniegnafìe  ,  Egli  fu  di  tanto 
ingegno&  dificopioia  inuenzione  nella  pittura, & 
tanto  biz.irro ,  &nuouo  ne  fu  ai  ornamenti  ;  che  fu  il 
primo,  il  quale  a  moderni  moftrafie  ilnuouo  modo 
di  variare  abiti,  &abbelliife  ornatamente  con  antichi 
abiti  &  velie  foccinte  le  figure  che  e'faceua.  Fu  primo 
ancora  a  dar  luce  alle  grotte(che,che  fomiglino  l'anti- 
co :  Se  le  mife  in  opera  di  terrctta  &  colorite  in  fregi , 
con  più  difegnio  &  grazia  che  gli  inanzi  a  lui  nò  aue 
uano  fatto,marauigliofà  colà  era  a  vedere  gli  Arani  ca 
priccij  che  nafceuano  nel  fuo  fare,  attefo  che  e'non  la- 
uoròmai  opera,  che  delle  cofe  antiche  di  Roma  con 
gran  Audio  non  fi  feruiflfe  5  in  vafi ,  calzari ,  Trofei , 
bandiere,  cimieri,e  ornamenti  di  tempii5abbigliamen 
tidadoffoafigure,  onde  grandifsimo  &  (empiterno 
obligo  fé  gli  debbe  auere,  lendo  egli  flato  quello ,  che 
ha  dato  principio  alla  bellezza  &  all'ornamelo  di  que 
fìa  arte,la  quale  con  i'deftri  modi  fuoi  è  venuta  a  quel 
la  perfezzione,  doueella  fitruoua  al  prefente.  Nella 
fua  prima  giouentu  diede  fine  alla  cappella  dcBrancac 
ci  nel  Carmino  di  Fiorenza, cominciata  da  Ma  (olino, 
&non  finita  da  Malaccio  per  la  morte  fua;  &  cofi  Fi- 
lippo di  fua  mano  la  nduiTe  a  perfezzione  infieme  con 
vn'refto  della  ftoria,quando  San  Piero  &  San  Paolo  ri 
fufeitano  il  nipote  dello  Imperatore.   Et  quando  San 
Paolo  vifita  San  Pietro  in  prigione ,  cofi  tutta  la  difpp 


FILIPPINO 


vs 


tadi  Simon  Mago  &  di  San  Pietro  dinanzi  a  Nerone, 
&  la  Tua  crocinTsione.  Et  inqueftaftoria  ritratte  fé 
&  il  Pollaiuolo  ;  per  la  quale ,  gloria  &  fama  grandif- 
fìma  apportò  nella  Tua  giouentu .  Fece  poi  a  tempera 
alle  Campora  alla  cappella  di  Francefcodel  Pugliefc 
vnatauola  di  San  Bernardo  al  quale  apparicela  No- 
ftra  donna  co  angeli,&  effo  è  in  vn  bofeo,  che  fcriue  ; 
la  quale  è  tenuta  mirabile  in  alcune  cofe,comein  fafsi, 
libri,  erbe,  &  fìmili  figure,  chegli  drente  vi  fece  oltra 
che  vi  ritraile  Francefcodi  naturale  chenonliman- 
cha  fé  no  la  parola;quefta  tauola  fu  leuata  per  lafìedio 
di  Fiorenza  di  quella  Cappella  &  mefìain  Fiorenza 
nella  Badia  in  Sagreftia  per  conferuarla  .    Et  a'frati  di 
Santo  Spirito  lauorò  vna  tauola ,  dentroui  la  Noflra 
donna,San  Martino,&  San  Niccolò  per  Tanai  de  Ner 
li.  £t  ancora  in  San  Brancazioalla  cappella  de'Rucel- 
ìai  vna  tauola ,  e  in  San  Ruffello  vna  d'vn  Crocififfo, 
&due  figure  in  campo  d'oro  .  In  San  Francefco  nel 
poggio  di  San  Miniato  dinanzi  alla  fagrefìia  fece  vno 
Iddio  padre,con  molti  fanciulli:  &  nel  palco  a'frati  del 
Zoccolo  fuor  di  Prato ,  Cartello  X.  miglia  lontano  a 
Fiorenza,lauorò  vn'altra  tauola;  &  dentro  nella  terra 
nella  vdienza  de'priori  di  Prato  fece  vna  lanolina  con 
tre  figure  molto  lodata  ;  Santo  Stefano ,  San  Giouan- 
niBauifìa  &  la  Madonna  .  In  fui  canto  al  Mercatale,vi 
cino  a  certe  fue  cafe  fece  dirimpetto  alle  monache  di 
Santa  Margherita  vn'tabernacolo  in  frcCco  molto  bel- 
lo &  lodato  per  efiferui  vna  Noflra  donna ,  &  bellifsi- 
ma  &  modelhfsima,con  vn'Coro  di  Serafini  in  campo 
difplendore:ilche  fonicamente  dimoftra  che  e'cerca 
uà  penetrare  con  lo  ingegno  nelle  cofe  del  Cielo .  Et 
jn  quefto  lauoro  medeìimo,  dimoftrò  arte,  &  bella  ai 
uertenzia  in  vn'ferpente  che  è  fotto  a  Santa  Margheri 
ta  3  tanto  ftrana,&  fi  paurofo,  che  e'fa  conofeere  do- 

TT    ii 


$l6  fARTH.      IL 

«e  abita  il  veleno ,  il  fuoco,  &  la  morte  ;  &  il  refto  di 
tutta  l'opera,  è  colorito  con  tanta  frefchezza  &  viuaci 

tà;che  emerita  di  efler  lodato  infinitamente;  Et  inLuc 
ca  in  San  Michele  vna  tauola  fimilmente  con  tre  fi°u- 
re.  In  San  Ponziano  ne'fratidi  Monte  Oliuetove 
vna  tauola  in  vna  cappella  di  Santo  Antonio,che  ha  in 
mezo  vna  nicchia  ;  dentroui  vn  Santo  Antonio  bellif 
(imo  di  rilieuo,di  mano  d'Andrea  Sanfouino,cofa 
prontifsima  &  bellifsima.  Fu  ricercato  con  grande  in 
itanzadi  andare  in  Vnghcria  per  il  Re  Mattia;  &  ricu- 
sò d'andarui;  ma  fece  bene  due  tauole  per  effo  in  Fio- 
renza ,  che  a  quei  Re  furono  mandate ,  cofa  lodata  & 
degna  di  Filippo;  nelle  quali  inoltrò  quanto  valeua  in 
quell'arte.  Mandò  fuoi  lauori  a  Genoua;&  fece  a. 
Bologna  in  San  Domenico  allato  alla  cappella  del- 
lo aitar  maggiore  a  man  finiitra  vna  tauola  di  San  Sc- 
baftiano,  cofa  molto  bella  &  tenuta  certo  eccellente. 
ATanai  de  Nerli  fece  vna  altra  tauola  a  San  Saluatorc 
fuor  di  Fiorenza.  Et  a  Pietro  del  Pugliefe  amico  fuo 
lauorò  vna  (toria  di  figure  picciole,condotte  con  tan- 
ta arte  &  diligenza;  che  volendone  vn'altro  cittadino 
vna  fimile  glie  la  denegò  ,  dicendo  efìere  impofsibile 
di  farla  .Ora  auendo  intrinfeca  amicizia  con  loren 
zo  vecchio  de   M  e  d  i  e  i,  fu  da  lui  ftrettamentc 
pregato  per  douere  fare  vna  opra  grandifsima  aRoma 
pcrOliuieri  Caraffa  Cardinale  Napolitano, amico 
di  Lorenzo  :&  cofi  per  commefsione  di  quello  fé  ne 
andò  a  Roma  a  feruire  il  detto  fignore,paflando  prima 
da  Spoleto  come  volfe  Lorenzo  detto  per  fare  vna 
fepoltura  di  marmo  a  fra  Filippo  fuo  padre  chiefto  g'n 
da  Lorenzo  a  gli  Spoletini,  ma  non  ottenuto,come  al 
troue  abbiamo  narrato.   Difegnò  dunque  Filippo  la 
fepoltura,  con  bel  garbo ,  &  con  buona  grazia;&  l  o 
Renzo  in  fu  quel  difègno  funtuofamente  la  fece  fa- 


FILIPPINO.  «|I7 

re.  Appretto,  condottoli  a  Roma  fece  al  Cardinale  nel 
la  chiefa  della  Minerua  vna  cappella  doue  fono  iftorie 
di  San  Tomaio  d'Aquino  molto  belle  &  alcune  poefie 
Chriftiane  molto  lodate ,  &  da  lui  che  ebbe  in  quefto 
la  Natura  fempre  propizia ,  tutte  trouate .   Ritornò  a 
Fiorenza,  &  cominciò  in  Santa  Maria  Nouella  la  cap 
nella  a  Filippo  Srozzi,  la  quale  con  molto  amore  auen 
do  auuiata  quella  prefe  a  finire  con  fua  comodità  ,& 
fatto  il  cielo  &  a  Roma  ritornato  fece  oltrala  cappella 
della  Minerua,lafepolturadelCardinale,ch'  èdiftuc 
chi  &  di  gelsi  in  vno  fpartimento  di  vna  cappellina  al 
lato  a  quella ,  &  altre  figure ,  dellequali  Rafaellin  del 
Garbo  fuo  difcepolo  molte  ne  lauorò.  Fu  ftimata  det- 
ta cappella  per  maeftro  lanzilago  padovano 
&  per    Antonio  detto  antoniasso     ro- 
mano pittori  de  i  migliori,  che  fodero  allora  in  Ro- 
ma, due  mila  ducati  d'oro  fenza  le  fpefe  de  gli  azur- 
ri ,  &  de  garzoni .     Per  il  che  Filippo  nfeoflo  i  da- 
nari ,  &  garzoni ,  &  le  fpefe  pagate  ,  finita  l'opera 
tornatofi  a  Fiorenza ,  fini  la  cappella  de  gli  Strozzi,  la 
quale  da  lui  fu  tanto  ben  condotta,^  con  arte  &  con 
difegno;  che  fa  marauigliare  ogni  artefici  a  vedere 
la  varietà  delle  bizarrie ,  armati ,  tempii ,  vafi  cimieri, 
armadure,trofei,  afte,bandiere,abiti,calzari,acconcia 
ture  di  capo,vefte  facerdotali,con  tanto  bel  modo  con 
dotte,che  merita  grandifsimacomcndazione.  Sono  le 
ftorie  di  detta  opera  la  refurrezzione  di  Drufianaper 
San  Giouanni  Euangelifta.Doue  mirabilmente  fi  ve- 
de efprelTa  lamarauigliade'circunftantinel  vedere  fu 
feitare  vna  morta,  con  vn  fempliee  fegno  di  croce  ;  & 
maisimamentc  in  vn  Sacerdote  o  Filofofo  con  vn'  va 
fo  in  mano ,  veftito  alla  antica  ;  Il  quale  attonito  di  tal 
cofa,  attentifsimamente  confiderà ,  donde  ciò  fia .  In 
queftamedefima  iftoiiafra  molte  donne  diuerfame» 

T  T     111 


ti 


PARTE      IL 


te  abbigliate  G  vede  vn  putto,  che  impaurito  dW ca- 
gnolino Spagnuolo  pezzato  di  rotto  s  che  io  ha  prefo 
co  denti  per  vna  fafeia,  ricorrendo  intorno  a  Ja  madre 
&  fra'  panni  di  quella  occultandofi;non  dimoftra  maa 
co  timore  o  fpauento  del  morfò:che  la  madre  tra  quel 
Je  donne  &  marauiglia&  orrore  de  la  refurrefsionc 
di  Drufiana  .  Appieno  il  bollire  nello  olio  di  eflb  San- 
to.doue  fi  vede  la  collera  del  giudice  che  comanda  che 
il  fuoco  fi  accrefea  ;  &  i  reuerberi  delle  fiamme  nel  vi- 
fb  di  chi  forrìa  ;  &  molto  belle  attitudini  in  tutte  le  fi- 
gure ad  imitazione  dello  antico.  Nella  altra  faccia  è 
San  Filippo  nel  tempio  di  Manesche  fa  vfeire  il  ferpen 
te  di  fotto  l'altare,  ilquale  amazza  col  puzzo  il  figli uo 
lo  del  Re.Pcrche  Filippo  fece  vna  buca  in  certe  leale, 
&  vn  fatto ,  che  è  aperto ,  fi  fimile  la  rottura  de'l  fallo, 
che  vna  fera  vn  de' garzoni  volendo  riporre  vna  colà, 
che  non  fofTe  veduta,  fendo  picchiata  la  porta  iui  cor 
fé  per  appiataruela  dentro,&  ne  refto  ingannato,  Si  di 
moftrò  l'arte  di  Filippo  ancora  in  vn  ferpe,  talmente 
che  il  veleno,il  fetore,e'l  fuoco  pare  di  gran  lunga  più 
mturale,che  dipinto.Et  molto  è  lodata  la  inuenzione 
dell'altra  iftoria,  nel  fuo  efferc  crocififìb .  Perche  per 
quatoe'fene  conofee,  egli  imaginachegiuin  terra  e* 
fu  (Te  diftefo  in  fu  l'arbero,della  croce;&  poi  cofi  tutto 
ìnfieme ,  alzato  &  tirato  in  aria  per  via  di  fune  &  di 
puntegli.Sonui  grottefche  infinite,^  cofe  lauoratc  di 
chiaro  feuro  molto  limili  al  marmo;&  fitte  ftranamen 
te  con  inuenzione  &  difegno  garbatifsimo.Fece  a'fra 
ti  Scopetini  a  San  Donato  fuor  di  Fiorenza  detto  Sco 
petto  al  prefente  ruinato,vna  tauola  de  i  magi  che  offe 
rifeono  a  e  H  R  i  s  t  o,  cofa  molto  lodata;&  fra  le  co- 
fe fue,finita  con  molta  diligenza.  Quiui  fono  Mori  In 
diani,  abiti  Umanamente  acconci ,  &  vna  capanna  biz- 
2,amfsima.Fece  in  palazzo  della  Signoria  la  tauola  dei 


FILIPPINO.  p^ 

lafala,doue  ftauano  gli  otto  di  pratica;& il  difrgno  di 
quella  grande,  con  ornamento  nella  fàla  del  configlio, 
laquale  per  la  interpofizione  della  morte,  non  comin- 
cio,fe  bene  l'ornamento  fu  intagliato .  Fece  ne  frati  di 
Badia  vn  S.  Girolamo  in  chiefa ,  &  per  tutte  le  caie  di 
quei  cittadini  fono  delle  fue  opere .  Cominciò  a  frati 
de'  Serui  la  tauola  dello  aitar  maggiorenne  è  vn  depo 
fio  di  croce:&  fini  le  figure  dal  mczo  in  fu,che  depoa 
gono  christo,  ma  fbpragiugnendoli  vn  crude- 
hfsimo  male  di  febbre,non  fu  rimedio5che  la  morte  a- 
cerbifsima  nell'età  di  x  l  v.anni.co  vna  fiera  ftrettezza 
di  gola,da'  Vulgari  detta  fpramazia  alla  patria  fua  non 
lo  toglieffe  .  Onde  efiendo  egli  ftato  fèmpre  domefti- 
co,affabile5liberale,&  gentile,  fu  pianto  da  tutti  que- 
gh,chelo  aucuano  conofciuto,  &  molto  più  da'  citta- 
dini,che  fi  fcruiuano  di  lui  nelle  mafchcrateu  quali  fo 
leuano  dire  di  non  auer  mai  viflo  cofa,  che  più  aggra- 
daffe  loro  che  le  inuenzioni  di  Filippo .  Reftò  la  fama 
di  queflo gentil  maeftro  talmente  nei  cuori  di  quegli 
che  laueuano  praticato,che  meritò  coprire  con  la  gra 
zia  della  fua  virtù  l'infamia  della  natiuita  fua .  Et  fem- 
prc  vi  ffe  in  grandezzate  in  riputazione.  Et  in  Fioreri 
za  nella  chiefà  di  S .  Michele  Bifdomini,  gli  fu  da'  fuoi 
figliuoli  dato  onorato  fepolcro,&  il  giorno  xm.  di 
Apnle  mdv,  mentre  fi  portaua  a  fepellire fi  ferraro- 
no tutte  le  botteghe  nella  via  de  Serui,  come  ne'  dolo 
ri  vniuerfali  fi  fuol  fare  il  più  delle  volte .  Ne  ci  e  man- 
cato di  poi  chi  lo  abbia  onorato  con  quello  epitaffio. 

Morto  è  ildtferno  or  che  Filippo  parte 

Va  non/tracciati  il  crin  Flora  >  piangi  *Arnoi 

Non  l (inorar  pittura  3  tu  fai  indarno 

Che  iljìit  aiperfi,  &  Cernendone, &  Carte, 


WBBm 


52(> 

LVCA  SIGNOREL 

LI   DA    CORTONA 
PITTORE. 

HI  ci  nafce  di  buona  naturano  hi 
bifbgno  nelle  cofe  del  viuere,  di  al- 
cuno artificio,perche  i dispiaceri  del 
modo  fi  tollerano  co  patienzia,  &  le 
grazie  che  vengono,»"  riconofeono 
lèmpre  dal  cielo .  Ma  in  coloro  che 
fono  dimala  natura  può  tato  la  inni 
dia,cagione  delle  mine  di  chi  operacene  fèmpre  le  co- 
fe altrui  ancora  che  minori  gli  apparirono  Se  maggio 
ri  &  migliori  che  le  proprie.La  onde  infelicitA^radifsi 
ma  e  di  quegli,che  fanno  per  concorrenza  le  cole  loro, 
più  per  pafTare  con  la  fuperbia  l'altrui  virtù,  che  per- 
che da  loro  trar  fi  polla  vtile  o  beneficio.Quefto  pec- 
cato non  regnò  verametein  Luca  Cortonefe;  ilquale 


che  Tempre  amò  gli  artefici  Tuoi ,  &  Tempre  ingegnò  a 
chi  volle  apprendere,doue  e*  pensò  fare  vtileìula  pro- 
fusione. Et  fu  tanta  la  bontà  della  fua  natura ,  che  mai 
non  fi  inchinò  a  cofà,che  non  fuffegiufta  &  fanta.Per 
laqual  cagione  il  cielo ,  che  lo  conobbe  vero  huomo 
da  bene,  fi  allargò  molto  in  dargli  delle  fue  grazie  .Fu 
Luca  Signorelli  pittore  eccellente ,  &  nel  fuo  tempo 
era  tenuto  in  Italia  tanto  famofo  ,  &  l'opre  fue  furo- 
no in  tanto  pregio ,  quanto  nefìuno  in  alcun  tempo 
fia  ftato.Perchc  nell'opre ,  eh'  egli  fece  nell'arte  di  pit- 
tura moftrò  il  modo  dell'ufare  le  fatiche  ne  gli  ignudi, 
&  quegli  co  gra  dirTicultà  &  bonifsimo  modo  mofirò 
poterfi  far  parer  viui .  Fu  creato  &  difcepolo  di  Pie- 
tro dal  Borgo  a  San  Sepolcro ,  &  molto  nella  fua  gio- 
vanezza 


t.   5IGN0RELL0. 


5» 


uanezzal'oiTeruò;  &  ogni  fatica  mifè  per  potere  non 
fòlo  paragonarlo,  ma  di  gran  lunga  palla  rio  .Perilche 
cominciò  a  lauorare  &a  dipignere  nella  maniera  di 
tnaeftro  Pietro,che  quafi  l'una  da  l'altra  non  fi  farebbe 
potuta  conoicere.Le  prime  opere  fue  in  Arezzo  fono 
in  San  Lorenzo  vna  cappella  di  Santa  Barbara  dipinta 
,  da  lui  in  frefco,&  alla  compagnia  di  Santa  Caterina  il 
fegno  d'andare  a  procefsione  in  tela  a  olio,  con  vna 
iftoria  di  lei  nelle  ruote  ;&  Similmente  quello  della 
Trinità  , ancora  che  e' non  paia  di  mano  di  Luca  ma 
di  Pietro  da'l  Borgo.  Fece  in  Santo  Agoftino  in  detta 
città  la  tauola  di  S.Niccolada  Tolentino,con  iftorict- 
tebellifsimc,  condotte  da  lui  con  bonilsimo  difegno 
&  inuenzione;&  nel  medefimo  luogo  alla  cappella  del 
fagramento  due  angeli  lauorati  in  frefeo.  Et  per  Mefc 
fer  Francefco  Accolti  Aretino  dottifsimo  legifta  fece 
la  tauola  della  cappella  fua,doue  ritraiTe  alcune  fue  pa 
renti,  &  M.  Fracefco  ancora.In  quella  opera  è  vn  San 
Michele  che  pefa  l'anime,  che  mirabile  è  apenfarech' 
vedere  l'arte  di  Luca  ne  gli  fplendori  dell'arme,  Se  ve- 
dere i  barlumi,  leriuerberazioniei  rinvisi  fatti  delle 
mani,&  di  tutto  quello,che  ha  in  doflb,doue  con  moi 
ta  grazia  &  dilegno  moftrò  quanto  fapeua .  Mife  li  in 
mano  vn  paio  di  bilance,nellequali  vno  ignudo  va  in 
aIto;&  vna  femmina  da  la  bilanciarne  va  giù  all'incon 
tro,  cola  in  ifeorto  bellifsima .  Et  fra  l'altre  cofe  inge- 
gnole  (otto  i  piedi  di  quello  San  Michele  è  vno  ifeor- 
to  d'una  figura  ignuda bonifsimo  trasformato  in  vn 
diauolo;nclquale  vn  ramarro  il  fàngue  d'una  ferita  gii 
lecca.  In  Perugia  fece  tauole  &  altre  opere  :  &  a  Vol- 
terra ,  &  per  la  Marca  fino  a  Norcia  fece  molti lauori, 
de'  quali  non  accade  far  memoria  particulare  .  Simil- 
mente al  Monte  Santa  Maria  dipinfea  quei  (ignori 
vna  tauola  d'un  Chris  to  morto: &  a  Città  di  Ca- 

VV 


H 


^11  PARTE      II. 

ftello  in  San  Francesco  è  ancora  vna  tauola  dVna  nati 
uità  di  e  h  risto,  cofà  con  difegno  ,  &  amore  da 
lui  lauorata  &  vn'altra  di  San  Sebaftiano  nella  chiefa 
di  San  Domenico.Sono  fimilmente  in  Cortona  fua  pa 
tria  molte  opre  di  fuo,  ma  fra  l'altre  appreffo  Suta  Mar 
gherita,vicino  alla  rocca,  luogo  de'  frati  del  Zoccolo, 
vn  e H risto  morto,ch' è  tenuto  cofà  bellifsima  & 
di  gran  lodemon  pure  da  Cortonefi,  ma  da  gli  artefici 
ancora.  Similmente  nelG  i  e  s  v  confraternita di  fecola 
ri  in  Cortona  fece  in  vna  tauola  vna  comunione  d'A- 
pofloli  per  e  h  r  i  s  t  o,  doue  è  vn  Giuda,che  fi  mette 
ì'oftia  nella  fcarfèlladaquale  opera  ancora  oggi  è  mol- 
to ftimata.  Molte  altre  cofe  fece  in  quella  citrà  :  Et  la- 
uoro  a  frefeo  in  Caftilione  Aretino  fopra  la  cappella 
delfacramentovn  christo  morto  con  le  Marie; 
&  a  Lucignano  di  Valdichiana  dipinfe  in  San  France 
feo  alcuni  {portelli  doue  fono  figure  di  fuo,chc  orna- 
no vno  armario ,  doue  fìa  vno  albero  di  coralli  con 
vnacroceafommo.  ASienafecein  Santo Agofìino 
vna  tauola  alla  cappella  diSanChifì:ofano,dentroui 
alcuni  Santi,  che  mettono  in  mezo  il  San  Chriftofano 
di  rilieuo  ;  per  il  che  in  quella  città  acquifìò  molte  ric- 
•chezzc,&  molto  onore .  Venne  in  Fiorenza  per  vede- 
re la  maniera  di  que'  maefìri,che  erano  moderni,  defi- 
derato  da  Lorenzo  vecchio;&  dipinfe  vna  tela ,  doue 
fono  alcuni  dei  ignudi  ;  con  molta  a  umettazione  di  co- 
loro,che  defiderauano  vedere  de  le  cofe  fu  e:  &  molto 
fu  per  quella  opera  comendato .  Fece  ancora  vn  qua- 
dro di  vna Noftra  donna  con  due  profeti  piccoli, di 
terrettaulquale  è  oggi  a  Caftello  luogo  del  Duca  e  o- 
simo.  Et  perche  egli  era  al  difegno  molto  deftro,  & 
al  colorire  molto  agilemon  meno  che  cortefe,de  la  te- 
la &  del  quadro  fece  dono  a  Lorenzo;  il  quale  da 
lui  non  fi  lafciò  vincere  di  cortefia.  Andò  a  Chiufuri 


L.    SIGNORELLO. 


5*5 


a' monaci  di  Monte  Oliueto  in  quel  di  Siena,  doue  fta 
di  continuo  il  lor  generale;  &  dipinfèvna  banda  del 
chioftro  in  muro ,  con  x  i,  florie  di  San  Benedetto  :  & 
da  Cortona  madò  de  le  opere  Tue  a  Monte  Pulciano, 
&  per  tutta  la  Valdichiana.  Fu  condottoa  Oruieta 
da  gli  operai  del  Duomo  di  Santa  Maria;  &  interame- 
te  fini  loro  di  manTua, tutta  la  cappella  di  Noftra  don- 
na,gia  cominciata.da  Fra  Giouanni  da  Fiefole  ;nella- 
quale  fece  tutte  le  ìftorie  de  la  fine  del  Mondojinucn- 
zione  bcllifsima,bizarra,&  capricciofa  ,  per  la  varietà 
di  vedere  tanti  angeh,demoni,  terremoti,fuochi, mi- 
ne^ gran  parte  de  miracoli  di  Antichrifto;  doue  ma 
fìro  la  inuenzione,&  la  pratica  grande,  eh'  egli  aueua 
ne  «li  ignudi ,  con  molti  fcorti,&  belle  forme  di  figu- 
re; imaginandofi  flranamente  il  terror  di  que'  giorni 
Per  il  che  dettò  l'animo  a  tutti  quelli,che  dopo  lui  fon. 
venuti  di  far  nell'arte  le  difficultà  che  fi  dipingono  in 
feguitar  quella  maniera.  Dicefichealatornatafuain 
Cortona  gli  mori  vn  figliuolo ,  che  egli  molto  amaua 
belhfsimo  diuolto  &  di  perfona  ;  &  fu  cofa  compafsio 
neuole,efTendogli  flato  vecifo .  Onde  cofi  addolo- 
rato Luca  lo  fece  fpogliare  ignudo,  &  con  gradifsima 
conftanzia  d'animo  fenza  piagnere  lo  ritrane.  Sparfefi 
talmente  la  fama  dell'opera  d'Oruieto  &  delle  altre. ta- 
te, che  aueua  fatte,  che  da  Papa  Siftofu  mandato  a 
Cortona  per  lui,  che  venifle  a  lauorare  in  concorren- 
za con  gli  altri:accioche  nella  cappella  di  palazzo,  nel- 
laquale  tanti  ran&  begli  ingegni  lauorauano,fofTe 
ancora  dell'opere  di  Luca.Feceui  egli  dunque  due  fio 
rie ,  tenute  le  migliori  fra  tutti  glialtri  artefici  :  l'una  è 
il  teftameto  di  Mosè  al  popolo  Ebreo,  nello  auere  ve- 
duto la  terra  di  promifsione ,  &  l'altra,  la  morte  fùa. 
Fece  ancora  molte  opere  a  diuerfi  principi  in  Italia  & 
fuori  ;&  già  vecchio  tornatola  Cortona,  lauorauaj 

VV     ii 


524  PARTE      II. 

opere  per  di uerfì  luoghi.  Fece  in  vltimo  della  Tua  vec- 
chiezza alle  monache  di  Santa  Margherita  in  Arezzo 
vna  tauola^per  la  chie  (à  loro;  che  molto  fu  ftimata.Si- 
milmente  vna  alla  compagnia  di  San  Girolamo  in  dee 
ta  città,parte  dellaquale  pagò  M.  Niccolò  Gamurriai 
Aretino3Auditor  di  Ruota,che  in  effa  fu  ritratto .  Et 
finalmente  venuto  in  vecchiezza  di  anni  l  x  x  x  1 1.  in 
Cortona  fra'  fuoi  parenti  fi  mori  ;  6c  nella  Picue  gli  fu 
dato  onorata  fèpoltura;  perche  fu  da  fìioi  CortonefI 
onorato  viuo  &  morto,fi  come  quello3che  molto  ben 
l'aueua  meritato,  per  lo  vtile  &  per  l'onore  che  e'  det- 
te alla  patria  fua  :  Dicefi  che  Luca  fu  perfòna  molto 
amorcuole,&  cordiale  nelle  amicizie fue:  &aueua 
tanto  buona  maniera  nella  pratica  &  nelle  parole;  che 
arebbe  fatto  fare  de'  lauori  a  chi  non  ne  auefìe  auuto 
ne  bifbgno}ne  voglia .  Fu  fempre  cortefè  a  chi  vol- 
le feruizio  da  lui;  &  molto  amoreuole  nello  infegnarc 
a'  difcepoli  fuoi.  Vifle  fplendidamente>&  veftifsi  fem- 
pre di  feta:&  da  tutti  i  perfbnaggi  grandi  fu  auuto  in 
venerazionej&cofifuorijcomein  Italia  fececonofcc 
rcilnomefuo.Morinel  mdxxi.  Et  fu  onorato  da' 
Poeti  con  molti  verfi.De'  quali  ci  battano  cjueiìi  foli. 

. 
Pianga  Cortona  omai]uefìa/ì  o/cura 

Che  eftintifon  del  Signor  elio  1  lumi 

Et  tu  pitturala  de  gli  occhi  fiumi 

Che  redifin^a  lui  debile  &fcura. 


52J 

B  ERNARDINO 

PINTVRICCHIO 
PITTORE. 

Ohi  fono  aiutati  dalla  Fortuna ,  che 
non  hanno  virtute  in  loro:&  infiniti 
que'virtuofì  che  la  mala  forte  fempre 
perfèguita;  dimoftrando  apertifsima 
mente  conofeere  per  Tuo  figliuolo  r 
chi  depende  tutto  da  lei  fènza  aiuto 
alcuno  di  virtù:  &  che  fommamente 
le  piace  di  inalzare  la  dappocaggine  di  certi,  che  fènza 
il  fauore  di  lei ,  non  fàrebbono  pure  conofeiuu  :  come 
auuenne  del  Pinturicchio ,  il  quale  ancora  che  facefle 
molti  lauori,  aiutato  da  diuerfi  :  ebbe  certo  più  nome 
affai,  che  perle  opere  Tue  non  aueua  meritato*  Tutta 
uoka  egli  era  perfona  che  ne'lauori  grandi  aueua mol 
ta  pratica  ;  &  che  teneua  di  continouo  molti  lauoran 
ti  nelle  lue  opere .  Fece  in  giouanezza  molti  lauori  in 
compagnia  di  P  i  e  t  r  o  fuo  maeftro ,  dal  quale  tira- 
ua  per  Tua  mercede  il  terzo  del  guadagno  .  In  Siena  la 
uorò  in  San  Francefco  al  Cardinale  Piccolhuomini  ni 
potè  di  Papa  Pio  1 1  r.  vna  tauola  da  altare  ,  dentroui 
vn'Parto  di  Noftra  donna  :  Et  in  Roma  alcune  ftanze 
per  il  fòpra  detto  Pontefice  ;  &  man  dato  a  Siena,  pre- 
fe  a  dipignere  la  libreria  edificata  da  Papa  Pio  1 1.  nel 
Duomo  di  quella  città.  Era  in  quel  tempo,ancor'gio 
uanetto  ,  Raffaello  da  Vrbino  pittore ,  che  in  compa- 
gnia erano  flati  con  Pietro  ;  onde  egli  lo  condufTe  in 
Siena  ;doue  di  tutti  gli fchizzi  delle  itorie  della  libre- 
ria, fece  i  Cartoni  Raffaello,  che  benifsimo  aueua  ap- 
pr.eia.la  maniera  di  Pierg:  &  di  qucfti  fé  ne  vede  oggi; 

VY    iti    ' 


$l6  FARTI.       IL 

ancora  vno  in  Siena.In  quello  lauoro  tenne  Pinturic- 
chio  in  opera,  molti  lauoranti,tutti  della  fcuola  diPie 
tro.Et  fu  la  fama  fua  tenuta  dalla  plebe  iti  gran  venera 
2-ione  di  maniera  che  chiamato  a  Roma  da  Papa  Alef- 
fàndro  v  1.  gli  dipinfe  in  palazzo  tutte  le  ftanze  ,  douc 
detto  Papa  abitò,  &  tutta  la  torre  Borgia  ;  nella  quale 
fece  ftorie  delle  arti  liberali  invna  ftaza:&  di  fìucchi  di 
gefsi  mife  d'oro  levolte  di  rilieuo,&  con  infinita  fpefà 
le  códulTe  a  l'ultima  perfezzione.Ri  traile  fòprala  por- 
ta d'una  camera  la  Signora  Giulia  Farnefe  per  il  volto 
d' vna  Noftra  donna;&  nclmedefimo  quadro  la  tefta  di 
Papa  Alefiandro,vsò  molto  fare  alle  figure  dipinte  or 
riamenti  di  rilieuo  ,  mefsi  d'oro  ;  per  contentare  le  per 
fone,  che  poco  di  quella  arte  intendeuano  ;  accio  auef 
fé  maggior  luftro  &  veduta ,  cojfà  goffifsima  nella  pit- 
tura. Perche  auendo  fatto  in  dette  ftanze  vnaftoria 
di  Santa  Gaterina,figurò  gli  archi  di  Roma  di  rilieuo  3 
&  le  figure  dipinte;  di  modo  che  eflendo  innanzi  le  ti 
gure, &  dietroi  cafàmenti;  vengono  piuinanzi  le  co- 
lè ,  che  diminuirono  ,  che  quelle  ,  che  fecondo  l'oc- 
chio crefeono  \  Erefia  grandifsima  nella  noftra  arte  . 
In  Cartello  Santo  Angelo  fece  infinite  ftanze  a  grotte 
fche;  ma  nel  torrione  da  baffo  nel  giardino  di  ftorie  di 
Papa  Aleflandro.  Mandò  a  Napoli  a  monte  Oliueto 
a  Paolo  Tolofa  vna  tauola  d'vna  All'unta .  Fece  infi- 
nite opere}per  tutta  Italia,  che  per  non  elTere  molto  ec 
celienti ,  ma  di  pratica,  le  porrò  in  filenzio .  Vifìe  ono 
ratamente  :  &  perche  era  morfo  di  non  faticarli  nell'ar 
te ,  diceua,  che  il  maggior  rilieuo,  che  defl'e  vn  pitto- 
re alle  figure  ;  era  lo  auere  da  sé ,  fenza  fàperne  grado 
ne  a  principi,  ne  a  gli  altri.  Lauoro  ancora  a  Perugia; 
&  in  Araceli  dipinfe  la  cappella  di  San  Bernardino  ;  A 
Santa  Maria  del  Popolo  fece  due  cappelle ,  &  la  volta 
della  cappella  maggiore  j  Auuenne  che  eflendo  egli 


HNTVRICCH  IO 


S27 


già  condotto  a  la  età  d'anni  l  i  x.  gli  fu  allogata  vn a 
opera  in  San  Francefco  di  Siena;  doue  gli  aiTegnarono 
i  frati  vna  camera  per  fuo  abitare  ;  &  gìiela  diedero  co 
me  e'volle  efpedita  &  vacua  de'J  tutto  ;  faluo  che  d'vn 
caflfonaccio  grandre  &  antico  5  che  rincrefceua  loro  a 
leuarlo .  Ma  Pinturicchio.come  ftrano  &  fantaftico, 
ne  fece  tanto  romorc,  &  tante  volte ,  che  i  frati  final- 
mente per  difperati  ,  fi  mifero  a  leuarlo  via  ;  Et  fu  tan- 
ta la  loro  ventura ,  che  nel  cauarlo  fuori  fi  ruppe  vna 
afle,nella  quale  erano  cinquecento  ducati  d'Oro  di  ca 
mera .  De  la  qual  cofa  prefe  Pinturicchio  tanto  di/pia 
cere ,  &  tanto  ebbe  a  male  il  bene  di  quc'frati5che  men 
tre  fece  quella  opera  s'accorò  di  dolore ,  tuttauia  non 
penfando  in  altro,  &  di  quel  Ci  mori.  Furono  le  pittu 
re  fue  circa  l'anno  m  d  x  i  i  i.  Fu  fuo  compagno  &  ami 
co  benedetto  bvonfiglio  pittore  Perugi- 
no, il  quale  molte  cofe  lauoròaRomain  palazzo  dei 
Papa  per  que'maeftri,&  a  Perugia  fua  patria  fece  la 
cappella  della  Signoria.  Fu  compagno  &  fuo  domeftì 
co  amico  ancora  &fecoIauorò  gerino  pistole 
s  e,  il  quale  ancoragli  fu  difcepolo  di  Piero  Perugi- 
no ,  &  fu  tenuto  diligente  coloritore  &  imitatore  del 
la  maniera  di  Pietro  ilio  maeftro ,  con  il  quale  Iauorò 
fino  predo  alla  morte;&  col  Pinturicchio  infìeme  ope 
rò  molte  cofe.  In  Piftoia  fua  patria  fece  opere,ma  noa 
moke,perchealBorgo  a  San  Sepolcro  fi  coduffe  a  fare 

vna  tauola  a  olio  a  vnaCófraternita  del  buon  gì esv in 
detta  città,  dentrouila  circoncifione,doue  molto  amo 
re  &  molta  diligcza  mife.Alla  pieue  nel  medefimo  luo 
go  dipmfe  vna  cappella  in  frefeo",  &  fui  Teuere  per  la 
ftrada,che  va  ad  Anghiari,fece  vn'altra  cappella  in  fi  e 
feo  perla  comunità  e  in  quel  medefimo  luogo  nella  Ba 
dia  de  monaci  di  Camaldoli  intitolata  San  Lorezo  vn' 
altra  cappella.Quiui  dimoiò  egIitato3che  quafiper  fua 


p%  PARTI.      IT. 

patria  la  elcfTe.  Fu  perfbna  molto  nelle  cole  dell'arte 
mefehina,  &  che  duraua  grandifsime  fatiche  nell'ope- 
re &aueua  vn'coftume,che'penaua tanto  fulauori* 
condurli,che  di  ftcnto  fé  &  loro  in  fine  conduceua . 
Fecero  le  pitture  loro  circa  nel  mdvu  i. 


IACOPO    DETTO 

L'INDACO. 

Acopo  detto  l'Indaco  fu  discepolo  di 
Domenico  del  Ghirlandaio  ;&mol 
to  deliro  maeuro  nel  tempo  fuo .  Et 
l  ancoraché'  non  facefTe  molte  cofè: 
quelle  che  furono  fatte  da  lui  3  fono 
molto  da  còmendare.  Fu  perfona  fa 
ceta,&amoreuole,&  dilettoci  vi- 
uere  con  affai  pochi  penfieri,  paflando  il  tempo .  Tro 
uauafi  fpelTo  a  Roma  in  compagnia  del  diuin  Michele 
Agnolo  5  il  quale  aueua  molta  fòdisfazzione  del  fuo 
commerzio.  Lauorò  a  Roma  parecchi  anni,&  in  quel 
Ja,aiTai  dedito  a  piaceri  condufTe  pochi  lauorid'impor 
tanza .  In  Santo  Agoftino  di  Roma  alla  porta  della  fae 
ciata  dinanzi  3  entrando  in  chiefa  a  man  ritta  la  prima 
cappella  è  di  man  fua,  dentroui  nella  volta  quando  gli 
Apoftoli  riceuono  lo  Spirito  Santo  ;  &  di  fotto  due 
florie  di  e  H  R  i  s  t  o,  l'vna,quando  e'ieua  da  le  reti  An 
drea  &  Piero;  &  l'altra  la  cena  di  Simone  &  la  Madda- 
lena; nella  quale  è  vn  palco  di  legno,  di  traui  con  mol- 
ta viuacità  contrafatto;&  quello  lauorò  egli  in  muro, 
&  con*  a  olio  in  detta  cappella  è  la  tauola  di  fua  mano 
molto  ben  fatta  &  condotta  3  che  merita  comendazio 
ae affai 3 nellaquale fece  vn   christ.9   mono.  Et 

alla 


alla  Trinità  in  Roma  è  di  Tua  mano  vna  tauoletta,  den 
troui  la  coronazione  di  Noftra  donna  .  Et  cofi  s'andò 
paffrndo  il  tempo  con  dilettarli  più  del  dire  ,  che  del 
molto  fare  :  Perche  trattenendo  egli  Michele  Agno- 
lo manoiauano  quafi  Tempre  infieme  ;  ma  egli  era  vn. 
di  per  ^importunità  del  cicalare  venuto  a  noia;  onde 
lo  mandò  per  comperar  fichi  vna  mattina  per  defina- 
re  •  &  a  uendo  Iacopo  a  ritornarc,Michele  Agnolo  fer 
rò  la  porta  di  dentro;  perche  picchiando  forte  Iacopo; 
Michele  Agnolo  non  gli  rifpondeua.  Onde  venuto 
oli  collera,  prefe  le  foglie  co'fìchi  &  fu  la  Soglia  della 
portale  ftefei  &  partitofi  flette  molti  mefìfenza parlar 
gli .  Fece  burle  infinite,  le  quali  non  accade  racconta 
re.  Et  già  fatto  vecchio  di  età  d'anni  lx  vi  H  in  Ro- 
ma fi  mori.. 


FRANCESCO 

FRANCIA    BOLO- 
GNESE PIT- 
TORE. 

Igran  danno  fu  fempre  in  ogni  feien 
|l  za,  il  prefumere  di  sèi  &  non  penfàrc 


che  l'altrui  fatiche  pofsino  auanzar' 
di  gran  lunga  le  fuejEt  per  natura  & 
per  arte'  auere  da'l  cielo  non  folamen 
te  le  doti  eccellenti  &rarcj  ma  anco- 
ra prerogatiue  di  grazia  di  agilità,& 
di deprezzaceli  operare molto  maggiori  che altnnon 
ha.  Perche  alle  volte  (incontra,  &  vcdefilopere  di  ta 
le  3  che  mai  non  fi  farebbe  credutogliele  fi  belle,  deft 

Ar& 


ftO  fARTE.      II. 

bene  condotte;  che  lo  ingannato  dalla  folle  credenza 
fua,  ne  rimane  tinto  di  gran'vergogna,  &  tutto  confu 
fb.   Et  quanti  fi  fono  trouati  che  nel  vedere  l'opere 
d'altri,  per  il  dolore  del  rimanere  a  dietro3hanno  fatto 
la  mala  fine  ?  come  è  opinione  di  molti ,  che  interue- 
nifle  al  Francia  Bolognefe;  Pittore  ne'tempi  fuoi  te- 
nuto tanto  famofo:  che  e'non  pensò  che  altri  non  Colo 
lo  pareggiale,  ma  fi  acoftafìe  a  gran  pezzo  a  la  gloria 
fua .  Ma  vedendo  poi  l'opere,  di  Raffaello  da  Vrbino, 
fgannatofi  finalmente  di  quello  errore,  ne  abbandonò 
&  l'arte  &  la  vita.  Dicefi  che  in  Bologna  città  molto 
magnifica  nacque  l'anno  mccccl.  Francefco  Fran- 
cia_,  di  perfone  artigiane  e  molto  da  bene  :  Et  nella  fua 
fanciullezza,  fu  pofto  al'orefice,  per  lo  ingegno  che  e' 
moftraua&  acuto  &  buono  nelle  fu  e  azzioni.  Crcb 
be  di  perfona  &  di  afpetto  talmente  ben  proporziona- 
to^ con  vn  modo  di  parlare  fi  dolce  &  piaceuolc  che 
aueua  forza  di  tenere  allegro  &  fenza  penfieri  qualyn 
che  più  maninconico ,  mentre  duraua  il  ragionamen- 
to.   Et  fu  tanto  vmano  nella  conuerfazioné,  che  fu 
amato  non  folamente  da  molti  Principi  Italiani:ma  da 
tutti  coloro  che  di  lui  ebbero  cognizione.Attefè  men 
trechc  egli  faceua  l'arte  dell'orefice  talmcte  al  difegnio 
e  tanto  gli  piacque  che  fuegliatofi  lo  ingegno  fuo  che 
era  capace  di  molte  cofe  vi  fece  dentro  profitto  gran- 
.difsimo,come  apparifee  in  Bologna  fua  patria  per  mol 
ti  argenti  in  più  luoghi,  lauorati  di  niello,  con  ifto- 
rie  di  figure  piccole  le  quali  furono  fi  fottilmente  lavo- 
rate da  lui,  che  fpeffe  volte  mctteuainvno  fpaziodi 
due  ditadaltezza3&poco  piulungho,  xx  figurine 
proporzionatifsime  &  belle .  Lauorò  di  fmalti  anco- 
ra molte  cofe  di  Argenti,  guade  per  le  rouine  de'Beii 
tiuogli;  &  trafuggate  nella  partita  loro  .  Legò  molte 
Gioie  perfettamente3&  d'ogni  cofà  che  difficilmente 


TRANCIA   BOLOGNESE  531 

fi  potette  lauorarein  quel  meftiero  ,  lauoi  ò  egli  me- 
glio che  qual  fi  voglia  eccellente  orefice.  Ma  quello 
che  gli  dilettò  (opra  modo  ,  fu  il  fare  i  conii  per  le  me- 
daglie^ quali  da  nell'uno  meglio  che  dal  Francia,furo 
no  fatti  ne'tempi  fuoi;  come  appanfce  ancora  in  alcu- 
nemcdaglieTatte  da  lui  naturalissime  della  teda  di  Pa 
pa  Iulio  1  i.che  flettono  a  paragone  di  quelle  di  e  a  r  a 
dosso.  Oltra  che  fece  le  medaglie  del  S.  Giouanni 
Bentiuogli ,  che  par  viuo  ;  &  dinfiniti  principi,i  qua- 
li nel  paleggio  di  Bologna  ,  fi  fermauano  &  egli  face 
uà  le  medaglie  ritratte  in  cera  :  Et  poi  finite  le  madri 
de'conii  ,  le  mandaua  loro:  di  che  oltra  la  immortalità 
della  fama,  traile  ancora  prefenti  grandinimi .  Tenne 
continuamente  mentre  chee'uifìela  Zecca  di  Bolo- 
gna ;&fecie  le  llampc  di  tutti  i  confi  per  quella,  nel 
tempo  che  i  Bentiuogli  reggeuanoj  &  poi  che  fen'an- 
dorono  ancora  mentre  che  ville  ;  Papa  Iulio  come  ne 
redono  chiarezza  le  monete  che  il  Papa  gittò  nella  en 
tratafua>doueera  da  vna banda  lafuatefta  naturale 
&dal'altraqueiì:elettereBONONi  A  per  ivlivm 
a  tyranno  liberata  Et  fu  talmente  tenuto 
eccellente  in  quello  meftiero,che  durò  a  far  le  (lampe 
delle  monete  fino  al  tempo  di  Papa  Leone .  Et  tanto 
fono  in  pregio  le'npronte  de'conii  fuoi  che  chi  ne  ha 
le  ftima  affai:  ne  per  danari  lene  poflbno  auere .  Auen 
ne  che  il  Francia  defiderofo  di  maggior  gloria  ,  auen- 
doconofeiuto  Andrea  Manregna  &  molti  altri  pitto 
ri ,  che  nueuano  cauato  de  la  loro  arte ,  &  facilità ,  & 
Oiiori;deliberòprouarefela  pitturagli  riufciiTe  nel  co 
lorito  ;  Auendo  egli  fi  fitto  difegno  ,  che  c'poteua  co 
parire  largamente  con  quegli .  Et  dato  ordine  à  farne 
pruoua,  fece  alcuni  ritratti,  &  altre  cofe  piccole  tcnen 
doin  caia  molti  mefi  peribnc  del  meftiero .,  che  glinfè- 
<miafsino  i  modi  &  l'ordine  del  colorire  di  maniera 

XX      ii 


& 


frARTB      II. 


che  egli  che  aueua  giudizio  molto  buono^  vi  fé  la  pra 
tica  prettamente  ;  &  la  prima  opera  che  egli  faceffe  fu 
vna  tatiola  non  molto  grande  a  M.  Bartolomeo  felifi- 
ni;  che  la  pofe  nella  Mifericordia ,  chiefà  fuor*  di  Bolo 
gna  nella  quale  tauola  e  vna  noftra  donna  à  federe  Co- 
pra vna  Sedia  con  due  figure  per  ogni  lato;  con  il  det- 
to M.  Bartolomeo  ritratto  di  naturale  ;  Et  è  lauorau 
a  olio ,  con  grandifsima  diligenzia;  la  quale  opera  co- 
minciata  fu  da  lui  lanno  mccccxc.  Piacque  talmen- 
te quefto  lauoro  in  Bologna  che  M.Giouanni  Benti- 
uogli  defideroio  di  onorare  con  l'opere  di  quefto  nuo 
uo  pittore  la  cappella  fua,in  San  Iacopo  di  quella  città 
gli  fece  fare,  vna  tauola,  &  dentro  vna  Noftra  donna 
in  aria;&  due  figure  per  lato,con  due  angioli  da  baffo 
che  fuonano .  La  quale  opera  fu  tanto  ben  condotta 
dal  Francia;  che  meritò  da  M.  Giouanni  oltra  le  lode  y 
vn  prefente  onoratilsimo .  La  onde  incitato  da  queita 
opera  Mon  Signiore  dc'Bentiuogli ,  gli  fece  fare  vna 
tauola,  per  metterli  a  lo  aitar  maggiore  della  Miièri- 
cordia ,  che  fu  molto  lodata  ;  dentroui  Jla  Natiuità"  di 
christo.  doue  oltre  al  dilegno  che  non  è  le  non 
Bello  linuenzione,&il  colorito  molto  diligente  «Se 
migliore  alfai  che  li  altri,vi  fece  Mon  Signore  ritratto 
di  naturale;molto  fimile  per  quanto  dice  chi  lo  conob 
be;&  in  quello  abito  fteifo  che  egli  veftitoda  pelle- 
grino tornò  di  Ierufàlemme  .  Fece  fimilmente  vna 
tauola  nelle  chiefa  della  Nunziata  fuor  della  porta 
di  San  Mammolo;  dentroui  quando  la  Noftra  don- 
na e  Anunziata  dall'angelo  ;infieme  con  due  figure 
per  lato,  tenuta  colà  molto  ben  lauorata  .  Mentre 
dunque  per  l'opere  del  Francia  era  crefciutala  fama 
fua,  deliberò  egli  fi  come  il  lauorare  in  Olio  li  aue- 
ua dato  fama  &  vtile  ;di  vedere  fé  ilmedefimo'gli 
jiufciua  nel  lauoro  in  frefco.Aucua  fatto  M.  Giouan- 


FRANCISCO  BOLOGNESE. 


m 


ini  cliplgncre  il  fuo  Palazzo  a  diuerfi  ttiaeftì*,  &  Ferra 
refi,&  di  Bologna,  &  alcuni  altri  Modonefi,Ma  vedu 
te  le  pruoue  del  Francia  a  frcfco  deliberò  che  egli  vi  fa 
cefsi  vna  ftoria ,  in  vna  facciata  d'una  camera  ,  doue 
Ccrli  abitaua  per  fuo  vfo  :  nella  quale  fece  il  Francia  il 
campo  di  Oloferne  armato  in  diuerfe  guardie,appie- 
di,&  acauallo ,  che  guardauano  i  padiglioni-.^  men- 
tre che  erano  attenti  ad  altro4,  fi  vedeua  il  fonnolento 
Oloferne,  prefo  da  vna  femmina  foccinta  in  abito  ve- 
douile,laquale  co  la  fìniftra  teneua  i  capegli  fudati  per 
il  calore  del  vino  è  del  fonno,  &  con  la  deftra  vibraua 
il  colpo,per  vecidere  il  nemico  ;  mentre  che  vna  fèrua 
vecchia  con  creipe,&  aria  veramente  da  fcrua  fidatici 
ma,intenta  negli  occhi  della  fua  Iudit  per  inanimirla, 
chinata  giù  con  la  perfona ,  teneua  baflavna  fporta, 
perriceuerein  effail  capo  del  fbnnacchiofo  amante 
Oloferne.  Storia  che  fu  delle  più  belle  &  meglio  con- 
dotte,che  il  Francia  faceffemai.Laqualrandò  per  ter 
ra  nelle  rouine  di  quello  edifizio  nella  vfeita  de'  Bentì 
uogli,  infìeme  con  vnaltra  ftoriafopra  quefta  medefi- 
ma  camera,  cotraffatta  di  colore  di  brozo  d'una  difpu 
ta  di  Filofofì  molto  eccelletemele  lauorata  &  cfpreffo 
ni  il  fuo  concetto.  Lequali  opere  furono  cagione  che 
M.  Giouanni,&  quanti  cran  di  quella  cafajo  amafsi- 
no,&  onorafsino;&  dopo  loro,tutta  quella  città.Fece 
nella  cappella  di  Santa  Cecilia  attaccata  con  lachielà 
di  San  Iacopo  due  ftorie,lauorate  in  frefeo,  in  Vna  del 
lequali  dipinfe  quando  la  Noftra  donna  è  fpofata  da 
Giufeppo-,  &nellaltra  fece  la  morte  di  Santa  Cecilia; 
tenute  cofa  molto  lodata  da'  Bologne/!  :  &  nei  vero  il 
Francia  prefe  tanta  pratica,&  tanto  animo ,  nel  veder 
comparirli  a  perfezzione  l'opere  che  egli  voleuajche  e 
lauorò  molte  colè  che  io  non  ne  faro  memoria;  baftan 
domi  inoltrare  a  chi  vorrà  veder  lopere  fue,folamcnte 

XX    ili 


«4 


FARTI   II» 


le  più  notabili  &  le  migliori .  Né  per  quefto  la  pittufa 
glimpedì  mai,che  egli  non  feguitaffe  &  la  zecca  &  l'ai 
tre  cofe  delle  medaglie,  come  è  faceua  fino  da'l  princi- 
pio .  Ebbe  il  Francia  fecondo  che  fi  dice  grandjfsimo 
difpiacere  de  la  partita  di  M.  Giouanni  Bentiuoglijil- 
quale  ,auendogli  fatti  tanti  benefizii  gli  dolfe  infinita 
mente  ;  ma  pure  come  fauio  &  coturnato  che  egli  era 
attefè  allopere  fue .  Fece  dopo  la  fua  partita  di  quello 
tre  tauolc,  che  andarono  a  Modena ,  in  vna  dellequali 
era  quando  San  Giouanni  battezza  christo,  nel- 
l'altra vna  Nunziata  bellifsima  ,  &  nella  vltima  vna 
Noftra  donna  ncllariu  con  molte  figurerà  qual  fu  pò- 
ila  nella  chiefa  de  frati derofleruanza.Spartafi  dunque 
per  cotante  opererà  fama  di  cofi  eccellente  maefho  fa 
ceuano  le  città  agaia  per  auer  dellopere  fue  ;  La  onde 
fece  egli  in  Parma  ne' frati  di  San  Giouanni  vna  tauo- 
lacon  vn    e h ri  sto  morto  ingrembo  alla  Noftra 
donna  &  intorno  molte  figure,  tenuta  vniuerfalmen- 
te  cofa  bellifsima  &  cofi  trouandofi  feruiti  i  medefimi 
frati  operorono  che  egli  facefle  vnakra  A  Reggio  di 
Lombardia  in  vno  luogo  loro  doue  egli  fece  vna  No- 
ftra donna  con  molte  figure .  A  Cefena  fece  vnaltra  ta 
uola  pure  perla  chiefa  di  quelli  frati  ,  &  vi  dipinfe  la 
circoncifione di  christo  colorito vagamente.Ne 
volfbno  auere  inuidia  i  Ferrarefi  a  gli  altri  circonuici 
ni  anzi  diliberati  ornare  dele  fatiche  del  Francia  illor 
Duomo  gli  allogarono  vnatauola ,  che  vi  fece  fu  vn 
gran  numero  di  figure  &  la  intitolorono ,  la  tauola  di 
Ogni  Santi.  Fecene  in  Bologna  vna  in  San  Lorenzo, 
con  vna  Noftra  donna  &  due  figure  per  bada;  Se  due 
putti  fotto,molto lodata .  Ne  ebbe  appena  finita  que- 
ila,che  gli  conuenne  farne  vna  altra  in  San  Iobbe  ,  co 
vn  Crocifiifo  &  San  Iobbe  ginochione  appiè  della 
croce;&  due  figure  dV  lati ,  Era  tanto  Sfparfa  la  fama 


FRANCIA   BOLOGNESE. 


5» 


&  lopere  di  quello  artefice  per  la  Lombardia,  elle  con 
uenne  madare  di  Tofcana  ancora  per  qualcofa  di  fuo 
comefuinLucca,doueandò  vnatauoladentroni  vna 
Santa  Anna,&  la  Noftra  donna,  con  molte  altre  figu- 
re^ (opra  vn  christo  morto  in  grembo  alla  ma 
dre.  Laquale  opera  è  porta  nella  chiefa  di  San  Fidria- 
no,&  è  tenuta  da  que  Luchefi,cofà  molto  degna.  Fe- 
ce in  Bolognaper  la  chiefà  della  Nunziata  due  altre 
tauoIe,chefuron  molto  diligentemente  lauorate:  Ec 
cofi  fuor  della  porta  aftraCaftione  ,  nella  Mifericor- 
diane  fece  vna  a  requifizione  duna  Gentildonna  de* 
Manzuoli5nella  compagnia  di  San  Francete©  nella  me 
defima  città  ne  fece  vnaltra;&  fimilmente  vna  ne  la  co 
pagniadi  Sanleronimo.  AueuafuadimefUchezza 
M  Polo  Zambeccaro  ;  &  come  amicissimo  per  ricor- 
danza di  lui,gli  fece  fare  vn  quadro  affai  grande,den- 
troui  vna  Natiuità  di  christo,  che  e  molto  cele 
brata  delle  cofe  che  egli  fece .  Et  per  quefta  cagione 
M.  Polo  gli  fece  dipignere  due  figure  in  frefeo,  alla 
fua  Villa  molto  belltf.  Fece  ancora  in  frefeo  vna  fto- 
*ia  molto  leggiadra  in  cala  M.Ieronimo  Bolognino, 
con  molte  varie  &  bellifsime  figure  .  Le  quali  opere 
tutte  infieme  ^\i  alienano  recato  vna  reuerenzia  irt 
•quella  città,che  v'era  tenuto  come  vno  i  n  r  o.Et  quei 
lo  che  glie  lacrebbe  infinito,  fu  che  il  Duca  d'Vrbino 
gli  fece  dipignere  vn  par  di  barde  da  cauallo,nelle  qua 
li  fece  vna  fèlua  grandifsima  dalberi ,  che  vi  era  appic- 
ciato il  fuoco  :  &  fuor  di  quella  vfciua  quantità  gran- 
de di  tutti  gli  animali  aerei  6V  terreftri,&  alcune  figli- 
rc:cofà  terribile  ìpauentofà,  &  veramente  bella;chc  fu 
{timata  gran  numero  di  danari  per  tempo  confumato 
ui  fopra  nelle  piume  degli  vcelli ,  &  nelle  altre  razze 
degli  animali terreftri,oltra le diuetfità delle  frondi, 
&  rami  diuerfi,  che  nella  varietà  degli  alberi  fi  vedeua 


^6  parte    h; 

no .  Laquale  opera  fu  riconosciuta  con  doni  di  grati 
valutajperfatisfarealle  fatiche  dei  Francia:  oltra  che  il 
Duca  Tempre  gli  portò  obligo  per  le  lode  che  egli  ne 
lice  uè .  Lauorò  dopo  quefte  vna  tauola  in  San  Vitale 
&  Agricola,allo  altare  della  Madonna  che  vi  è  dentro 
due  Angeliche  Tuonano  il  huto,moIto  begli.  Non 
conterò  già  ì  quadri  che  fono  fparfiper  Bologna  in 
cala  que,VGétilhuomini)&  meno  la  infinità  de'  ritratti 
di  naturale  che  egli  fece  ;  perche  troppo  (arci  prolifìb. 
Badi  che  mentre  che  egli  era  in  cotata  gloria,  &  gode 
uà  impace  le  fue  fatiche;  era  in  Roma  Raffaello  da  Vr- 
bino;  &  tutto  il  giorno  gli  veniuano  intorno  molti  fo 
reftieri  &  fra  gli  altri  molti  Gentilhuomini  Bolognefi 
per  vedere  l'opere  di  quello.  Et  perche  egli  auuiene  il 
più  delle  volte ,  che  ognuno  loda  volentieri  gli  inge- 
gni da  cafa  fua,  cominciarono  quelìi  Bologne/I  con 
Raffaello  a  lodare  lopere,  la  vita,  &  i'ecellenzia  del 
Francia  ;  &  coli  feciono  tra  loro  aparole  tanta  amici- 
2ia,cheil  Francia^  Raffaello  fìfalutaronno  per  lette 
re.Et  vdito  il  Francia  tanta  fama  de  le  diuine  pitture 
di-Raffaelloi  defideraua  veder  lopere  fu e;ma  già  vec- 
chio &  agiato,fi  godeua  la  fua  Bologna.  Auuenne  ap- 
prendile Raffaello  ùcc  in  Roma  perii  Cardinal  San 
ti  1 1 1 1.  vnatauola  di  Santa  Cecilia,che  fi  aueua  ama- 
dare  in  Bologna  per  porri  in  vna  cappella  in  San  Gio- 
vanni in  monte  ,doue  èia  fepoltura  della  beata  Elena 
dall'olio  :  &incaiTata  la  dirizzò  al  Francia,  che  come 
amico  fatto  gia,la  doueiTe  porre  in  fu  lo  altare  di  quel 
la  cappella,  con  l'ornamento  come  l'aueua  cflb  accon- 
ciato .  Ebbelo  molto  caro  il  Francia,  per  auer  agio  di 
poter  veder  1  opere  di  Raffaello  ;  da  lui  anco  bramate: 
Etauendo  aperta  la  lettera  che  gli  fcriueua  Raffaello, 
&  doue  e' Io  pregaua  fé  ci  fuffe  neffun' graffio ,  che  è 
lacconciaffe;  &  ìkmiimente  conofeendoci  alcuno  Er- 

rore 


FRANCIA   BOIOGNBSH.' 


537 


rorc  come  amico  lo  correggente ,  fece  con  allegrezza 
grandifsima,ad  vn  buon  lume,  trarre  de  la  cafla  la  dee 
ta  tauola .  Ma  tanto  fu  lo  ftupore  che  e'ne  ebbe ,  & 
tanto  grande  la  marauiglia;  che  conofeendo  qui  lo  er- 
rorfuo,  &  la  (tolta  prefunzione  della  folle  credenza 
fua;  11  accorò  di  dolore  &  fra  breuifsimo  tempo  fé  ne 
mori .  Era  la  tauola  di  Raffaello  diuina  &  non  dipinta 
maviua&  talmente  ben  fatta  &  colorita  da  lui;  che 
fra  le  belle  che  egli  dipinfe,  mentre  vifle,  ancora  che 
tutte  fiano  miracolofe  ben  poteua  chiamarli  rara .  La 
onde  il  Francia  mezo  morto  perii  terrore  ,  &  perla 
bellezza  della  pittura  che  era  prefente  a  gli  occhi  ;  & 
a  pai  agone  di  quelle  che  intorno  di  fua  mano  fi  vede 
nano  ;  tutto  fmarrito  ,  la  fece  con  diligenzia  porre  in 
San  Giouanni  in  monte  a  quella  cappella  douc  doue- 
uaftare  ,  &  entratofene  fra  pochi  di  neilettotutto 
fuori  di  fé  fteflb;  parendoli  efTer  rimafto  quafi  nulla 
nell'arte,appetto  a  quello  che  egli  credeua;&  che  egli 
era  tenuto  ;  di  dolore  &  malinconia  fi  mori  effendoli 
aduenuto  nel  troppo  fiiamente  cotemplare  la  viuifsi- 
ma  pittura  di  Raffaello,  quello  che  al  fiuizano  nel  va- 
gheggiare la  fua  bella  morte;,  de  la  quale  è  fcritto  que 
ù.o  epigramma. 


Me  uerampictor  aiuinm  mente  recepiti 
^ìàmota,  ejì  operi \àeinde petit  ci  marni*. 

Vttmque  opere  infaSio  dtfigtt  lumina  piólor 
Intentiti  nimium,palluit  &  morìtur. 

Viua  tgiturfxm  mors;non  mortua  mortis  imago 
Si  fungo?  quo  morsfungitur  officio, 

Tuttauolta  dicono  alcuni  altri  chela  morte  fua  fu  fi 
fubita  che  a  molti  fegni  appari  più  tofto  veleno.  Fu  il 

YY 


*«g  fARTE     XI. 

Francia  huomo  fauifsimo  in  vita,&  regolatifsimo  del 
viucre  &  di  buone  forze  :  &  fu  fepolco  onoratifsima- 
metcdai  fuoi  figliuoli  in  Bologna lanno  mdxviii. 
Et  per  le  fue  virtù  fu  onorato  da  poi  con  quefto  epi- 
taffio. 

Che  pub  pi» far  natura 

Se  il  bel  di  lei  più  bello  ho  me/fo  w  attoì 
Et  quel  che  auea  disfatto 

La  morte  e' iltempo3uiue  &per  me  dura» 

VITTORE  S  C  A  R 

PACCIA  ET  ALTRI  PIT- 
TORI VENIZIANI. 


7^^^ 

^^r^ 


Gli  fi  conofce  efpreflamente,che  qua 
do  gli  artefici  nolìri  cominciano  in 
vna  prouincia ,  ne  fèguon  molti  l'un 
dopo  l'altro  ;&  in  vn  tempo  ifteflo 
infiniti:chelaprofefsione  medefima 
efercitano  ,  per  gara  imitando  l'un 
l'altro*  &  per  dependenza  dello  aue- 
re  auuto  maeftrijche  fiano  flati  eccellenti  nella  arte,di 
fendendo  ciafcuno  il fuo, in  tutti  que'modi  che  e' fa 
Se  può.  Ma  pofto  che  molti  dependino  da  vn  folo,  fu- 
bito  che  da  efsi  fi  diuidono,o  per  tempo3o  per  morte, 
è  diuifala  volonti;&  cofi  per  parere  ogniuno  caponi 
fe,cerca  moftrare  il  valor  fuo;come  fecero  in  Vinegia 

VITTORE  SCARPACCIA,  VINCENZIO  CATE- 
NA, GIOVAN  BATTISTA  pA  CONIGLIANO, 
GIOVAN NETTO  CO  RDELLIAGHI,  MARCO 
BASAR!  NI,   IL  MO  NT  AG  N  A  N  A^chc  furono  V*- 


V.   SCARPACCIA.  539 

rintani;  &"  ebbero  dependenza  da  la  maniera  di  Gio- 
uatn'  Bellino. De  i  quali  Vittore  come  più  auueturato, 
da  Ila  fcuola  di  Sata  Orfola,da  San  Giouanni  &  Paolo 
di  Vinegia  ebbe  a  fare  affai  ftorie  in  tela  a  tempera ,  de 
le  faccende,ch'  ella  fece  infìno  ala  Tua  morte  ;le  fatiche 
della  quale  egli  feppe  fi  ben  condurre  co'l  valor  dell'al- 
tro ,  chen'acquiftònome;fenonfra  gli  alt/*&  grandi 
in"e^ni,almeno  di  accomodato  &  pratico  maeitro .  11 
che  fu  cagione,fecondo  che  dicono  i  piu,che  la  nazio 
ne  M  ilanefe  gli  fece  far  ne  frati  Minori  vna  tauola  alla 
cappella  loro,con  Santo  Ambruogio&  altre  infinite 
figure  .  Fu  gran  concorrenza  mentre  e  vifTe  fra  lui  & 
vinCemzi-o  catena; ilquale oltra le pitture,che 
coli  nel  fuo  tempo  dipinfe ,  attefe  molto  a  i  ritratti  di 
naturale:&  fra  gli  altri  ne  fece  vno  di  vn'  Tedefco,  per 
fona  onoreuole  che  nel  fuo  tempo  abitaua  nel  fonda- 
co, cofa  da  lui  fi  viuamente  dipinta,che  lo  fece  infinita 
mente  fumare,  perche  tanto  non  penfarono  vedere. 
La  onde  giovan  batista  da  coniglia- 
N  o,  difcepolo  di  GiouaBellino,fpronatodatali  efem 
pli,nó  volendo  parere  da  manco  di  quelli  ;  fece  di  mol 
te  opere  di  pittura  in  Vinegia  ;  &  diede  nome  di  fé;  & 
per  valente  fi  fece  conofeere.  Et  particularmete  di  fuo 
fi  vede  nelle  monache  del  Corpus  Domini  di  Vine- 
gi  a,  vn  San  Benedetto  &  altri  sati,  &  vn  fanciullo,che 
m<ette  in  corde  vn  liuto,  marco  b  a  ssa  ri  ni  ebbe 
ancor  ertb  in  quel  tempo  buon  nome  nel  dipignere. 
Lauorò  in  San  Francefo  della  Vigna  in  Vinegia  vna 
tauola  dentroui  vn  deporto  de  la  Croce.  Et  tutto  eh' 
ec;li  forte  nato  in  Vinegia,  i  fuoi  genitori  erano  Greci 
ina  venuti  ad  abitare  quiui .  Fu  nel  medefìmo  tempo 
ancora  Giannetto  cordelliaghi  tenuto 
buon  pittore,dolce  &  delicato  ;  perche  egli  fece  molti 
quadri  da  camere.&  molte  altre  pitture.Cercò  di  para 

YY    ii 


'■m 


.    ?4°  FARTB      II. 

gonarlo il  MONtagniana,  che dipinfe in Vinc- 
gia;&  fece  in  Padouana  a  Sata  Maria  di  Mote  Ai  tonc 
vnatauola  nella  chiefa.  Fra  quefti  fu  simon  bian- 
.e  o  Fiorentino  fcultorejche  elettali  la  ftanza  in Vme- 
gia,fece  continuamente  qualche  cofà;come  alcune  te 
fte  di  marmo  mandate  in  Francia  da' Mercanti  Veni- 
ziani.Et  vi  fu  ancora  talio  Lombardo,molto  pra 
tico  intagliatore .  Sono  flati  in  quefta  prouincia  &  in 
Lombardia  di  molti  pittori  &  fcultori,dequaU  per  no 
auere  io  vifto  molte  gran  cofe ,  non  ne  farò  le  vite  ma 
per  moftrare  che  io  non  me  ne  fono  feordato  fbeeinta 
mente  ne  tratterò .  Non  perche  io  non  fàppi  appunto 
come  de  ghaltriil  principio  ilmezo  &  il  fine  loro; 
Ma  perche  il  trattare  di  chi  non  è  morto  o  non  hi  fac- 
to benifizio&  onore  alle  arti;non  mi  pare  che  meriti 
il  pregio .  Dico  adunque  che  in  Lombardia  fono  ftati 
eccellenti  Bartolomeo     clemento  da  Reg- 
gio &  agostino    bvsto  fculton;&  nello  inta- 
glio iacopo  d'avanzo  Milanefe,&  Gaspa- 
ro &  Girolamo  misvroni.  Etchein  Bre- 
feia efèrcitò  larte vn    Vincenzio  verchio  pra 
tico  &  valente  nel  lauorare  in  frefeo;  ilquale  per  le  bel 
le  opere  fue  acquiftò  grandifsimo  nome  in  Bi  efcia  fua 
patria. Cofi  come  fece  Girolamo     roma  nino 
bonifsimo  pratico  &  buon'  difegnatore,  come  aperta 
merfte  fi  vede  nelle  opere  fatte  da  lui ,  &  in  Brefcia  Se 
intorno  a  molte  miglia. Ne  da  meno  di  quelli  refta  an- 
zi più  toflo  gli  pai  fa  Alessandro     moretto 
dilicatifsimo  ne'  colori  &  amicifsimo  della  diligenzia; 
come  apertamente  fan'  fede  le  pulite  &  ben  lodate  ope 
re  da  lui .     In  Verona  ancora  fiori  la  pittura  per  lun- 
go tempo;  per  quanto  già  feci  menzione  di  stefa- 
n  o    nella  vita  di  Agnolo  Gaddi  :  &  come  ancora 
poffono  fare  chiara  fede  nel  tempo  de'  Signori  dek 


V.   SCARPACCIA  54I 

la  Scalale  bellifsime  pitture  fatte  da  A  L  D 1 G I E  R 1  da 
ze  v  1  o  pittor  molto  pratico,&  efpedito;  di  mano  del 
quale  fi  vede  ancora  la  fala  del  Palazzo  del  PodefU,co 
dotta  con  vna  fierezza  grandifsima.  Coiì  come  poi  ne' 
tempi  noftn  ha  ratto  nel  colorire  qualche  cofa  Fran- 
cesco caroto  &Maeftro  zen  o  Veronefeche 
inArimini  lauorò  la  tauola  di  San  Marino  &  due  altre 
con  molta  diligenzia .  Ma  quel  che  più  di  tutti  in  qual 
che  parte  ha  fatto  marauigliofamente  qualche  figura 
di  naturale  è  il  moro  veronese  detto  Francefco 
Turbido-,come  fi  vede  oggi  in  Venezia  in  caia  Mori 
Signore  de  Martini  vn'ritrattodi  vn  Gentilhuomo  da 
caBadouaro  figurato  da  lui  in  vn'pafìore,che  par  viuif 
fimo:  &  può  ilare  a  paragone  di  quanti  fé  ne  fon  fatti 
in  quelle  parti ,  oltra  le  altre  opere  che  vi  fi  veggono . 
Seguitalo  batista  d'angelo  fuo  genero  il  qua 
le  &  nel  colorito ,  &  nel  difegno  3  &  nella  diligenzia 
l'auanza  infinitamente.  Ma  perche  vna  parte  di  cofto- 
ro  fono  ancor  viui.&  faranno  forfè  cofe  molto  miglio 
ri;  altra  penna  &  giudizio  più  faldo,renderà  loro  quel 
le  lode;  che  non  gli  ho  faputo  dare  io  ;  che  me  li  palle* 
in  quefta  maniera.  Ne  mi  curo  dire  aItrimenti,doue,. 
o  quando  moriflero,  que'che  fon'mortime  quello  che 
e'fi  euadaenaffero'.Attefo  che  eglino  con  buona  corno 
dita  in  quella  Prouincia  li  contentarono  di  operare3òc 
in  ella  parimente  viuere  &  morire . 


YY    iii 


I               PIETRO 

GINO     P 

PERV- 

IT- 

TORE 

• 

I  quanto  benefìzio  Ha  agli  ingegni  la 
pouertà,  di  qualunque  fpezie  efsi  fia- 
no  ;  &  quanto  ella  fia  potente  cagio- 
ne di  fargli  venire  perfetti  ne'  fommi 
gradi  delle  eccellenzie  ;  affai  chiara- 
mente fi moftra nelle azzioni di  Pie- 
tro Perugino:  11  quale  partitofida 
le  eftreme  calamità  di  Perugia,  &  condottoti  a  Fioren 
za  :  defiderando  col  mezo  della  virtù ,  di  peruenire  a 
qualche  grado  :  flette  moki  mefi,non  auendo  altro  let 
to,poueramente  a  dormire  in  vna  calla: Fece  de  la  not 
te  giorno:  &  con  grandissimo  fèruore,continouamen 
te  attefe  allo  ftudio  della  fua  profefsione .  Et  auendo 
fatto  lo  abito  in  quello ,  neffuno  altro  piacere  conob- 
be,che  di  affaticarli  fempre  in  quella  arte  &  fempre  di 
pignere .  Perche  auendo  fempre  dinanzi  a  gli  occhi  il 
terrore  della  pouertà,  faceuacofe  per  guadagnare. che 
e  non  arebbe  forfè  guardate ,  fé  auefTe  auuto  da  man- 
tenerli. Et  per  aduentura  tanto  gli  arebbe  la  ricchez- 
za chiufb  il  camino  da  venire  eccellente  perla  virtù: 
quanto  glielo  aperfe  la  pouertà,  &  velo  (prono  il  bi- 
fogno,defiderando  venire  da  fi  mifero&baflb  grado, 
fé  e'non  poteua  al  fòmmo  &  fupremo;  ad  vno almeno 
doue  egli  aueffe  da  fomentarli.  Per  quello  non  fi  curò 
egli  mai  di  freddo,  di  fame,  di  difàgio,di  incomodità, 
di  fatica  ne  di  vergogna,  per  potere  viuere  vn  giorno 
in  agio  &  ripofo;  dicendo  fempre  &  quafi  in  prouer- 


PIETRO   PERVGIMO  54} 

bic,  che  dopo  il  cattiuo  tempo,  è  neceifario  che  e'uen 

ea  il  buono  ;  &  che  quando  è  buon  Tempo  fi  fabrica- 

no  le  cafe,  per  poterui  ftarc  al  coperto,quando  e'bifo- 

gna .  Ma  perche  meglio  fi  conofea  il  progreffo  di  que 

ilo  artefice  ,  cominciandomi  dal  fuo  principio;  dico 

fecondo  lapublica  fama, che  nella  città  di  Perugia, 

nacque  ad vnapouera  perfona  vn  figliuolo,  albattefl 

mo  chiamato  P 1  e  t  r  o:  Il  quale  allegato  fra  la  miferia 

&  lo  fìento,  fu  dato  dal  padre  per  fattorìno,a  vn  dipin 

tore  di  Pcrugia:il  quale  non  era  molto  valente  in  quel 

meftieio,ma  aueuain  gran  venerazione  &  l'arte  & 

gli  huomini  che  in  quella  erano  eccellenti .    Ne  mai 

con  Pietro  faceua  altro  che  dire,  di  quanto  guadagno 

&  onore  fufsi  la  pittura,a  chi  ben  la  efercitaffe.Et  con 

tandoli  i  premii  già  delh  antichi,  &deVnoderni,  con- 

fortaua  Pietro  a  lo  fludio  di  quella .    Onde  gli  accefe 

l'animo  di  maniera ,  che  gli  venne  capriccio  di  volere 

(fé  !a  fortuna  lo  volefsi  aiutare)efìcre  vno  di  quelli. Et 

però  fpeffovfaua  di  domandare  qualunque  conofceua 

efTere  fiato  per  il  mondo,  in  che  parte  meglio  fi  faceffì 

no  :^U  huomini,  di  quel  meftiero  >&  particularmente 

il  fio  maeftro .  Il  quale  gli  rifpofe  fempre  di  vn  mede 

fimo  tenore,  ciò  è  che  in  Firenze  più  che  altroue  veni 

uaro  gli  huomini  perfetti  in  tutte  l'arti,&  fpecialmen 

te  nella  pittura.   Attefb  che  in  quella  città  fono  fpro- 

nati  gli  huomini  datrecofe,l'una  dal  biafimare  che 

fanno  molti  &molto,per  far  quell'aria  gli  ingegni  libe 

ri  di  natura  \  &  non  contentarti  vniuerialmente  dello 

pere  pur  m  ediocri5ma  fempre  più  ad  onore  del  buono 

&  del  bello, che  a  rifpetto  del  facitore  confiderarle.  l'ai 

tra  che  a  volerui  viuere ,  bifògna  efTere  induftriofb,  il 

che  non  vuole  dire  altro,che  adoperare  continuameli 

te  l'ingegno  &  il  giudizio ,  &  efTere  accorto  &  prefìo 

nelle  fue  cofe ,  &  finalmente  faper'  guadagnare ,  no» 


544  PARTE       IT. 

auendo  Firenze  paefc  largo  &  abbondatiteli  manie- 
ratile e'poflà  dar  le  fpefe  per  poco  a  chi  fi  fta,come  do 
uefitruouadelbuono  aliai.  La  terza,  che  non  può 
forfè  manco  dell'altre,  e  la  ambizione  che  genera  quel 
l'ariana  quale  in  tutte  le  pedone  che  hanno  fpirito,no 
pur  confente  che  gli  huomtui  voglino  Ilare  al  pan,  no 
cherelìare  indietro  a  chi  e  veggono  effère  huomini 
come  fono  efsi,  benché  gli  riconofehinoper  maeftri  : 
ma  gli  sforza  bene  fpetfo  a  defiderar'tanto  la  propria 
grandezza;  che  fé  non  fono  benigni  di  natura,  o  faui , 
riefeono  maldicenti,  ingrati,&  feonofeenti  de  benefi-r 
zii.  E'ben  vero  che  quando  l'huomo  vi  ha  imparato 
tanto  che  bafti  ;  volendo  far  altro  che  viucrc  come  ^li 
animali  giorno  per  giorno  ;  &  defìderando  farfi  ricco; 
bifogtia  partirli  di  quiui  ;  &  vender'fuora  la  bontà  del 
le  opere  fue,&  la  riputazione  di  elTa  città;come  fanno 
i  dottori  quella  del  noflro  iludio .    Perche  Firenze  fa 
cieli  artefici  luoi,  quel  che  il  tempo  de  le  fue  cole  ;  che 
fatte,  fé  le  disfa ,  &  fé  le  confuma  a  poco  a  poco .  Da 
quefti  auuifi  dunque  &  dalle  perfuafioni  di  molti  altri 
moiTo,venne  Pietro  in  Fiorenza  con  animo  di  farfi  ec 
celiente  ;  &  bene  gli  venne  fatto  ;  concio/ìa  che  al  fuo 
tempo  le  cofe  della  maniera  fua  furono  tenute  in  pre- 
gio grandifsimo.  Studiò  fotto  la  difciplina  d'Andrea 
Verrocchio  :&  le  prime  fue  figure  furono  fuor  della 
porta  al  Prato  in  San  Martino  alle  monache,  oggirui 
nato  per  le  guerre  :  Et  in  Camaldoli  vn  San  Girolamo 
in  muro  allora  molto  ftimato  da  Fiorentini  &  co  lode 
meflfo  inanzi .  Venne  in  pochi  anni  in  tanto  credito  , 
che  de  l'opre  fue  s'empiè  non  folo  Fiorenza  Se  Italia, 
ma  la  Francia,la  Spagna ,  &  molti  altri  paefi,doue  elle 
furono  mandate.  La  onde  venute  le  cofè  fue  in  riputa 
zione  &  pregio  grandifsimo;  cominciarono  i  Mercati 
ti  a  fare  incetta  di  quelle;  &  a  mandarle  fuori  in  diucr 

fi  paefi, 


PIETRO   PERVGINO  545 

fi  pacfì ,  con  vtile  &  guadagno  loro  molto  eccefsiuo . 
Lauorò  alle  donne  di  Tanta  Chiara  vna  tauola  con  vn 
christo  morto  colorito  tanto  vago ,  & nuouo  di 
colori  viuacifsimi,  che  e  confermò  l'opinione  degli  ar 
tefìci  dell'eiTere  marauigliofo  &  eccellente.  Ma  molto 
più  celebre  &  mirabile  ne  gli  altri  popoli  i  quali  vederi 
do  la  nouita  della  maniera  quafi  moderna,  con  infini- 
te lode  lo  efaltarono.Veggonfi  in  quella  opera  alcune 
bellifsimc  tefte  di  vecchi  ,  &  umilmente  certe  Marie, 
che  iettate  di  piagnere  ,  confiderano  il  morto,  con  am 
mirazione  &  con  amore  iìraordinario .  oltra  che  egli 
vi  fece  vn  paefe  che  fu  tenuto  grandifsimo.Dicefi  che 
Franceico  delPugliefe  volfe  dare  a  quelle  monache 
tre  volte  tanti  danari  quanto  elle  aueuano  pagati  a  Pie 
tro;  &  farne  far  loro  vna  fimile  a  jquella  di  tua  man  prò 
pia  medefimamente:  de  che  elle  non  volfono  acconftn 
tire:  percioche  Pietro  dilTe  che  non  arebbe  creduto  pa 
ra^onarla.Fuor  della  porta  a  Pinti  al  conuento  de  fra 
ti  Giefuati  ;  oggi  peri  afledio  di  Fiorenza  mandato  a 
terra,  fece  a  vn  priore  molto  fuo  amico  di  molte  ope- 
re; delle  quali  ora  fono  rimafìe  quelle,  che  furon  fatte 
in  tauola;ch'è  viichristo  nell'orto  ;  &  gli  Apofloli 
che  dormono;  ne'quali  moftrò  Pietro  quanto  vaglia  il 
(ònno  centra  gli  affanni ,  &  i  difpiacen  ;  auendogli  fi- 
gurati dormire  in  attitudini  molto  agiate  con  frefea 
&  leggiadra  maniera  condotto  ;&  vna  tauola  d'vna 
pietà  in  grembo  alla  Nofìra  donna,  con  quattro  figu- 
re intorno,non  manco  buona  che  tutte  l'altre  della  ma 
nieraiua.  DoueingremboaNoftra  donna  fecevn 
christo  morto ,  intirizzato  come  fé  e  fu  (le  flato 
tanto  in  Croce,  che  lo  fpazio  &  il  freddo  laauefsino 
ridotto  cofi:&  lo  fece  reggere  de  foflenere  da  San  Gio 
uanni  &  dalla  Maddalena3moko  afflitti ,  &  piangenti 

ZZ 


54^  PARTS      II. 

la  morte  del  Signore .  Lauorò  in  vn'altra  tauola  vn 
Crocififlbconla  Maddalena,  a  piedi  San  Girolamo, 
San  Giouanni  Batifta ,  e'1  Beato  Giouanni  Colombi- 
no fondatore  di  tal  religione,  con  infinita  diligenza. 
Pcrilche  eiTendo  da'Fiorentini  molto  comendate  l'o- 
pre fue,  a  vn  priore  di  quel  conuento,  che  fi  dilettaua 
dell'arte,  in  vn  primo  chioflro  fece  in  muro  vna  natiui 
tà  coi  Magi  di  minuta  maniera ,  con  vaghezza  &  pulì 
tezza  grande  a  perfetto  fine  condotta:  doue  era  nume 
ro  infinito  di  tefte  variate ,  &  ritratti  di  naturale  non 
pochi  :  fra  i  quali  era  la  tefta  d'Andrea  del  Verrochio 
fuo  maeftro.   Fece  in  detto  cortile  vn  fregio  (òpra  gli 
archi  delle  colonne  con  tefte  quanto  il  vino  molto  bé 
condotte:  delle  quali  era  vna  quella  del  Priore  tanto 
viua  &  di  buona  maniera  lauorata;che  fu  giudicata  da 
peritifsimi  artefici  la  miglior  cofa ,  che  mai  faceiTe  Pie 
tro  .  Fu  fatto  feguitare  in  vno  altro  chioftro  (òpra  la 
porta,  che  andaua  in  refettorio  vna  ftoria  quando  Pa- 
pa Bonifazio  conferma  l'abito  al  beato  Giouanni  Co*- 
lornbino,  doue  era  in  tale  ftoria  vna  profpettiua  bellif 
{ima  che  sfugiua;  della  quale  feienzia  Pietro  oltra  mo^ 
do  fi  dilettò  &  ftudiò  continuamente.  Sotto  a  quefto 
inunaltra  ftoria  cominciaua  la  Natiui  tà  di  christo 
con  alcuni  angeli  &  paftori  >  con  frefchifsimo  colori- 
to: &  aueua  fatto  fòpra  la  porta  d'vno  oratorio  in  con 
uento ,  vno  arco  con  tre  meze  figure ,  la  Noftra  don- 
na,San  Girolamo ,  e'1  Beato  Giouanni,  con  tanta  bon 
tà  della  maniera  fua,  che  de  l'opere ,  che  in  muro  lauo 
rò,quella  era  ftimata  la  più  continuata  in  eccellenza . 
Venne  tanto  famofò  il  grido  di  Pietro ,  che  fu  sforza- 
to dipignere  a  Siena  in  San  Francefco  vna  tauola  gran 
de ,  che  fu  tenuta  lodatifsima  ;  &  umilmente  in  quel- 
la città  in  Santo  Agoftino  Yn'altra ,  dentroui  vn  60- 


PIETRO   PERVGINO  547 

cififlb  con  alcuni  Santi .  Et  poco  dopo  quefto  a  Fio- 
renza nella  chuTa  di  San  Gallo  fece  vna  tauola  di  San 
Girolamo  in  pemtenzia ,  che  oggi  e  in  San  Iacopo  tra 
fofsi,  doue  detti  frati  dimorano  vicino  al  canto  de  gli 
Alberti .  Fu  fattogli  allogazione  d'vn  christo 
morto  con  San  Giouanni  &  la  Madonna  fbpra  le  fera- 
le della  porta  del  fianco  di  San  Pier  Maggiore  :  &  lauo 
rollo  in  maniera ,  che  fendo  flato  all'acqua  &  al  vento 
s'è  conferuato,  con  quella  frefehezza,  come  fé  pur  ora 
dalla  man  di  Pietro  tofle  finito.  Certamente  i  colori 
furono  dalla  intelligenza  di  Pietro  conofeiuticofi  il 
frefeo  come  l'olio;  onde  obligo  gli  hanno  tutti  i  periti 
artefici,  che  per  fuo  mezo  hanno  cognizione  de'lumi: 
che  per  le  fue  opere  fi  veggono.  In  Santa  Croce  in  dee 
ta città  vna  Pietà  col  morto  CHRiSToin  collo  &  due 
figure,che  danno  marauiglia  a  vedere,non  la  bontà  di 
quclle,ma  il  fuo  mantenerfifi  viua  &  nuoua  di  colori, 
dipinti  in  frefeo.  Gli  fu  allogato  da  Bernardino  de' 
Rofsi  cittadin  Fiorentino  vn  San  Sebaftiano  per  man- 
darlo in  Francia  ;& furono  d'accordo  del  prezzo  in 
cento  feudi  d'oro  ;  la  quale  opera  fu  venduta  da  Ber- 
nardino al  Re  di  Francia  quattro  cento  ducati  d'oro. 
A  Valle  ombrofà  dipinfe  vna  tauola  per  lo  aitar  mag- 
giore;&  nella  Certofà  di  Pauia  lauorò  fimilmente  vna 
tauola  aque'frati.  Dipinfe  al  Cardinal  Carafta  di  Na- 
poli nello  Pifcopio  vna  tauola  allo  aitar  maggiore,den 
troui  l'affunzione  di  Noflra  donna  ,&  gli  Apoftoli 
ammirati  intorno  al  fepolcro.  Et  allo  Abbate  Simone 
de  Gì  aziani  al  Borgo  a  San  Sepolcro  vna  tauola  gran- 
de, la  quale  fece  in  Fiorenza  che  fu  portata  in  San  Gì 
lio  del  Borgo  filile  fpal'e  de  facchini  con  ifpefa  d'infini 
to  numero  di  danari.  Mandò  a  Bologna  a  San  Giouan 
ni  intìionte  vna  tauola  con  alcune  figure  ritte,  &  vna 

ZZ     ii 


54$  PARTS.      II. 

Madonna  in  aria;  perche  talmente  fifparfela  fama  di 
Pietro  per  Italia  &  fuorché  e'  fu  da  Sifto  un.  Pon- 
tefi  ce  co  molta  Tua  gloria  códotto  a  Roma  a  lauorare 
nella  cappella  in  compagnia  de  gli  altri  artefici  eccel- 
lenti: doue  fece  la  ftoria  di  christo,  quando  da  le 
cliiaui  a  San  Pietro,  in  compagnia  di  Don  Pietro  del- 
la Gatta  Abate  di  San  Clemente  di  Arezzo  :  &  fimil- 
mentelanatiuitàe'lbattcfimodi  christo,  e'1  na- 
feimento  di  Mose ,  quando  dalla  figliuola  di  Faraone 
è  ripefeato  nella  ceftella.  Et  nella  medefima  faccialo 
uè  l'altare  ,  fece  la  tauola  in  muro  con  l'aflfunzione  del 
la  Madonna,  doue  ginocchioni  ritraffe  Papa  Sifto. Ma 
quefte  opere  furono  mandate  a  terra,  per  fare  la  faccia 
ta  del  giudicio  del  diuin  Michele  Agnolo  al  tempo  di 
Papa  Paolo  ni.  Lauorò  vna  volta  in  torre  Bor- 
gia nel  palazzo  del  Papa  con  alcuni  tondi  ftorie  di 
christo  ,  &  fogliami  di  chiaro  ofeuro,  i  quali  eb- 
bero al  fuo  tempo  nome  ftraordmario  di  efTere  eccel- 
lenti.In  Roma  mede/imamente  in  San  Marco  fece  vna 
ftoriadi  due  martiri  allato  al  Sacramento.  Le  quali 
opere  gli  mifero  in  mano  grandiisima  quantità  di  da- 
nari ;  La  onde  rifòlutofi  a  non  ftare  più  m  Roma:  parti 
tofene  co  buon'fauore  di  tutta  la  corte  ;  a  Perugia  fui 
patria  fé  ne  tornò  ;  &  in  molti  luoghi  della  città  fini  ta 
noie  &  lauori  a  frefeo .  Et  ritornato  a  Fiorenza  fece 
ne'monaci  di  Ceftello  vna  tauola  di  San  Bernardo  :  & 
nel  Capitolo  vn  CrocififTo  con  San  Benedetto  &  San 
Bernardo  ,  la  Noftra  donna ,  &  San  Giouanni.  A  San 
Domenico  da  Fiefòlevna  tauola,  dentroui  vnaNo- 
ftra  donna  con  tre  figure:  fra  le  quali  e  vn  San  Sebaftia 
no  lodatifsimo .  Aueua  Pietro  tanto  lauorato,&  tan 
to  gli  abondaua  fèmpre  da  lauorare  :  che  e'metteua  in 
opera  le  mede/ime  cofe.  Etera  talmente  la  dottrini 


HERO   PERVGINO.  549 

della  arte  fua  ridotta  a  manierarne  e'  faceua  a  tute  le  fi 
gure  vna  aria  medefima.Perilche  fendovenuto  già  Mi 
chele  Agnolo  Buonarroti  al  Tuo  tepo,moIto  defidera- 
uà  grandemente  Pietro,vedere  le  figure  di  quello  per 
lo  grido,che  gli  dauano  gli  artefici .  Et  vedédofi  occul 
tare  la  grandezza  dfquel  nome,  che  con  fi  gran  princi 
pio  per  tutto  aueua  acquiftato,  cercaua  molto  con 
mordaci  parole,oftendcre  quelli,  che  operauano .  Et 
per  quefto  meritò  oltre  alcune  brutture  fattegli  da  gli 
artefici,chc  Michele  Agnolo  in  publico  gli  dicefle,ch' 
egli  era  goffo  nell'arte .  Ma  non  potendo  Pietro  com- 
portare tanta  infamia ,  al  magiftrato  de  gli  Otto  tutti 
due  ne  furono;  &  con  affai  fuo  poco  onore  vitupera- 
tolo,^ fuperbo  era,Michele  Agnolo  fi  parti.Auucn 
ne  che  1  frati  de  Serui  di  Fiorenza  auendo  volontà  di 
auere  la  tauola  dello  aitar'  maggiore  che  fufsi  fatta  da 
perfòna  famofa;  mediante  la  partita  di  Lionardo  da 
Vinci  che  fene  era  ito  in  Francia  Paueuano  renduta  a 
Filippino:&  egli  quando  n'ebbe  fatto  la  metà  d'vna  di 
due  tauole  che  v'andauano,  pafsò  di  querta  all'altra  vi 
ta.Onde  i  frati  per  la  fede  che  aueuono  inPietro,glife 
ciono  allogazione  di  tutto  il  lauoro-  Aueua  Filippino 
finito  in  quella  tauola  doue  egli  faceua  C  H  R 1  s  t  o  de 
porto  di  croce,i  Niccodemi  che  lo  depongono;  &  Pie 
trofeguitòdi  fotto  lo  fuenimento  della  Nortra  don- 
na^ alcune  altre  figure.  Andauanoin  querta opera 
due  tauole ,  che  l'una  voltaua  inuerfb  il  coro  de'  frati; 
&  l'altra  inuerfb  il  corpo  della  chiefa  ;  dietro  al  coro  fi 
aueua  a  porre  il  diporto  di  croce ,  &  dinanzi  l'aifun- 
zionc  di  Noftra  donna,la  qual  Pietro  fece  tanto  ordi- 
naria che  fu  me  ffo  il  e h  risto  deporto dinanzi,& 
l'aifunzione  dalla  banda  del  coro .  Et  qu erte  oggi  per 
metteruiil  tabernacolo  del  Sacramento  fono  fiate  l'u- 

ZZ    iii 


fl°  PARTE,     ir. 

na&  l'altra  leuateuia  ,&  per  la  chiefà  trelTe  in  lucerti 
altari  è  rimafto  in  quell'opera  folamentt  fèi  quadrilo 
ne  fono  alcuni  Sati  dipinti  da  Pietro  in  certe  nicchie. 
Dicefi  che  quado  detta  opera  fi  fcoperGpoi  fu  datut 
ti  inuoui  artefici  affai  biafìnata .  Erafì  Pietro  feruito 
di  quelle  figure,ch'  altre  volte  era  vfàte  mettere  in  o- 
pera,doue  tentandolo  gli  amici  fuoi  diceuano,che  afl 
faticato  non  s'era3&  che  aueua  tralafcia:o  il  buon  mo- 
do deli'operare,&  per  auarizia,&  per  n?n  perder  tem 
pò  era  incorfb  in  tale  errore.  A 1  quali  P  etto  rifponde 
ua5io  ho  meffo  in  opera  le  figure  altre  \olte  lodate  da 
loro3&  fongli  infinitamete  piacciute:fèora  gli  difpiac 
ciono ,  &  non  le  lodano,che  ne  poffo  io  ì   Ma  coloro 
afpramente  con  fònetti  &  publiche  vilanie  lo  faetta- 
uano .  Onde  egli  già  vecchio  partitoti  ca  Fiorenza  & 
tornatofi  a  Perugia  condulfe  alcuni  lauori  a  frefeo  nel 
Cambio  di  quellacittà ,  &  comincio  vr'  lauoro  a  fre- 
feo pure  di  non  poca  importanza  a  Cafìello  della  Pie- 
ue.Soleua  Pietro,fi  come  quello  che  di  nefiuno  fi  fida 
ua,mentre  andaua  Se  veniua  da  Cafìello  della  Pieue  a 
Perugia,portare  di  molti  danari  addoffe ,  anzi  quanti 
n'aueua^  per  il  che  alcuni  afperttatolo  le  rubbarono  ; 
Se  raccomandandofì  molto  gli  lafciarono  la  vita  per 
Dio.  La  onde  egli  operando  mezi,  crupuren'aueua 
affai  ,in  fine  della  liberazione  gran  pare  ne  riebbe', 
ma  fu  per  dolore  vicino  a  morirli .  Era  Pietro  perfòna 
di  affai  poca  religione ,  &  non  fi  gli  puctè  giamai  far 
credere  l'immortaliti  deH'anima,anzi  coi  parole  acco 
modate  al  fuo  ceruello  di  porfido,ofìinacifsimamente 
recufaua  ogni  buona  via.  Aueua  ogni  fla  fperanza  ne 
beni  della  fortuna,  &  per  danari  arebbe  fitto  ogni  mal 
contratto.Guadagnò  infinite  ricchezze^  in  Fioren- 
zamurò  Si.  comprò  cafe  y  Se  in  Perugia  &  a  Cafìello 


PIETRO   PER  VG  INO.  tfi 

della  Pieuc  fimilmente  acquiftò  molti  beni  ftabili.  Tol 
fé  per  moglie,  vna  donna  bellissima,  &  ebbene  figliuo 
li;&  dillcttofsi  molto,ch'  ella  portafle  leggiadre  accori 
dature  in  cala  &  fuori.  Et  venuto  in  vecchiezza  d  an- 
ni lxxviii.  di  vn  mal  di  febbre  continua  finì  la  vi- 
ta fua  nel  Calìello  della  Pieue,  &  da  fuoi  parenti  &  fi- 
gliuoli con  pompa  &  pianti  infiniti  onoratamente  fu 
fcpoltol'anno  mdxxiiii.  Ne  dipoi  e  mancato  chi 
gli  abbia  fatto  quefto  epitaffio . 

Gratta  fi  qua  fuitpìctttrtjfi  qua  uenujìat; 

Si  uiuax^irdens3conJpicuufque  color  : 
Omnia fub  Petri(fuit  he  Perujìnm  ~4ppelles) 

Duina  referunt  emicuijfe  manti . 
Perpulchre  htc  pinxitjniraque  ebur  artepoliuit  ,. 

Orbk  qm  totus  uidit  &  obftupuit.. 

Fece  molti  maeftri  di  quella  manierala  vno  fra  tutti 
eccede ,  che  datofi  a  più  onorati  ftudi  di  gra  lunga  vin 
fé  il  maeftro ,  &  fu  quefto  il  miracolofo  Raffaello  San- 
zio da  Vrbino3ilquale  molti  anni  lauorò  con  Pietro  in 
compagnia  di  Giouanni  de  Santi  fuo  padrejil  pintv 
B.  i  e  e  h  i  o  pittor  Perugino ,  che  Tempre  tenne  lama- 
nieradiPietrojROCCo  zoppo  Fioretino;il  mon 

TE    VARCHIpÌttOie;BACCIO    VBERTINI&ilfilO 

fratello  Fiorentini:  cerino  pjst  ole  s  e  pittore: 
&  Niccolo^  soggi  Fiorentino3ilquale in  Roma 
lauorò  il  quadro  di  Santa  Pra (Tedia  ;  &  a  Prato  fece  la 
tanola  della  Madonna  delle  Carceri3&  fi  mifè  ad  abita 
tare  in  Arezzo  :dou e  fece  vna  ftoria  nella  Madonna 
delle  Lagrime  vicino  a  vna  volta  della  minor  tribuna, 
&  nel  medefimo  luogo  lauorò  vna  tauola  della  Nati- 
uità  ,&  altre  opere  infinite  in  quella  città  &  altroue.. 


55* 


PARTE   IT. 


Attefe  continouatnente  alla  profpettiua  ;  &  in  quella 
città  vifle  &  mori .     Lafcio  Pietro  ereditaria  la  pit- 
tura d'una  maniera  vaga  &  onorata  di  colori  cofi  nel 
fre{co,come  all'olio  :&  durò  tal  cofa  per  Italia  a  imi- 
tarli fino  che  venne  'la  maniera  di  Michele  Agno- 
lo Buon  arr  oti .  Et  molilo  a  gli  artefici  5  che  chi 
lauora  continuo,  &  non  a  ghiribizzi; 
lafcia  opere^nomejfacultà, 
&  amici . 


IL    FINE  DELLA 


li.    PARTE. 


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